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Della figura dell’amministratore se ne è già parlato ampiamente nei mesi precedenti e a tutt’oggi una sezione del sito è dedicata in maniera permanente a questa figura soprattutto per quanto attiene alla sua nomina, revoca ed eventuale conferma. In questa sede ci occuperemo di altri aspetti di questa figura ovvero: a. Il compenso dell’amministratore b. Forme giuridiche ammesse c. La revoca per irregolarità e senza giusta causa d. Crediti dell’amministratore cessato e. Il contenzioso f. I provvedimenti presi in proprio dall’amministratore Una guida molto corposa su argomenti non sempre chiari e conosciuti a tutti sui quali è giusto porre l’accento. Concluderemo il prossimo mese con l’ultimo aspetto di questa figura in merito alla sua responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, penale ed amministrativa. IL COMPENSO DELL’AMMINISTRATORE Ci si chiede spesso, in tema di compenso spettante all’amministratore, quale sia la misura giusta in termini di euro da corrispondere o, dall’altro punto di vista, quanto possa chiedere un amministratore per svolgere il suo incarico. Per la maggioranza poi dei condòmini, impauriti dalla possibilità di essere truffati, la domanda di rito che si pone è: “ Esiste un tariffario degli amministratori?” Per rispondere a quesiti di questo genere e per approfondire il discorso sul compenso spettante all’amministratore partiamo da una sentenza della Cassazione datata 16 aprile 1987 n. 3774 la quale recita: “Con riguardo ai rapporti fra amministratore e condominio, che sono regolati dalle norme del mandato la presunzione di onerosità del mandato stesso prevista dall’art. 1709 cod. civ. va considerata in correlazione con il disposto dell’art. 1135, n. 1, cod. civ. che prevede come «eventuale» la retribuzione dell’amministratore, inteso nel senso che l’assemblea può espressamente determinarsi per la gratuità dell’incarico” Interpretando la norma quindi quello che interessa in questa sede (oltre al fatto che la norma di riferimento è quella relativa al mandato e per questo l’incarico si presume oneroso) è che spetta all’assemblea decidere sostanzialmente quanto corrispondere e il tutto viene stabilito in sede di nomina. E’ chiaro che non si vuole dire che è l’assemblea stessa a decidere il compenso nel senso di quanto l’amministratore debba chiedere (altrimenti sarebbe logico chiedere la gratuità dell’incarico peraltro possibile) ma si vuole porre l’accento sul fatto che è diritto dell’assemblea valutare diversi preventivi e non accettare passivamente quanto richiesto da un unico amministratore. Tutto questo vale per le attribuzioni cosiddette ordinarie ovvero in merito ai compiti dell’amministratore dettati dagli art. 1130 e 1131 del C.c. perché il discorso è diverso per i compiti di natura straordinaria. A questo proposito è da tenere presente che se i condòmini stabiliscono attribuzioni o compiti speciali e diversi da quelli ordinari è loro diritto decidere anche il compenso straordinario a parte. Quindi se l’assemblea di contro non attribuisce compiti straordinari all’amministratore e non ne decide il compenso a parte non può riconoscersi il diritto a tale compenso straordinario solo sulla base della presunzione di onerosità del mandato come stabilito dall’art. 1709 del C.c. In altre parole se in fase di nomina di un amministratore il preventivo non riporta la richiesta di un compenso straordinario l’amministratore non può successivamente richiedere tale compenso. E anche vero che di solito un intervento di straordinaria manutenzione (classico è il rifacimento della facciata del condominio) impegna l’amministratore in maniera maggiore rispetto alle sue attribuzioni ordinarie tant’è che il Pretore di Perugia nel 1998 ha riconosciuto lecito e doveroso un compenso extra nella misura del 2% circa. Ma la cosa fondamentale, sottolineata nella medesima decisione del Pretore stesso è che tale compenso extra, seppur dovuto, deve essere deliberato dall’assemblea e non preteso dall’amministratore a posteriori. Noi dello Studio Visca infatti non riportiamo un compenso per opere straordinarie preferendo stabilire tale compenso insieme all’assemblea così come sancito dalla giurisprudenza prevalente. Rimane di contro diritto dell’amministratore non accettare l’incarico o recedere dal contratto qualora ritenga che la sua attività non sia adeguatamente retribuita. Vediamo altri due aspetti relativi al compenso ovvero quello richiesto per assemblee straordinarie e l’eventuale prescrizione del compenso. La convocazione di un assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria rientrano tra i compiti dell’amministratore e, anche se non obbligato, è tenuto a parteciparvi. Il compenso sia per l’una che per l’altra rientra quindi nel compenso annuo ordinario. Non è possibile in altre parole richiedere un compenso extra per assemblee di tipo straordinario. La prassi vuole che quasi tutti gli amministratori inseriscano un compenso extra con l’intento di evitare che i condòmini continuino a richiedere la convocazione di assemblea per futili motivi. Infine la prescrizione del compenso dell’amministratore. Molti non lo sanno ma il rapporto che lega amministratore e condòmino è, secondo il Tribunale di Napoli 11 maggio 2004 n. 5578, è un rapporto di collaborazione a tempo determinato sia pure rinnovabile a scadenza. Questa tipologia di rapporto, in merito al compenso, è disciplinato dall’art. 2956 del C.c. per cui il diritto al compenso di prescrive in 3 anni. Questo periodo di tempo decorre dalla scadenza per la retribuzione o dal compimento della prestazione anche se vi è continuità di prestazione[art. 2958 C.c.]
