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Se questo è un no global di Alessandro Munari 16/11/2002

 

A Firenze non è successo nulla. Il social forum non è stato un pretesto per violenze e distruzioni, resta l'opposizione ideologica della Fallaci che aveva ribadito comunque la violenza morale dell' "invasione", ma sono state smentite le voci apocalittiche. Quindi non è sucesso nulla. I no global, da sempre, rivendicano uno spazio sui media relativo non già agli scontri, ma bensì ai contenuti degli incontri. Ebbene, non è successo nulla neppure in questo senso. I dibattiti, le assemblee si sono fuse con la musica, con le canne, con i cortei, con gli slogan, con i giovanotti arrabbiati con il "sistema" che adoperano. Apparirebbe imbarazzante tentare un confronto fra i no global e i movimenti del '68, un esempio da prendere come simbolo: Casarini e altri "disobbedienti" si sono recati alla frontiera fra Italia e Slovenia per ristabilire il trattato di Schengen sulla libera circolazione di uomini e di merci, interrotto, secondo loro, per respingere gli indesiderati a Firenze, peccato che la Slovenia non abbia mai aderito al trattato, rimanendo perciò una Nazione con frontiere. Guardando un po' dall'alto queste varie forme di dissenso, emerge impietosamente il fallimento e l'inutilità culturale (e intellettuale) del '68, completamente ignorato ora da questi gruppi. Inizialmente lo slogan dei no global era : "un mondo migliore è possibile", poi, dopo che anche gli uomini di governo hanno detto "indubbiamente, lavoriamo anche noi per questo", la parola d'ordine è stata un'altra : "un mondo diverso è possibile". Adesso un po' di storia: all'inizio della guerra fredda c'erano tre mondi : il primo, ovvero i Paesi occidentali e capitalisti, il secondo con i Paesi comunisti ed infine il terzo mondo che comprendeva quei Paesi non allineati alle due precedenti posizioni politiche ed economiche, come l'India, la Jugoslavia e i Paesi arabi. Quest'ultimo ha successivamente significato povertà, sottosviluppo, dittature, il secondo mondo è parzialmente caduto con l'U.r.s.s. mentre con la Cina ha resistito (aprendosi al W.T.O. e a un liberismo controllato), infine il primo mondo, cioè il nostro, cioè quello contestato, si è sviluppato, nonostante contraddizioni inevitabili. Quindi, sentendo "un mondo diverso è possibile" a cosa si deve pensare ? Agli orfani del comunismo che tentano una vendetta per i loro templi crollati ? A chi non è mai stato comunista ma come tale si comporta volendo dettare le regole al sistema che ha vinto ? Oppure a Joshua Meyrowitz ? Mi spiego, quest'ultimo è uno studioso americano di media, di sinistra (non della "sinistra" che c'è negli U.S.A....), il quale afferma che soprattutto la televisione ha livellato e reso omogenei i cervelli, a tal punto da rendere intolleranti alle diversità, ma non alle diversità "classiche" bensì ad altre, a quelle insospettabili, come la mancanza di potere, d'acqua, d'acqua calda, di sapone, di profumo,di play station, di Pippo Baudo... Con Meyrowitz in effetti si spiegherebbero i no global bevitori della "fascistissima" Coca-cola, i no global indossatori degli abiti "aristocraticissimi" della Benetton, i no global laureati nelle "catene di montaggio" che sono le Università "classiste e borghesi" dello Stato Italiano, i no global che non muovono un dito o una parola senza la presenza della telecamera. Con questi gruppi si mostra chiaramente come l'impostazione dei Paesi occidentali abbia calcolato inizialmente la presenza dei contestatori e abbia fornito loro uno spazio per le rivendicazioni. Se questo è un no global.

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