ALTRE ORIGINI
DEL COGNOME LEPORE
in Italia
Il cognome Lepore in Campania:
Anno millesimo centesimo trigesimo tertio
Dominicae Incarnationis [1133.14.15] Ioannem quidem de Lepore, virum
nefandae memoriae, prefati Crescentii fautorem, capite verso in foveam
mergi precepit, et pedibus in altum levatis, heu miser, vitam inaudita
morte finivit!
In Campania a Gusti di Sessa Aurunca, esiste un Palazzo, noto come il
Palazzo ducale dei Lepore. |
Il cognome Lepore in Lombardia: da: http://cdlm.unipv.it/edizioni/mi/morimondo-smaria2/carte/.... 17 Cartula venditionis: 1118 maggio 13, Coccaglio.
Giovanni e sua moglie Otta, Benedetto
del fu Pagano e sua moglie Emulina, nonché Berlinda figlia del fu Alberto,
tutti di Coccaglio e di legge longobarda, dichiarano di aver ricevuto da
Pietro Cacatossicus del fu Lepore, abitante in Coccaglio, trentasei soldi
e mezzo di denari milanesi d'argento quale prezzo della vendita della loro
quota di due appezzamenti di terra, a campo, siti nella medesima località,
in luogo detto Canelli. 19 Cartula offertionis pro anima: 1118 ottobre domenica, Brescia(?).
Pietro del fu Lepore, di Cologne e ora abitante
in Coccaglio, di legge longobarda, non avendo figli, stabilisce per la propria
anima e per quella dei parenti che tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti
e futuri, siti in Cologne, Coccaglio o altrove, divengano immediatamente proprietà
della chiesa di S. Giovanni de foris. 35 Cartula Venditionis: 1176 giugno, Gorla Maggiore.
Giovanni Morinarius e la moglie Ottabella, di Gorla
Maggiore, vendono a Guglielmo Baticaza, pure di Gorla Maggiore, per otto lire di
denari nuovi milanesi, tre appezzamenti di terra siti nel territorio di Gorla, in
località dette Vinea Grande, a Labragada e Curcunica. Fideiussori Buirato Morinarius
e Giordaneto Uzeini dello stesso luogo. Contemporaneamente il predetto Giovanni
investe a titolo di consultum la moglie di un campo e di una selva per la somma di
lire quattro che costituiscono il faderfio della donna 259 Breve investiture: 1181 maggio 20 o 21, Pavia. Ottone
Catanius e i germani Tedaldo, Ruffino, Siro e
Bernardo Capitanei dànno in investitura a
Giacomo, abate del monastero di Morimondo, undici appezzamenti di terra
dell'estensione complessiva di sette iugeri, undici pertiche e diciassette
tavole, siti in Coronate e nel suo territorio, che essi tengono in feudo
dalla Chiesa pavese, al fitto annuo di un moggio pavese di granaglie, metà
di segala e metà di miglio, da trasportare, all'ottava di s. Michele, metà
alla casa di Ottone e metà a quella degli anzidetti germani, i quali
tutti si impegnano a dare quattro denari pavesi, per il pasto, a coloro
che porteranno il fitto.
Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 688 [A]. Secondo originale, ivi [A']. Copia
semplice limitata al protocollo e all'inizio della parte dispositiva, da
A', BONOMI, Morimundensis, pp. 515-6, n. 214; menzione di A, ivi, p. 516,
n. 215. Regesto Osio e due copie semplici ottocentesche, camicie cartacee
di A e di A'. Altro regesto, Catalogo, IV, fasc. 74. Nel verso di A, di
mano del rogatario sottoscrittore, come pare: §
Investitura facta in abbati (-i corr. da e, come pare) Morimondi; di
mano X: Coronago; petie .XI. ad Plaizum,
ad Pascarium Sileti (Sileleti), | a Casora, in Deserto,
ad Fractam, a campo Lepore, | a campo Lepore (così,
iterato). | Oto et Tedaldus et Rufinus et Sirus et Bernardus;
disegno a guisa di paragrafo (sec. XIII?)....
