LA DIDATTICA
Fad e Iad: due modi d’apprendere
Formazione a distanza e Istruzione a distanza sono espressioni che definiscono due diversi modi di apprendere.
La FaD è formazione di professionalità, ma anche formazione professionale (istruzione alle professioni); si realizza tramite il trasferimento di conoscenze specifiche e professionali rivolte a soggetti gia presenti nel mondo del lavoro. L’Istruzione a distanza, o meglio Istruzione Aperta a Distanza, invece è rivolta a soggetti ancora inseriti nell'ambito scolastico o universitario, con il fine di creare capacità cognitive.
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Istruzione |
Formazione |
Obiettivi |
Creazione di capacità cognitive |
Trasferimento di conoscenze specifiche o professioneli |
Qualità del tempo |
Investe tempo personsle a fronte di una libera scelta |
Impiega tempo-azienda |
Modalità di apprendimento |
Ritmi destrutturati |
Sequenze strutturate |
Il grafico (U. Biader, giugno 2004) dimostra come, sia la Fad che la Iad permettono un apprendimento a distanza ma con modalità, scopi e tempismi differenti. Nell’istruzione a distanza, il discende deve investire il suo tempo personale per apprendere; ad esso vengono offerti dei ritmi destrutturati (perché non vuole imposizioni di tempo). In maniera differente si realizza la formazione a distanza dove i ritmi sono totalmente strutturati e il discende impiega nella formazione “tempo azienda”.
LE MODALITA’ DI APPRENDIMENTO
L’e-learning richiede, per la sua realizzazione, l’acquisizione di conoscenze e competenze specifiche, inerenti alla gestione dei servizi offerti, alla capacità di predisporre iniziative formative complete in tempi strettissimi con elevata flessibilità, e alla disponibilità ad una relazione tra docente e allievo, in cui il dibattito continuo permette di allargare le possibili problematiche da affrontare, dove i quesiti dell’allievo si trasformano in una sollecitazione per il docente impegnato a rispondere (F. La Noce, 2001).
In linea teorica, la tecnologia per realizzare ed erogare il materiale didattico dovrebbe essere scelta dopo aver definito gli obiettivi e lo specifico contesto d’apprendimento; nella realtà risulta complesso far prevalere solo le ragioni del processo formativo nella sua concretizzazione ideale: molta tecnologia utilizzabile per l’e-learning è già presente nel contesto d’uso per la gestione organizzativa, per la connessione tra reti di computer o per la memorizzazione degli archivi. In questi casi, è la tecnologia già implementata a definire gli obiettivi e le strategie formative da portare avanti. Durante l’apprendimento on-line il computer rende disponibile il materiale didattico in funzione di una richiesta dello studente; il materiale è presentato come ipertesto multimediale, ovvero come combinazione di testi, grafica (statica o dinamica), audio e video; quanto proposto può poi essere connesso, tramite links, ad esempi, approfondimenti, esercizi, casi di studio, etc.
Si possono individuare due distinte modalità di sviluppo dell’apprendimento mediato dalle tecnologie didattiche:
· L’apprendimento basato sull’uso individuale del materiale didattico (autoapprendimento).
· L’apprendimento collaborativo (apprendimento in rete).
Le due strategie non sono necessariamente in antitesi, in quanto in entrambi i casi si esprime l’esigenza (per alcuni contesti e momenti) di usare le procedure dell’altro: si possono presentare dei momenti di un apprendimento collaborativo dedicati alla consultazione e allo studio del materiale ad un livello personale, e lo studio individuale potrà richiedere una fase di consultazione e di lavoro collettivo.
Questa suddivisione apre una considerazione sulla concezione del concetto di rete in corso di e-learning: si può intendere la rete come uno strumento supplementare per il dialogo nella collaborazione per fini didattici, oppure, come il luogo stesso di tale interazione.
Le prime esperienze di telematica e didattica si sono collocate nel primo di questi due livelli, anche se gli sviluppi più recenti dell’apprendimento collaborativo indicano la rete come luogo vero e proprio di contatto.
Il termine apprendimento in rete, di fatti, non si riferisce esclusivamente all’uso delle tecnologie di rete, quanto piuttosto indica un apprendimento che si basi su un’interrelazione fra i partecipanti al processo stesso, interrelazioni preposte al raggiungimento di uno specifico obiettivo educativo (G. Trentin, 2001).
Si può operare una distinzione nella modalità di fruizione dei materiali didattici nella formazione in rete, a seconda della trasmissività delle reti o la trasmissività dell’approccio didattico: la rete può essere usata come mezzo trasmissivo del prodotto formativo, quando l’utente interagisce con il server (unico interlocutore del corsista), a cui richiede via via i materiali che poi fruirà in modo individualizzato; oppure, la rete può essere percepita come medium trasparente, dove i servizi distribuiti divengono il mezzo per raggiungere altri individui, ad esempio il proprio gruppo di apprendimento.
La rete, dall’ottica dell’utente finale, può essere vista come mezzo per:
· Accedere ai materiali didattici, scaricabili sul proprio pc e fruibili successivamente in modalità off-line.
· Fruire interattivamente i materiali didattici archiviati su un server di rete, considerando quindi il pc come terminale del server remoto, in modalità on-line.
In un corso di e-learning i partecipanti possono attivare l’ambiente di riferimento ogni volta che si presenta la necessità di imparare o di rinforzare una competenza. Questa metodologia ben si coniuga con una modalità di formazione denominata “learning by doing”, l’imparare facendo, che vede la creazione della conoscenza come una conversione continua di conoscenza “tacita” in conoscenza “esplicita”, incanalabile e trasmissibile; il flusso di conoscenza fra individui viene messo in circolo attraverso l’apprendimento collaborativo e il lavoro di team, al fine di trasformare la conoscenza tacita, propria dell’esperienza appresa del singolo, in sapere condiviso acquisito “strada facendo”.
Secondo il modello del learning by doing la progettazione degli apprendimenti segue quattro fasi cicliche (M. Vergeat, R. Cesaria, 2001):
· Performing: il punto di partenza è dato dalle competenze direttamente collegate alle prestazioni organizzative e individuali attese.
· Capturing: è la fase di conversione parziale della conoscenza tacita in conoscenza esplicita: l’utilizzo di riprese video, simulazioni, modelli e documenti favorisce la condivisione. La conoscenza implicita viene tradotta in unità informative elementari e successivamente in unità elementari di apprendimento.
