Il libretto è interessante non solo per conoscere i fatti relativi al soldato
Vittorio Barbin Lepore, che era mio nonno, ma soprattutto per le idee riportate
e il clima che vi traspare.
La storia del soldato
Vittorio Barbin Lepore, raccontata nel libretto, è vera fino al 1917, fino
a Caporetto. Poi c'è una storia che non è scritta nel libretto e che ho
sentito raccontare da mio padre.
Per quella guerra, oltre a Vittorio
classe 1887, erano partiti anche tre suoi fratelli: Giuseppe, classe
1884, Francesco classe 1885 ed Enrico classe 1891. Il terzo non era sposato
ed era morto nel 1916. Il secondo era sposato e aveva quattro figli, morì
nella primavera del 1917. Il primo, sposato e con un figlio, fu ferito
gravemente nei giorni di Caporetto (morirà nel 1918).
Vittorio, sapendo del ferimento grave
del terzo fratello, nella confusione che seguì alla ritirata di Caporetto, anziché
andare verso il Piave, pensò bene di tornare a Gemona.
Una specie di "Salvate il soldato Ryan" fai-da-te.
La famiglia aveva bisogno di lui. Era diventato ormai il capofamiglia.
Arrivato a Gemona, trovò la famiglia in
partenza: tutto era pronto sui carri. Bisognava sfollare, ritirarsi seguendo
l'esercito, oltre il fronte, arrivava il nemico!
Mio nonno fermò tutti. "Non si va da nessuna parte". E risuonò la sua più
terribile imprecazione:
"Zaino a terra!". Era e lo sarà fin che visse, la massima espressione della
sua collera. Lo ricordo anch'io. Quando diceva "Zaino a terra!" non bisognava contraddirlo.
Visse fino alla fine della guerra un pò nascosto, vestendosi da vecchio barbone per
non essere riconosciuto quando usciva di casa.
Negli ultimi giorni di guerra, quando
ormai gli Austriaci si stavano ritirando, fuggendo con ogni mezzo, si
imbattè improvvisamente, per i campi, in un soldato austriaco che stava
fuggendo a cavallo. Forse tutti e due si spaventarono. Ma l'austriaco si
spaventò di più e nella fuga lasciò cadere una pesante cassetta di
ferro, simile ad una piccola cassaforte. Bella e tutta verniciata di nero,
con alcune decorazioni che parevano dorate. Aveva anche la chiave nella
serratura. Il nonno la aprì, ed era piena di soldi. Di Kronen dell'Impero
austro-ungarico.
Centinaia di migliaia di Kronen.
Finita la guerra, tornò alla vita
normale e tutti fecero finta che fosse tornato a casa con una normale e
regolare licenza, a cui peraltro aveva diritto già dalla morte del secondo
fratello.
Durante la seconda guerra mondiale gli
morirono anche due figli di ventun anni. Uno in Croazia nel 41, ucciso dai
partigiani in una imboscata. Uno a Gemona nel 44, mentre andava a lavorare con
la T.O.T., sul sentiero del monte Cumieli.
Le centinaia di migliaia di Kronen, appena
finita la guerra, non valevano più nulla, e la cassetta/cassaforte fu usata
in casa come deposito di carte importanti di famiglia. E quei soldi girarono
sempre per casa, e anche noi bambini, trenta, quaranta anni dopo, ci
giocammo.
E alcune di quelle carte di decine di migliaia di kronen ci sono ancora ...
nella cassetta!
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