Ringrazio moltissimo per
l'opportunità che mi è stata data di venirvi a trovare oggi.
Siamo
un’estesa flotta, noi del Cies: questa di Ferrara è affiancata da altre
navicelle, come quelle dei gruppi di Roma,
Firenze, Napoli. Siamo molto contenti di verificare come le nostre
iniziative cerchino di realizzare quel vecchio detto "per fare globalmente,
agire localmente" che ormai sembra un
po’ trito e che però, è sempre bene ricordarlo, esprime la
capacità di declinare nella propria realtà locale dei valori che devono sempre di più diventare globali.
Oggi l'espressione globalizzazione è spesso
associata all'idea di una globalizzazione dei poteri forti, alla globalizzazione
dell’economia dello sfruttamento, alla globalizzazione della negazione dei
diritti umani.
Provare tutti insieme a partire dal nostro local,
dalla nostra realtà circoscritta e quotidiana, per
ridare un valore a questa parola significa invece lavorare alla
costruzione della cittadinanza mondiale, perché il condominio Terra è piccolo,
è stretto. Ciò che fa uno a un piano ha delle riverberazioni sull'altro,
quello che si fa al primo piano si riverbera sull’attico e così via.
Ridare
un significato positivo all'espressione globalizzazione è, credo, molto
importante soprattutto per voi ragazzi.
Il movimento "no global" sta
muovendo le coscienze dei giovani in tutto il mondo, Questa definizione
"no global" rischia però di
non porre abbastanza l'accento sulla importanza di creare un
contatto, al di là dei propri confini, tra valori buoni. Io preferisco
parlare di "new global", che mi sembra indicare meglio una
globalizzazione della solidarietà.
Un esempio in questa direzione è il discorso
che voi state elaborando così bene con questa bellissima iniziativa che dà un
significato concreto all’intercultura.
Intercultura non vuol dire soltanto
tollerare il diverso, o anche apprezzarlo
per la sua esoticità, incuriosirsi
ogni tanto per qualcosa che sta fuori dal raggio della nostra quotidianità.
Vuol dire intraprendere un cammino di parte con chi rappresenta culture diverse.
La cosa più importante è sicuramente riconoscere le culture altre,
riconoscerle e con esse mettersi in contatto e essere disponibili anche alla
creazione di una terza cosa. Quando l’altro diventa un elemento da
riconoscere, con cui intraprendere un cammino insieme, si costruisce sempre una
terza cosa, si è disponibili ad aprire la propria identità all’identità
dell’altro, ma per confondersi, non per cadere in un senso di mancanza di
identità. E meglio si parla con un’altra identità e meglio si costruisce una
terza identità, arricchita dagli elementi dell’uno e dell’altro.
Io credo che iniziative come queste diano un
protagonismo vero alle culture altre, protagonismo, ripeto, che non è solo
interesse e curiosità per l'insolito.
Io sono veramente entusiasta all’idea che testi di autori di culture altre nel
nostro paese, dei nostri nuovi cittadini, siano materia di studio scolastico, e
non rappresentino soltanto un incontro episodico,
perché studiare questi testi e costruirci sopra un'esperienza
curricolare vuol dire incorporare nel nostro bagaglio culturale questi apporti
interessantissimi e nuovi.
Come CIES ci occupiamo di tante cose: c’è un versante del Cies che opera
all’estero in progetti di cooperazione rivolti alle fasce
più deboli delle popolazioni, come le donne ed i bambini, con le quali
noi lavoriamo.
I nostri progetti di cooperazione noi li facciamo per cercare di portare un
apporto là dove mancano delle
risorse, e dare risorse in più consente alla realtà locale di decollare da
sola. Noi non crediamo nella carità e nella beneficenza: questo non è il
nostro approccio. Noi crediamo nel parternariato, cioè ci piace molto stabilire
anche con controparti della società civile di questi paesi, che poi sono i
paesi di origine dell’immigrazione,
un rapporto di patnership, di amicizia
vera, di scambio e cerchiamo di realizzare
dei progetti che possiamo poi riportare a casa come simboli di
comunicazione, progetti che aprono piste nuove, per esempio rispetto al disagio
minorile.
In Italia, invece, da tanti anni lavoriamo con i ragazzi, con le scuole, per
sostenere gli insegnanti che vogliono sviluppare progetti di intercultura e da
un po’ di tempo in qua lavoriamo molto in quell’ambito che è la mediazione
culturale. Di mediazione culturale c’è molto bisogno nel nostro paese
perché l’incontro tra culture ha bisogno di un ponte, ha bisogno di
qualcuno che agevoli la comunicazione tra le due parti e stiamo cercando di
ritagliare, in questo ambito, un protagonismo, che sia molto forte, dei nuovi
cittadini, dei migranti, perché essi stessi diventino i veri mediatori: coloro
che aiutino, per esempio, i genitori dei bambini stranieri nelle scuole a
dialogare con gli insegnanti, coloro che aiutino nelle questure i poliziotti ad
avere un dialogo decente e fruttuoso con gli utenti immigrati, coloro che
aiutino nei presìdi sanitari gli
immigrati a poter usufruire e avere accesso ai nostri servizi pubblici, e via
discorrendo.
Un'ultima annotazione per quanto riguarda i ragazzi e le scuole. Noi da un po’
di tempo, coltiviamo una metodica per approcciarci a questi temi: non le
prediche, non le conferenze, ma l’ingresso, nel curricolo scolastico, il più
possibile, del gioco di ruolo, perché per capire l’altro la cosa principale
è immedesimarsi nell’altro e allora cerchiamo di organizzare degli eventi,
delle situazioni, in cui per un’ora almeno, per un giorno, gli italiani siano
gli immigrati e gli immigrati gli italiani. Tra le iniziative di questo tipo,
abbiamo realizzato una mostra che ripercorreva il viaggio del migrante. Lungo
l'itinerario da percorrere c’erano degli animatori,
tutti migranti veri, che facevano
il questore, il datore di lavoro… e chi entrava diventava, per un attimo, per
una mezzoretta, un migrante, magari un curdo sbarcato
a Otranto, oppure una filippina impiegata
in una casa, etc. In questo modo si consentiva a ciascuno di immedesimarsi con
una persona immigrata per vivere i suoi problemi e le sue ansie.
Io credo che, in maniera analoga, studiare prodotti letterari sia un modo per
immedesimarsi nei sogni, nelle aspettative, nelle aspirazioni di un’altra
persona in maniera molto efficace.
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