LA VOCE DELL'AVENTINO Periodico della fraternità tra i residenti ed emigranti delle Comunità dell'Alta Valle dell'Aventino Cultura religiosa, storica, artistica e letteraria Agosto - Settembre - Ottobre 2010 – Palena (Chieti) |
Cime della Porrara, anticamente "Palleno". Alle sue pendici, le sorgenti del fiume Aventino .Il sacro monte Porrara, anticamente chiamato "Palleno", diede nome ai Palenesi che vi nacquero. La Porrara è il monte di Palena, in provincia di Chieti che, a fianco della Maiella orientale, domina la valle del fiume Aventino, aperta a levante fino all’Adriatico: è il sacro monte dove pregarono tre Santi: S. Celestino V Papa, eremita in una angusta grotta nei pressi del Santuario della Madonna dell’Altare (m. 1272 s.m.), costruito dai Celestini, suoi seguaci; S. Falco, eremita, in una grotta tra la Porrara e la Maiella, in territorio di Palena, noto con il nome di "Coste di S. Falco", poi protettore di Palena; S. Nicolò da Forca Palena, antica frazione di Palena, su un costone della Porrara (m. 1276 s.m.), vicino all’attuale stazione ferroviaria di Palena, già Parroco di Palena, poi fondatore di tre conventi nelle città di Napoli, Firenze e Roma. In queste località sacre della Porrara, si arriva percorrendo molteplici itinerari di interesse storico-culturale, religioso e archeologico, meritevoli di essere conosciuti e visitati, evocatrici della vita dei tre Santi, seguendo percorsi di attrattive turistiche per la particolare e sublime bellezza del paesaggio incontaminato del territorio di Palena, premiato con il prestigioso riconoscimento della "Bandiera arancione" dal Touring Club Italiano. Riccardo Vittorio Gentile, fondatore de "La Voce dell’Aventino" (agosto 1998) |
“La Voce dell’Aventino”
a partire dal dicembre 2008, nel decennale della sua fondazione (1998-2008),
è pubblicato
sul suo sito INTERNET:
http://digilander.libero.it/vocedellaventino
PALENA.
L’EREMO CELESTINIANO DELLA MADONNA DELL’ALTARE
Sulle pendici del monte Porrara a circa 1300 metri di quota, nel territorio del Comune di Palena, l’EREMO DELLA MADONNA DELL’ALTARE è da secoli testimone della vita ascetica di Pietro da Morrone, l’eremita nato in Molise nel 1215, che nel 1235 circa, per tre anni si ritirò in preghiera in una grotta sul monte Porrara. Quando fra' Pietro da Morrone giunse sull’eremo di Palena aveva poco più di vent’anni. Nel gennaio del 1235, messosi in cammino verso Roma, decise di fermarsi per dieci giorni a Castel di Sangro, in un rifugio montano che però abbandonò per raggiungere Palena. Salito sulla montagna vi scelse per rifugio una piccola grotta, tanto angusta e bassa che a mala pena poteva accoglierlo in piedi o sdraiato. Qui visse tre anni, in costante penitenza, ma confortato da grandi prodigi. Ogni mattina, all’alba, «gli angeli lo svegliavano con i rintocchi di una celeste campana, al cui suono il giovane eremita cominciava la recita delle Lodi». Sempre desideroso di sottoporre al giudizio del papa la sua scelta eremitica e giudicando di essere preparato alla ordinazione sacerdotale, nel 1238, riprese la via per Roma.
Nel 1294 Pietro da Morrone ricevette la nomina a Papa con il nome di Celestino V. Era il 29 agosto 1294 quando fu consacrato Papa nella Basilica di Collemaggio in L’Aquila, che lui stesso aveva fatto edificare. Il suo pontificato durò solo cinque mesi, perché rinunciò volontariamente alla tiara; da qui l’appellativo di “colui che per viltade fece il gran rifiuto” voluto da Dante nella sua Divina Commedia. Per raggiungere l’eremo si attraversa la fascia vegetativa che dal bosco misto alla faggeta ricopre l’intero percorso. Lungo il tragitto la natura avvolge il visitatore attento con la sua biodiversità, e contemporaneamente la mente si spinge verso riflessioni legate all’aspetto mistico della Maiella. Alcune testimonianze rendono certa la costruzione del complesso da parte dei Celestini intorno al XIV secolo per tramandare ai posteri la memoria della prima residenza eremitica del loro fondatore. Alcuni studiosi, per chiarire il significato dell’origine del nome della chiesa, ricorrono alla morfologia del luogo che richiama la forma di un altare; altri sostengono invece che lo stesso termine ricorre anche per altri siti come Altare dello Stincone o Cima d'Altare. L'edificio è formato dalla chiesa e da un nucleo abitativo e fu tenuto fino al 1807 dai Celestini per poi essere abitato, dopo l' abbandono dei monaci, da un eremita laico sostenuto dai Baroni Perticone che, dopo esserne divenuti proprietari, fino al 1970 ne usufruivano come tenuta estiva. Successivamente fu donata al Comune di Palena.
