I
Simonetta lasciano Caccuri |
Caccuri
– 1419 E’
una radiosa giornata di luglio del 1419. Il magnifico Carlo Ruffo di
Montalto e di Corigliano Signore di Paola, di Fuscaldo e di Acerenza,
accompagnato dal giovane genero, Francesco Sforza, dalla figlia
Polissena e dal capitano delle guardie, visita i suoi possedimenti di
Caccuri ceduti al giovane capitano di ventura che ha sposato, l’anno
prima, la figlia. Dall’alto delle mura, nella zona nella quale poi
verrà aperta Musiche
di sottofondo
Personaggi Polissena, figlia del conte Francesco
Sforza Il capitano delle guardie (comparsa) Angelo
Simonetta, amministratore delle terre di Caccuri Cicco
Simonetta, nipote di Angelo Giovanni
Simonetta, fratello di Cicco Servitori,
dame di compagnia, popolani. Voci
in sottofondo: “Viva il magnifico Conte!
Via Carlo Ruffo! Via Francesco Sforza il nostro nuovo signore,
viva la contessa Polissena!” “Evviva,
evviva i nostri amatissimi signori!”
( Rivolto al genero Francesco Sforza) E queste, mio valoroso cavaliere, sono le terre di Caccuri che la mia amatissima Polissena porta in dote all’illustre figlio del grande Muzio Attendolo. Abbiatene cura, mio dilettissimo genero, ma abbiate cura anche di questa fiera a nobile gente caccurese. I Caccuresi sono un popolo devoto, ma orgoglioso, illustre e generoso e il mio carissimo Angiolo è fra tutti il più eccelso. Devo molto alla sua sagacia, alla sua devozione, al suo ingegno. Egli è il mio più illustre collaboratore, l’oculato amministratore delle mie terre, il più saggio dei miei consiglieri Angelo
Simonetta Conte
Magnifico, la sua generosità e la sua magnificenza mi coprono di elogi di
cui non
Messer
Angiolo, la fama della vostra saggezza, della vostra perizia,
della vostra Angelo Signore,
sono davvero onorato della vostra offerta, ma, credetemi, mi è
impossibile e
Mi
chiedete una cosa che è impossibile, mio caro Angiolo. Sento che il
destino mi chiama a grandi imprese. Verrà il giorno in cui i miei
possedimenti si estenderanno a dismisura, la potenza degli Sforza farà
tremare molti signori italiani e allora io dovrò avere al mio fianco un
uomo saggio, accorto, prudente e diplomatico; un uomo che sappia curare
i mie interessi, consigliarmi; che sappia tenere a bada i mie nemici,
crearmi una rete di alleati. Quell’uomo siete voi, mio caro Angiolo e
sono sicuro che anche per i vostri nipoti, Cicco e Giovanni ci sarà
onore e gloria. Non preoccupatevi per loro. Se verrete al mio servizio
avrò cura di farli studiare a Napoli. Nella capitale del Regno potranno
avere maestri eccellenti, frequentare l’Università e vedrete che
sapranno tenere alto il prestigio e il nome dei Simonetta.
Polissena Angelo
Signora
contessa, Magnifico conte, mio prode e valoroso Signore, mi chiedete
davvero un grande sacrificio: quello di abbandonare il mio paese, la mia
terra, la mia gente. Tutto ciò mi provocherà davvero un grande dolore,
ma mi rendo conto che non posso rifiutare l’offerta che, con tanta
generosità, i miei signori mi hanno fatto. Però mi permetto di fare
osservare che ho degli obblighi non solo verso i mio paese e la mia
gente, ma anche verso i miei nipoti. Permettetemi di ascoltare anche il
loro parere. Cicco, Giovanni, che ne pensate voi dell’offerta dei
nostri amatissimi signori che ci chiedono di lasciare la nostra Patria
per seguirli al loro servizio? Cicco Amatissimo
zio, so quanto sei legato alla tua terra, ai tuoi affetti, alla tua
famiglia e quanto ti costerà abbandonare tutto ciò. Però sono
convinto che dobbiamo accettare la generosa offerta dei nostri signori.