· Managing: la conoscenza esplicita viene riarticolata in unità complesse che generano conoscenze, abilità, esperienze, apprese attraverso percorsi personalizzati; si delineano così le mappe dei percorsi procedurali attraverso l’interiorizzazione delle unità elementari di apprendimento.
· Learning: l’ambiente di apprendimento si anima attraverso il potenziamento della connettività tra persone, gruppi e comunità di pratica, facilitando sia l’accesso individuale alla conoscenza esplicita e alle risorse di apprendimento (le unità elementari), sia lo scambio sociale (tacito-tacito) della conoscenza.
In rete i partecipanti sono organizzati in vere e proprie comunità di apprendimento, tese non solo a ridurre il senso di isolamento del singolo, ma soprattutto a valorizzarne le conoscenze pregresse, a favore della crescita collettiva del gruppo; questo tipo di approccio ben si adatta alla pedagogia della formazione dell’adulto, dove la condivisione del vissuto personale in relazione all’argomento di studio ha un peso rilevante nell’avvicinarsi alle nuove conoscenze. L’interazione paritaria fra i partecipanti ha diversi vantaggi didattici, specie se condotta per via scritta: formulare e verbalizzare le proprie riflessioni e il rispondere alle formulazioni altrui implica l’esercizio di capacità cognitive rilevanti.
1. Il metodo Blended (metodo misto)
Le strategie formative esclusivamente condotte in rete non sono sempre praticabili: esistono dei contenuti che poco si prestano ad essere trattati in rete, o ancora, i destinatari potrebbero adattarsi con difficoltà alle modalità di interazione via scritta. Da qui l’esigenza di strategie miste (presenza/distanza), articolate sulla complementarietà dei momenti formativi in presenza e attività in rete.
Con la definizione “apprendimento misto” o “integrato”, o ancora “blended learning”, si individua la possibilità di condurre un’azione formativa che possa avvalersi sia delle caratteristiche didattiche proprie della modalità in presenza (lezioni frontali in aula, lavori di gruppo), sia di quelle in rete (discussioni, esercitazioni assistite a distanza, progettazione collaborativa).
Per realizzare un corso in modalità blended learning è necessaria un’attenzione particolare al bilanciamento fra le attività in aula e quelle in rete, in modo che le une siano funzionali e complementari alle altre: le attività in presenza non dovrebbero risultare fini a se stesse, ma devono predisporre le successive basi per i momenti a distanza, chiarendo obiettivi, tempi e risultati attesi; così come le attività a distanza dovrebbero rivelarsi funzionali ai successivi incontri in presenza; la formazione mista prevede un processo ciclico articolato in tre momenti distinti:
· Intervento in presenza tradizionale.
· Fase di apprendimento individuale, basato sull’uso dei materiali didattici, strutturati e non, in rete.
· Un momento di attività collaborativa in rete.
Si afferma così un nuovo paradigma della formazione in rete, basato su sei pilastri concettuali (D. Fedeli, 2002):
1. I partecipanti devono avere un’adeguata padronanza delle competenze informatiche.
Solo la piena alfabetizzazione informatica può consentire al corsista di usufruire appieno di un corso on-line, senza che la tecnologia sia motivo di rallentamento all’apprendimento più che supporto al processo formativo.
2. Il percorso didattico non può essere predefinito in maniera troppo rigida.
Gli obiettivi didattici, gli stili di apprendimento e le esperienze passate influenzano il percorso didattico che deve essere calibrato secondo le esigenze del gruppo specifico del corsisti.
3. È necessario un livello minimo di partecipazione.
4. L’interazione con il materiale didattico, l’interazione verticale con il tutor e l’interazione orizzontale fra corsisti richiede per lo svolgimento un minimo di partecipazione ed interesse che deve risultare garantito.
5. Il vantaggio principale della formazione in rete è il relazionarsi nella modalità molti-a-molti.
6. Ogni partecipante può mantenere in parallelo più scambi comunicativi; il ruolo del tutor sarà qui fondamentale per incanalare le discussioni secondo modalità costruttive.
7. I partecipanti devono avere la possibilità di riflettere sulla propria esperienza educativa.
8. La memorizzazione di tutto il lavoro svolto attraverso la rete consente e obbliga i corsisti ad una maggiore riflessione rispetto alla formazione in presenza; la verifica del proprio lavoro e di quello altrui è continua e sotto gli occhi di tutti.
9. La valutazione del corso in rete dovrà concentrarsi soprattutto sulla qualità delle interazioni, piuttosto che sul prodotto finale.
10. Parlando di apprendimenti collaborativi a più livelli (fra corsisti, con i tutor, con i materiali didattici), non si può prescindere dalla valutazione delle interazioni, vero oggetto delle abilità meta-cognitive richieste da un corso di apprendimento in rete.
Per conseguire questa metodologia, si propongono dodici strategie da seguire, al fine di creare con l’apprendimento collaborativo, una vera e propria comunità virtuale:
1. Individuare e negoziare gli obiettivi condivisi.
2. Discutere le linee guida dell’intervento formativo.
3. Chiedere agli allievi di presentarsi e di dare un quadro di riferimento sulla propria personalità.
4. Incoraggiare i commenti.
5. Formare dei sottogruppi di lavoro.
6. Assegnare degli homework, singoli e di gruppo.
7. Incoraggiare l’uso di domande aperte per favorire le discussioni ragionate, che richiedono un a rielaborazione cognitiva.
8. Condividere le responsabilità di gestione del corso.
9. Stimolare il feedback reciproco tra i partecipanti.
10. Condividere le risorse didattiche.
11. Oltre il corso: proporre la collaborazione con altri gruppi di studio e/o di lavoro.
2. Figure professionali coinvolte: il ruolo del tutor
Quando il processo formativo avviene in aula l’Uomo è il docente, quando l’apprendimento avviene on-line il computer diventa istruttore e l’Uomo assume il ruolo di facilitatore didattico, più comunemente detto tutor (F. La Noce, 2001).
Il tutor riveste una funzione fondamentale in un corso on-line, in quanto la sua capacità di gestire e organizzare le risorse informative realizza appieno il processo formativo. È il tutor che deve saper gestire le comunità d’apprendimento, schedarne le attività, registrare la partecipazione degli allievi, creare un ambiente amichevole e supportare l’utilizzo dell’ambiente tecnologico.