Foto di Andrea Gentile
Foto di Domenico Rattenni
L’eremo celestiniano della Madonna dell’Altare, costruito dall’ordine dei Celestini in memoria di Pietro Angeleri (Papa Celestino V°), è stato recentemente ristrutturato ed è accessibile al pubblico. Lo scopo della struttura è promuovere il territorio di Palena a livello religioso, culturale, storico e naturalistico. La struttura è visitabile tutto l’anno. Su richiesta è anche previsto il pernottamento (20 posti letto). Il responsabile della gestione è Domenico Rattenni, le guide celestiniane dei gruppi in visita all’Eremo sono Simona Toppi e Anna Maria Como. Per informazioni e prenotazioni: telef: 348/5306292 335/1650598
LA STORIA DI CELESTINO V
E L’EREMO DELLA MADONNA DELL’ALTARE
a cura di Andrea Gentile
Pietro Angeleri, in seguito chiamato fra' Pietro da Morrone, poi divenuto papa con il nome di Celestino V e, infine, canonizzato come San Pietro Celestino, nacque a Isernia nel 1215 da Angelo Angelerio e Maria Leone, contadini poveri, onesti e profondamente religiosi. Penultimo di 12 fratelli, dopo la morte prematura del padre, si dedicò fin da ragazzo al lavoro dei campi. Pur non essendo nato a Sulmona, la sua storia si intrecciò fortemente con la città abruzzese.
Nel 1231 decise di vestire l'abito benedettino, ma a 20 anni,
insoddisfatto della vita spirituale dell'ordine, si ritirò da eremita in
una grotta sul monte Porrara, nelle vicinanze dell’attuale Santuario della
Madonna dell’altare, nei pressi di Palena. Qui visse tre anni, in
costante penitenza, ma confortato da grandi prodigi. Nel 1238 andò a Roma dove
fu ordinato sacerdote nel 1241. Celebrò la prima messa nella
chiesa di San Pietro in Montorio e tornò in Abruzzo,
stabilendosi alle falde del monte Morrone, prendendo come modello di vita
S. Giovanni Battista: non beveva vino, non mangiava carne e praticava quattro
quaresime l'anno.
Nel 1259 fra' Pietro da Morrone ottene i finanziamenti per costruire l’Abbazia Morronese che sorse attorno all'antica chiesetta di S. Maria del Morrone, poi detta di Santo Spirito. Poi verso il 1265 fra' Pietro fece costruire l'Eremo di S. Onofrio (patrono degli eremiti), dove si ritirò in preghiera ed eremitaggio solitario. Qui nel luglio del 1294 fu informato dell'avvenuta elezione a Pontefice. La decisione venne presa nel Conclave di Perugia il 5 luglio del 1294. La cerimonia di incoronazione avvenne il 29 agosto nella Basilica di S. Maria di Collemaggio a L'Aquila, sede ancora oggi della "Perdonanza Celestiniana", e che egli stesso aveva fatto costruire qualche anno prima.
Il fatto che ha segnato la sua storia non è tanto la sua elezione a Papa quanto la celebre rinuncia al papato avvenuta dopo soli cinque mesi e precisamente il 13 dicembre 1294. Il suo successore, Bonifacio VIII, protagonista di numerose e poco nobili vicende, arrivò ad imprigionarlo nella rocca di Fumone (Frosinone) dove morì solo e dimenticato il 19 maggio 1296.
La fama di Celestino, tuttavia, non morì e nel maggio del 1313, fra' Pietro venne elevato agli onori degli altari con il nome di San Pietro del Morrone, con solenne cerimonia nella cattedrale di Avignone e alla presenza di Clemente V. Il festeggiamento avvenne il 12 giugno, ma i pellegrini si recano negli eremi della regione anche il 19 maggio, giorno della sua morte. L'ordine dei Celestini fu istituito nel 1274 da Gregorio X (prima quindi della sua elezione) e arrivò a contare 96 monasteri italiani e 21 francesi. L'ordine scomparve in Francia nel 1789 e in Italia nel 1807.
Esistono in Abruzzo altre testimonianze della presenza di Celestino: la chiesetta della Croce in località Cerreto, il monastero di Santo Spirito a Majella (Roccamorice - PE), che fece ricostruire dopo un lungo periodo di abbandono, San Giovanni dell'Orfento, in cui visse per nove anni dal 1284 al 1293, S. Croce al Morrone (Sulmona), secondo romitorio fatto costruire dopo quello di S. Maria Morronese e infine sempre nella stessa zona S. Maria de Criptis (delle grotte), nominata anche in un documento del '500 e vicina alla grotta abitata da Celestino.
La vicenda della sua tribolata elezione ha ispirato l'opera di Ignazio Silone "La storia di un povero cristiano", un dramma teatrale in cui sono descritte molte delle vicende che hanno coinvolto Celestino V.
«Io Celestino V, mosso da ragioni legittime, per bisogno di umiltà, di perfezionamento morale e per obbligo di coscienza, per debolezza del corpo, per difetto di dottrina, per le ingiustizie del mondo, per l'infermità della persona, al fine di recuperare la pace e le consolazioni del mio precedente modo di vivere, liberamente e spontaneamente, mi dimetto dal Pontificato».