FORME GIURIDICHE AMMESSE Ancora oggi ci si chiede se l’attività di amministratore possa essere esercitata da una struttura organizzata in veste di soggetto giuridico o debba essere svolta solo ed esclusivamente da una persona fisica. Tralasciando volutamente ogni argomentazione in merito alle competenze oggi richieste (sempre più vaste e complesse) e alle varie responsabilità (che saranno trattate nel prossimo intervento) facciamo chiarezza circa l’orientamento prevalente sia giuridico che giurisprudenziale in merito alla forma giuridica di un amministratore di condominio. La sentenza della Cassazione n. 5608 del 9 giugno 1994 aveva di fatto, in un primo momento, confermato l’ipotesi che l’amministratore dovesse essere solo una persona fisica e non anche una società commerciale. In altre parole una società di qualunque ragione sociale (s.r.l. o s.p.a) non era autorizzata ad esercitare o ricoprire il ruolo di amministratore condominiale nemmeno per nome del proprio legale rappresentante. Si legge dalla sentenza che : “…la disciplina del condominio sembra presupporre necessariamente la figura dell'amministratore come persona fisica, come sembra che si possa evincere dal fatto che, in caso di richiesta di revoca dell'incarico da parte di un condominio qualora emergano sospetti di grave irregolarità, il controllo del tribunale sugli atti dell'amministratore viene esercitato - con la necessaria garanzia del contraddittorio - su fatti concretamente riferibili a singole persone fisiche; e, vertendo in tema di responsabilità personale, l'amministratore non può sottrarsi richiamandosi a regole proprie di un'organizzazione sociale e presentando al giudice un soggetto che è semplice esecutore di direttive e rappresentante di interessi altrui. Tale conclusione si impone proprio considerando che l'incarico ad amministrare va inquadrato nell'ambito del contratto di mandato, che è un istituto basato essenzialmente sulla fiducia.” Sei mesi dopo e precisamente il 24 dicembre del 1994 con sentenza n. 11155 [di cui sottolineiamo i passi più importanti] la stessa Corte ha cambiato indirizzo ritenendo invece ammissibile in toto la possibilità di una società commerciale come titolare dell’ufficio di amministratore riconoscendo in altre parole il valore di una società di fatto quale possibile amministratore di condominio.
Tutto questo accadeva, senza esaurire completamente la controversia, per quanto attiene alla possibilità che l’amministrazione sia affidata ad una società di persone.