Essi saranno il nostro faro, la nostra ancora di salvezza e noi dovremo
rispettarli e servirli degnamente. Non temere per me e Giovanni. Il
nostro destino è nelle mani di Dio e dei nostri signori. Anche a noi
dispiacerà abbandonare queste amate contrade, ma sono sicuro che anche
altrove potremo continuare, forse anche con più profitto gli studi e
tenere alto il nome dei Simonetta. Sento anch’io che il conte
Francesco è destinato a grandi imprese e che il nostro posto è accanto
a lui. Accettiamo, dunque, con gioia la sua offerta; seguiamolo nelle
sue imprese, nei suoi spostamenti, nelle sue avventure e un giorno non
avremo da pentircene. Oggi lasciamo il nostro paese, ma vi ritorneremo
spesso e non ce ne dimenticheremo e chissà che un giorno, altri giovani
caccuresi, seguendo il nostro esempio, non decidano anch’essi di
partire alla ricerca di onori, gloria, ricchezza per far sempre più
grande ed illustre questo paese. L’importante è non scordarcene,
l’importante è portarcelo sempre nel cuore, l’importante e tornarci
spesso, vivere altrove con Caccuri nel cuore. Angelo
Cicco
carissimo, mi togli davvero un peso dal cuore. La tua saggezza è degna
di un grande uomo e tu un giorno lo diventerai. Spero che anche tuo
fratello Giovanni un giorno avrà modo di apprezzare la nostra
decisione. (Rivolto a Francesco Sforza) Ebbene, mio signore, accettiamo
la vostra offerta e saremo i vostri più devoti servitori e che il
Signore ci dia la forza e i mezzi per poter servire degnamente Francesco Sforza
Grazie,
messer Angiolo, grazie per avere accettato. Vedrete che non avrete da
pentirvene. Da oggi i Simonetta saranno sempre al mio fianco per
dividere con me tutto ciò che una sorte, sicuramente benevola, vorrà
concederci. E voi, Caccuresi, siate felici ed orgogliosi di questa
decisione. Perderete forse per sempre i vostri illustri concittadini, ma
essi sapranno degnamente rendere illustre il nome di Caccuri e non si
dimenticheranno certamente del loro paese e della loro gente.
“(Rivolto al capitano) Capitano, da oggi Angiolo Simonetta entra al
nostro servizio e ci seguirà a Napoli. Prendete gli opportuni contatti
affinché i suoi nipoti siano degnamente alloggiati e seguiti negli
studi. Domani all’alba i Simonetta, al nostro seguito, lasceranno
Caccuri. Sono sicuro che con loro al nostro fianco potremo andare
incontro ad un radioso destino. Carlo Ruffo
Bene,
ora che messer Angelo ha accettato la vostra offerta, sono sicuro che il
casato Ruffo – Sforza è destinato a grandi imprese. Ed ora
trasferiamoci nel nostro palazzo ove ci attende un sontuoso banchetto.
L’alba di domani ci vedrà in partenza da questi luoghi fantastici per
riprendere le nostre consuete cure. Al palazzo, amici. Angelo Simonetta
(Volgendo
un ultimo sguardo al paesaggio Caccurese). Addio Caccuri, paese amato,
addio miei amati concittadini. Oggi è giorno di letizia, ma anche di
profonda tristezza. Non dimenticherò mai la terra che diede ospitalità
al mio avo perseguitato da cattivi nemici e da una sorte avversa; non
dimenticherò mai la terra che udì il mio primo vagito, che mi nutrì,
mi allevò, che calpestarono i miei primi passi, che vide i miei primi
giochi. Addio, Caccuri, ti porterò sempre nel cuore e chissà che un
giorno non possa tornarci, ma tu, paese amato, non dimenticarti mai di
Angiolo Simonetta e dei suoi nipoti. Il giorno che ciò dovesse,
malauguratamente accadere, anche tu moriresti. Addio Caccuri, addio per
sempre. |