Nella conduzione di un corso di formazione in rete si possono individuare diversi ruoli assunti dai tutor: tali strategie di conduzione non sono tra loro in alternativa, all’interno di un dato modulo più strategie possono essere concentrate in un’unica figura:
· Consigliere: una buona collaborazione fra corsisti e fra corsisti e tutor è alla base della riuscita dell’esperienza formativa; in genere si attua attraverso due canali, uno pubblico (le aree di discussione) e uno privato (la posta personale). Il tutor è consigliere, deve affrontare i dubbi e le perplessità che frequentemente nascono fra i corsisti; in questi casi, la comunicazione asincrona con registro informale, facilita la creazione di un dialogo aperto e spontaneo. Nella fase di avvio del corso è fondamentale prodigarsi in rassicurazioni e consigli.
· Coordinatore: l’efficacia della coordinazione determina la chiarezza dei lavori; serve un feedback rapido e incalzante per giungere ad un apprendimento collaborativo in una situazione formativa in cui, per la separazione spazio-temporale degli attori, vi è il rischio di un calo di tensione dialogica. Il tutor coordinatore deve farsi carico delle indicazioni da dare per mantenere sempre viva e produttiva la discussione, così come sono vitali le indicazioni sulle modalità e sulle fasi del lavoro.
· Esercitatore: il tutor esercitatore deve sottoporre i partecipanti del corso alle esercitazioni, opportunamente predisposte in fase di progettazione; durante le esercitazioni, l’atteggiamento di disponibilità e di incoraggiamento verso chi necessita di ulteriori chiarimenti porterà ad un avanzamento nelle conoscenze diffuso a tutto il gruppo di lavoro.
· Facilitatore: il tutor facilitatore fornisce le indicazioni precise sullo svolgimento di tutte le attività del corso di e-learning, per dare chiarezza e incisività ai diversi contributi.
· Moderatore: il compito del tutor moderatore consiste nell’agevolare tutte quelle discussioni che scorrono “su binari paralleli”, senza mai trovare un punto d’incontro; mettendo in evidenza i nodi concettuali del discorso, suggerendo una modalità d’approccio al problema o prendendo posizioni in discussioni bloccate, si avranno maggiori possibilità di portare a termine i lavori in modo costruttivo. La formulazione di un’ipotesi, magari provocatoria, può sempre rilanciare una discussione ormai arenata.
· Organizzatore: la buona organizzazione di un corso, specie per gruppi numerosi, può trovare una soluzione nella divisione in sottogruppi di lavoro, organizzati in base ai contenuti e alle attività previste. Le attività collaborative necessitano di una forte coesione organizzativa, specie se il contatto prossemico è escluso: per ogni sottogruppo dovrebbe essere presente un editor, cioè una persona che si occupi della raccolta, della sintesi e della revisione testuale.
In un corso on-line manca la possibilità del docente di intuire lo smarrimento dei discenti di fronte ad un nuovo concetto o argomento; non è possibile scrutare i volti di chi non ha capito la prima spiegazione.
L’utilizzo di strumenti diversi per la verifica continua dell’apprendimento e l’impostazione multiprospettica della formazione consentono di anticipare i momenti di confusione degli studenti, prevenendo quindi lo smarrimento di fronte ad una prima spiegazione (F. La Noce, 2001). Si elencano i più usati:
· Casi di studio: lo studente è impegnato nella spiegazione di come affrontare una soluzione reale o fittizia; nell’esposizione realizza di aver appreso o meno i concetti e le informazioni richieste per l’analisi, verifica se quanto appreso è realmente applicabile al caso e giunge ad una soluzione.
· Allenamento (coach): un esempio tipico è dato dall’assistenza online, mediante l’invio di messaggi in risposta a specifiche domande; un coach prevede un’assistenza totale o parziale ad una presa di decisioni.
· Dimostrazione: versione ridotta di un prodotto che include solo in parte le funzionalità sviluppate; il demo di solito consente all’utente di provare alcuni aspetti del prodotto e per il corsista risulta utile come costruzione dell’impressione d’impatto.
· Referenze on-line: si intende così un elenco strutturato alfabeticamente di contenuti pratico-teorici (enciclopedia, elenco delle funzioni di un programma, esercizi risolti di riferimento); questo strumento stimola l’autoapprendimento, proponendo all’utente la sintesi degli aspetti principali (topics), le liste alfabetiche di riferimento, gli esempi e le illustrazioni di approfondimento.
· Simulazioni: sono esperienze che replicano le caratteristiche principali di una situazione complessa e che lasciano all’utente la possibilità di sperimentare il risultato delle decisioni di prova; utilissime per ipotizzare le relazioni interpersonali, (vendita e gestione delle risorse umane), o per sperimentare tutte le funzionalità dei programmi software.
· Consigli: rapidi avvisi elettronici in grado di suggerire al corsista come accrescere la propria produttività, velocizzando alcune fasi; vengono visualizzati di solito all’inizio di un programma o di un modulo nuovo, per rinforzare le conoscenze di base e le abilità.
· Tutoriali: sono spezzoni di lezioni tradizionali contenenti sequenze di lettura da parte del tutor, con l’integrazione di consigli sulle modalità di applicazione pratica, per fornire all’utente una competenza immediatamente usabile negli esercizi; questa tecnica costituisce una valida alternativa alla guida online o al manuale utente, da preferire per immediatezza per contenuti pragmatici e procedurali.
· Wizards (magie): parti del software che svolgono automaticamente al posto dell’utente certe attività, lasciando l’interattività ridotta solo al momento del risultato finale.
COME SI REALIZZA UN CORSO ON-LINE
Il processo di sviluppo di un corso di formazione on-line prevede una serie di operazioni successive che non si discostano molto da una progettazione finalizzata alla formazione in presenza, benché alcuni aspetti vengano analizzati più approfonditamente, in relazione alle peculiarità dell’interazione mediata degli attori coinvolti:
· Analisi dei bisogni: occorre verificare quale tipo di supporto viene contemplato, il sistema scelto e se questo risulta compatibile con i bisogni formativi riscontrati.
· Scelta dei materiali: deve essere effettuata coerentemente con i bisogni individuati e devono essere adeguati alle capacità e potenzialità dei corsisti di riferimento, per il miglior tipo di apprendimento specifico.
· Scelta dei media di fruizione: le peculiarità dei singoli media devono corrispondere agli obiettivi formativi e alle capacità dei corsisti; il medium definisce il linguaggio e lo stile di apprendimento che verrà erogato.
· Sviluppo vero e proprio: la creazione di uno storyboard.
· Valutazione ex-ante: Se il prodotto pensato “gira”.
· Rivisitazione dei materiali: i media scelti determinano i linguaggi adottati, e i linguaggi modificano i contenuti da erogare: serve una coerenza di fondo per poter realizzare delle attività d’apprendimento valide.