Celestino V si alzò dopo aver finito di leggere l'atto papale, scese dal trono, si tolse mitra, manto porporino e insegne e le depose per terra. Si rivestì del suo rozzo mantello e uscì dal Concistoro. Così si concluse l'avventura di fra' Pietro da Morrone, dopo soli cinque mesi di tormentato pontificato, unico esempio nella storia di dimissioni dalla carica di pontefice. Per capire i motivi della rinuncia bisogna comprendere il particolare momento che attraversava la chiesa in quel periodo, segnato dalla feroce lotta tra la famiglia degli Orsini, guelfi, e dei Colonna, ghibellini.
Dopo la morte di Nicolò IV nell'aprile del 1292, le riunioni del Conclave (l'organo predisposto all'elezione del papa) furono spostate da Roma a Rieti e infine a Perugia. Dopo 27 mesi di discussioni, con le quali non si riusciva a ottenere un'accordo, giunse al cardinale Malabranca, decano del Sacro Collegio, una lettera di fra' Pietro da Morrone, che lo pregava di giungere in fretta alla nomina, pena gravi castighi a lui rivelati da Dio in un sogno. La lettera fu letta nel Conclave e, raggiunta l'unanimità dei consensi sul nome di fra' Pietro, fu stilato il decreto di elezione in data 5 luglio 1294. L'annuncio venne inviato all'eremo di S. Onofrio dove l'eremita si trovava, tramite una delegazione di cui facevano parte Carlo II d'Angiò e suo figlio Carlo Martello.
Questo episodio è entrato nella storia anche grazie alla Divina Commedia nella quale Dante Alighieri scrive di aver visto "colui che fece per viltà il gran rifiuto" (Inferno, III, 58-60). Il personaggio, volutamente ignoto, venne identificato in Celestino V, ma ci sono diversi studiosi che appoggiano tesi diverse. Dante scrive di un "rifiuto" mentre quella del papa fu una "rinuncia" che è cosa ben diversa. Inoltre, Dante Alighieri era profondamente religioso e non avrebbe mai posto all'inferno un santo (La Divina Commedia fu pubblicata nel 1319, sei anni dopo la proclamazione di santità di Celestino V).
Oggi le ipotesi più accreditate sono quelle che riferiscono il personaggio a Ponzio Pilato o al cardinale Matteo Rosso Orsini. Quest'ultimo, subito dopo la rinuncia di Celestino, era stato eletto al primo scrutinio dal Conclave, ma rifiutò l'elezione per poi sostenere con forza la candidatura del futuro papa Bonifacio VIII. Infatti, se avvesse accettato il papato, si sarebbe dovuto porre al di sopra delle parti, mentre, con l'elezione dell'amico Caetani, riuscì a far espellere la famiglia dei Colonna, sequestrandone i beni e privandone dei titoli.
Al di là di queste vicende, rimane l'atto di umiltà e fede di Celestino, che rifiutava le ipocrisie e le ingiustizie della "chiesa politica", a favore di una più alta, profonda e autentica spiritualità. Inoltre, la figura di umile e sprovveduto frate di provincia non corrisponde a realtà: infatti, Celestino fondò un proprio ordine e guidò monasteri. Il motivo vero della rinuncia è dunque riconducibile alla sua pura e autentica condotta morale che è anche la ragione per la quale questo papa viene ancora oggi ricordato con profonda ammirazione.
Andrea Gentile
PALENA. Fra le tante manifestazioni culturali che si sono tenute l'estate scorsa a Palena, c'è stata la presentazione del libro di Artemio Tocco: “I paleneiesc'e de Palaien'e”, pubblicato dall’Associazione culturale Palenese. La presentazione del libro è avvenuta il pomeriggio del 13 agosto al Teatro Aventino. Sono intervenuti Tonino Como, Prof. Giuseppe Delfini, Nicola Muscente e il sindaco Domenico Parente. Riportiamo qui il discorso di Nicola Muscente.
Devo dire che provo un certo imbarazzo ad essere qui a parlare di un libro, anche perché non sono, diciamo così, del mestiere. Ho accettato l'invito di Riccardo Como, perché si tratta di una piccola raccolta di poesie scritte da un carissimo amico. Mi limiterò dunque a dire poche cose su di lui, con qualche riflessione sul dialetto; e siccome la memoria comincia a tradirmi, per non perdere il filo del discorso, mi sono scritti degli appunti.
Anche se di parecchi anni più grande di me, da ragazzo sono stato amico, e lo sono tuttora, di Artemio Tocco, meglio conosciuto a Palena come 'Ndò Sciannòtt. Dopo la guerra la sua famiglia, che aveva avuta la casa in paese distrutta dai tedeschi, venne ad abitare a Sant'Antonio, in due tetre stanze del Convento fino a quando le fu assegnata una delle case costruite nel vecchio campo sportivo. Fra la mia e la sua famiglia nacque un cordiale rapporto d'amicizia, per cui ho avuto modo di conoscere Antonio da vicino. Avevo una certa ammirazione per quel giovane dai modi gentili, volenteroso e allegro, pur nelle misere condizioni di vita di quei difficili anni del Dopoguerra.
Per sostenere la famiglia si adattava ad ogni tipo di lavoro: andare in campagna, a far legna nel bosco, d'inverno a spalare la neve alla stazione e andare a fare qualche giornata con i muratori.
