Un'idea di cittadinanza competente
Paola Castagnotto  

Poche parole per dire, come prima cosa, che sono molto felice di vedere la partecipazione di molti giovani a questa giornata, questo è un effetto di rinascita importante.
Come diceva giustamente il prof. Argento, questo è l'esito di un processo attivato non solo per preparare questo Convegno, ma di un lavoro lento di accompagnamento che mette in relazione voci diverse, perché l'autosufficienza è impossibile di fronte ad un tema così complesso qual è quello dell'integrazione ad alto livello. Il tema della competenza reciproca che mi pare sia l'oggetto del Convegno: conoscersi per diventare reciprocamente competenti.
Volevo partire da una riflessione su una situazione paradossale che mi colpisce molto; è impossibile partecipare ad un convegno sia medico, sia di economia senza che venga citato, inevitabilmente, un autore che appartiene a culture non occidentali.
Nei convegni medici è abituale la presenza di uno straordinario medico arabo che ricorda sempre che, quando Costantino con il suo Editto pensò di chiudere gli Ospedali, furono gli Arabi a riaprirli.
Fino ad un secolo fa, gli studenti di medicina di tutta Europa studiavano e leggevano testi di un grande medico e poeta arabo. Qualche sera fa era presente a Ferrara una persona straordinaria, il banchiere dei poveri, noto in tutto il mondo per la sua straordinaria esperienza del " microcredito".
Perché dico queste cose? Perché sono colpita dal fatto che queste esperienze di rilevante spessore culturale, che incidono veramente nella storia, non hanno una ricaduta nella percezione quotidiana del migrante. Finisce inevitabilmente che quando parliamo di  migranti li chiudiamo in un ottica ristretta che li considera solo un concentrato di bisogni: di lavoro, di casa, di esigenze vitali immediate. Bisogni certamente importanti e che devono essere soddisfatti, perché conferiscono alla persona dignità sociale, ma quando affrontiamo il tema del confronto, dell'integrazione, della costruzione di una società multietnica, fatichiamo a tenere presente che dietro ad ogni migrante c'è un sistema di culture antiche, competenti e forti.
C'è un sistema che viene da lontano, che ha voci autorevoli, oggi come nel passato, voci che leggono il presente da un punto di vista che merita di essere conosciuto e noto anche da un occidente che, ritengo, non possa più pensare solo in termini di autosufficienza culturale. Abbiamo  davanti la sfida di ricomporre i due piani: recuperare le competenze culturali dei migranti e costruire condizioni di vita dignitosa e qualificata. Nella mia convinzione le due cose devono essere tenute costantemente presenti e sostenute da iniziative che si diano reciprocamente dignità, altrimenti faremo un operazione che divide l'idea di cittadinanza.
L'idea di cittadinanza nella sola dimensione del bisogno essenziale, non tiene conto di quello che c'è dietro, cioè l'identità, la percezione della propria cultura e di ciò che è scritto nel proprio codice genetico, costruito da quello che è stato prima di te, tramandato oralmente o per iscritto.
Nella dimensione del migrante concreto non è possibile che tutto ciò sia separato, per questo mi piacciono questi convegni, perché mi pare abbiano questo obiettivo: ricomporre un'idea di cittadinanza competente.
Ci stanno aiutando anche alcune scelte istituzionali importanti: il 18 Dicembre la Regione Emilia Romagna, anche se a livello nazionale le cose non vanno esattamente in questa direzione, ha sottoscritto un Accordo di importanza strategica con gli Enti Locali, con le forze sociali e con il Forum del III° Settore. Nell'accordo ci sono quattro temi d'impegno: la gestione dei flussi migratori, le politiche abitative, il lavoro e la formazione e l'integrazione sociale.
Spero che al prossimo convegno potremo parlare delle applicazioni concrete di questo atto importante che non è un atto di carta, ma un passo in avanti nella ricomposizione e nel riconoscimento quotidiano del valore di una cultura diversa come cultura attiva.

 


Torna alla prima pagina