SOPRAELEVAZIONE
La
terrazza a livello, anche se di proprietà esclusiva, è equiparata (in
relazione alla sua funzione di copertura dell'edificio) al lastrico solare in
senso stretto e tale è considerata anche nel regime della sopraelevazione; ne
consegue che il regolamento condominiale può limitare il diritto di
sopraelevazione spettante al proprietario dell'appartamento a cui la terrazza
afferisce soltanto se esso ha natura contrattuale.
Cass.
civ., sez. II, 19 luglio 1999, n. 7678
In
tema di sopraelevazione, solo i proprietari in via esclusiva dei lastrici solari
possono sfruttare, ai sensi dell’articolo 1127 del Codice civile – che
disciplina le costruzioni sopra l’ultimo piano – le residue capacità
costruttive dell’immobile.
In tema di condominio, l'indennità di cui all'art. 1127, ultimo comma, c.c. trova il fondamento nella considerazione che, per effetto della sopraelevazione, il proprietario dell'ultimo piano aumenta, a scapito degli altri condomini, il proprio diritto sulle parti comuni dell'edificio, dal momento che tali diritti, in base all'art. 1118, 1° comma, c.c., è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene ed è evidente che tale valore viene aumentato per effetto della sopraelevazione. Cassazione , sez. II civile, sentenza 16.06.2005 n° 12880
L'art. 1127 c.c. in tema di sopraelevazione sopra l'ultimo piano dell'edificio, essendo inserito nella regolamentazione del condominio, più specifica rispetto a quella della comunione in generale, ed avendo, nel primo comma, quale destinatario il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, postula una divisione della proprietà in senso orizzontale e non trova pertanto applicazione nella comunione disciplinata negli articoli da 1100 a lll6c.c.
Cass.
civ., sez. II, 14 dicembre 1994, n. 10699
Lo
spazio aereo sovrastante il suolo costituisce una proiezione di questo ultimo
verso l'alto ed è perciò liberamente utilizzabile dal proprietario del suolo
quando non vi osti un diritto reale di terzi. Ne consegue che l'acquisto per
usucapione della proprietà di una superficie posta alla sommità di un edificio
giustifica la sopraelevazione da parte dell'usucapiente con conseguente
occupazione dello spazio aereo sovrastante.Cass.
civ., sez. II, 30 gennaio 1997, n. 926
La
"colonna d'aria" sovrastante l'edificio condominiale appartiene in
proprietà a tutti i condomini, in quanto comproprietari del suolo su cui
l'edificio sorge, ed è perciò che nel momento in cui essi ne vengano in parte
privati, a seguito di sopraelevazione dello stabile - anche se eseguita dal
proprietario esclusivo dell'ultimo piano o del lastrico solare - sorge in loro
favore il diritto ad essere indennizzati della perdita ai sensi dell'art. 1127
c.c.Cass.
civ., 27 dicembre 1975, n. 4233
L'indennità
a carico di chi sopraeleva trova la sua ragione giustificativa
nell'utilizzazione della colonna d'aria, corrispondente alla proiezione in
altezza, e cioè in senso verticale, del suolo su cui è costruito l'edificio,
nonché del godimento delle parti e dei servizi comuni, ed ha il suo presupposto
giuridico nella comunione dell'area costituente la base dello stabile, il cui
valore, ripartito pro quota fra i condomini, è ricompreso in quella di ciascun
piano o porzione di piano.Cass.
civ., 7 dicembre 1974, n. 4093
La
sopraelevazione realizzata dal proprietario dell'ultimo piano di edificio
condominiale, in violazione delle prescrizioni e cautele tecniche fissate dalle
norme speciali antisismiche, è riconducibile nell'ambito della previsione
dell'art. 1127 secondo comma cod. civ., in tema di sopraelevazioni non
consentite dalle condizioni statiche del fabbricato. A fronte di tale opera,
pertanto, deve riconoscersi la facoltà del condominio di ottenere una condanna
alla demolizione del manufatto, nonché la legittimazione alla relativa azione
dell'amministratore del condominio medesimo, vertendosi in materia di atti
conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio (art. 1130 n.4
e art. 1131 cod. civ.).Cass.
civ., Sezioni Unite, 8 marzo 1986, n. 1552
L'art.
1127 cod. civ., che vieta al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio
condominiale sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato
medesimo, e, quindi, consente all'altro condomino di agire per la demolizione
delle opere realizzate in violazione di detto divieto, trova applicazione pure
nel caso di sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate
dalle leggi antisismiche, anche in tale ipotesi, peraltro, la relativa domanda,
investendo un rapporto privatistico cui è estranea la pubblica amministrazione,
rientra nell'ambito della giurisdizione del giudice ordinario.Cass.
civ., Sezioni Unite, 12 febbraio 1987, n. 1541
La
norma dell' art. 1127 cod. civ. sottopone il diritto del proprietario
dell'ultimo piano a tre limiti dei quali il primo (condizioni statiche)
introduce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare se con il consenso
unanime dei condomini il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere
di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a
sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri due limiti
(turbamento delle linee architettoniche. diminuzione di aria e luce)
presuppongono l'opposizione facoltativa dei singoli condomini
contro-interessati.Cass.
civ., sez. II, 26 maggio 1986, n. 3532
Il proprietario dell'ultimo piano di edificio condominiale, in mancanza del consenso degli altri partecipanti. non può sottrarsi al divieto di sopraelevazioni non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato (art. 1127 secondo comma cod. civ.), provvedendo direttamente all'esecuzione di opere di rafforzamento e consolidamento, specie se queste implichino un'invasione della sfera di godimento degli altri condomini.Cass. civ., sez. II, 11 giugno 1983, n. 4009
L'art.