Per quanto attiene invece alla possibilità che si possa
trattare di società di capitale la questione rimase aperta dopo la già
citata sentenza del ’94 n. 5608 anche se, successivamente, una probabile
soluzione al quesito era contenuta nella cosiddetta legge Bersani (legge
7 agosto 1997 n. 266) che prevedeva la possibilità di una società tra
professionisti e che all’art. 24 così disponeva: “1. L'articolo 2
della legge 23 novembre 1939, n. 1815 è abrogato. L’attuazione di questa norma era però legata e subordinata all’approvazione di una legge-quadro sul riordino delle professioni che però non arrivò mai al traguardo. Si è cercato quindi negli anni di dare una risposta a questo riguardo ricorrendo a diverse interpretazioni in merito sia alla riforma sulle professioni stessa sia alla proposta di riforma del condominio [disegno di legge n. 2587] che prevedeva la modifica dell’art. 1129 del C.c. asserendo che il ruolo di amministratore poteva essere svolto tanto da una persona fisica quanto da una persona giuridica. Da ultimo, ma non meno importante, il fatto che la stessa legge a tutela della concorrenza e del mercato [legge 10 ottobre 1990 n. 287 e D.Lgs. 25 gennaio 1992 n. 74] considera i professionisti, iscritti o non iscritti ad albi, come delle vere e proprie imprese. La questione però ha trovato una definitiva soluzione con un intervento della Cassazione nell’ottobre del 2006 con sentenza n. 22840 in base alla quale “Anche una persona giuridica può essere nominata amministratore del condominio negli edifici, posto che il rapporto di mandato istituito nei confronti delle persone suddette, quanto all’adempimento delle obbligazioni ed alla relativa imputazione della responsabilità, può essere caratterizzato dagli stessi indici di affidabilità che contrassegnano il mandato conferito ad una persona fisica" LA REVOCA PER IRREGOLARITA’ E SENZA GIUSTA CAUSA In merito al primo punto ovvero alle irregolarità sappiamo che secondo l’art. 1129 del C.c. al comma 3 “…Può altresì essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall'ultimo comma dell'articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità [disp. att. 64 ].” La questione diventa complicata nell’ordinamento giuridico italiano in quanto difficile è stabilire che cosa si intenda per gravi irregolarità dove, in linea di principio, si può interpretare come qualsiasi comportamento dell’amministratore che comporti danno o pericolo al condominio stesso e ai diritti dei condòmini. Secondo invece la giurisprudenza per essere rilevanti le gravi irregolarità devono tradursi in un danno immediato o pericolo di danno immediato per il condominio [Tribunale Napoli, 13 dicembre 1994, n. 3482] e non quindi ad un solo condòmino [Tribunale Napoli, Sez. X, 19 marzo 1997]. In altre parole, sempre secondo la sentenza del Tribunale di Napoli, il tutto “dovrà dar luogo ad una serie di elementi precisi e concordanti, in ordine alla gestione, che facciano prevedere un pregiudizio imminente o irreparabile per il condominio…Una irregolarità per quanto grave, ma che non si traduca in un immediato danno per il condominio, non sembra idonea a provocare la revoca.” Ribadiamo brevemente, senza pretesa di essere esaustivi, il concetto di revoca senza giusta causa rispondendo quindi alle innumerevoli richieste di delucidazione in merito a questo argomento. Può un amministratore essere revocato senza un giusta causa? In Italia sappiamo che tale figura professionale non ha ancora trovato una giusta e definitiva collocazione giuridica inquadrando l’amministratore certe volte come organo rappresentativo del condominio e altre volte come lavoratore subordinato dei condòmini stessi (tra l’altro in contrasto con la figura del mandatario). La dottrina prevalente riconosce l’amministratore come mandatario con rappresentanza del condominio di tipo collettivo vale a dire con incarico conferito da una collettività di persone (condòmini). In questo senso quindi sono perfettamente applicabili tutte le norme sul mandato cosi come disciplinato dal Codice Civile ed in particolare l’art. 1710 secondo cui il mandatario deve agire sempre con la diligenza del buon padre di famiglia. Seguendo il Codice Civile all’art. 1725 “La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa”. In conclusione ci si chiede: l’amministratore può essere revocato senza giusta causa e senza percepire un indennizzo per i danni subiti? Il Tribunale di Milano con sentenza 6 novembre 1989 n. 10868 ha dato risposta negativa dato che “…piuttosto che alle norme sul mandato sembra più appropriato il riferimento a quelle dettate per l’esercizio di una attività professionale intellettuale, ove è riconosciuta la facoltà di recesso del cliente anche senza giusta causa, con il solo onere del pagamento delle spese sostenute e del compenso per l’opera svolta”. CREDITI DELL’AMMINISTRATORE CESSATO Nel caso in cui appunto l’amministratore sia revocato prima della