Ti sei innamorata ti sei sposata sei partita e noi che restiamo? Non dici niente, eh?
Senza neanche sapere cosa ti aspetta e cosa troverai!
Un mondo nuovo, davvero sconosciuto. E la faccia di mia madre che affiora costante tra i
pensieri, come una boa nel mare in tempesta.
Avevi imparato l'Europa a scuola; una dimensione che non ti riusciva di farla entrare in
testa
e adesso ci sei in mezzo; - che strano tipo di vita, però! - ti dici oggi,
dopo ormai otto anni che ci vivi.
Ma perché solo oggi questa sensazione? Oggi che tutto sommato ti ci sei integrata.
Già, INTEGRATA, porca miseria, che brutta parola
e poi che significa in realtà ?
Integrata dove
quando, come perché devo per forza tendere all'integrazione. Ci sono
già integrata, con mio marito
E fin troppo a volte. Non posso semplicemente
accettare e vivere in pace il mio dramma da sradicata?
Ecco: SRADICATA
questa è una bella parola, che contiene dentro la sua durezza le
difficoltà, la rabbia di chi deve ricostruire un mondo di affetti intorno a sé in un
mondo dove gli affetti sono rari come le bottiglie d'acqua minerale nel deserto!
Quelle fresche dico!
Eppure forse lo sei INTEGRATA, al punto che la gente ti dice "Neanche sembra di
parlare con un'extracomunitaria" - altro parolone - oppure "
con una del
tuo colore" e tu che fai? Ascolti! E pensi adesso gli dico grazie che lo so che è
convinto di farmi un complimento, ma sei un po' offesa e allora? Ti difendi? E difendi la
"gente di colore" che detta così sembrano tutti incapaci di mettere insieme tre
parole una dietro l'altra? E invece decidi di stare zitta, però in quel momento mandi in
giù un bel gnocco che ti stringe in gola e pensi che sì, però come mi rompe tacere
sempre e ti fermi a contare quante volte ti succede in una settimana. Quattro, cinque sei?
E se ogni volta devo fare una polemica mi faccio nemici ovunque e allora a volte l'unica
risposta che mi sorge spontanea è "grazie ma sappi che tra la mia gente c'è anche
chi è molto meglio di me!".
Forse lo sei davvero INTEGRATA, non ti sei sentita diversa neanche quando ti hanno
aggredita perché sei nera o ti hanno accusata di rubare il lavoro agli Italiani, un
classico - ma roba da matti! - o quando le vecchiette - buone quelle - facevano i
complimenti ai tuoi bimbi dicendo "oh che belli, ma almeno uno non poteva venir fuori
più chiaro?".
Invece quella volta sì che mi sono sentita diversa.
Perché mi sono commossa, quando la Virna mi ha confessato di essere sempre stata razzista
"
davvero, Aicha, ma proprio che non sopportavo di vedere un nero, che mi
sembrava davvero che puzzavano, che mi davano fastidio, insomma".
Era giugno. Caldo.
Le mamme della materna organizzano una cena e ci vado, perché un poco le conosco, perché
ho anche voglia di uscire, ma soprattutto perché di sì.
Saluti e sorrisi un po' timidi e poi tra i calamaretti e le pizze - solo noi donne
riusciamo a fare certi miscugli - l'atmosfera si scalda e parlando di mariti e figli
riusciamo ad entrare un po' tutte in confidenza. In un attimo quasi, come succede solo fra
donne credo.
Fino a che l'attenzione di tutte si concentra su di me, me ne accorgo, sto raccontando del
mio bambino e ognuna mi dice della prima volta - non ti ricordi, Aicha? - che è entrata
in contatto con me. E' una giostra di richiami, sono al centro dell'attenzione: tutte
vogliono parlare con me, mi sento perfino un poco imbarazzata, e confondo ancora i nomi, i
visi.
Ma mi gongolo lo stesso.
Lei no. Lei non parla. Però mi cerca, vuole incrociare il mio sguardo.
E sorride. Dolce. Ma non mi parla.
Invece racconta barzellette, è simpatica, ma lo capisco che le serve per spostare
l'attenzione dai nostri discorsi, che sono un modo di penetrarsi a vicenda e svelarci
pensieri e stati d'animo nascosti che danno il colore a quei volti comunque familiari che
vedi tutti i giorni.
E invece Lei no. Lei stacca e continua a raccontare barzellette.
La serata finisce con i soliti scambi di numeri di telefono e la promessa che la
rifacciamo un'altra cena.
Invece passa l'estate. Giusto qualche telefonata e niente più.
E questa volta è proprio Lei, la Virna, che organizza una serata. Siamo poche, c'è già
più feeling, più familiarità e confidenza.
La Virna è più sciolta e mi siede vicino.
Nessuna se lo aspettava, ci si vede spesso, dopo e ne nasce un'amicizia profonda, piano
piano. Ci vediamo tutti i giorni, addirittura sbrighiamo le faccende insieme ora a casa
mia ora a casa sua e parliamo tanto.
Fino al giorno in cui Lei me lo dice, che mi vuole un bene dell'anima e che ha vergogna di
essere stata razzista e che oggi capisce un sacco di cose e impara cose nuove tutti i
giorni.
Ecco dopo queste parole mi sono sentita veramente diversa, forse per la prima volta, e
sono corsa in bagno, davanti allo specchio perché avevo bisogno di guardarmi e farmi una
domanda.
E invece no, ho pianto.
E basta.
Aichetou
Traore, nata
a Kaedi (Mauritania), ha lavorato come mediatrice interculturale nelle
scuole. Con Emozioni ha vinto la 3° edizione del Premio di poesia e narrativa Con gli occhi di ieri e di oggi, sez. immigrati
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