...nel registro dei battesimi
di Cormano, il primo battesimo registrato è del 1595 e riporta: "Al
dì ultimo di aprile 1595 è stata battezzata Barbara, figliola di
Francesco Radaello e di Angela sua consorte. Battezzai io prete Paolo
Corbetta, compadre (padrino) fu Stefano
de Lepore, comadre Giovannina de Folgia".” |
Il cognome Lepore in Veneto:
Comune di Ficarolo
Nel contesto dell'affermato dominio canossiano su Ficarolo, si deve porre la fondazione del
monastero e ospedale di San Salvatore. Correva l'anno 1112 quando importanti membri della
famiglia capitaneale e matildica del vescovo di Ferrara Landolfo (la cognata Imiza e il nipote
Casotto) istituivano nel territorio di Ficarolo un complesso monastico, con annesso ospedale
per l'alloggio di viandanti e bisognosi. L'amministrazione del monastero veniva affidata ai
canonici regolari agostiniani di San Frediano di Lucca: attribuzione che da un lato rimanda
alla politica espansiva di casa Canossa (Lucca ricade infatti sotto il dominio del Marchesato
di Toscana), dall'altro spiega la sensibilità ospedaliera del monastero. I chierici di
Sant'Agostino, infatti, oltre ad attendere al ministero pastorale con l'obbligo dell'ufficiatura
corale, sviluppano ben presto la pratica della beneficenza a favore dei poveri e dei pellegrini,
erigendo, fuori del recinto di clausura, un locale chiamato hospitium o hospitale; a un canonico,
chiamato magister hospitii, veniva affidata la cura dei ricoverati. Di questa eminente pietas e
hospitalitas fanno esplicita menzione i vescovi ferraresi Amato e Presbiterino, che nel 1158 e
nel 1175, attribuiscono a San Salvatore numerosissimi benefici, evidentemente anche per dare
una base patrimoniale all'attività benefica del pio luogo. |
Il cognome Lepore in Toscana:
L’ORDINE AGOSTINIANO FINO AL 1300
da pag. 191 a 322 dal cap. I al XXXII
INDEX ADDITAMENTORUM AD CRUSENII MONASTICON
Conventus Florentiae tit.
S. Spiritus in Tuscia inchoatus fuit anno 1250. Degebant
tunc temporibus Eremitae Augustinenses in coenobio S. Matthaei de
Lepore
in Casillina, sive apud S. Mariam de Campo prope arcem veterem, pro qua
magis communienda praefatum coenobium demoliri opus fuit. Qua occasione P.
Prior Fr. Petrus Ildebrandinus cum caeteris Fratribus praedicto anno 1250 emerunt
novum quemdam locum prope exiguam S. Romuli ecclesiam situm,
ibique ad honorem Spiritus Sancti, S. Mariae, et omnium Sanctorum magnum
coenobium extruxerunt.Ast an. 1444 S. Spiritus templo flammis fere
consumpto aliud magnificentissimum, prout nunc extat artificio Philippi
Brunelleschi aedificarunt, opem praebentibus Florentinis civibus Laurentio
Ridolfi seniori, Bartholomaeo Corbinelli, Nerio de Cinis Capponi, et
Gregorio de Stagio Dati. |
Il cognome Lepore in Sardegna:
Dopo
10 giorni di laboriose trattative tenutesi a Posada, nella bellissima
chiesa di S. Antonio, il trattato di pace del 1388 fu
sottoscritto, anche questo a Sanluri, per una parte da Eleonora
d'Arborea e per l'altra da Giovanni I d'Aragona,
figlio di Pietro IV morto l'anno prima.