1127, primo comma. cod. civ., nel consentire al proprietario dell'ultimo piano
dell'edificio condominiale, ovvero al proprietario esclusivo del lastrico
solare, di elevare "nuovi piani" o "nuove fabbriche",
contempla, con riguardo ad entrambe le ipotesi, la contraria previsione del
titolo, con la conseguenza che questo ultimo (nella specie, regolamento
condominiale di tipo contrattuale) può legittimamente vietare anche l'aggiunta
di manufatti a quelli preesistenti all'ultimo piano (nella specie, veranda di
chiusura di lastrico "terrazzato" a livello).Cass.
civ., sez. II, 21 maggio 1987, n. 4632
La
limitazione convenzionale del diritto di sopraelevazione ex art. 1127 cod. civ.
(nella specie: mediante clausola degli atti di vendita di appartamenti
condominiali da parte del titolare ditale diritto), la quale ha indubbia natura
reale, una volta trascritto il titolo che la prevede, è opponibile al terzo
acquirente del bene su cui essa grava (nella specie: terrazza di copertura
dell'edificio condominiale), a nulla rilevando la sua mancata riproduzione
nell'atto di trasferimento di detto bene.Cass.
civ., sez. Il, li novembre 1982, n. 5958
La
domanda rivolta a denunciare l'illegittimità della sopraelevazione dell'ultimo
piano di edificio condominiale, per violazione dell' art. 1127 secondo comma
cod. civ. o di norme convenzionali (come quelle del regolamento condominiale di
tipo contrattuale), la quale può essere proposta pure dal singolo condomino, a
tutela del decoro o della statica del fabbricato, ovvero del proprio godimento
di aria o luce, spetta alla cognizione del giudice ordinario, anche quando si
tratti di edificio urbano, ricollegandosi a posizioni di diritto soggettivo, e
può implicare la condanna alla demolizione del manufatto (eseguibile con la
procedura di cui agli artt. 612 e segg. cod. proc. civ. in tema di obblighi di
fare).Cass.
civ., Sezioni Unite, 21 gennaio 1988, n. 426
Qualora
per l'esistenza di un titolo contrario il diritto alla sopraelevazione, ex art.
1127 cod. civ., risulti in tutto od in parte escluso, il singolo condomino può
agire giudizialmente, senza necessità di integrazione del contraddittorio nei
confronti degli altri condomini, per far accertare nei riguardi di colui che ha
effettuato la sopraelevazione dell'edificio l'inesistenza del diritto di
procedervi e per ottenere le conseguenziali pronunzie di riduzione dei luoghi
nel pristino stato, poiché la comproprietà delle parti comuni realizzate nel
fabbricato condominiale in occasione ed a seguito della sopraelevazione, in
tanto sorge ed è configurabile (e rileva, quindi, anche al limitato effetto di
fare assumere la veste di litisconsorte necessario a ciascuno degli altri
condomini del medesimo fabbricato), in quanto sussistono le condizioni richieste
dall'art. 1127 cod. civ. Resta, peraltro, salvo il diritto degli altri condomini
di spiegare intervento volontario autonomo nel processo, inteso a far
dichiarare, alternativamente, sia l'inesistenza delle condizioni richieste per
la sopraelevazione ai sensi ed agli effetti di cui all'art. 1127 cod. civ. (in
concorrenza con la domanda già proposta), sia l'esistenza delle stesse
condizioni, in relazione all'interesse ed alla legittimazione propri dell'interventore
ai fini della tutela e della conservazione delle cose comuni realizzate nel
legittimo esercizio del diritto di sopraelevazione.Cass.
civ., sez. II, 11 novembre 1982, n. 5958
In
ipotesi di sopraelevazione in edificio in condominio, legittimato passivo
nell'azione per danni causati alle cose di proprietà esclusiva di singoli
condomini è soltanto colui che sopraeleva e non il condominio.Cass.
civ., sez. II, 10 febbraio 1970, n. 338
Il
diritto
di sopraelevazione spettante al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico
solare, a norma dell'art. 1127 c.c., è diverso dal diritto di superficie su
edificio costruito o costruendo, attribuito a un terzo dai condomini di
quest'ultimo. Infatti, mentre il primo incontra i limiti fissati dalla citata
norma, il secondo è soggetto soltanto alle condizioni stabilite nel contratto.
Inoltre, quest'ultimo diritto, qualora abbia ad oggetto la costruzione di tutti
i possibili piani che siano compatibili con la solidità dell'edificio, può
essere esercitato anche per gradi, in tempi diversi. Ne discende che
l'acquirente del diritto di superficie, il quale, in seguito alla costruzione di
uno soltanto dei suddetti piani, abbia acquistato il diritto di sopraelevare
ulteriormente nei limiti del citato art. 1127 c.c., e legittimato a chiedere
l'accertamento giudiziario del diverso e più ampio diritto di sopraelevazione
derivantegli dal contratto costitutivo della superficie.