Spesso si recava a lavorare fuori Palena e quando tornava ci parlava dei paesi visti e ci raccontava qualche sua avventura. L'originale nome Artemio volle metterglielo il padre Alfonso, in ricordo di un suo compagno di lavoro conosciuto anni addietro a Rieti. Il secondo nome, Antonio, lo volle sua mamma Teresa, devota al Santo di Padova. “ Sciannòtt “ era il soprannome di suo padre, che da ragazzo era stato con i genitori in America, dove aveva cominciato a masticare un po' d'inglese.
Si raccontava che quando tornò a Palena, Alfonso, che era un tipo allegro e scherzoso, si rivolgeva spesso agli amici con qualche frase americana, e le parole che ripeteva di più erano “ Should not ” di cui non conosceva bene il significato, ma che in America gli erano sempre state dette quando gli veniva consigliato o intimato di non fare una determinata cosa. Presto gli amici travisarono la frase “ should not “in “ Sciannot ” e gliel'affibbiarono come soprannome. Verso la metà degli anni Cinquanta lasciammo tutti e due Palena: io, in seguito all'improvvisa morte di mio padre, dovetti abbandonare gli studi magistrali a Lanciano e mi recai a Milano, e Antonio, dopo tante traversie , riuscì ad emigrare in America, dove viveva uno zio materno. Dopo alcuni anni vissuti nei dintorni di New York e a Detroit, si trasferì in Australia, dove, con la sua tenacia e la sua intelligenza, è riuscito a farsi una buona posizione economica, diventando addirittura imprenditore nel campo dell'edilizia e alberghiero. Non c'eravamo più rivisti da moltissimi anni e ci riabbracciammo quando tornò per la prima volta a Palena, dove passammo dei bei momenti insieme, reimmergendoci nei ricordi giovanili e raccontandoci un po' di tutto.
Fu in quell'occasione che mi consegnò un quaderno di poesie, chiedendomi se gli potevo dare una mano nella difficile grafia del dialetto palenese. Assetato di sapere, avvicinava persone che più potevano dargliene, come il nostro saggio Riccardo Gentile – che oggi non ha potuto essere qui presente e che salutiamo con affetto - e Panfilo Napoleone, ai quali è legato da profondi sentimenti di stima. Ecco perché in questa raccolta di poesie, egli volle mettere alcune nostre composizioni, senza che noi gliel'avessimo chiesto. L'Associazione Culturale Palenese ha voluto ristampare questo volumetto, in omaggio al nostro simpatico concittadino, che pur vivendo da oltre cinquant'anni all'Estero, ha conservato una struggente nostalgia per il paesello nativo e a la sua gente, alla quale ha voluto dedicare questi semplici versi. Il titolo “ I paleneiesc'e d'e Palaien'e ” è stato lasciato così com' egli l'ha scritto, con incerta grafia, e anche se “ paleneiesc'e “ è in dialetto di Lama, il paese di sua mamma. Il lettore attento, certamente avvertirà che nel comporre queste poesiuole Antonio ha subito l'influenza di poeti abruzzesi, che egli ha letto, soprattutto del grande Modesto Della Porta di Guardiagrele e del bravo Antonio Del Pizzo di Lama dei Peligni; ma che certamente i suoi versi scaturiscono da un animo sensibile, incline a un sottile umorismo velato di malinconia, così come nella poesia “ A i paisène' mié “, introduttiva al volumetto:
Cerche' schéuse a chi llègge'
ste' quattre' scarapuocchie' !
Ne' 'ndiénghe' niende' da fa'
e i so scritt' acchesciuì,
a cacchie' e capuocchie',
pe' ne' m'annuià...
Se n'ze' capisce' niende',
m'aveta perdenuà:
so' jéite' puoch' a la schéule',
so jéite' sempr' a zappà !
Il fatto di non aver potuto andare a scuola è stato sempre un cruccio per Antonio , e in quel “ so jéite puoch'alla sch'éule “ vi traspare tutta la malinconia. Eppure, questo nostro simpatico concittadino, che non ha avuto il privilegio dell'istruzione, che ha dovuto affrontare chi sa quante difficoltà nella difficile condizione di emigrante, ha trovato anche il tempo per dedicare versi alla terra nativa e alla sua gente. L'esempio potrebbe essere di sprone ai nostri giovani a cimentarsi con la poesia dialettale, così, con la stessa disinvoltura con la quale ci si mette a cantare o a suonare uno strumento: importante è non illudersi di essere poeti. La poesia è ben altra cosa.
Il dialetto è un patrimonio culturale e va preservato; invece a Palena è in fase di estinzione o non ha più una forte radice locale. I giovani, che pur hanno una certa difficoltà ad esprimersi in un buon italiano, non parlano più neanche in dialetto, e tendono ad imitare la “parlata “ dei centri più importanti della zona, dove sempre più frequentemente si recano per ragioni di lavoro, di studio o di svago. Vi chiedo scusa di questa digressione, e torniamo al nostro. Col passar del tempo Antonio cominciò a tornare sempre più spesso a Palena e invitava gli amici ad andare a trovarlo in Australia. Io cominciai a farci un pensierino, anche perché ho lì dei parenti.
