Nervi tesi
 

  

   Accidenti che putiferio! Sembrava l’inferno, una vera e propria bolgia indescrivibile dalla quale temevo di uscirne malconcio. In alcuni momenti ho temuto perfino di lasciarci le penne. Ma dico io, si può arrivare a tanto? Può una discussione, per quanto accesa,  degenerare al punto di innescare la terza guerra mondiale? Va bene, il momento è difficile, l’economia va a rotoli (e io che pensavo andasse a cantari!), i banchieri si sono ridotti a chiedere l’elemosina, i poveri parlamentari in pensione sono costretti a vivere con 6.800 miserabili euro al mese, presidenti e assessori provinciali rischiano di finire in  mezzo alla strada, vescovi e cardinali rischiano di dover pagare l’IMU, il partito democratico rischia di vincere le elezioni (cosa che lo terrorizza da sempre per cui fa di tutto per perderle), ma a tutto c’è rimedio! Con un po’ di pazienza e di sopportazione tutto si aggiusta, senza per questo dover dare ogni volta fuoco alle polveri, accapigliarsi, farsi il sangue amaro. E invece i nervi sono così tesi che il ronzio di un moscerino  diventa uno spaventoso tuono e a farne le spese quasi sempre è gente che se ne vorrebbe stare tranquilla e che invece si trova coinvolta in queste gigantesche azzuffate com’è capitato a me ieri mattina. State a sentire.
   Svegliatomi leggermente in ritardo rispetto al solito, me la sono comunque presa con comodo, visto che, oramai come il novanta per cento degli italiani, tra neonati, poppanti, minorenni, donne che non trovano lavoro, disoccupati, inoccupati, cassintegrati, pensionati, politici trombati, politici eletti non ho nulla da fare tutto il santo giorno; poi ho deciso di andare a fare la spesa.  Ero in attesa da una decina di minuti al banco macelleria del supermercato quando, per qualche oscuro motivo che non sono riuscito a decifrare, al’improvviso si è scatenata una rissa furibonda. Inizialmente vi erano coinvolti due signori, poi, in un breve volgere di tempo, non si riusciva più a capire chi era bianco e chi era nero.

“Che modo di fare è questo, gridava uno dei signori in fila rivolto a un poveraccio  un po’ trasandato, con i capelli spettinati, la barba di due giorni e un bavero della giacca rivoltato, lei è un incapiente!”

“Incapiente a me, rispondeva l’altro fuori dalla grazie di Dio afferrandolo per il bavero, come ti permetti di darmi dell’incapiente,  esodato che non sei altro? Chi ti credi di essere, il proprietario di un resort?”

Intanto i due si spintonavano e dalle parole minacciavano di passare a vie di fatto per cui un terzo signore, un giovane dal volto emaciato, un bamboccione sfigato, forse un tantinello choosy,  ha cercato di interporsi tra i due per mettere pace.

“Signori, vi prego, calmatevi, diceva il disoccupato, abbiamo già tanti guai di questi tempi: poveri banchieri che devono farsi anche loro la valigia di cartone ed emigrare alle Cayman, milionari allo stremo costretti a pagare il 3% per mantenere gli esodati, consiglieri regionali che rischiano di perdere la sudata pensione per la quale hanno lavorato duramente per anni a scaldare poltrone di pelle  e sperperare danaro pubblico, cercate di non crearne altri anche voi con le vostre beghe e le vostre invidie.”

“Invidioso io, urlò il primo, lei lo sa che è davvero un grandissimo inoccupato? Ma tu guarda un po’ dov’è definita l’educazione! Un pivello che per il solo fatto di essere un privilegiato e di potersi godere la vita senza fare un tubo, si prende il lusso di dare dell’invidioso a un onesto pensionato! Disoccupato che non sei altro!”

“E’ vero, continuò il secondo infervorandosi ancora di più, non c’è più religione! Un inoccupato che si permette di dare a me dell’invidioso!  Ma non ti vergogni?”

A questo punto mi sembrava di essere all’interno della canzone O guarracino. Ci fu un azzuffamento generale nel quale erano coinvolti uomini, donne, commessi, giovani, vecchi; cominciarono a volare “paccare e secuzzune” mentre il livello degli insulti toccò l’apice. “Assessoore, si sentiva gridare, presidenteeeeeeee, senatoreee che non sei altro, esodato, precario, disoccupato,  incapiente, candidato della malora, cassintegrato, rottamatoooo!”,  fino a quando qualcuno superò tutti i limiti arrivando a usare l’epiteto più ingiurioso che si possa scagliare su di una persona: “Signora”.