scadenza del suo mandato (o si sia dimesso anzitempo) e prima che l’assemblea abbia potuto approvare il rendiconto della gestione nasce la sgradevole situazione in cui l’amministratore debba procedere al recupero delle somme eventualmente da lui anticipate nell’interesse della gestione condominiale durante l’anno. Per quanto attiene all’approvazione del rendiconto si tenga presente che questa deve sempre avvenire (obbligo di rendere il conto della sua gestione secondo l’art. 1130 del C.c.) in quanto logica conseguenza delle spese preventivate e se per qualsivoglia motivo ciò non fosse possibile (mancanza di quorum per esempio) ci sono due vie: o il rendiconto stesso viene consegnato al nuovo amministratore il quale lo sottoporrà all’assemblea per l’approvazione oppure l’amministratore uscente può ricorrere all’autorità giudiziaria che l’approverà in nome dell’assemblea. E’ ovvio che l’ex amministratore ha diritto di rimborso per le spese anticipate di tasca sua nel corso della gestione ma, secondo la sentenza della Cassazione del 17 aprile 1974 n. 1046, non richiedendole a ciascun singolo condòmino ma al condominio stesso nella sua globalità e quindi anche al nuovo amministratore quale legale rappresentante del condominio stesso. Al fine di richiedere le somme dovute l’ex amministratore deve comunque dimostrare non solo che le spese relative siano state effettivamente anticipate da lui, come è ovvio che sia, ma deve anche dimostrare che il consuntivo, in cui tali somme sono riportate, sia stato approvato cos’ come stabilito dal Trib. Roma con sentenza del 13 giugno 2005 n. 13413. IL CONTENZIOSO Vediamo adesso un altro aspetto delicatissimo e che riguarda il passaggio delle consegne tra l’ex amministratore e quello appena eletto. Vediamo questo aspetto sotto un punto di vista legale che spesso da avvio appunto ad un contenzioso. E’ risaputo infatti che molte volte l’amministratore uscente non riconsegna o riconsegna parzialmente la documentazione condominiale al nuovo amministratore (documentazione che è importante oltre che fondamentale per l’espletamento dell’attività di amministrazione stessa) e quindi ci si chiede che cosa può fare il condominio o il nuovo amministratore? Secondo il Trib. Di Roma 18 marzo 1987 il nuovo amministratore può agire giudizialmente senza autorizzazione assembleare per ottenere i documenti in questione. Preme qui sottolineare che l’ex amministratore non può assolutamente trattenere la documentazione condominiale con la scusa che non ha ricevuto ancora il rimborso delle spese da lui sostenute. In questo senso la sentenza della Cassazione del 3 dicembre 1999 n. 13504 “L'amministratore di un condominio, alla cessazione del suo mandato, ha l'obbligo di restituire ai condomini quanto ricevuto a causa dello svolgimento dell' incarico, tra cui i documenti concernenti la gestione, nè può trattenerli finché non rimborsato delle somme anticipate per conto del condominio, avvalendosi del principio inademplenti non est adimplendum, non essendovi corrispettività nè interdipendenza tra dette prestazioni, originate da titoli diversi.” In difetto sia di presentazione rendiconto che riconsegna documenti l’ex amministratore è tenuto al risarcimento dei danni. Importante è la sentenza del Trib. di Milano del 5 novembre 1992 n. 10467 secondo cui “l’amministratore dimissionario o revocato è tenuto a far pervenire tempestivamente e spontaneamente al nuovo amministratore tutta la documentazione in suo possesso che detiene unicamente nella sua veste di mandatario e che è di esclusiva pertinenza del mandante condominio, sicché è da ritenere tardiva la consegna della documentazione eseguita solo a seguito dell’ordine giudiziale d’urgenza.” I PROVVEDIMENTI PRESI IN PROPRIO DALL’AMMINISTRATORE Secondo l’articolo 1133 del Codice Civile i provvedimenti presi in proprio dall’amministratore sono vincolanti ed obbligatori per i condòmini. E’ ovvio che contro tali provvedimenti è ammesso ricorso quando ne sussistano i presupposti sia ricorrendo all’assemblea condominiale sia all’autorità giudiziaria. Nel primo caso il condòmino che ritiene di dolersi verso un atto dell’amministratore può richiedere, a quest’ultimo, di convocare l’assemblea e di inserire, nell’ordine del giorno, la discussione del provvedimento dell’amministratore. In difetto ovvero nel caso in cui l’amministratore non provveda, il condòmino può convocare egli stesso l’assemblea seguendo e rispettando quanto dettato dall’art.66 delle disp. Att. C.c. E’ chiaro che contro la decisione dell’assemblea il condòmino dissenziente può ricorrere all’autorità giudiziaria. Si sottolinea che il ricorso all’assemblea non è soggetto a termine di decadenza. A differenza del condòmino l’amministratore non può ricorrere all’autorità giudiziaria contro una decisione dell’assemblea che abbia dichiarato illegittimo un suo provvedimento.
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