Sempre nel secolo
quattordicesimo ritroviamo ancora il nome "Gavoi" nel documento
del trattato di pace (1388) tra Eleonora d' Arborea e il re Giovanni I d'
Aragona. Viene qui citato il Procuratore della Barbagia di Ollolai e della
Curatoria di Austis: "Bernardu Lepore", abitante della villa di Gavoi,
sindaco attore e procuratore di tutte le contrade della Barbagia di
Ollolai e Curatoria di Agustis, avendo piena e legittima potestà di
sottoscrivere atti, simile e tale e quale hanno i sindaci attori e
procuratori della città di Aristanis predetta, summenzionata, cioè da
tutte le contrade dette, cioè da Pietro Deyana luogotenente ufficiale
della Barbagia di Ollolai e curatoria di Agustis, per conto della
giudichessa di Arborea...
da:
http://www.gavoi.net/storia5.htm
Non
vi sarebbe nessun elemento significativo per far pensare a un'importanza
particolare del gavoese Bernardu Lepore nel trattato di pace tra
Eleonora e il re d'Aragona, se non si valutasse attentamente la parte
finale del documento, la prima sottoscrizione dei preliminari del trattato
di pace a Cagliari. Sabato 25 gennaio 1388 viene messa a verbale solo la
firma di Bernardu Lepore per la sottoscrizione a Cagliari presso il
Viceré. Il 27 gennaio, per ultime, quelle di tre rappresentanti di
Alghero Bernardo Camena, Francese Bos e Antoni Ferret. Bernardu Lepore
era dunque l'unico rappresentante della Corona dei Procuratores del
Giudicato d'Arborea, che sia stato presente alla firma del trattato e che
lo abbia sottoscritto per la parte del Giudicato di Arborea. Nell'accordo
preliminare era esplicita la clausola che presso il Viceré a Cagliari si
recasse per la firma la Giudichessa Eleonora in persona. La
presenza di Eleonora a Cagliari avrebbe significato sudditanza e
dipendenza e l'incontro con un vassallo del Re. La sovrana dell'antico
Giudicato sarebbe stata considerata di fatto come pari rango col Viceré
d'Arenos. Non era, inoltre, garantita in nessun modo la sicurezza della
Giudichessa Eleonora: a Cagliari era trattenuto prigioniero Brancaleone
Doria, suo marito. A Cagliari lei rischiava di esporsi a un sequestro, che
avrebbe potuto segnare la fine dell'Arborea come stato sovrano.Unico
firmatario del Giudicato di Arborea a Cagliari, presso la corte del Viceré
Don Ximen D'Arenos, risulta Bernardu Lepore di Gavoi. Riassumiamo
il testo del passaggio del documento che interessa il nostro scopo: presso
la sala delle udienze del palazzo del Viceré d'Arenos, Raimondo di
Cervaria, dottore illustre di diritto, consigliere del re e della sua
curia e promotore dei negoziati, aveva presenziato alla lettura degli atti
preparati dalle due cancellerie di Arborea e d'Aragona. Avevano assistito
come testimoni i militari Francesco di Giovanni di Santa Colomba, Giordano
di Tolono, Galcerando di Villanova, Ponzio di Giardino e Rainerio de
Pisquella, i nobili Berengario Dentexea, castellano di Acquafredda,
Roderigo Lancol, vicario di Cagliari e Giovanni Planis, PetroCalort,
rappresentante dei mercanti, Bartolomeo Pujades, Bernardo Rubei, Francisco
Tomich, esperto giureconsulto, Michele Carovira e Francisco Tola, altro
esperto di diritto. Erano tutti abitanti della villa di Cagliari; e con
loro numerosi altri personaggi, abitanti del circondario, erano stati
presenti alla cerimonia. Tutti erano stati convocati per assistere alla
firma del rappresentante dell'Arborea. Era presente Antonio di Dalmazio,
scrivano e notaio del Re, che avrebbe dovuto assistere alla segnatura di
tutti gli atti. Non
mancava, tra gli ecclesiastici e i monaci, chi aveva sottolineato la
circostanza festiva della conversione di San Paolo, quasi che anche
l'Arborea fosse stata folgorata dal Signore per obbedire al re d'Aragona,
rappresentante tra i più alti della Chiesa sulla terra, poiché era stato
designato dallo stesso Papa come re di Sardegna (investitura di Bonifacio
VIII del 1297). Erano stati "specialmente convocati e rogati per
quegli importanti adempimenti - così dice il documento depositato pressa
la cancelleria del Viceré - e presenti pure per la firma del predetto Bernardu
Lepore, sindaco attore e procuratore di tutte le predette contrade
della Barbagia di Ollolai e della curatoria di Agustis, che firmò e fece
come sopra si riferisce, nel detto palazzo del Castello di Cagliari, cioè
in una camera dove tiene lo scrittoio il predetto nobile governatore, il
giorno di sabato 25 gennaio che fu la festa della Conversione del Beato
Paolo Apostolo".
