RAPPORTO DI PORTIERATO
In tema di parti dell'edificio condominiale, adibite ai sensi dell'art. nell'art. 1117 n. 2 c.c. ad alloggio del portiere, deve accertarsi se l'atto, che nel caso concreto li sottrae alla presunzione di proprietà comune, contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vicolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi, nel secondo caso, l'esistenza di un vincolo obbligatorio propter rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario, che è suscettibile di trasmissione in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione. Cassazione nella sentenza n. 6474 depositata il 25.3.2005.
Carattere
precipuo del contratto di portierato, quale emerge dalle disposizioni
legislative e dalle norme corporative tuttora vigenti (L. 9 aprile 1952 n. 401;
L. 31 marzo 1954 n. 109; CCNL 30 aprile 1938) è una prestazione di vigilanza e
di custodia al servizio di stabili con le loro relative pertinenze, destinati ad
uso esclusivo o prevalente di abitazione di più nuclei familiari. Va, pertanto,
riconosciuta la qualifica di portiere — con la conseguente applicazione della
normativa relativa (L. 21 marzo 1953 n. 215, sulla corresponsione della
gratifica natalizia ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia
degli immobili urbani; L. 4 febbraio 1958 n. 23, sul conglobamento e
perequazione dei salari dei portieri) — a chi svolge le anzidette mansioni al
servizio di un parco destinato a distinti condominii — tutti solidalmente
responsabili per il pagamento della retribuzione, per essere il parco destinato
a loro servizio e per il fatto di giovarsi delle prestazioni lavorative del
portiere — mentre è irrilevante, al fine di escludere l’esistenza di un
contratto di portierato, la circostanza che ogni edificio condominiale abbia un
proprio portiere.
Il
rapporto di portierato è caratterizzato, rispetto al normale rapporto di lavoro
subordinato (della cui realtà normativa partecipa), da aspetti particolari,
connessi alla natura (non imprenditoriale) del datore di lavoro ed al tipo di
servizio (pulizia, custodia e vigilanza) affidato al lavoratore, ed è
disciplinato, quanto ad alcuni istituti, da leggi speciali come la L. 21 marzo
1953, n. 215 sulla gratifica natalizia, la L. 26aprile 1954, n. 111
sull’estensione delle feste infrasettimanali e la L. 16 maggio 1956, n. 526
sul trattamento eco-nomico del lavoro prestato nei giorni festivi. Pertanto,
attese le peculiarità del rapporto predetto, che spiegano anche la previsione
della figura del "sostituto" (da nominarsi, secondo la disciplina
collettiva, dal portiere, il quale lo retribuisce direttamente in proporzione
del servizio prestato), va escluso che la clausola dell’art. 36 del Ccnl di
categoria del 24 febbraio 1978 — la quale, in caso di morte del portiere,
prevede la prosecuzione per tre anni del godimento dell’alloggio di servizio
da parte delle persone con lui conviventi e, per lo stesso periodo, la
corresponsione del salario e di eventuali indennità supplementari alla persona
designata come "sostituto" che abbia continuato a disimpegnare il
servizio di portierato — con-figuri un rapporto di lavoro a termine
suscettibile di conversione, in quanto illegittimo, in rapporto di lavoro a
tempo determinato, ai sensi della L. 18 aprile 1962, n. 230, e quindi
risolvibile soltanto con le modalità e nei casi previsti dalle leggi n. 604 del
1966 e n. 300 del 1970.Cass.
civ., sez. lav., 29 marzo 1985, n. 2221
Nello
speciale rapporto di portierato, la somministrazione dell’alloggio costituisce
una prestazione del datore di lavoro fornita della connotazione della
alternativa (onde la validità delle clausole individuali o collettive, che la
contemplino, in riferimento all’art. 1285 cod. civ.) rispetto
all’"indennità sostitutiva", nella quale si identifica il valore
convenzionale dell’alloggio, per la determinazione della retribuzione, ai fini
del computo degli istituti legali e contrattuali, con la conseguenza che nel
caso di impossibilità della somministrazione dell’alloggio (per la mancanza
dello stesso nell’edificio in cui deve essere prestato il servizio)
l’obbligazione del datore di lavoro viene a concentrarsi a norma dell’art.