In
ipotesi di sopraelevazione di edificio condominiale, i proprietari dei piani (o
delle porzioni di piano) risultanti entrano a far parte del condominio ipso
facto e ipso iure e, conseguentemente, ai sensi dell'art. 1117 cod. civ.,
acquistano senz'altro un diritto di comunione su tutte le parti di edificio ivi
menzionate, ancorché comprese nei piani preesistenti, salva contraria
disposizione del titolo, comunque non desumibile dal silenzio o da eventuali
pretermissioni di questo, specie per le entità immobiliari condizionanti
l'esistenza e la conservazione del fabbricato (suolo, strutture di copertura,
muri perimetrali, tramiti di accesso, ecc.), trattandosi di entità di cui
fruiscono necessariamente tutti i condomini e per le quali, pertanto, può
escludersi il regime di comproprietà solo se il titolo precisi il minor diritto
succedaneo (servitù, diritto d'uso, ecc.) a base di siffatta fruizione.Cass.
civ., sez. II, 11 maggio 1984, n. 2889
Con
riguardo alle sopraelevazioni l'art. 17 comma primo lett. c) della L. 6 agosto
1967 n. 765 (cosiddetta legge ponte) prevedendo che la distanza tra edifici
vicini non può essere inferiore all'altezza di ciascun fronte dell'edificio da
costruire, si riferisce per la determinazione dell'altezza alla parte
dell'edificio da realizzare non anche all'intero corpo di fabbrica sopraelevato,
considerato l'intento del legislatore di non incidere su diritti quesiti,
derivanti da una costruzione realizzata in precedenza nel rispetto delle
distanze legali, in applicazione del principio secondo cui l'attività edilizia
è regolata dalla legge vigente nel momento in cui essa è realizzata. Tale
principio, peraltro, non comporta che in caso di successive sopraelevazioni
ciascuna sia soggetta a separato computo dell'altezza, dovendo la relativa
determinazione essere effettuata con riferimento a tutte le sopraelevazioni.Cass.
civ., sez. II, 22 aprile 1992, n. 4799
L'art.
1127 c.c. sottopone il diritto del proprietario dell'ultimo piano alla
sopraelevazione a tre limiti, dei quali il primo (condizione statica) introduce
un divieto assoluto, cui è possibile ovviare se, con il consenso unanime dei
condomini, il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di
rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a
sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri due limiti
(turbamento delle linee architettoniche, diminuzione di aria e di luce)
presuppongono l'opposizione facoltativa dei singoli condomini
contro-interessati. Pertanto, l'art. 1127 cit. ha carattere innovativo rispetto
al corrispondente art. 12 R.D.L. 15 gennaio 1934 n. 56, in quanto inibisce al
proprietario dell'ultimo piano di sopraelevare se le condizioni statiche in atto
dell'edificio siano sfavorevoli e la sopraelevazione richieda opere di
rafforzamento e di consolidamento delle strutture essenziali.
Il
divieto di sopraelevazione, previsto in un regolamento condominiale di natura
contrattuale, avente sostanzialmente natura di servitutis altius non tollendi a
carico dell'ultimo piano dell'edificio ed a favore sia delle parti di proprietà
comune che di quelle di proprietà esclusiva, può essere fatto valere da
ciascuno dei condomini sia come tale che quale proprietario esclusivo di una
porzione dell'edificio.
L'
art. 1127 c.c., disciplinante il regime legale delle sopraelevazioni, è
derogabile, come emerge dall'espressa riserva contenuta nel primo comma, da una
convenzione preesistente o coeva alla costituzione del condominio. Ne consegue
che il divieto assoluto di sopraelevazione - nella specie, stabilito dal
regolamento di condominio (costituente parte integrante del contratto di
acquisto dei singoli cespiti) a carico dell'ultimo piano dell'edificio ed a
favore tanto delle parti di proprietà comune, quanto delle unità immobiliari
in proprietà esclusiva dell'edificio - avendo sostanzialmente natura di servitù
altius non tollendi, può essere fatto valere sia da i singoli condomini che dal
condominio.Cass.
civ., sez. II, 3 dicembre 1994, n. 10397
La
facoltà di sopraelevare spetta ex lege al proprietario dell'ultimo piano
dell'edificio o al proprietario esclusivo del lastrico solare, salve le
limitazioni di cui al secondo e terzo comma dell'art. 1127 cod. civ., ed il suo
esercizio non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini,
ma può soltanto essere vietato in forza di un'espressa pattuizione, costitutiva
di una servitù assimilabile a quella non aedificandi.Cass.
civ., sez. II, 28 gennaio 1983, n. 805
La
vendita dell'area soprastante l'edificio da parte del proprietario di esso, con
il divieto per l'acquirente di costruire su di essa più di un piano e con il
patto che il lastrico soprastante il piano sopraelevato resterà solo in parte
di proprietà del costruttore, dà luogo a costituzione di servitù di non
sopraedificare ulteriormente su detto lastrico a favore della porzione dello
stesso che, secondo il patto. diviene di proprietà condominiale.Cass.
civ., sez. II, 19 aprile 1975, n. 1509
Con
riguardo agli edifici costruiti con il contributo dello Stato nelle zone colpite
da terremoto, l'applicabilità della speciale disciplina degli artt. 216 e 217
del r.d. 28 aprile 1938. n. 1165, concernente l'esclusione di indennizzo ai
proprietari dei piani sottostanti per il caso di sopraelevazione effettuata dal
proprietario dell'ultimo piano su terrazza di copertura, prescinde dai requisiti
di bisogno economico previsti in tema di edilizia economica e popolare.