Decidetti di andarci, ormai pensionato, nel dicembre del 1996; assieme a mia moglie e mia figlia; e dopo qualche settimana trascorsa Melbourne e a Sydney, andammo a trovare Antonio, che tuttora risiede a Surfers Paradise, un'incantevole località turistica della Gold Coast nel Queensland. Ci accolse nella sua bella casa e passammo alcuni indimenticabili giorni insieme, circondati da attenzioni, anche da parte di sua moglie e dei figli. Prima di lasciarci, Antonio tornò alla carica e mi consegnò una cartella di una cinquantina di fogli scritti a mano, dicendomi di aver imbastita una breve storia della sua vita, che aveva intenzione far tradurre in inglese per poter farla leggere ai figli e un giorno ai nipoti. E mi chiese, con un lieve sorriso e in dialetto, se potevo darle una “raddrizzata.” “ Véide' se ji può da' na raddrezzète'. “, mi disse. Dopo aver dato un'occhiata ad alcuni fogli, gli feci capire che non era una cosa semplice, ma che ci avrei comunque provato, e presi con me la cartella. Rientrato in Italia, misi senza troppo impegno un po' d'ordine al testo, lo battei alla macchina da scrivere e rispedii il copione, che egli fece stampare con il titolo: “ Le mie bandiere”. Sorprendentemente questa autobiografia è piaciuta a quanti l'hanno letta, soprattutto la prima parte, dove Antonio parla della sua infanzia povera e dei drammi della guerra, per cui il nostro dinamico Riccardo Como, aveva intenzione di farla ristampare. Ma in seguito al disastroso terremoto de L'Aquila, sono state ben altre le cose a cui pensare.
Voglio concludere questa mia lunga chiacchierata, che spero non vi abbia annoiato, proprio con le parole che Antonio volle scrivere nella prefazione della sua autobiografia:
“Ho giurato fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d'America, il paese che mi ha dato la dignità di lavoratore e a quella dell'Australia, il paese che considero mia seconda patria e che mi ha dato il benessere e la serenità. Ma la bandiera che porto e porterò sempre nel cuore, è quella della mia cara Italia, che mi ha dato i natali e la nobiltà dei sentimenti“. Beh, credo che questo nostro concittadino meriti la nostra ammirazione e il nostro rispetto. Grazie!
Nicola Muscente
PALENA. IL CORO DEGLI ALPINI
Su iniziativa di Carlo Recchione e del gruppo Alpini di Palena, il 16 agosto 2010 presso il Teatro Aventino di Palena è stato tenuto con grande successo il concerto del coro degli alpini di Palena, diretto dal maestro Prof. Antonio Gentile.
Tra i componenti del coro, i Tenori: Diego Chiaverini, Franco Como, Giovanni Casacchia, Luigi Mascetta, Manfredi Delfini, Ugo Di Lauro; Ottava Bassa: Antonio Corvino, Giuseppe Corvino, Luigi di Sciullo; secondi Tenori: Carlo Recchione, Fernando Di Benedetto, Francesco Di Lauro, Nino Trozzi, Vincenzo Toppi; Baritoni: Giampiero Giangiordano, Giulio Gentile, Giovanni Pierorazio; Bassi: Antonio Torelli, Filippo Delfini, Mario Gentile, Giovanni D’Emilio, Giovanni Ranellone, Simone Sciarra.
Sono state eseguite le musiche: Fratelli d’Italia (1847), Sul Cappello (1916), Era una notte che pioveva (1916), Il testamento del capitano (1916), Vecchio scarpone (1953), Signore delle cime (1958), Ta-pum (1916-1917), Monte Canino, Quel mazzolin di fiori (1904), La montanara (1927).
PALENA E ROCCASCALEGNA
Bandiere arancioni in due comuni dell'entroterra abruzzese
Gli unici due comuni abruzzesi, che hanno ottenuto il marchio di qualità del Touring Club Italiano per la valorizzazione del patrimonio culturale, sono Roccascalegna e Palena. Roccascalegna e Palena, due paesi che hanno in comune «la cura del centro abitato e il rispetto delle tradizioni», sono le uniche due località abruzzesi che possono vantare la "Bandiera arancione", il marchio di qualità turistico ambientale del Touring Club Italiano destinato alle piccole realtà dell'entroterra caratterizzate da un'offerta di eccellenza e un'accoglienza di qualità. Roccascalegna e Palena, hanno ricevuto il marchio Bandiera Arancione nell'ambito del Progetto TCI/Provincia di Chieti.
PALENA E LA FESTA DEI CENTRI «BANDIERA ARANCIONE»
Palena è una delle 87 piccole località italiane certificate con la Bandiera arancione, nelle quali domenica 10 ottobre si è svolta la “Giornata Touring: benvenuti nell’Italia 10 e lode”. La manifestazione, aperta ai soci e simpatizzanti del Touring club, è alla sua settima edizione. Nel paese i partecipanti, dopo l’accoglienza in piazza Municipio da parte dell’amministrazione comunale, dalle 9.30 alle 14.00 hanno potuto visitare il centro storico, il museo geopaleontologico (collezione di reperti fossili, rinvenuti nel territorio dell’Alto Aventino), la pinacoteca e il museo dell’orso marsicano del Parco della Maiella nell’ex convento di Sant’Antonio (XII secolo), l’eremo celestiniano Madonna dell’altare (edificato dai seguaci di Papa Celestino V). Altre iniziative nel pomeriggio: alle 16, nella piazzetta del Rosario spettacolo teatrale “Il galeone dei pirati” a cura della Compagnia EmmeBi-Palena; sempre alle 16 laboratorio di tessitura e tintura presso il castello Ducale con pannelli didattici e videoproiezione sulle attività del distretto laniero oltre alla tessitura manuale e dimostrazione della tintura naturale.