1288 cod. civ. nella corresponsione della detta indennità, senza che ne derivi
una riduzione della retribuzione, ovvero una lesione della sua proporzionalità
e sufficienza ex art. 36 Cost. (Nella specie, la sentenza impugnata —
confermata dal S.C. — aveva escluso che un portiere, trasferito con le stesse
mansioni, a prestare servizio in altro stabile, appartenente al medesimo
proprietario e privo di alloggio di servizio, avesse diritto a conservare il
precedente alloggio, in luogo dell’offerta indennità sostitutiva).Cass.
civ., sez. lav., 25 agosto 1987, n. 7015
Il
contratto di portierato ha per oggetto una prestazione di vigilanza e di
custodia al servizio di stabili destinati ad uso, esclusivo o prevalente, di
abitazione di più nuclei familiari. Dalle disposizioni legislative e dalle
norme corporative vigenti è, infatti, conside-rato portiere solo colui che
presta la propria opera per la vigilanza, la custodia ed, eventualmente, la
pulizia degli stabili, oltre alle mansioni accessorie di cui alle consuetudini
locali e non anche il lavoratore che, con rapporto continuativo, presta la
propria opera per la pulizia dell’androne, delle scale e degli accessori, ed,
eventualmente, anche per la accensione e lo spegnimento della luce, per
l’apertura e chiusura del portone, con esclusione del servizio di vigilanza e
custodia.Cass.
civ., 25 marzo 1970, n. 801
Nel
rapporto di portierato, in cui la subordinazione deve essere ravvisata
nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro,
esercitato anche mediante il controllo dei singoli condomini, la
somministrazione dell’alloggio ubicato nell’edificio condominiale, ove non
risulti giustificata da un diverso titolo, deve presumersi effettuata, in favore
del lavoratore che vi dimora, al fine di svolgervi il servizio di portierato,
che implica l’attività di vigilanza e custodia, alla prestazione delle quali
è finalizzata la suddetta somministrazione.Cass.
civ., sez. lav., 4 dicembre 1990, n. 11638
In
tema di rapporto giuridico anomalo, che non trovi disciplina nell’ordinamento,
il giudice chiamato a risolvere una controversia ad esso relativa, deve fare
ricorso ai principi generali dell’ordinamento stesso a norma dell’art. 12
disp. prel. al codice civile. Fra questi principi generali, nel campo dei
rapporti patrimoniali vi è quello che si racchiude nell’espressione rebus sic
stantibus, cui si ispira l’art. 1467 cod. civ., in forza del quale un rapporto
giuridico patrimoniale, ove non altrimenti disciplinato, non può essere
mantenuto in vita quando siano venute meno, in misura notevole, le condizioni di
equilibrio sulle quali esso è sorto. (Nella fattispecie, trattavasi di un onere
reale, tale qualificato con sentenza passata in giudicato, rappresentato da un
vincolo di perpetua destinazione di una unità condominiale a servizio di
portierato, anomalo sia in quanto pressoché esaustivo dei poteri di godimento
del titolare del bene gravato, sia perché ricollegato ad una controprestazione
economica a carico del condominio beneficiario dell’onere stesso fissata nel
1903 e divenuta affatto simbolica non esprimendo alcun valore economico degno di
considerazione).Cass.
civ., sez. II, 11 novembre 1986, n. 6584
In
materia di impugnazione di delibere dell’assemblea dei condomini ex art. 1137
cod. civ., il sindacato del giudice è di mera legittimità, ma ciò non esclude
la possibilità, anzi la necessità, di un accertamento della situazione di
fatto che è alla base della determinazione assembleare, allorquando tale
accertamento costituisca il presupposto indefettibile per controllare la
rispondenza della delibera alla legge. (Nella specie, la delibera aveva per
oggetto l’assunzione di un secondo portiere nel complesso condominiale, ed
occorreva stabilire se si fosse in presenza di una innovazione non consentita,
oppure di un semplice adeguamento alle necessità obiettive del servizio di
portierato già esistente; la Suprema Corte ha annullato la decisione del merito
per una insufficiente valutazione al riguardo).