Peraltro, detta disciplina - in virtù dell'espressa previsione dell'art. 201
del citato r.d. - è sottoposta a limiti temporali e cessa di essere operante
allorché tutti gli alloggi di un determinato edificio siano stati riscattati o
ammortizzati, con la conseguenza che, successivamente, detta sopraelevazione
resta regolata alla disciplina del codice civile (art. 1127), che prevede
un'indennità quale corrispettivo non solo dell'occupazione della colonna d'aria
ma anche del maggiore uso del suolo e degli altri elementi comuni.Cass.
civ., sez. II, 30 aprile 1988, n. 3287
Le
sopraelevazioni effettuate dal proprietario dell'ultimo piano di un edificio
costruito in zona terremotata dal Ministero dei lavori pubblici, e da questo
alienato a norma del r.d. 4 settembre 1924 n. 1356, sono disciplinate, per
quanto concerne l'eventuale diritto degli altri condomini all'indennità per
sopraelevazione, alle disposizioni vigenti in materia di edilizia economica e
popolare, e, in particolare, alla disciplina contenuta nel TU. 18 aprile 1938,
n. 1165, il cui art. 217 stabilisce che l'indennità spetta solo quando
l'edificio sopraelevato sia coperto da tetto e non anche nel caso in cui lo
stesso sia coperto da terrazzo. Tale disposizione della legge speciale non è
stata abrogata - né espressamente né tacitamente - dall' art. 1127 del codice
civile vigente.Cass.
civ., sez. II, 9 aprile 1980, n. 2267
In
tema di condominio di edifici, qualora colui che sopraeleva sia per titolo
proprietario esclusivo non solo dell'ultimo piano o del lastrico solare, ma
anche della colonna d'aria soprastante, non è concepibile un indennizzo per la
utilizzazione di un bene che è proprio di chi lo usa a suo vantaggio mediante
la sopraelevazione e che, per essergli stato attribuito in proprietà esclusiva
di fronte agli altri condomini dell'edificio, non ammette possibilità di
sfruttamento da parte di costoro.Cass.
civ., sez. II, 14ottobre 1988, n. 5556
L'indennità di sopraelevazione di cui all'art. 1127 cod. civ., che costituisce un debito di valore (soggetto alla rivalutazione monetaria), deve essere calcolata assumendo come base unicamente il valore attuale del suolo nella parte di esso corrispondente al piano di sopraelevazione, supposto come completamente libero, senza cioè che possa operarsi alcuna diminuzione di esso in considerazione delle strutture del fabbricato e dei limiti che ne derivano, né della sua maggiore o minore vetustà.
Cass.
civ., sez. II, 5 dicembre 1987, n. 9032
Non
è nullo il negozio stipulato dal proprietario dell'ultimo piano dell'edificio
condominiale con gli altri condomini, diretto a determinare la misura
dell'indennità a questi ultimi spettante per la progettata sopraelevazione
dell'edificio stesso, ancorché risulti l'inattuabilità della sopraelevazione
per le condizioni statiche dell'edificio o per i divieti previsti dalle norme
antisismiche.
La
determinazione dell'indennità dovuta, ai sensi del quarto comma dell'art. 1127
cod. civ., per la sopraelevazione dell'edificio condominiale va operata con
riferimento al tempo della sopraelevazione tenendo conto, peraltro, della
svalutazione monetaria verificatasi fino al tempo della concreta liquidazione.Cass.
civ., sez. II, 30 luglio 1981, n. 4861
Il
proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale, che costruisce uno o
più piani in aggiunta a quelli preesistenti, è tenuto a corrispondere ai
proprietari degli altri piani l'indennità prevista dal quarto comma dell'art.
1127 cod. civ., la quale va determinata con riferimento al valore dell'area
comune, su cui sorge l'edificio, in relazione al numero dei piani di questo,
senza che rilevi né il rapporto fra l'altezza ed il volume del fabbricato
preesistente e di quello attuale, né l'eventuale appartenenza al proprietario
che esegue la nuova costruzione della parte dell'edificio (soffitta, lastrico
solare ecc.) in cui tale costruzione è eseguita, né, infine, la mancanza di
autonomia e le limitate dimensioni della medesima. Infatti, tale obbligo nasce
dalla maggiore utilizzazione, da parte del condomino proprietario dell'ultimo
piano, del suolo comune su cui sorge l'edificio condominiale, alla quale
consegue la necessità di compensare gli altri condomini della diminuzione del
valore delle rispettive quote del condomino proprietario dell'ultimo piano, del
suolo comune su cui sorge l'edificio condominiale, alla quale consegue la
necessità di compensare gli altri condomini della diminuzione del valore delle
rispettive quote del suolo comune.Cass.
civ., sez. II, 30 luglio 1981, n. 4861
La
terrazza, realizzata in occasione della sopraelevazione di un edificio in
sostituzione del tetto preesistente, costituisce essa stessa una sopraelevazione
con il conseguente indennizzo per i condomini estranei all'opera quando, oltre
ad assolvere la funzione di copertura, acquisti, per struttura ed ubicazione, il
carattere di bene di proprietà ed uso esclusivo del proprietario dell'ultimo
piano, ovvero sia destinata al godimento anche dei condomini estranei alla
sopraelevazione.Cass.