Nessun
riscontro storico può chiarire il perché di questo ruolo particolare del
personaggio di Gavoi, delegato alla firma appunto. Possiamo solo
ipotizzare alcune ragioni che potrebbero aiutare a capire questa
circostanza singolare. O la cancelleria di Arborea inviò un procuratore,
a nome della corona de logu del giudicato, a nome della Giudichessa e del
potere della corona stessa, non ritenendo necessario né opportuno mandare
quello che era il pari grado, rispetto al Viceré d'Arenos, cioè il
Cancelliere del Giudicato don Comida Pancia; con questo gesto la
Giudichessa Eleonora rifiutando ancora una volta di riconoscersi
subordinata al re d'Aragona. O per qualche ragione, che però non è
documentata e a noi risulta oscura, Bernardu Lépore poteva garantire il
sostanziale assenso alla pace di frange del Giudicato che non volevano
consentire con quanto era stato concordato tra la cancelleria di Oristano
e l'ufficio del Viceré. Circa il Bernardu Lepore della storia, di lui si conosce quanto incidentalmente "ripescato" da alcuni pazienti ricercatori, in maggioranza universitari, in documenti inerenti il Giudicato di Arborea. Si sa che proveniva da Gavoi, paese della Barbagia centrale che fu un'antica colonia ebraica del I secolo d.C. ed i cui abitanti sembrano comunque aver sempre mostrato inclinazione per la politica ed i commerci, e che era un noto mediatore politico e di affari (le due categorie erano al tempo praticamente indistinte). Gavoi ebbe per certo inurbazioni di
carbonai toscani e del basso Piemonte nel '600 ed in epoche successive; vi
e' chi ha ipotizzato che potessero esservene state altre precedenti,
proprio in età giudicale, ma non se ne ha prova certa. Di lì la maggior parte della famiglia si
sarebbe presto trasferita in Campania, da dove avrebbero continuato ad
intrattenere rapporti con l'Isola, unitariamente identificandosi come
"i Conti Lepore", a causa di alcune proprietà terriere
contestate. Dopo di ciò non si hanno altre notizie sui discendenti. Non abbiamo molto di più in argomento, quindi immagino che la via dei registri parrocchiali possa essere per ora la più concreta per una ricerca, magari verificando se vi furono inurbazioni dirette dalla Campania, oppure sarebbe da verificare in Campania se qualcosa registra l'arrivo dei Lepore dalla Sardegna (via Puglia) e se ve ne è un seguito. da: http://www.coroovodda.it/testistorici.asp
Adies
XXIII, de Maju, anno at nativitate Domini, MCCCCLXXIII.....In sa presente
hora avende intesu sos homines dessa villa de Gavoi et de sa villa de
Ovolla su notificamentu et voluntade de sa Senoria sua si sunt consoltados
totu sos homines de ambas villas, et hant respostu sos principales et
populu de sas dittas villas totu de una voce concordantes, qui furunt
contentos de pagare su dittu feu cumparciendelis sos saltos et jures qui
possediat sa villa de Oleri, et promittendelis sa ill.ma
Senoria sua de nolis alciare pius quantidade in su venidore, si non semper
istare firma sa ditta cantidade, tantu pro ill.ma Sennoria
comente et pro sos vassallos, sa quale risposta dedit pro Gavoi Donnu
Gomida Lepore, et pro Ovolla donnu Andria Mele, et avendo intesu sa
resposta de sos vassallos sa ill.ma Senoria sua istesit
cuntentu, et lis acceptuit a sos dittos sa peticione insoro de non lis
alciare pius cantidade de su dittu feu, et de lis parcire sos saltos et
jures qui possediat sa ditta villa de Oleri. In sa hora presente comandait
sa ill.ma Senoria sua a totu sos vassallos de ambas villas dae
