Poche
parole per dire, come prima cosa, che sono molto felice di vedere la
partecipazione di molti giovani a questa giornata, questo è un effetto di
rinascita importante.
Come diceva giustamente il prof. Argento, questo è l'esito di un processo
attivato non solo per preparare questo Convegno, ma di un lavoro lento di
accompagnamento che mette in relazione voci diverse, perché l'autosufficienza
è impossibile di fronte ad un tema così complesso qual è quello
dell'integrazione ad alto livello. Il tema della competenza reciproca che mi
pare sia l'oggetto del Convegno: conoscersi per diventare reciprocamente
competenti.
Volevo partire da una riflessione su una situazione paradossale che mi colpisce
molto; è impossibile partecipare ad un convegno sia medico, sia di economia
senza che venga citato, inevitabilmente, un autore che appartiene a culture non
occidentali.
Nei convegni medici è abituale la presenza di uno straordinario medico arabo
che ricorda sempre che, quando Costantino con il suo Editto pensò di chiudere
gli Ospedali, furono gli Arabi a riaprirli.
Fino ad un secolo fa, gli studenti di medicina di tutta Europa studiavano e
leggevano testi di un grande medico e poeta arabo. Qualche sera fa era presente
a Ferrara una persona straordinaria, il banchiere dei poveri, noto in tutto il
mondo per la sua straordinaria esperienza del " microcredito".
Perché dico queste cose? Perché sono colpita dal fatto che queste esperienze
di rilevante spessore culturale, che incidono veramente nella storia, non hanno
una ricaduta nella percezione quotidiana del migrante. Finisce inevitabilmente
che quando parliamo di
migranti li chiudiamo in un ottica ristretta che li considera solo un
concentrato di bisogni: di lavoro, di casa, di esigenze vitali immediate.
Bisogni certamente importanti e che devono essere soddisfatti, perché
conferiscono alla persona dignità sociale, ma quando affrontiamo il tema del
confronto, dell'integrazione, della costruzione di una società multietnica,
fatichiamo a tenere presente che dietro ad ogni migrante c'è un sistema di
culture antiche, competenti e forti.
C'è un sistema che viene da lontano, che ha voci autorevoli, oggi come nel
passato, voci che leggono il presente da un punto di vista che merita di essere
conosciuto e noto anche da un occidente che, ritengo, non possa più pensare
solo in termini di autosufficienza culturale. Abbiamo
davanti la sfida di ricomporre i due piani: recuperare le competenze
culturali dei migranti e costruire condizioni di vita dignitosa e qualificata.
Nella mia convinzione le due cose devono essere tenute costantemente presenti e
sostenute da iniziative che si diano reciprocamente dignità, altrimenti faremo
un operazione che divide l'idea di cittadinanza.
L'idea di cittadinanza nella sola dimensione del bisogno essenziale, non tiene
conto di quello che c'è dietro, cioè l'identità, la percezione della propria
cultura e di ciò che è scritto nel proprio codice genetico, costruito da
quello che è stato prima di te, tramandato oralmente o per iscritto.
Nella dimensione del migrante concreto non è possibile che tutto ciò sia
separato, per questo mi piacciono questi convegni, perché mi pare abbiano
questo obiettivo: ricomporre un'idea di cittadinanza competente.
Ci stanno aiutando anche alcune scelte istituzionali importanti: il 18 Dicembre
la Regione Emilia Romagna, anche se a livello nazionale le cose non vanno
esattamente in questa direzione, ha sottoscritto un Accordo di importanza
strategica con gli Enti Locali, con le forze sociali e con il Forum del III°
Settore. Nell'accordo ci sono quattro temi d'impegno: la gestione dei flussi
migratori, le politiche abitative, il lavoro e la formazione e l'integrazione
sociale.
Spero che al prossimo convegno potremo parlare delle applicazioni concrete di
questo atto importante che non è un atto di carta, ma un passo in avanti nella
ricomposizione e nel riconoscimento quotidiano del valore di una cultura diversa
come cultura attiva.
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