Undicizerotreduemilaquattro
di Tahar Lamri

E dal tetto del treno apparve all'improvviso, in questa mattina invernale di cristallo, uno squarcio di cielo indesiderato. Un boato e il grido di un neonato squarciano il silenzio. E la morte, la morte si fa strada nella sabbia del sonno, nel dondolìo del treno che accompagna i pendolari alle loro occupazioni. Poteva essere un giorno qualsiasi questo uno più uno del terzo mese solare, ma...
Ana cullava le sue nostalgie colombiane, un attimo prima Ana pensava al suo paese Santa Marta bagnato dalla pioggia tropicale. Pensava ad Andres, suo figlio quindicenne, lasciato là in un paese insicuro, dove morire nel proprio letto è considerato un lusso. Pensava che fra due giorni l'avrebbe chiamato due volte. E come ogni marzo avrebbero festeggiato, a modo loro, il suo compleanno. Gli avrebbe dato la notizia che aspettavano da molto tempo: i documenti sono pronti per il ricongiungimento famigliare.
Inès, là di fronte ad Ana, leggeva con il sorriso negli occhi, il messaggio che aveva stampato questa mattina prima di uscire: "Non sono mai andato via per poter tornare. Sono qui lì altrove, i miei abbracci o il mio unico infinito abbraccio, inventato soltanto per te, ti appartiene per sempre, perché dentro di te, dentro di me. Le mie mani hanno dolcemente solcato il tuo corpo e lavandoti i piedi ti ho ospitato per sempre in me. Riti antichi, lavare i piedi all'ospite. Certamente hai notato che i nostri corpi si sono ritrovati naturalmente e naturalmente si sono incastrati l'uno nell'altro in una infinita acqua primordiale. Ma non so se hai notato il profumo che aleggiava attorno a noi: terra appena bagnata dalla pioggia. Oltre al tuo profumo di té verde, che potevo sentire soltanto io, e che ritrovo ancora oggi, ancora stamattina dopo la doccia, sul mio braccio, fra la costellazione dei nei che ti piace tanto."
Inès al momento del boato, prima che Dio si affacci irato ancora prima dello squarcio di cielo non desiderato, stava sorridendo fra sé, il sorriso si alternava al tuffo al cuore. Vicino a lei era seduto Angel, che pensava di fare un giro in Italia quest'estate per vedere finalmente "La nascita di Venere" da vicino. Angel pensando guardava con tenerezza quella mamma, a cui non seppe dare nome, assonnata e tesa ad allattare la sua bimba, quasi bianca, come l'aurora che annuncia un giorno nuovo. La mamma era nera, "angolana" si è detto Angel.
Dietro Angel, in quel momento preciso, fra la calma del sonno che stenta a lasciare gli occhi, il dondolìo, lo sferragliamento del treno e il terribile boato, sta seduta una ragazza giovane, senza età, che sognava sensazioni e profumi e abbracci e baci e sorrisi e parole sussurrate e acqua che scorre in una remota stanza d'albergo.
In quell'attimo Anton aveva aperto la porta del giorno ed era entrato in questo undici marzo, come in ogni giorno, con un'allegria sfacciata. E Gabriela si è ricordata di non aver tirato fuori la carne dal freezer. E Isabel era incinta di sette mesi quando la morte li ha falciati tutti i due, senza neanche chiedere il sesso del nascituro. Andava a fare un'ecografia. Yolanda amava molto la trasmissione televisiva "Un, dos, tres". Era l'unico suo difetto. E Alberto, assorto nella lettura della biografia del pittore Cristobal Toral, non si è reso conto di nulla. Non ha nemmeno sentito il boato. Maite andava a perfezionare il mutuo per l'appartamento nuovo appena comprato e che ogni giorno sognava arredato in modo diverso. E Alvaro, "Alvarito", falciato sulla strada del liceo, avrebbe compiuto 17 anni alle 18.00., da lì a poco avrebbe ricevuto i CD di Limp Bizkit, Linkin Park, Jarabe de Palo. E Manuel che lascia tre bambini di 8, 4 e 2 anni. E Ramon che stamattina era in bagno e non ha fatto in tempo a dare un bacio a sua moglie già in ritardo al lavoro.
E fra il boato e noi, la notizia fece il giro del mondo e migliaia di telefonini impazziti di preoccupazione si sono messi a squillare alla faccia di Dio, da tempo latitante. Dio che guardava, senza capire, la striscia rossa che corre lungo il treno spezzata come le ali di un uccellino indifeso.


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