· Produzione del corso con i media scelti: rielaborazione dei contenuti secondo i linguaggi dei media scelti per supportare al meglio l’apprendimento non sequenziale; si possono introdurre simulazioni, casi di studio, grafici e interviste.
· Distribuzione: erogazione del corso, con l’attenzione rivolta al grado di coinvolgimento e di motivazione del corsista, che non deve vivere in isolamento la distribuzione del momento formativo.
· Gestione degli aspetti amministrativi: si registrano i partecipanti e si opera scandendo le sessioni temporali dei moduli didattici.
· Valutazione ex-post: si valuta se il processo di formazione erogato ha funzionato in termini di trasmissione.
· Controllo apprendimenti: momento di verifica dell’avvenuto apprendimento, a livello di competenze e abilità acquisite, tramite test, questionari e sessioni aperte.
· Manutenzione generale del corso: aggiornamenti periodici sia a livello tecnologico, sia contenutistico.
Per realizzare in concreto un corso in e-learning bisogna costruire in primis il cosiddetto storyboard, definita come la presentazione di massima del corso, utilizzando le tecniche e i principi derivanti dai linguaggi cinematografici e radiotelevisivi (F. La Noce, 2001). Lo storyboard di un corso on-line rappresenta in modo visivo gli schermi progettati, così come le sequenze di navigazione e di animazione; si include nello storyboard:
· Il contesto a cui l’immagine o lo schermo si riferiscono.
· Un disegno di come l’immagine dovrebbe apparire.
· Testi o scritte che dovrebbero apparire nella schermata.
· Istruzioni per la produzione (dissolvenza per testo, connessione schermata, etc.).
L’elemento centrale di uno story-board di un corso on-line è l’interfaccia utente (Parte seconda tecnologia), che descrive l’aspetto dello schermo con cui appunto l’utente si relaziona ed interagisce.
Una volta impostato il disegno preliminare dell’interfaccia e identificato il materiale didattico da inserire, occorre pensare allo sviluppo dei moduli, i blocchi costitutivi del corso.
Ogni modulo didattico deve comprendere il materiale relativo all’apprendimento del determinato modulo, includendo la sintesi, i casi di studio, le esercitazioni e i test di valutazione; quindi si identificano i media da utilizzare per l’erogazione di ogni modulo, tenendo in considerazione i linguaggi specifici dei singoli media per trasferimento dei contenuti.
Lo sviluppo di un corso in e-learning è regolato da aspetti specifici, non eludibili per un’azione formativa calibrata e di successo.
La componente finanziaria risulta decisamente influente, in quanto un corso on-line costa maggiormente rispetto ad un corso di Fad di prima e di seconda generazione; per quanto notevoli possano risultare i risparmi relativi alle spese di trasferta e di coordinamento delle persone in luoghi remoti, spesso tutta l’implementazione della piattaforma, la presenza dei tutor e di materiali didattici di qualità rendono comunque un corso on-line oneroso e non immediatamente ammortizzabile.
La componente relativa all’accesso alla tecnologia si coniuga al rapporto strettamente personale dei corsisti con la tecnologia: spesso le resistenze di fronte all’uso del personal computer e dell’ICT rendono ostico il primo approccio all’e-learning; il contesto dell’erogazione del corso implica comunque sempre una considerazione relativa alla presenza e alla reale disponibilità per i corsisti di un terminale informatico, per tutta la durata del corso; si devono tener presente gli spazi e i tempi a disposizione e gli eventuali momenti di distrazione degli studenti.
L’alfabetizzazione informatica di ogni corsista deve essere resa omogenea prima dell’approccio on-line, in modo che eventuali carenze non ritardino l’apprendimento mediato; và considerato inoltre l’aspetto delle esperienze pregresse del singolo corsista che si approccia all’e-learning, in quanto l’apprendimento degli adulti è sotteso alle esperienze passate che influenzano gli stili e le impressioni successive.
La qualità dei materiali è determinante quando essi diventano l’oggetto e il luogo dell’interazione stessa, mancando di fatto nell’e-learning le componenti relazionali della formazione in presenza: il concetto di qualità in sintesi deve seguire la chiara determinazione delle aspettative suscitate dal corso on-line, portando l’effetto desiderato il più vicino possibile a quello reale. Per la realizzazione proficua di un corso on-line non si può prescindere ancora dalla considerazione sulla professionalità e sulla preparazione dello staff operante: raramente una persona sola possiede tutti gli skills necessari per produrre un corso online; solitamente il progetto viene elaborato da un team di lavoro, in cui sono presenti i seguenti ruoli e responsabilità (F. La Noce, 2001):
Ruolo |
Responsabilità |
Responsabile di progetto |
Coordinatore generale: crea l’indice delle riunioni del gruppo di lavoro, verifica lo sviluppo in funzione dei compiti assegnati, controlla che il progetto rispetti la tempistica e il budget fissato. |
Disegnatore dell’applicazione |
Architetto del progetto: definisce il contesto e sviluppa lo storyboard su cui gli alti componenti de team sviluppano il corso vero e proprio. |
Sviluppatore dell’applicazione |
Scrive il testo del corso:: collabora con il disegnatore, fornisce suggerimenti e idee, espande e commenta le componenti grafiche. |
Programmatore |
Prepara le sequenze interattive del corso che non possono essere trattate dall’eventuale sistema di supporto allo sviluppo; per esempio, tratta le componenti di simulazione. |
Ingegnere dell’usabilità |
Controlla i disegni e la grafica sviluppata per verificare che non vi siano incompatibilità di utilizzo e problematiche nell’interpretazione da parte degli utenti finali. |
Editore |
Rivede l’intero corso per verificarne la consistenza e l’aderenza alle linee guida e agli obiettivi finali; valida e fornisce indicazioni sulla versione finale di quanto sviluppato. |
Verificatore(tester) |
Rivede l’intero corso per verificarne la perfetta funzionalità tecnica; ad esempio, prova tutte le connessioni (link) presenti verificando la correttezza del puntamento. |
Produttore video |
Produce sequenze video. |
Esperto dei testi e dei contenuti
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Assiste nella scelta dei testi, controlla tutto il prodotto dal punto di vista dell’accuratezza, della sintassi e della completezza dei concetti. |
Sponsor esecutivo |
Colui che attiva la richiesta di sviluppo del corso e che finanzia il progetto. |
Completata la produzione del corso, occorrerà sottoporre il progetto alla verifica, per testarne tutte le funzionalità; si realizzeranno prove di usabilità, verificando se tutti gli studenti del gruppo pilota comprendono tutto ciò che è loro proposto e verificando il tempo impiegato per usufruire di tutte le opzioni del corso. La navigazione all’interno del corso verrà testata mediante le prove di funzionalità, che tasteranno la disposizione dei links e la correttezza delle risposte a scelta multipla; le prove di componente, infine, eseguiranno la verifica di tutto il sistema contemporaneamente, mettendo in luce eventuali incompatibilità.Una volta operati tutti gli opportuni controlli si può entrare nel vivo del disegno di un corso online: una sfida, caratterizzata però da grande creatività grazie alle disponibilità di strumenti didattici innovativi, che consentono di superare l’apprendimento sequenziale del libro di testo, unidimensionale per definizione.