civ., sez. II, 7 gennaio 1980, n. 99
Nel
caso in cui un edificio condominiale venga, in un medesimo contesto,
sopraelevato di più piani anche quando tale sopraelevazione sia di particolare
entità - l' indennità prevista dall'art. 1127 c.c. deve essere determinata
dividendo il valore del suolo (su cui insiste l'edificio o la parte di esso che
venga sopraelevata) per il numero complessivo dei piani (preesistenti e di nuova
costruzione), moltiplicando poi il quoziente ottenuto per il numero dei piani
sopraelevati e sottraendo, infine, dal prodotto così conseguito la quota che,
tenuto conto del precedente stato di fatto e di diritto, sarebbe spettata al
condomino che ha eseguito la sopraelevazione. E errato il diverso criterio,
secondo il quale, nel caso considerato, dovrebbe determinarsi l'indennità
ripetendosi il calcolo piano per piano, come se si trattasse di più
sopraelevazioni eseguite in tempi diversi. L'indennità prevista dall'art. 1127,
per il caso della sopraelevazione di uno stabile condominiale, in quanto rivolta
a compensare la riduzione arrecata al diritto di proprietà dei condomini sulla
colonna d'aria soprastante l'edificio, deve essere calcolata in base al valore
posseduto dell'area, da occuparsi con la nuova costruzione, al momento in cui il
sopralzo è stato eseguito e non già a quello in cui l'indennità è liquidata.
La somma risultante da tale calcolo, peraltro, trattandosi di debito di valore,
deve essere rivalutata alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria e,
nel contempo, debbono essere liquidati gli interessi legali.Cass.
civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300
Il
proprietario esclusivo del lastrico solare partecipa ai diritti e agli obblighi
della comunione delle cose e dei servizi dell'edificio che derivano dalla
disciplina del condominio edilizio, anche se non sia proprietario di un piano o
di una porzione di piano; partecipando egli, pertanto, alla comunione del suolo
su cui l'edificio insiste, deve regolarmente operarsi la detrazione dell'importo
della quota di comproprietà a lui spettante per determinare l'indennità che
egli è tenuto a corrispondere, in caso di sopraelevazione, agli altri
condomini, a norma dell'art. 1127
c.c..Cass. civ., sez. II, 26 marzo 1976, n. 1084
Il
proprietario esclusivo del lastrico solare, per poter eseguire la
sopraelevazione, cui ha diritto, senza esser tenuto a corrispondere l'indennità
prevista dall'art. 1127 c.c., deve aver acquistato (o essersi riservato) anche
la proprietà esclusiva della cosiddetta colonna d'aria sovrastante l'edificio.Cass.
civ., 26 marzo 1976, n. 1084
In
un edificio condominiale, il proprietario dell'ultimo piano, od il proprietario
esclusivo del lastrico solare, il quale legittimamente effettui una
sopraelevazione, non può esimersi dall'obbligo di pagare agli altri condomini
l'indennità prevista dall'art. 1127 quarto comma c.c., per il solo fatto di
aver acquistato (o di essersi riservato, nell'ipotesi di originaria proprietà
dell'intero stabile) il diritto di sopraelevare: tale diritto, infatti, salvo
che il titolo espressamente lo preveda, non conferisce la proprietà esclusiva
della colonna d'aria sovrastante l'edificio, concepita come proiezione verso
l'alto dell'area sulla quale sorge il fabbricato ed in relazione alla cui
occupazione si pone l'esigenza dell'indennità medesima.Cass.
civ., sez. 11, 15 marzo 1976, n. 939
Qualora
siano richiesti, per la prima volta in appello, gli interessi corrispettivi su
somma attribuita a titolo di indennità per altrui sopraelevazione di edificio
condominiale (art. 1127 u.c. c.c.), gli interessi medesimi non possono esser
concessi con decorrenza dalla data della sentenza, non esecutiva, di primo grado
(e tale decorrenza deve essere fissata dalla data della citazione d'appello),
dato che al momento della sentenza di primo grado il eredito principale non
poteva considerarsi ancora liquido ed esigibile, per la possibilità che quella
pronuncia fosse gravata di appello.Cass.
civ., sez. II, 27 dicembre 1975, n. 4233
La
determinazione dell'indennità prevista dall'art. 1127 cc., nel caso di
sopraelevazione di un solo piano, deve essere effettuata assumendo come elemento
base del calcolo il valore del suolo sul quale insiste l'edificio o le parti di
esso che viene sopraelevato, dividendo, poi, il relativo importo per il numero
dei piani, compreso quello di nuova costruzione, e detraendo, infine, dal
quoziente così ottenuto, la quota che spetterebbe al condomino che ha eseguito
la sopraelevazione; nel caso di sopraelevazione di più piani, invece, il
quoziente ottenuto dividendo il valore del suolo, per il numero complessivo dei
piani preesistenti e di quelli di nuova costruzione dovrà essere moltiplicato
per il numero di questi ultimi, e l'ammontare dell'indennità sarà
rappresentata dal prodotto così ottenuto, diminuito della quota che, tenendo
conto del precedente stato di fatto e di diritto, spetterebbe al condomino che
ha eseguito la sopraelevazione; in tale ultimo caso, deve respingersi come
errato il diverso criterio secondo il quale l'indennità andrebbe considerata
piano per piano, iniziando dal primo e calcolando il nuovo piano sovrastante
come se si trattasse di un piano già costruito.