Deve
ritenersi lecita l’attività di mediazione in relazione ai rapporti di
portierato, trattandosi di una categoria di lavoratori non inserita nelle liste
di collocamento e di cui la disciplina speciale, rinviata a successiva
regolamentazione dalla L. 29 aprile 1949, n. 264, non è stata neppur attuata
con la successiva legge n. 339 del 1958: mancano la possibilità di applicare
per analogia norme proibitive o restrittive, ovvero di operare con
interpretazione creativa su aspetti sociali devoluti alla competenza del
legislatore ordinario.
L’art.
659 cod. proc. civ. — per il quale "se il godimento di un immobile è il
corrispettivo anche parziale di una prestazione d’opera, l’intimazione dì
licenza o di sfratto... può essere fatta quando il contratto viene a cessare
per qualsiasi causa" — non si riferisce alle sole ipotesi di custodia,
portierato e guardiania, ma a tutte quelle di concessione in godimento di un
immobile funzionalmente collegata con un rapporto di prestazione d’opera in
modo da costituirne, anche parzialmente, il corrispettivo.Cass.
civ., sez. III, 21 giugno 1984, n. 3680
La
mancanza di un’autorizzazione amministrativa, prescritta per lo svolgimento di
una determinata attività lavorativa, non comporta l’illiceità dell’oggetto
o della causa del contratto di lavoro agli effetti dell’art. 2126 cod. civ.;
pertanto, in tema di rapporto di portierato, la mancata iscrizione del
lavoratore nel registro previsto dall’art. 62 del T.U. delle leggi di PS.
(r.d. 18 giugno 1931, n. 773) non esclude il diritto alla retribuzione per
l’attività concretamente esercitata.Cass.
civ., sez. lav., 12 maggio 1989, n. 2171
La
clausola del regolamento di condominio istitutiva del servizio di portierato, in
quanto non attribuisce ai condomini diritti soggettivi, ma riguarda
l’amministrazione della cosa comune, può essere abolita o modificata col voto
favorevole della maggioranza dei condomini, senza che occorra l’unanimità dei
consensi.Trib.
civ. Milano, sez. VIII, 14 maggio 1990
In
caso di scioglimento totale di un condominio, qualora residuino beni in comune
— ed in assenza di un titolo che disponga diversamente — deve farsi luogo
all’applicazione delle norme sul condominio allorquando le cose o i servizi
appaiano legati ai singoli edifici in un rapporto di "necessarietà ed
accessorietà" (es. gli impianti idrici, di riscaldamento, di
illuminazione, il servizio di portierato, gli accessi, il parcheggio per le
automobili); soltanto per il caso si tratti di cose non necessarie per
l’esistenza delle costruzioni (es. piscine, campi da tennis, negozi,
ristoranti, parchi, ecc.) si applicano le norme sulla comunione, trattandosi di
beni e servizi che sfuggono al richiamo dell’art. 1117 c.c..Trib.
civ. Napoli, sez. X, 24 febbraio 1995, n. 7942
diSingoli
edifici costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un
"supercondominio" quando talune cose, impianti e servizi comuni (viale
d’ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la
portineria o per l’alloggio del portiere, ecc.) contestualmente sono legati,
attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici,
appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi
fabbricati e sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di
interpretazione estensiva o analogica, dalle norme dettate per il condominio
negli edifici. Ne consegue che le disposizioni dettate dall’art. 1136 ce. in
tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si
applicano con riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio,
rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso
e da tutti i proprietari. (Nella specie, il servizio di portierato era destinato
al servizio degli edifici "A" e "B", costituiti in condomini
autonomi; l’assemblea del condominio del solo edificio "A" deliberò
la divisione del servizio di portierato ed il licenziamento del portiere. La
S.C., in applicazione dell’enunciato principio di diritto, ha confermato la
sentenza del merito che aveva dichiarato la nullità della predetta
deliberazione, per non essere stati convocati a partecipare alla assemblea in
cui essa fu assunta anche i condomini dell’edificio "B.Cass.