Matteo Del Nobile, «Il Centro»
Che cos’è la Bandiera arancione
L'idea delle Bandiere arancioni è nata nel 1998 in Liguria. E' il marchio di qualità turistico ambientale per l'entroterra del Touring Club Italiano. Viene attribuita alle località che soddisfano criteri di analisi correlati allo sviluppo di un turismo di qualità.
La valorizzazione del patrimonio culturale, la tutela dell'ambiente, la cultura dell'ospitalità, l'accesso e la fruibilità delle risorse, la qualità della ricettività, della ristorazione e dei prodotti tipici sono solo alcuni degli elementi chiave per ottenere il marchio.
Il Tci da sempre opera per lo sviluppo del turismo di qualità e per la valorizzazione delle risorse e del patrimonio culturale e ambientale italiano. La "Bandiera arancione" è uno degli strumenti con il quale il Touring offre ai turisti una garanzia di qualità e alle località uno strumento di valorizzazione del loro territorio.
LA VERGOGNA E LO SCANDALO DELLA SANITA’ IN ABRUZZO.
Tagli indiscriminati ad ospedali e posti letto.
«Un piano sanitario – osserva il Tribunale per i diritti del malato – che vede diminuito in maniera preoccupante il diritto riconosciuto, assoluto ed imprescindibile alla tutela della salute dei cittadini delle aree interne dell’Abruzzo».
Ottocentoquaranta posti letto per malati tagliati in Abruzzo e sei ospedali da riconvertire in presidi territoriali della sanità.
Sono questi i numeri della sforbiciata messa in atto dall’assessore alle Politiche della Salute Lanfranco Venturoni nell’ambito della razionalizzazione della rete ospedaliera in atto per ripianare il deficit della sanità. 718 riguardano il pubblico e 122 il privato: un taglio equamente suddiviso nei due ambiti con un perfetto 18% per entrambi.
I sei ospedali che saranno gradualmente chiusi e riconvertiti come presidi territoriali per la diagnostica, la riabilitazione e la lungodegenza sono Guardiagrele, Gissi, Casoli, Pescina, Tagliacozzo e San Valentino. Con il risultato che gli ospedali in Abruzzo passeranno da 22 a 16.
Ricordiamo che la squadra mobile di Pescara ha arrestato l'Assessore alle Politiche della Salute della Regione Abruzzo Lanfranco Venturoni, nell'ambito di un'inchiesta sul trattamento dei rifiuti. «Abuso d'ufficio, peculato aggravato e continuato, corruzione aggravata e continuata». In manette è finito anche l'imprenditore Rodolfo Di Zio dell'omonimo gruppo industriale che si occupa di produzione di serbatoi ed impianti per l'industria enologica alimentare e chimica ed è proprietario della Deco spa. Nella stessa inchiesta sono indagate decine di persone.
In Abruzzo il nuovo piano sanitario, che ha già scatenato una serie di dure proteste da parte di quei Comuni che perderanno l’ospedale, è stato inviato al ministro dell’Economia dal commissario per la sanità, Gianni Chiodi. A Pescina infermieri, medici e l’amministrazione comunale sono in stato di protesta. A Casoli il sindaco è sceso sul piede di guerra. Così come a Popoli dove i cittadini sono scesi in piazza per difendere il loro presidio ospedaliero. Un piano, quindi, che penalizza fortemente anche il nostro territorio chiedendo sacrifici soprattutto a Popoli dove dagli attuali 140 posti letto si passerà a soli 40: 20 per il reparto di chirurgia e 20 per la divisione di medicina. Praticamente sarà cancellato un ospedale che da sempre è stato uno dei fiori all’occhiello della sanità abruzzese e che fino a pochi anni fa era considerato il secondo in Italia come rapporto efficienza-costi. Ma i popolesi sono decisi a vendere cara la pelle. Anche il sindaco, Emidio Castricone, le sta studiando tutte per far recedere i vertici regionali da quella che viene considerata una scelta scellerata che creerà solo tanti problemi a chi dovrà rivolgersi al servizio sanitario. «Come si fa a pensare di tenere in piedi il reparto di chirurgia senza quello di cardiologia?», è la domanda che pone Castricone, tra l’altro molto ferrato in materia per la sua attività trentennale di caposala del reparto di chirurgia dell’ospedale di Popoli. E nemmeno l’ipotesi dei 70 posti letto di riabilitazione che da San Valentino dovrebbero approdare a Popoli per mitigare l’incomprensibile taglio, riesce a placare gli animi.
«Un piano di riordino dei posti letto che non ha né capo né coda – aggiungono alcuni medici dell’ospedale – ma solo l’obiettivo di ridurre il deficit sanitario regionale, e non si sa con quali risultati visto che è talmente sconclusionato che creerà delle pesanti ripercussioni sulla mobilità sanitaria con i pazienti costretti a scegliere ospedali fuori della nostra regione per avere servizi più efficienti e sicuri».