1. Le comunità virtuali di apprendimento
Le comunità rappresentano gli spazi sociali, intesi come luogo d’incontro, fisico o virtuale, per la produzione, la gestione e la distribuzione della conoscenza. L’evoluzione tecnologica amplifica le opportunità di contatto ridefinendo le logiche spazio-temporali che vincolano la comunicazione; l’ambiente virtuale, come quello reale, è il luogo dove prende forma l’interazione, pur nella complessità delle sue forme mediatiche; il cyberspazio connette le menti e prende corpo veicolando e aggregando le informazioni, conoscenza, comportamenti, procedure e stati d’animo. L’espressione in uso nel settore, “moodnet”, intesa come rete di relazioni attraverso cui le persone attuano la condivisione virtuale di componenti razionali e condizioni emotive, deriva dal termine inglese mood, che si riferisce ad “umore, stato d’animo”.
L’accezione di moodnet esplica dunque quel concetto di mente collettiva, intesa come rete di menti disseminate e lontane che emergono dall’isolamento potenziale e volontariamente si incontrano, si conoscono, si rapportano, si confrontano e si comportano secondo un gioco di ruoli dinamico, fatto da linguaggi comuni e dall’agire condiviso all’interno di un contesto che spesso gli stessi membri hanno contribuito direttamente a originare e definire, che li accoglie come tali, legittimandone e sostenendone la partecipazione (D. Aprea, 2003).
La scelta di far parte di questa entità è libera e volontaria, comportando però un’assunzione di responsabilità verso gli altri: si richiede impegno e investimento a livello individuale e di gruppo. La capacità di abbandonare la tradizionale ottica di controllo, che interpreta le comunità come luogo sociale da gestire e monitorare, in funzione di un’ottica cooperativa ed empatica, è l’input concettuale che può condurre alla descrizione della community come spazi di autonomia, spontanea e motivata partecipazione, in cui i soggetti “facilitatori” dovrebbero agire per portare in luce le ragioni, le logiche, le prospettive concrete di specifiche comunità.
Secondo Wenger “l’apprendere può essere definito come un riallineamento di esperienza e competenza; esiste uno squilibrio quando questi due elementi sono troppo distanti o troppo vicini per produrre la necessaria tensione generativa” (Wenger, 1998).
L’apprendere è parte dello stesso processo che comprende, il diventare membro attivo della comunità: il concetto di identità, inteso come sviluppo del sé attraverso la condivisione e la partecipazione alla comunità stessa, diviene una delle caratteristiche preponderanti delle comunità di pratica, dove il processo di costruzione dei significati viene strettamente correlato a quello di costruzione dell’identità: la responsabilità dell’apprendere risulta così condivisa fra i membri del gruppo, all’interno del quale ciascuno contribuisce con le sue conoscenze e capacità individuali. L’apprendimento collaborativo può essere declinato secondo due diverse modalità strategiche, una definibile come diretta, dove cioè qualcuno gestisce e dirige l’intervento formativo proponendo attività collaborative, l’altra indicabile come mutuata o reciproca: in questo senso si indica una collaborazione fra individui, in rete e non, come nucleo fondamentale dell’apprendimento, basato cioè sulla condivisione di esperienze, sull’individuazione delle migliori strategie e pratiche d’aiuto reciproco nell’affrontare la risoluzione dei problemi quotidiani nella propria attività o professione (G. Trentin, 2001).
Ciò che consente la nascita di una comunità di pratica è l’esigenza di un apprendimento orientato allo svolgimento di un compito e la costruzione, attraverso la condivisione di obiettivi e di pratiche, di un’identità collettiva.
Una comunità, costituita da un insieme di individui, diviene comunità di pratica quando tra questi si stabilisce un mutuo impegno per la realizzazione di un’impresa comune: ogni membro negozia all’interno della comunità il proprio ruolo e il modo in cui svolgerlo, e questo sarà il punto di partenza per la costruzione dell’identità del singolo al fine dello svolgimento dell’impresa comune.
Il procedimento messo in atto ricalca il mutuo aiuto reciproco che avviene tra colleghi: se viene fornita una soluzione da una persona che ha già affrontato una problematica analoga, è molto probabile che questa soluzione (già verificatasi esatta) sia appresa più velocemente, in quanto legata ad una situazione reale, contingente e importante per la persona che ha richiesto aiuto; la procedura verrà incamerata come il modo per risolvere il problema, rendendo esplicita una conoscenza implicita.
Questo tipo di esigenze formativi viene riscontrato in due casi distinti (E. Wenger, 1998):
1. L’esigenza di dare continuità alla stessa comunità attraverso forme di assistenza reciproca fra i neo-formati.
2. L’esigenza di creare comunità professionali ispirate ai modelli della condivisione della conoscenza.
Il momento di maggior criticità si ha quando, terminata l’azione formativa specifica, il partecipante prova a mettere in pratica ciò che ha precedentemente appreso, basandosi esclusivamente sulle proprie forze e sugli skill acquisiti; per quanto possa essersi impadronito dei contenuti del corso e delle meta-abilità cognitive richieste, spesso non è in grado di tradurle da subito in capacità applicative.
E con l’insorgere delle prime difficoltà, il senso di isolamento può indurre a una demotivazione e ad una frustrazione tali da vanificare gli sforzi formativi finora compiuti. Esiste quindi la forte esigenza di creare dei momenti di continuità fra l’attività di formazione e le attività di trasferimento, con azioni di sostegno in rete; tali azioni possono essere già previste all’interno dello stesso percorso formativo o attivate dagli stessi ex-corsisti.
