Origine e significato del Natale

   

   Le origini della celebrazione del Natale, da non confondere con quelle del Natale cristiano, si perdono nella notte dei tempi. Nonostante fino a qualche decennio fa la stragrande maggioranza della popolazione italiana fosse convinta delle origini cristiane di questa festività, in realtà la religione cristiana fu solo una delle ultime ad appropriarsene.

Molti miti orientali ci parlano della nascita, già alcuni millenni prima di Cristo, di numerosi dei o figli di dei molto simili al Messia di Nazareth nella stessa data del 25 dicembre. Uno di questi fu l’egiziano Horus o Horo. Come Cristo, Horo, molti secoli prima di lui, venne battezzato con l’acqua da Anubi, nacque ad Annu, detto “il luogo del pane”, così come Bethlemm fu definita “la casa del pane”, era un dio che si manifestava e aveva dodici discepoli.[1] Horus cominciò ad insegnare all’età di 12 anni, a 30 fu battezzato e da allora cominciò la sua missione. Aveva anch’egli 12 discepoli che viaggiavano con lui, compiva miracoli, guariva gli ammalati e faceva importanti prodigi. Fu poi tradito da un certo Typhon, fu crocifisso e resuscitò dopo tre giorni.

   Zarathustra, dio persiano o battriano, nacque anch’egli un 25 dicembre del settimo secolo prima di Cristo in una grotta nei  dintorni della città di Battria, dopo essere stato concepito per mezzo di un raggio della “Divina Ragione”, ricevette i doni dei pastori, venne battezzato a 30 anni, restituì la vista ad un cieco, prometteva la resurrezione, il giudizio finale e l’apocalisse, venne ucciso, discese all’inferno e salì in cielo su un cocchio solare.

   Nella Persia di 3600 anni fa si venerava il dio Mitra, nato il 25 dicembre in una grotta dalla vergine Isis - Meri, mentre una stella apparve ad est ad alcuni re i quali la seguirono per trovare il neonato e portargli doni. Questo dio persiano che precede di 1.600 anni il Cristo ebbe anch’egli dodici discepoli, faceva miracoli, prometteva ai suoi seguaci l’immortalità, santificava la domenica, si definiva la Via, la Verità e la Luce, morì ed anch’egli resuscitò dopo tre giorni. La sua religione prevedeva l’eucarestia o “Cena del Signore” ed anche Mitra ebbe a dire; “Colui che non mangerà il mio corpo e non berrà il mo sangue in modo che possa diventare una sola cosa con me non sarà salvato.” La figura del dio Mitra, il cui mito era conosciuto già sedici secoli prima di Cristo, era così simile al “Figlio di Maria” che i primi pensatori cristiani furono costretti, per riaffermare l’unicità del loro figlio di Dio, ad accusare il diavolo di “plagio per anticipazione” ovvero di aver diffusole caratteristiche del futuro Messia molti secoli prima che lo stesso nascesse. Il culto di Mitra fu soppresso nel 376 d.c. dal Prefetto di Roma per ordine dell’imperatore del tempo che consegnò il tempio del dio persiano al culto cristiano.