Anche l’ospedale di Sulmona sarà ridimensionato. Tagli in tutti i reparti, anche in quelli che andrebbero potenziati come l’urologia dove le liste d’attesa superano abbondantemente i sei mesi. Dagli attuali 15 posti letto si passerà a 10 con il risultato che i pazienti saranno costretti a scegliere altri ospedali se non vorranno aspettare un anno per farsi operare. E pensare che l’assessore alla Sanità, Lanfranco Venturoni, fino al mese scorso ha continuato ad affermare che Sulmona avrà un nuovo ospedale, più efficiente e completo di quello attuale. Non si sa come prendere queste affermazioni anche se, Venturoni, ha sempre detto che l’edilizia ospedaliera è un discorso a parte, che non rientra cioè, nel piano di rientro economico e nel taglio dei posti letto.
Drastica riduzione del servizio sanitario ospedaliero è prevista anche a Castel di Sangro che avrà gli stessi numeri di Popoli con 20 posti di chirurgia e 20 di medicina. Soluzioni che fanno registrare un drastico arretramento rispetto al precedente piano sanitario del 2008 dove Castel di Sangro non veniva toccato proprio perché considerato un presidio di frontiera.
Un piano sanitario che grava pesantemente sui cittadini delle aree interne, già fortemente penalizzati dalla grave crisi economica e occupazionale della zona, dalle sue caratteristiche morfologiche e climatiche che, soprattutto nella cattiva stagione, rendono problematici e talvolta rischiosi gli spostamenti. «Un piano sanitario – sottolineano dal Tribunale per i diritti del malato – che vede diminuito in maniera preoccupante il diritto riconosciuto, assoluto ed imprescindibile alla tutela della salute dei cittadini delle aree interne dell’Abruzzo».
Recentemente si è costituito un comitato per la difesa della salute che ha inviato una raccolta di firme da inviare al presidente della Regione Abruzzo in difesa dell’Ospedale di Castel di Sangro. Insomma è grande mobilitazione sia a Popoli che a Castel di Sangro, mentre a Sulmona, si resta in attesa degli eventi.
QUALE FUTURO PER LA SANITA’ E PER I CITTADINI ABRUZZESI?
Qual è il futuro dei tanti anziani che vivono nella provincia abruzzese? Qual è la risposta dei politici alle esigenze e ai bisogni di tantissime persone anziane dislocate nella provincia abruzzese? Quale politica sanitaria è realizzata a favore dei cittadini, in particolare degli anziani, che in Italia raggiungono il più alto numero in Europa?
Con la chiusura degli ospedali, la cattiva gestione politica ha cominciato a distruggere la Sanità abruzzese. Decisioni prese dall’alto, senza alcun rapporto con il territorio, senza una concertazione con gli operatori e si rileva che questa politica sanitaria sia la gestione più negativa che si è vista negli ultimi cinquanta anni in Abruzzo.
Non bastano le manifestazioni, le prese di posizione, le occupazioni che i cittadini hanno avuto il coraggio di fare nei giorni scorsi. Ora si distrugge un intero comparto. Un settore che valorizzava la provincia e pur nelle difficoltà, permetteva ai cittadini di avere una Sanità vicina alle proprie esigenze, dando maggiore uguaglianza e libertà; dando cioè la stessa possibilità di sopravvivere anche a chi non vive nelle grandi città. Così non sarà più, inevitabilmente.
Dove sono oggi i politici e i consiglieri regionali eletti nelle file della sinistra e della destra in Provincia e alla Regione Abruzzo? Chi li ha visti difendere la Sanità Abruzzese e le centinaia di posti di lavoro?
Ancora una volta, sia i cittadini abruzzesi che gli amministratori locali hanno modo di vedere quanto sia lontana la politica dai problemi veri della gente sul territorio.
Un’ultima domanda che anticipa un tema su cui avremo la possibilità di andare
più a fondo.
Che fine faranno le strutture ospedaliere che saranno chiuse? Quale altra
speculazione a danno dei cittadini, dovremo vedere nei prossimi mesi? La
ipotizzata riconversione di queste strutture sanitarie a chi sarà affidata? Ai
soliti privati, portando così a compimento il percorso che vede la distruzione
della sanità pubblica e il passaggio a quella privata?
A queste ed altre domande la politica regionale e provinciale dovrà rispondere, se solo trovasse il coraggio e l’onore di confrontarsi con i problemi reali della provincia abruzzese. Ma come è evidente a tutti, la politica è ormai senza etica e senza onore, mascherata dalle futili e inutili promesse della campagna elettorale. E’ la vergogna e lo scandalo della politica sanitaria in Abruzzo: solo parole e tante promesse che si sono trasformate in polvere.
Andrea Gentile
TERREMOTO IN ABRUZZO.
CONTINUANO GLI ARRESTI PER TANGENTI
L'ex assessore regionale abruzzese Ezio Stati, padre dell'attuale assessore Daniela Stati, e altre tre persone sono state arrestate nell'ambito di un'inchiesta coordinata dal Procuratore della Repubblica dell'Aquila, Alfredo Rossini, riguardante la costruzione di un termovalorizzatore a Lanciano (Chieti). Ezio Stati, che è agli arrestati domiciliari, per anni fu tesoriere della Dc abruzzese; fu arrestato negli anni Novanta nell'ambito di alcune inchieste sulla tangentopoli, subito dopo essere stato nominato assessore regionale. Nel Duemila fu capogruppo regionale di Fi, ma si dovette dimettere in seguito al fatto che era passata in giudicato la sentenza di condanna relativa alla precedente vicenda giudiziaria.