Nel primo caso è l’erogatore del corso a farsi carico dell’assistenza via rete della fase di accompagnamento dei corsisti; nel secondo caso, il sostegno fra pari si concretizza nel self-help fra gli stessi partecipanti: si crea autonomamente di una comunità di ex-corsisti che si mantengono in contatto, a valle dell’intervento formativo, per aiutarsi e sostenersi nell’applicazione di quanto appreso, socializzando i problemi e ancor meglio, le strategie e le soluzioni d’impiego delle nuove conoscenze (E. Wenger, 1998).
Se nel caso delle comunità di ex-corsisti l’attivazione della comunità di pratica avviene a valle dell’intervento formativo, quando si parla di apprendimento in rete ispirato ai modelli di condivisione della conoscenza, si fa riferimento alla costruzione spontanea di gruppi di professionisti che, attraverso strategie collaborative, mirano ad arricchire il loro bagaglio conoscitivo e di competenze.
La genesi dei due casi di creazione di comunità è diversificata, così come risultano dissimili le motivazioni che spingono questi due aggregati ad unirsi; mentre nel caso degli ex-corsisti l’aggregazione in una comunità di pratica è favorito da una sorta di effetto inerziale, dovuto alla comune esperienza di partecipazione ad un processo formativo che li aveva già visto “gruppo”, le comunità professionali si costituiscono principalmente per il vantaggio competitivo derivante dalla condivisione di esperienze e conoscenze tacite, viste come opportunità di crescita collettiva (G. Trentin, 2001).
Le comunità professionali rappresentano la forma evoluta del modello e degli elementi distintivi dei sistemi territoriali; il suo ruolo si realizza nel sostenere il processo accelerato di apprendimento e di condivisione dei saperi per la costruzione di valore.
Le comunità virtuali, senza limiti territoriali, sono soggette alle perturbazioni dell’ambiente globale; esse sviluppano prassi di autoregolazione selettiva per accettare i cambiamenti metabolizzabili, permettendo l’innovazione e la crescita di valore; la capacità di autoregolazione è tanto più forte quanto maggiore è il capitale sociale, cioè i saperi e le reti di relazioni disponibili.
L’offerta progettuale delle comunità virtuali, per essere finalizzata alla reale condivisione dei saperi, deve realizzarsi nell’accelerazione del trasferimento di know-how, per la crescita e il consolidamento delle competenze, e nel sostenimento dello stile professionale orientato alla ricerca delle soluzioni dei problemi, sostenendo un modello cooperativo tra gli attori coinvolti; i servizi preposti alla concreta creazione di questi obiettivi per l’accrescimento di valore si avvalgono di tre diverse categorie di servizi, definiti informatiti e cooperativi e formativi.
2. I moduli didattici: struttura ed erogazione
Erogare formazione a distanza basata su materiali strutturati per essere fruiti in modo autonomo significa avere la consapevolezza di dover far gravare la mediazione didattica sui materiali stessi, anche nel caso in cui siano previste funzioni di supporto online a cura dei tutor e dei facilitatori; il compito dei materiali didattici non si risolve solo nella trasmissione dei contenuti, ma comprende ulteriormente anche il chiarimento degli obiettivi, della struttura didattica e una guida metodologica costante tesa a condurre l’utente nella fruizione del percorso formativo (G. Trentin, 2001).
Il materiale deve quindi essere autoconsistente, deve cioè poter vivere autonomamente e porsi senza intermediazioni; non a caso la realizzazione dei materiali didattici on-line richiede una progettualità molto più accurata rispetto a quelli erogati in presenza, che possono appoggiarsi alle spiegazioni frontali del docente. La struttura logica di ogni singola unità didattica deve risultare solida da un punto di vista progettuale, e articolata nella scansione; si presenta a seguito un’ipotesi di scansione strutturale tipo per ogni singolo modulo:
· Presentazione, in cui l’unità didattica viene illustrata secondo finalità, contenuti, attività suggerite, materiali di approfondimento proposti.
· Trattazione dei contenuti, in cui vengono svolte le letture, le simulazioni, le esercitazioni, secondo una logica sequenziale o ipertestuale.
· Sintesi, in cui si riassumono le questioni salienti trattate.
· Autovalutazione, in cui si lascia spazio al corsista per la verifica del livello di acquisizione dei contenuti appresi.
Lo sviluppo dei moduli didattici comporta la decisione inerente a quali strumenti di produttività da usare, scegliendo fra:
· Elaboratori di testi (es.: Microsoft Word).
· Gestori di presentazioni (es.: Microsoft PowerPoint), con cui vengono create diapositive e slide con animazione.
· Programmi per databases (es.: Microsoft Access), per organizzare il materiale didattico e gestire le informazioni relative al corso online (dati di frequenza, risultati dei test, messaggistica).
· Organizzatori personali di attività (es.: Microsoft Outlook), per tener traccia degli appuntamenti e gestire la lista dei contatti.
Un corso organizzato per moduli richiede una scelta preliminare su tipo di successione da preferire: seriale o in parallelo (G. Trentin, 1999).
Nella successione seriale la conclusione di un modulo corrisponde all’inizio del successivo, per cui sul piano diacronico si ha uno sviluppo di tipo lineare:
Questa struttura permette scarsa varietà nelle proposte e nelle scelte didattiche, ma garantisce la concentrazione costante di energie sul tema in discussione. Se alla chiusura di uno stage corrisponde l’apertura del successivo si potrebbe verificare una difficoltà di gestione (da parte dei tutor) e di autogestione (da parte dei corsisti): infatti, indipendentemente dalle abilità acquisite, i partecipanti sarebbero costretti a passare al modulo successivo, con conseguente frustrazione per chi invece potrebbe avere la necessità di un periodo più lungo di addestramento sul quel dato argomento. Si dirà che un modulo ormai concluso può comunque rimanere aperto a possibili successive interazioni, ma è anche vero che tutte le energie finiscono per essere incanalate nel nuovo modulo attivato.
Dal punto di vista della conduzione, in uno scenario di tipo seriale, i tutor devono coordinare le attività in modo rigoroso dal lato della tempistica e della scansione del lavoro, agendo da stimolatori, per mantenere viva la partecipazione entro le scadenze prefissate.
La successione in parallelo presenta una molteplicità di proposte che può risultare stimolante per i corsisti: i tempi di lavoro possono essere gestiti in modo più elastico, compatibilmente con i bisogni formativi e i diversi stili di apprendimento:
Tuttavia è possibile che troppe aree di discussione aperte contemporaneamente determinino un disorientamento in chi deve contestualizzare l’apprendimento; un corso gestito secondo la struttura parallela può portare i tutor a sottovalutare l’impegno richiesto ai discenti, che nel complesso si trovano ad affrontare un carico di attività notevole, distribuito su un numero elevato di aree di lavoro.