La
norma dell'art. 1127, quarto comma. disponendo che il prodotto dell'estensione
della superficie sopraelevata per il valore a metro quadro va diviso per il
numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, ai fini della determinazione
dell'indennità di sopraelevazione, stabilisce un criterio giuridico di
valutazione, che non consente di considerare quoad valorem come inedificata,
un'area di cui già sia stata sfruttata parzialmente la potenzialità
edificatoria.Cass.
civ., sez. II, 9 ottobre 1970, n. 1900
L'indennità
prevista dal quarto comma dell'art. 1127 c.c. deve ritenersi dovuta agli altri
condomini non solo per l'ipotesi della sopraelevazione del lastrico solare di un
edificio in condominio, ma anche nel caso di sopraelevazione di una terrazza a
livello eseguita dal proprietario di essa e dell'appartamento adiacente da cui
vi si accede. I cosiddetti ammezzati e mezzanini devono essere calcolati - sia
pure come mezzi piani - ai fini della determinazione dell'indennità di
sopraelevazione, sempreché abbiano, sul piano strutturale e funzionale,
connotazioni di autonomia e di indipendenza e non siano astretti alle altre unità
immobiliari da intimi vincoli pertinenziali.
Ove la sopraelevazione intervenga in un edificio condominiale che, pur compreso in un complesso edilizio formato da più stabili, sia rivestito da connotazioni di autonomia e indipendenza, rispetto agli altri fabbricati, con i quali abbia in comunione soltanto i cortili interni, l'indennità di sopraelevazione spetta esclusivamente ai proprietari degli appartamenti siti in detto edificio, e cioè ai proprietari dei piani e delle porzioni di piano inferiori a quello della sopraelevazione, per essere soltanto questi depauperati nella loro sfera patrimoniale, in conseguenza della maggiore incidenza, attraverso lo sfruttamento della colonna d'aria soprastante, sull'area costituente la base dell'edificio, ed attraverso un più intenso godimento, sulle parti e sui servizi comuni di questo.
Cass.
civ.. sez. II, 7 dicembre 1974. n. 4093
È
dal momento in cui è completata la costruzione sopra l'ultimo piano
dell'edificio e non già dall'inizio della stessa che sorge l'obbligo del
pagamento dell'indennità prevista dall'art. 1127 c.c., obbligo che non è
incompatibile con la circostanza che al momento dell'inizio della
sopraelevazione non vi fosse condominio.Trib.
civ. Monza, 25 febbraio 1982
Poiché
l'indennità di sopraelevazione prevista dall'art. 1127 c.c. non costituisce
risarcimento del danno, per la decorrenza dei relativi interessi occorre la
costituzione in mora, a norma dell'art. 1282 c.c.Cass.
civ., sez. II, 16 ottobre 1990, n. 10098
L'installazione
di una veranda a vetri, con copertura del terrazzo all'ultimo piano
dell'edificio condominiale, effettuata dal relativo proprietario, è soggetta
alla disciplina dettata dall'art. 1127 c.c. e in particolare, alla disposizione
del terzo comma di detto articolo, la quale vieta sopraelevazioni che
"pregiudichino l'aspetto architettonico dell'edificio" medesimo.
L'illegittimità ditale installazione, pertanto, postula il verificarsi non di
una pura e semplice modificazione della linea stilistica del fabbricato, ma di
una concreta diminuzione del valore economico dello stesso, in relazione al suo
aspetto esteriore. La relativa indagine va condotta in stretta correlazione con
la visibilità della nuova opera, tenuto conto che nessun pregiudizio, nel senso
indicato, può essere riscontrato in manufatti che, secondo la valutazione di
ogni concreta circostanza, istituzionalmente demandata al giudice del merito,
siano assolutamente invisibili ai terzi, ovvero siano visibili in posizioni
tanto distanti e particolari da non lasciar spazio ad un 'eventuale
compromissione estetica.
Il condomino che ha diritto di sopraelevare ha facoltà di apportare le modifiche necessarie alla scala comune, mediante le indispensabili demolizioni e le successive ricostruzioni a livello più elevato.Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 1980, n. 6362
Ai
fini dell'art. 1127 cod. civ., la sopraelevazione di edificio condominiale è
costituita soltanto dalla realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove
fabbriche) nell'area sovrastante il fabbricato, per cui l'originaria altezza
dell'edificio è superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie
superiore terminale delimitante le nuove fabbriche, sicché non v'è
sopraelevazione in ipotesi di modificazione solo interna, contenuta negli
originari limiti strutturali, delle parti dell'edificio sottostanti alla sua
copertura (nella specie: trasformazione in unità abitabile di locali
sottotetto), nel qual caso non possono per sé venire in rilievo nei rapporti
tra i condomini, nell'ambito della disciplina civilistica della sopraelevazione
in questione, in difetto di specifiche pattuizioni al riguardo, la modificazione
tra i "volumi tecnici" od i vincoli di destinazione gravanti in virtù
del progetto approvato e dell'autorizzazione di relativa attuazione, riguardando
la nozione di "volume tecnico" e tali vincoli esclusivamente la
regolamentazione pubblicistica dell'attività edilizia.