civ., sez. II, 8 agosto 1996, n. 7286
Nel
caso in cui un dipendente di una impresa di assicurazione sia addetto quale
portiere ad uno stabile dì proprietà ditale impresa, solo parzialmente dalla
stessa adibito a propria sede e relativamente alle altre parti beato a terzi, ai
finì dell’individuazione del contratto collettivo applicabile al rapporto di
lavoro deve innanzitutto accertarsi se l’attività del datore dì lavoro di
gestione dì immobili abbia autonomia tecnica e dì produzione, o invece natura
complementare o accessoria, poiché, in caso di attività plurime svolte dallo
stesso datore di lavoro, a norma dell’art. 2070, comma 2, c.c. solo per le
attività complementari ed accessorie sussiste la possibilità di fare
riferimento al contratto collettivo disciplinante l’attività principale.
(Nella specie, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata perché il
giudice di merito aveva omesso la verifica, ai finì indicati, della struttura
organizzativa della società nel quadro delle plurime attività dalla stessa
esercitate, attribuendo erroneamente valore assorbente, ai finì della ritenuta
applicabilità del contratto collettivo per i dipendenti di imprese dì
assicurazione, invece che di quello per i dipendenti da proprietari di
fabbricati, alla affermata prevalenza quantitativa e qualitativa delle parti
immobiliari direttamente utilizzate dalla impresa assicuratrice, trascurando
inoltre di dare rilievo al tenore letterale della clausola del contratto
collettivo del settore assicurativo prevedente la applicabilità del medesimo ai
lavoratori addetti ad attività di portierato o di custodia del palazzo adibito
a sede della Compagnia solo in caso di esclusività di tale destinazione e
altresì omettendo di accertare quale fosse stata la volontà delle parti in
merito alla qualificazione e disciplina del rapporto, benché il mancato
coordinamento tra le due contrattazioni collettive in questione, dipendente dal
fatto che quella per i dipendenti da proprietari di fabbricati a sua volta
escludeva la sua applicabilità per i rapporti relativi a stabili destinati
prevalentemente a sedi di ditte industriali e commerciali, poteva abilitare le
parti del singolo rapporto di lavoro ad avvalersi della loro autonomia
contrattuale anche ai fini di un’opzione per la seconda di dette discipline
collettive).Cass.
civ., sez. lav., 9 ottobre 1997, n. 9801
L’istituzione
del servizio di portierato, non previsto dal regolamento di condominio, che
comporti la destinazione ad alloggio del portiere di locali di proprietà comune
aventi in precedenza una diversa funzione, e la soppressione del medesimo
servizio, nell’opposta ipotesi in cui questo sia previsto dal regolamento
anzidetto con destinazione ad alloggio del portiere di locali di proprietà
comune, configurano (derivandone, rispettivamente, la nascita e l’estinzione
di un vincolo di destinazione pertinenziale a carico di parti comuni) atti
eccedenti l’ordinaria amministrazione, per la cui deliberazione — attesa
l’equiparazione ditale categoria di atti alle innovazioni disposte dal secondo
comma dell’art. 1108 cod. civ. (applicabile al condominio per il rinvio
operato dall’art. 1139 dello stesso codice) — è necessaria la maggioranza
qualificata (che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e due
terzi del valore dell’edificio) prevista dal quinto comma dell’art. 1136
cod. civ., il quale non esaurisce la disciplina delle maggioranze in relazione a
tutte le deliberazioni assumibili dall’assemblea dei condomini.Cass.
civ., sez. II, 25 marzo 1988, n. 2585
Ai
sensi degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., all’amministratore del condominio
spetta per legge la disciplina della gestione ed uso delle cose comuni e della
prestazione dei servizi e così dell’esercizio del servizio comune di
portierato ed il potere di risolvere il rapporto di lavoro fra il portiere ed il
condominio. Di conseguenza l’amministratore può, anche senza deliberazione
dell’assemblea dei condomini, agire per il rilascio dell’alloggio detenuto
senza titolo dal portiere licenziato (cui l’alloggio stesso era stato concesso
ad integrazione della retribuzione), dipendendo tale rilascio dalla risoluzione
di un rapporto obbligatorio assunto per la gestione del servizio comune ed
essendo il recupero di detto alloggio essenziale per l’ulteriore espletamento
dello stesso servizio.