I MODELLI DI E-LEARNING
1. Il mondo dell'Università
Quasi tutte le università che offrono formazione in
rete hanno la caratteristica di essersi sviluppate,
con un ciclo naturale, dalla formazione basata su materiali cartacei all’incorporazione di diversi tipi di supporti
tecnologici che si sono resi via via disponibili. Tra queste, la prima e la più nota a livello mondiale è la Open University, che ha preso l’avvio nel 1971 nel Regno Unito e che rappresenta il modello storicamente più interessante per l’educazione degli adulti.
L’Open University cominciò la sua offerta formativa attraverso la radio e la televisione con supplemento di materiali a stampa, video e audiocassette; ha inventato i centri di studio, ha costruito le reti tutor-consulenti e i gruppi di autoapprendimento; oggi è la più grande università del Regno Unito con oltre 200.000 studenti e rappresenta il 21% di tutti gli studenti part-time della formazione superiore della nazione. In tutto il mondo si sono successivamente sviluppati modelli Open: dalla United State Open University alla British Open University.
Lo sviluppo del modello universitario “Open” negli anni ha messo in evidenza differenze didattiche e metodologiche, sia relativamente all’erogazione dei materiali, sia riguardanti gli approcci ai processi formativi intrapresi: le modalità tipiche delle istituzioni e delle università a distanza rientrano in tre distinte tipologie, alle quali più recentemente si è aggiunto il modello virtuale (A. Calvani, M. Rotta, 2001).
Le università, nate, fondate e sviluppate esclusivamente per erogare corsi a distanza vengono denominate “single mode”; di questo tipo sono tutte quelle università che erogano corsi di formazione inviando il materiale didattico agli studenti, sia in formato cartaceo che multimediale, sia per posta tradizionale che per via telematica.
Le università che sono nate secondo la logica tradizionale dell’istruzione in presenza, ma che ad essa associano anche la possibilità di una frequenza a distanza, possono essere definite “dual mode”: la formazione in questi casi è spesso rimandata ad un centro o ad un istituto specifico.
Il modello mixed mode (metodo Blended), invece, è un modello misto, dove vengono attuati entrambi i tipi di insegnamento in parallelo: gli stessi corsi in presenza sono disponibili anche per una fruizione a distanza. (parte seconda Cap.2)
L’ultimo modello sviluppatosi (e ancora in fase di evoluzione) è quello “virtual” mode, adottato dalle università che erogano i propri corsi esclusivamente in modo virtuale attraverso ambienti software dedicati; la U-Virtual (Virtual University) è un ambiente di apprendimento web che permette di supportare attivamente apprendimenti collaborativi e la costruzione di conoscenze interdisciplinari: la sua caratteristica è la flessibilità dell’ambiente integrato, che si lega ai sistemi di videoconferenza e alle risorse pedagogiche.
Qualunque sia il modello utilizzato, single, dual, mixed o virtual, le modalità di erogazione dei corsi rispettano precise volontà formative, in quanto per ogni modello erogativo adottato, si sviluppano delle scelte didattiche precise: esistono dei modelli che tendono a riprodurre la formazione in aula, altri che propongono la formazione come il frutto di un processo individuale di autoapprendimento e altri ancora inerenti all’apprendimento collaborativo.
Le tecnologie della distribuzione supportano, integrano e sostituiscono il modello centrato sul docente, cioè si tende a superare il modello tradizionale didattico che si svolge in aula con una lezione frontale.
Un modello molto diffuso, che privilegia l’autoformazione, si basa sulle tecnologie interattive, come i Computer Based Training (CBT), i CD-rom e le Simulazioni: questi sistemi consentono l’accesso alle risorse didattiche superando i vincoli spazio-temporali. (Parte seconda La Tecnologia)
Le tecnologie collaborative, come la videoconferenza a due vie, le chat e i news-group, supportano invece il modello centrato sul gruppo, offrendo un ricco ambiente virtuale condiviso, entro cui gli utenti interagiscono con le altre persone senza la necessaria compresenza fisica.
La tecnologia più usata risulta essere quella asincrona con l’utilizzo di internet: i telecorsi sono ampiamente diffusi ed efficaci da un punto di vista commerciale perché replicabili per un numero elevato di edizioni senza modifiche sostanziali. Il sistema si sta velocemente evolvendo nel sistema interattivo a due vie rappresentato dalla teleconferenza; tali tecnologie (l’uso del satellite ha notevolmente incrementato la diffusione di questo modello) permettono di collegare i docenti con i gruppo di apprendimento e di connettere i singoli individui con gli altri gruppo di studenti: in tal modo professori e discenti possono essere fisicamente distanti ma reciprocamente presenti in video e audio (A. Calvani, M. Rotta, 2001).
La formazione, quella che emerge nella rete e dalla rete, non si basa più su un centro culturale erogatore unico, ma su strutture pluricentriche, al cui interno i valori e i contenuti culturali e formativi vengono ripensati e ridistribuiti in più direzioni; nascono nuove agenzie e organizzazioni internazionali, alleanze e corporazioni di profitto, che amministrano i corsi con le agenzie formative, con i centri no-profit per la ricerca, la divulgazione e la documentazione, con le organizzazioni professionali che autogestiscono la formazione, con le reti verticali di diffusione via satellite, le reti teleinformatiche orizzontali, le megauniversità, i consorzi universitari e i campus virtuali: il mondo della formazione si sta veramente trasformando in un mercato globale.
Le università rispondono al cambiamento; si identificano tre macro categorie di offerta formativa universitaria:
· Superstores della formazione: sono delle megauniversità che erogano corsi standardizzati a livello globale attraverso una catena mondiale di media. Questo modello può garantire uniformità nell’erogazione e alta qualità dei corsi a prezzi molto competitivi; i più famosi “supermercati” della formazione sono la British Open University e l’Athabasca University.
· Specially store della formazione: si rivolgono ad un mercato che investe in alta qualità e ottengono economie di scala riferendosi ad una vasta utenza; questa tipologia, di nicchia, si differenzia dai Superstores perché offre un solo prodotto o un numero limitato di prodotti. Un esempio di questo tipo di offerta si riscontra nell’Università di Phoenix, che produce corsi per un mercato esclusivo di 400 studenti-lavoratori; oltre un migliaio di altri consorzi universitari stanno centrando la loro offerta su un numero limitato di argomenti, tra queste IBM Global Campus, Motorola University e l’Istituto di Sviluppo Economico della Banca Mondiale.