Ai
fini dell'art. 1127 c.c. la sopraelevazione di edificio condominiale deve
intendersi non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma
come costruzione di uno o più nuovi piani o di una o più nuove fabbriche sopra
l'ultimo piano dell'edificio, quale che sia il rapporto con l'altezza precedente
del medesimo; ciò perché tale norma trova giustificazione nell'occupazione, da
parte di chi sopraeleva, dell'area comune su cui sorge il fabbricato, ossia
della maggiore utilizzazione, mediante sfruttamento della colonna d'aria
sovrastante l'edificio, di detta area. Ne consegue che anche la costruzione
realizzata su terrazza di proprietà esclusiva del proprietario dell'adiacente
appartamento, quando la terrazza sia quella dell'ultimo piano o piano attico
dell'edificio condominiale, ed assolve perciò come lastrico solare alla
funzione di copertura della parte sottostante detto edificio, va considerata
come sopraelevazione, ed è soggetta al relativo regime legale, perché comporta
le stesse conseguenze in termini di occupazione e di utilizzazione della colonna
d'aria sovrastante il fabbricato di qualsiasi altra ipotesi di sopraelevazione,
costituente espressione del diritto di proprietà esclusiva dell'ultimo piano
del lastrico solare.Cass.
civ., sez. II, 14 novembre 1991, n. 12173
Costituisce
sopraelevazione, ai sensi dell'art. 1127 c.c., l'occupazione dell'area comune
sovrastante l'ultimo piano, sia con un altro piano, sia con una nuova fabbrica,
che può consistere anche in materiale diverso da cemento o laterizi, purché
sia stabile e compatta -come nel caso di struttura in alluminio, immobilizzata
solidamente su un terrazzo di copertura, di proprietà esclusiva - mentre è
irrilevante che possa esser stata considerata dal giudice penale, per escludere
il reato previsto dall'art. 17. lett. b) della legge 28 gennaio 1977 n. 10,
pertinenza dell'appartamento.
Cass. civ., sez. II, 1 luglio 1997, n. 5839
Al
fine dell'art. 1127 cod. civ., la sopraelevazione di edificio condominiale deve
intendersi non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma
come costruzione di uno o più nuovi piani (o d'una o più nuove fabbriche)
sopra l'ultimo piano dell'edificio, quale che sia il rapporto con l'altezza
precedente di questo. Ciò perché tale norma trova giustificazione
nell'occupazione, da parte di chi sopraeleva, dell'area comune su cui sorge il
fabbricato, ossia nella maggiore utilizzazione di detta area, implicante che,
rimanendo sempre lo stesso il valore del suolo (dividendo), con l'aumento del
numero dei piani (divisore) necessariamente diminuisce il valore di ogni quota
piano (quoziente), onde l'indennità dovuta da colui che sopraeleva agli altri
condomini ha propriamente lo scopo di ristabilire la situazione economica
precedente, mediante la prestazione dell'equivalente pecuniario della frazione
di valore perduta, per effetto della sopraelevazione, da ogni singola
quota-piano. Cass.
civ., sez. II, 16 marzo 1982, n. 1697
Qualora
il lastrico solare di un edificio sia accessibile ai condomini, in relazione
alle necessità derivanti dalla sua specifica funzione, direttamente dalle scale
comuni, va ritenuta illegittima la sopraelevazione eseguita dal proprietario del
lastrico medesimo, ove il nuovo lastrico ricostruito a seguito della
sopraelevazione risulti accessibile ai condomini solo passando attraverso locali
di proprietà esclusiva, facenti parti del piano sopraelevato.
Cass.
civ., sez. II, 15 marzo 1976, n. 939
A
norma dell'art. 1127 comma terzo cod. civ. il diritto dei condomini di opporsi
alla sopraelevazione che sia suscettibile di pregiudicare l' aspetto
architettonico dell'edificio o di diminuire notevolmente l'aria e la luce ai
piani sottostanti - il cui accertamento è demandato al giudice del merito ed è
insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato -può essere
esercitato non solo prima dell'inizio della sopraelevazione ma anche dopo che la
stessa sia effettuata, con facoltà di domandare, in questa seconda ipotesi, la
riduzione in pristino ed il risarcimento del danno conseguente al pregiudizio
derivato. Cass.
civ., sez. II, 4 dicembre 1982, n. 6611
In
materia di condominio di edifici, il codice civile, nel riferirsi, quanto alle
sopraelevazioni (art. 1127, terzo comma), all'aspetto architettonico
dell'edificio, e, quanto alle innovazioni (art. 1120, secondo comma), al decoro
architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa portata, intendendo per
aspetto architettonico la caratteristica principale insita nello stile
architettonico dell'edificio, sicché l'adozione, nella parte sopraelevata, di
uno stile diverso da quello della parte preesistente comporta normalmente un
mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo, percepibile da
qualunque osservatore. La relativa indagine, condotta in stretta correlazione
con la visibilità dell'opera e con l'esistenza di un danno economico
valutabile, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al
sindacato di legittimità, se congruamente motivato, senza comportare l'obbligo
di un'espressa motivazione sulla sussistenza del pregiudizio economico, quando
questo è da ritenersi insito in quello estetico. in conseguenza della gravità
di quest'ultimo (nella specie, trattavasi di veranda costruita sulla terrazza di
un edificio condominiale).
Cass.
civ., sez. II, 27 aprile 1989, n. 1947
Il
pregiudizio all'aspetto architettonico dell'edificio che i condomini possono
addurre a norma dell'art. 1127, terzo comma ad impedimento della sopraelevazione
da parte del proprietario dell'ultimo piano può consistere in una diminuzione
del valore dell'immobile diversamente dalla semplice alterazione, prevista
dall'art. 1120, secondo comma come comunque impeditiva della innovazione
eseguita specificamente sulla cosa comune, e la relativa valutazione da parte
del giudice può risultare implicitamente nella stessa descrizione degli
elementi di contrasto della eseguita sopraelevazione rispetto all'edificio.