Gli altri arrestati sono l'ex deputato di Fi Vincenzo Angeloni, il compagno della figlia di Stati, Marco Buzzelli e Sabatino Stornelli. L'assessore regionale alla protezione civile, ambiente, rifiuti, Daniela Stati (destinataria della misura cautelare interdittiva dalla carica)- e le quattro persone arrestate, sarebbero «implicate in un'attività illecita al fine di ottenere il vantaggio di essere inseriti nella lista di beneficiari per fatti e atti connessi alla ricostruzione post sisma del 6 aprile 2009». Lo afferma il Procuratore della Repubblica dell'Aquila, Alfredo Rossini, chiarendo che non si tratterebbe di un'inchiesta legata al termovalorizzatore. La Procura della Repubblica dell'Aquila - si legge nella nota - all'esito delle indagini svolte dalla Squadra mobile di Pescara, ha chiesto misure cautelari personali a carico di cinque persone, tra cui l'assessore regionale alla Protezione Civile e all'Ambiente, Daniela Stati, per episodi di corruzione.
PROCURA DELL’AQUILA.
«SPECULAVANO SULLA POVERA GENTE CHE MORIVA SOTTO LE MACERIE»
La richiesta di arresto è basata «sull’accertamento di favori e utilità ricevute per aver compiuto attività contrarie ai compiti e ai doveri connessi alla funzione pubblica ricoperta».
L’assessore regionale alla protezione civile, ambiente, rifiuti, Daniela Stati – destinataria della misura cautelare interdittiva dalla carica – e le quattro persone arrestate sarebbero implicate in un’attività illecita “al fine di ottenere il vantaggio di essere inseriti nella lista di beneficiari per fatti e atti connessi alla ricostruzione post sisma del 6 aprile 2009“. Lo afferma il Procuratore della Repubblica dell’Aquila, Alfredo Rossini, chiarendo che non si tratterebbe di un’inchiesta legata al termovalorizzatore.
GLI ARRESTATI - “La Procura della Repubblica dell’Aquila – si afferma in una nota - all’esito delle indagini svolte dalla Squadra mobile di Pescara, ha chiesto alcune misure cautelari personali a carico di cinque persone, tra cui l’assessore regionale alla Protezione Civile e all’Ambiente, Daniela Stati, per episodi di corruzione”. Gli altri quattro coinvolti nell’inchiesta sono il padre, Ezio, e il compagno della Stati, Marco Buzzelli, l’ex deputato di Fi, Vincenzo Angeloni, e Sabatino Stornelli, ex amministratore delegato di Telespazio e attuale amministratore delegato di Selex service management, società di Finmeccanica. Angeloni, 58 anni, medico odontoiatra, originario di Avezzano, è stato prima deputato di An e poi di Fi, ex patron della Valle del Giovenco (Lega Pro), aveva ceduto la società a Stornelli. Il nome di quest’ultimo appare in un’inchiesta de L’Espresso a firma Gomez-Malagutti sulla Security Finmeccanica “Controlli sui telefoni. Vigilantes e radar. Ecco i piani del gruppo statale. Ereditati da Telecom”.”Finmeccanica sembra interessata a coinvolgere alcune delle aziende in difficoltà, se non altro per la fornitura di tecnologie. L’operazione è gestita da Sabatino Stornelli, approdato al gruppo di Guarguaglini dopo una lunga militanza a Telecom, per la precisione in Telespazio. Stornelli, tra l’altro, siede sulla poltrona di amministratore delegato di Seicos, la società controllata al 100 per cento da Finmeccanica a cui verrebbe affidato, secondo quanto risulta a ‘L’espresso’ il nuovo filone d’affari delle intercettazioni“. Ezio Stati – che è agli arrestati domiciliari – per anni fu tesoriere della Dc abruzzese. Stati fu arrestato negli anni Novanta nell’ambito di alcune inchieste sulla tangentopoli, subito dopo essere stato nominato assessore regionale. Nel Duemila fu capogruppo regionale di Fi, ma si dovette dimettere in seguito al fatto che era passata in giudicato la sentenza di condanna relativa alla precedente vicenda giudiziaria.
PESCARA. ARRESTATO ASSESSORE ALLA SANITA’ DELLA REGIONE ABRUZZO PER LO SCANDALO RIFIUTI
«Abuso d'ufficio, peculato aggravato e continuato, corruzione aggravata e continuata».
Con queste accuse la squadra mobile di Pescara ha arrestato l'assessore alle Politiche della Salute della Regione Abruzzo Lanfranco Venturoni, nell'ambito di un'inchiesta sul trattamento dei rifiuti. In manette è finito anche l'imprenditore Rodolfo Di Zio dell'omonimo gruppo industriale che si occupa di produzione di serbatoi ed impianti per l'industria enologica alimentare e chimica ed è proprietario della Deco spa. Per Venturoni e Di Zio la Procura di Pescara ha disposto gli arresti domiciliari. Nella stessa inchiesta sono indagate decine di persone.
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1. Palena e i paesi della valle dell’Aventino. Fatti, cronaca e attualità.
2. Religione. Itinerari religiosi, turistico-culturali, di particolare interesse storico e archeologico.
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