· Boutique della formazione: questo modello, più facilmente perseguibile anche per le università più piccole, propone servizi personalizzati ad un mercato relativamente ristretto di utenti e di area geografica; i suoi corsi sono più costosi di quelli del modello Superstore, ma sono calibrati secondo le esigenze dei singoli studenti. Molte università italiane adottano questo tipo di strategia formativa, con corsi intensivi per un numero limitato di studenti; questo modello può competere con i Superstores solo se l’offerta si rivela realmente di un più alto livello qualitativo.
Le difficoltà di gestione di tutti gli aspetti della formazione on-line hanno portato molte università e agenzie pubbliche e private ad optare per un modello cooperativo; una delle strategie che sta riscotendo maggior successo è quella delle Cooperative Education, consorzi tra più enti in cui le risorse sono organizzate sotto il governo di una rappresentanza dei diversi enti: ogni membro del consorzio produce uno o più corsi, fruendo del catalogo di tutti gli enti coinvolti (esempi di questo tipo si trovano nella National University Teleconference Network, con oltre 250 College collegati via satellite, nella National Technological University che riunisce più di 40 università di ingegneria che eroga corsi a più di 1.100 studenti).
L’ultima tendenza del mercato della formazione a distanza è quella delle alleanze fra più partner per ottenere alcuni benefici di scala nella produzione e nella distribuzione del programma d’apprendimento; Altre università, invece, non hanno le strutture, le risorse o la volontà politica per effettuare strategie formative a distanza e si affidano a consulenti per venire incontro alle richieste del loro mercato; il vantaggio, in questi casi, consiste nello sfruttare i migliori specialisti mondiali del settore. L’idea di fondo del modello dei consulenti è quella di non creare un’istituzione stabile dedicata in esclusiva alla Fad, ma di attingere alle varie risorse, umane o finanziarie o strutturali, in base alle singole esigenze.
Le istituzioni universitarie negli ultimi anni si sono sempre più interessate alla Formazione in rete, creando corsi ed esperienze a vario livello; anche in Italia, come all’estero, sono nate alleanze e consorzi: tra i più importanti si indicano Nettuno (Network Teledidattco per le Università), che opera con iniziative complementari a quelle delle università associate, verso una vera e propria erogazione on-line di corsi su internet. Più o meno e a vario titolo, tutti gli atenei, le facoltà e i dipartimenti in Italia si stanno movendo in questo senso e sono molteplici i progetti di carattere nazionale e internazionale che si occupano della formazione on-line; la didattica a distanza, e in particolar modo la didattica universitaria e post-universitaria, è divenuta una realtà e sta uscendo dalla sua fase sperimentale, necessitando, dunque, di essere diffusa e adottata su larga scala.
Benché sia evidente che l’e-learning sia ormai considerato una realtà e non più solo una sfida, e anche le resistenze culturali fanno ormai parte del passato, pare altrettanto chiaro che le soluzioni di e-learning debbano adeguarsi ai contesti d’apprendimento dei singoli discenti e dei propri docenti; la parola d’ordine del mercato è blended solution, ovvero la preferenza a soluzioni miste di e-learning, per una maggiore attenzione al fruitore.
Si sostiene che l’e-learning debba essere un insieme di contenuti, tecnologie e servizi, dove i servizi includono anche il tutoring e la formazione tradizionale in aula (M. Molinari, 2002).Coerente a questo trend metodologico: viene proposto un approccio all’e-learning comprendente tre aspetti prioritari e complementari, come la didattica live, erogata attraverso la piattaforma NetStream, la didattica on-line, erogata via web attraverso la piattaforma Blackboard e la presenza fisica, con i Centri di Cultura e tutor remoti.
2. La scuola
Anche la scuola e’ interessata ai grandi processi di innovazione tecnologica che stanno coinvolgendo il nostro paese e l’e-learning costituisce uno strumento particolarmente valido in campo formativo. Recentemente è stata sottoscritta una convenzione tra il Ministero dell’Istruzione ed il Ministero delle Comunicazioni che prevede il progetto Internet@scuola. Tale progetto annovera tra i suoi principali obiettivi: l’accessibilita’ alla Rete nell’85% delle scuole entro il 2005, progetti di e-learning e la possibilita’ di collegamento degli studenti da casa. In particolare il collegamento telematico scuola-casa favorira’ il pieno sviluppo della c.d. “Telescuola”. E’ previsto un progetto pilota che coinvolgera’ 50 scuole di ogni ordine e grado in tutta l’Italia. Esiste un progetto imponente (che costituisce la piu’ grande iniziativa realizzata in Europa) che punta ad una piena diffusione delle tecnologie dell’informazione nelle scuole italiane e sta coinvolgendo 68.000 docenti. In tale contesto si inserisce questa convenzione Internet@scuola che mira, a sviluppare la comunicazione nella costruzione dei processi di apprendimento ed a favorire la diffusione dell’e-learning prevedendo iniziative che costituiscono il presupposto fondamentale di qualunque progetto di ICT quali, ad esempio, cablare le scuole in banda larga, diffondere i pc, collegarli alla rete web, formare gli insegnanti per l’uso delle nuove tecnologie, formare gli insegnanti alla didattica cooperativa, sviluppare siti Internet piu’ ricchi ed interattivi.
3. Le imprese
L'e-learning è utilizzato soprattutto dalle grandi aziende, é ancora poco diffuso presso le piccole aziende, che pure avrebbero motivi più che validi per essere le prime interessate. Paradossalmente, proprio in Italia, l'e-learning parte con un doppio handicap che non impedisce di proiettare uno sviluppo comunque significativo. Il primo é il deficit strutturale della formazione, che riceve investimenti inferiori di quelli di altri paesi concorrenti. Il secondo é la polverizzazione del tessuto economico, che non agevola l'adozione di programmi presso le PMI. Nella realtà, sono soprattutto le maggiori aziende nazionali ad aver organizzato corsi basati sull'e-learning. Per queste, l'e-learning rappresenta anche un'opportunità di diffondere più rapidamente contenuti e nuova formazione, contribuendo nello stesso tempo a contenere i costi. Secondo stime riportate dall'Eito, le aziende che hanno fatto ricorso all'e-learning stimano risparmi dei costi che vanno dal 30 al 50%.
Grazie all'insegnamento a distanza, infatti, é possibile replicare più agevolmente i contenuti, organizzare classi di numeri limitati, riducendo la necessità di spostamento di docenti e utenti.
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