(Nella specie, i giudici del merito, con decisione confermata dal Supremo
Collegio, avevano indicato nella diversità di composizione di materiali del
manufatto, nella minore altezza rispetto agli altri piani, nel tipo di copertura
e di finestratura le cause del rilevato pregiudizio, sì da escludere che fosse
stata attuata una ricostruzione dell'equilibrio estetico della facciata).
Cass.
civ., sez. II, 14 luglio 1988, n. 4613
Il
codice civile, in materia di condominio di edifici, nel riferirsi quanto alle
sopraelevazioni, all'aspetto architettonico dell'edificio e, quanto alle
innovazioni, al decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa
portata, intendendo per aspetto architettonico la caratteristica principale
insita nello stile architettonico dell'edificio, sicché l'adozione, nella parte
sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente
dell'edificio comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto
architettonico complessivo (percepibile da qualunque osservatore), e denotando
per decoro architettonico una qualità positiva dell'edificio derivante dal
complesso delle caratteristiche architettoniche principali e secondarie, onde
una modifica strutturale di una parte anche di modesta consistenza dell'edificio
o un'aggiunta quantitativa diversa dalla sopraelevazione, pur non incidendo
normalmente sull'aspetto architettonico, può comportare il venir meno di altre
caratteristiche influenti sull'estetica dell'edificio e così sul detto decoro
architettonico incorrendo nel divieto ex art. 1120 cit. Cass.
civ., sez. II, 28 novembre 1987, n. 8861
Il
diritto di eseguire una costruzione sopra l'ultimo piano di un edificio
condominiale, previsto, a favore del proprietario di detto piano, dall'art. 1127
cod. civ., non è subordinato alla possibilità che la sopraelevazione mantenga
o ripeta le preesistenti linee architettoniche dell'edificio, ma soltanto alla
regola - la cui eventuale violazione va accertata con indagine di fatto in
relazione ai singoli casi - di non pregiudicare il decoro dell'edificio medesimo
o di non peggiorare l'aspetto esterno secondo il comune senso estetico.
In materia di condominio negli edifici, la sussistenza di una soprelevazione non implica necessariamente la revisione delle tabelle millesimali, le quali ex art. 69, n. 2, att e trans. c.c., possono essere rivedute e modificate (anche nell'interesse di un solo condomino) solo se è notevolmente alterato il rapporto originario dei valori dei singoli piani o porzioni di piano
Cass.
civ., sez. II, 13 settembre 1991, n. 9579
Il
condomino che intende effettuare la sopraelevazione dell'edificio in condominio
per l'intera sua superficie ha l'onere di provare di essere proprietario
esclusivo dell'intero ultimo piano o del lastrico solare
Cass.
civ., sez. II, 8 gennaio 1974, n. 52
Spettando
al proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale il diritto di
sopraelevazione, questi ha anche il diritto di optare per un diverso sistema di
copertura dell'edificio, trasformando un tetto spiovente in un lastrico solare o
terrazzo destinato a suo uso esclusivo.
Il
divieto di sopraelevazione, nel caso in cui le strutture dell'edificio
condominiale siano inidonee a sorreggere il nuovo piano, ha carattere assoluto e
non può essere rimosso neanche dall'unanime consenso di tutti i condomini. Il
consenso unanime di questi ultimi è, invece, richiesto per la preventiva
esecuzione delle opere di consolidamento, eseguite le quali, risorge il diritto
del proprietario dell'ultimo piano di eseguire il sopralzo non condizionato
all'assenso, concorde o maggioritario, degli altri comunisti. Il suddetto
consenso non richiede la forma scritta, non implicando un atto di disposizione
di diritti reali, sia nel caso in cui i lavori di consolidamento impongano
l'introduzione o il passaggio nelle parti dell'edificio di proprietà esclusiva,
sia nel caso in cui tali lavori siano da effettuarsi soltanto nell'ambito delle
parti comuni dello stesso stabile, salvo, in quest'ultima ipotesi, che i detti
lavori rendano la parte comune, inservibile per l'uso anche di un solo
comproprietario.
Cass.
civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300
Il
diritto al risarcimento dei danni di cui all'art. 872 c.c. presuppone la
violazione delle norme di legge o regolamento in materia edilizia e non
l'eventuale difformità della costruzione rispetto alla licenza edilizia, la
quale per la sua natura di autorizzazione amministrativa come non pregiudica i
diritti dei terzi così non è attributiva a loro favore di diritti maggiori o
diversi di quelli riconosciuti dalle fonti di diritto obiettivo. Ne consegue che
il proprietario di un edificio, il quale abbia effettuato la sopraelevazione di
un piano, non può invocare una ragione di danno per il pregiudizio all'estetica
ed alla simmetria degli edifici, nei confronti del proprietario dell'edificio
contiguo, che nell'effettuare a sua volta la sopraelevazione, non si sia
uniformato alle prescrizioni di ornato, poste unicamente dalla licenza edilizia
e non anche da norme di legge o regolamentari, giacché siffatta condotta se per
un verso determina responsabilità nei confronti della P.A.., per altro verso
non può considerarsi fatto produttivo di danno risarcibile per il vicino.
Cass.
civ., sez. II, 23ottobre 1991, n. 11210
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