   Molte analogie col Cristo hanno anche la divinità frigia di Attis, quella indiana di Krishna ed il greco Dionisio. In ogni caso secondo storie, leggende e miti antichissimi vi furono decine di presunti messia o salvatori, quasi tutti figli di un dio fattisi uomini che facevano miracoli o prodigi, che morirono, resuscitarono ed ascesero al cielo. Anche se i cristiani si decisero a istituire la festa del Natale solo dopo la fine del III secolo per cui furono tra gli ultimi in ordine di tempo, è dimostrato che un bel po’ di dei o presunti messia nacquero giusto il 25 dicembre. Ma a cosa è dovuto questo affollamento di nascite “divine” in questa precisa data? Che c’è sotto? Niente di misterioso, la colpa è sempre di quella maledettissima inclinazione dell’asse terreste , come ebbe a dire l’avventuroso francese Michele Ardan nel romanzo “Dalla terra alla luna” di Jules Verne che fa si, non solo che la Terra sia il pianeta dei raffreddori con il cambio continuo delle stagioni, ma anche che il dì e la notte abbiano una durata variabile per tutto il corso dell’anno. È noto, infatti, che a causa dell’inclinazione di 23 gradi e mezzo dell’asse terrestre sul piano dell’eclittica, il sole, nel suo moto apparente intorno alla terra percorre in cielo un arco che va dallo zenith del Tropico del Cancro, punto di declinazione massima per l’emisfero nord, a quello del Tropico del Capricorno passando per due volte all’anno sulla verticale dell’equatore (equinozi). Ciò fa sì che la durata del dì vari continuamente nell’arco dell’anno per cui nell’emisfero nord si va dal dì più lungo che è il 21 giugno (solstizio d’estate) a quello più corto, il 21 dicembre (solstizio d’inverno). Ovviamente nell’emisfero sud succede esattamente il contrario. A causa del variare della latitudine, inoltre, più ci si sposta verso i poli, più la durata del dì e della notte si allunga a seconda della stagione, per cui a latitudini molto alte succede che per lunghi periodi, nell’emisfero nord ci sia sempre il buio, cioè assenza di sole (notte polare). La riduzione della durata del dì perciò, nell’emisfero nord ha inizio il 22 giugno e raggiunge il suo culmine il 21 dicembre, giorno nel quale il sole sembra fermarsi nel suo moto apparente, ovvero effettua una fermata (sol statio – fermata del sole), dopo di che inizia il suo percorso inverso e i giorni cominciano ad allungarsi.  Poiché nei primi giorni l’allungamento è di solo qualche secondo, anticamente non lo si percepiva se non prima del 25 dicembre per cui si cominciò a pensare che quello fosse il giorno nel quale “il sole rinasce”, il giorno nel quale i popoli nordici incominciavano a rivedere qualche tenue bagliore sulla cima degli alberi più alti per cui decisero di festeggiare questa data addobbando gli alberi dando vita agli “alberi di Natale.” Originariamente, dunque, si festeggiava il Natale della luce  che tornava a illuminare e "riscaldare" le popolazioni nordiche. 

Quella dell’albero di natale è, dunque, una tradizione laicissima, così come laicissima era in origine la festa del Natale che, però, diede lo spunto, probabilmente, ai sacerdoti di tantissime religioni per far nascere i loro dei in quella data. Tutto ciò accadde, ovviamente, nell’emisfero nord perché i suoi abitanti furono poi in grado di imporre la loro cultura a tutto il resto del pianeta. Se a prevalere, invece, fosse stata la cultura degli abitanti dell’emisfero sud tutti gli dei, forse, sarebbero nati intorno al 25 giugno.

   Il Natale non è la sola festa di origine laica o, comunque, pagana svuotata progressivamente del suo significato originale per essere progressivamente riempita di connotati religiosi più marcatamente cristiani. Stessa sorte subirono, ad esempio, le feste dionisiache o i saturnali romani e le feste in onore della dea egizia Iside trasformati poi nel carnevale o le feste di Maya nate per celebrare la primavera trasformate in seguito nel “mese mariano” o le ferias censuale, le feste del dio del raccolto Conso divenute poi le “Feriae Augustii” e, successivamente, “Ferragosto” o la festa dell’Assunta. In ogni caso è evidente che quello di “buon natale” può essere un augurio anche e soprattutto per i laici, per il ritorno della primavera, della stagione della luce, della vita, della giovinezza dopo il tetro buio dei mesi autunnali ed il cosiddetto consumismo natalizio, tanto vituperato da moralisti in servizio permanente effettivo e dalle gerarchie ecclesiastiche, altro non è se non un probabile inconscio desiderio di riappropriarsi del significato originale di questa ricorrenza come testimonia anche l’enorme, prevalente diffusione del laicissimo albero di natale rispetto al presepe cristiano.

                                                          Giuseppe Marino


[1] Albert Churchward – Book of Religion, 1924 in Il libro che la tua chiesa non ti farebbe mai leggere, Newton Compton editore, Agosto 2009, pagg. 39 - 41