su mannu a su minore qui cras dominiga bonu mangianu comparent in sa
Ecclesia de santu Pedru de Oleri pro parcire et ponner sas lacanas de su
dittu saltu.... |
Il cognome Lepore in Basilicata:
Castelsaraceno
Due sono le ipotesi sull’origine del paese; secondo il Santoro, Castelsaraceno fu
costruito a vedetta contro i Saraceni; la Cronaca Cavese afferma invece che fu
costruito dai Saraceni nel 1031 presso l’antica Planula, ubicata alla località
“Piano dei Campi” (Castrum Saracenum, da cui prese il nome e lo stemma). |
Il cognome Lepore in Puglia:
Santuario di S. Maria dei Martiri a Molfetta
...Agli
inizi del 1519 la Signoria di Molfetta insieme al Regno di Napoli passò a
Carlo V, che lo ereditò da parte della madre Giovanna II. Come da
consuetudine i nobili delegarono Erricolo Passari, uomo mite e rispettato
anche dai popolani, a omaggiare il nuovo sovrano . Ma tornato da Madrid il
Passari fu ucciso dai popolani in quanto offesi per non esser stati
consultati per la scelta dell’ambasciatore. Quest’assassinio fece
precipitare una situazione già tesa perciò ricominciarono le lotte tra i
due ceti. Il nobile Evangelista Lepore fu ferito dal popolano
Quintiliano De Luca. Entrambi erano delegati a rappresentare la città per
la conferma dei privilegi di cui essa godeva. L’episodio ebbe gravi
conseguenze e gettò le basi per il sacco della città. Carlo V, il 15
Aprile 1522, vendette la città di Molfetta a don Ferrante di Capua, duca
di Termoli. Con tale atto la città passava da città regia a città
feudale. I nobili si opposero, tentando di riscattare la città, per tutta
risposta i popolani si rifiutarono di pagare la loro quota e accolsero il
delegato Nicolino di Sangermano con festeggiamenti e luminarie.Nel 1528 tra Francia e
Spagna scoppia la guerra.
Molfetta interessata agli avvenimenti cercò di barcamenarsi tra i due
contendenti, Antonio Bove, uomo ricco ma pericoloso, insinuò il sospetto
tra i popolani che i nobili volessero vendere la città ai francesi. I
popolani, capeggiati dai fratelli Mincio, cognati del Bove, decisero di
assalire i nobili riuniti nella Dogana. I nobili si difesero e furono
salvati dall’intervento dei popolani A. Magno, P. Candia e F. Gileo che,
insieme con altri popolani, sbaragliarono gli assalitori. Tale aggressione
esacerbò ancor di più gli animi. I nobili si riunirono nella casa di
Diomede Lepore e gli affidarono il compito di punire i popolani. Il
Lepore alla testa di una schiera di giovani, la mattina del 20
Febbraio 1529, andò in giro per la città gettando panico e scompiglio
tra la popolazione. Per parecchie ore si scontrarono nobili e popolani ed
il Lepore uscì vittorioso, catturando tredici popolani che, solo
per l’intervento dei nobili Lupis ed Agni scamparono al rogo. Il
ministro di guerra di Carlo V, Alarcon, per sedare gli animi, mando un
rinforzo di 30 soldati. I nobili, fra i quali il Lepore, Porticella
ed altri, ad evitare l’ira dell’Imperatore, chiesero protezione al
principe di Melfi, Sergianni Caracciolo, alleato dei francesi, che si
trovava a Barletta insieme all’armata veneziana, composta di trenta
galere al comando di Pietro Landi. STORIA DELLA CITTÀ di MOLFETTA
Nel 1507 la signoria di Molfetta passò a Giovanna I, vedova di Ferdinando I d'Aragona
e sorella di Ferdinando il Cattolico; alla sua morte successe nel 1517 sua figlia Giovanna II,
vedova di Ferdinando II d'Aragona, che morì nel 1518. MOLFETTA: SVILUPPO URBANO DEL CENTRO STORICO NEL PERIODO ARAGONESE (1443-1530) SINO ALLA FINE DEL XVI sec.
Questo periodo è caratterizzato dall'attuazione di un vasto piano di sviluppo
edilizio che nel 1446 si compendiò nell'autorizzazione ad occupare i suoli demaniali rimasti
ancora liberi. Statue dell'Arciconfraternita di S. Stefano
Leggendario
l'arrivo a Molfetta, nel sedicesimo secolo, delle venerate statue
dei Misteri dolorosi che proverrebbero, secondo un'antica tradizione, dal
lontano veneto. Misteri "misteriosi" in ogni accezione, sia per
l'ignota origine sia per l'anonima attribuzione. A tal proposito, si narra
che il nobile Evangelista Lepore, confratello di S. Stefano, si recò
a Venezia alla ricerca di un insigne dottore della scienza medica capace
di curare lo scorbuto, una malattia di cui ne era affetto il suo unico
figliolo. Arrivato nella città lagunare, il Lepore si imbatte
nella bottega dello scultore Giacomo Fielle, che era intento a scolpire
cinque statue lignee, raffiguranti i misteri dolorosi, per conto di una
congregazione austriaca. Attratto dalla leggiadria artistica delle statue
ed intravedendo, nelle stesse, poteri taumaturgici, soprannaturali, volle
acquistarle ad ogni costo per portarle a Molfetta. Appena sbarcato nella
nostra città, apprese della miracolosa guarigione di suo figlio Diomede
e, essendo certo della Divina intercessione, volle donare le statue
all'Arciconfraternita di S. Stefano, cui egli apparteneva. Altri
sostengono che, pur non esistendo una prova fondata del loro acquisto e
della loro origine, viene logico pensare che possono essere state portate
a Molfetta dai nostri intrepidi marinai quando, con i loro natanti a vela,
ardimentosamente si sospingevano sino alla sfarzosa Venezia. Plasmate in
legno di pregevole qualità, le immagini, in stile rinascimentale,
raffigurano cinque "momenti" significativi della passione e
morte di nostro Signore Gesù Cristo. Gesù prega nell'orto dei Getsemani,
Gesù flagellato, Gesù coronato di spine, Gesù carico della Croce e Gesù
Morto. Create a grandezza naturale le espressive opere lignee, attribuite
alla scuola veneziana, sono custodite nella vetusta chiesetta di S.
Stefano e portate in processione il Venerdì Santo. Le sacre immagini
possiedono un alto valore archeologico, giacche è raro, oggigiorno,
trovare dei simulacri di legno scolpiti nel periodo rinascimentale così
ben conservati e dalla colorazione originaria. da: http://www.giovinazzomia.it/Recensioni/Cognomi/Articolo.htm
BREVI NOTE RIGUARDANTI
.....
Per finire, ecco l'ALBERO GENEALOGICO DI UNA FAMIGLIA DI LUCERA (Foggia)
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Il cognome Lepore in Abruzzo: ( Notizie fornite da Hervé Lépori )
ALFERI OSORIO GIUSEPPE (NOBILE AQUILANO, AUTORE DI UNA STORIA DELL'AQUILA, ARALDISTA E STORICO)
vissuto tra la fine del 1600 e gli inizi del 1700,
come molti letterati dell’epoca si dilettava a raccogliere materiale manoscritto per poi redigere
volumi sulla storia dei casati, delle contee, insomma di quell’Italia frazionata in cui si intrecciavano
complicate vicissitudini politiche. Ed è proprio tra le carte del nobile aquilano che troviamo alcune
annotazioni sull'origine di una famiglia LEPORI a L'Aquila.
- privo di firma ma proveniente da cartelle di suoi scritti -
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