L’obbligazione
avente ad oggetto il pagamento di una pigione, di canone o di altro
corrispettivo periodico del godimento di un bene ha natura di debito pecuniario
ove sia stato preventivamente determinata in una somma fissa di denaro e,
pertanto, essendo soggetta al principio nominalistico, non è suscettibile di
rivalutazione. Tale principio è applicabile anche al canone fissato in danaro
in corrispettivo dell’onere reale posto a carico di uno dei condomini di un
edificio e consistente nell’obbligo di conservare, nell’interesse del
condominio, l’originaria destinazione dell’appartamento di sua esclusiva
proprietà (nella specie, locali di portierato).
La
concessione in uso dell’alloggio per l’espletamento delle mansioni di
portierato o di pulizia dello stabile costituisce una prestazione accessoria del
rapporto, la quale perde automaticamente la sua obbligatorietà e non è più
dovuta con la cessazione del rapporto dì lavoro che ne è il necessario
presupposto.Cass.
civ., sez. III, 4 dicembre 1981, n. 6435
Il
rapporto avente ad oggetto l’abitazione del portiere viene definito come
contratto atipico, non configurabile come locazione, sicché non si applica a
simili rapporti la legge sull’equo canone e il diritto al godimento della casa
di abitazione viene meno con la ces-sazione del rapporto di portierato.Trib.
civ. Napoli, sez. VI, 20 giugno 1985, n. 5988
L’amministratore
del condominio, a cui spetta ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c. la disciplina
della gestione e dell’uso delle cose comuni, nonché dell’esercizio del
servizio comune di portierato, può, anche senza deliberazione dell’assemblea
dei condomini, agire per il rilascio dell’immobile adibito ad alloggio del
portiere, che sia deceduto, da parte del coniuge del medesimo, che detenga
l’immo-bile senza titolo.Cass.
civ., sez. III, 26 giugno 1991, n. 7162
Il
contratto locativo stipulato tra il proprietario esclusivo dell'alloggio
originariamente destinato al portiere ed il condominio, ad uso di abitazione del
portiere, non può essere inquadrato in nessuna delle categorie di cui alla
legge 27 luglio 1978 n. 392 per uso abitativo o per uno degli usi di cui
all'art. 27, restando quindi regolato dalla disciplina ordinaria e residuale del
codice civile. Le parti dell'edificio condominiale (locali per la portineria e
per l'alloggio del portiere ecc.) indicate al n. 2 dell'art. 1117 c.c. - che al
pari di quelle indicate ai nn. 1 e 3 dello stesso articolo sono oggetto di
proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo - sono anche
suscettibili, a differenza delle parti dell'edificio di cui ai citati nn. 1 e 3
di utilizzazione individuale in quanto la loro destinazione al servizio
collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità.
Pertanto, in relazione ad esse occorre accertare nei singoli casi se l'atto che
le sottrae alla presunzione di proprietà comune contenga anche la risoluzione o
il mantenimento del vincolo di destinazione derivante dalla loro natura,
configurandosi nel secondo caso l'esistenza di un vincolo obbligatorio propter
rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario e suscettibile di
trasmissione in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti anche
in mancanza di trascrizione (peraltro possibile ai sensi dell'art. 2646 c.c.).
Qualora
il portiere sia sostituito con lavascale e sia stato in tal modo istituito un
nuovo e diverso rapporto per la pulizia dell’androne, delle scale e degli
altri luoghi comuni di passaggio dello stabile, il criterio di ripartizione
delle spese relative tra i condomini non può più identificarsi con quello
stabilito dal regolamento per le spese del ben diverso rapporto di portierato. E
qualora nel regolamento dì condominio manchi un’esplicita disciplina per la
predetta sostituzione, l’adozione di un nuovo criterio di ripartizione delle
spese rispondenti alla nuova situazione può fissarsi con deliberazione a
maggioranza dei condomini, non risolvendosi nella menomazione di alcun loro
diritto risultante dagli atti di acquisto o da altra convenzione. (Nella specie:
il giudice dì merito aveva ritenuto ripartibili le spese per il lavascale a
norma dell’art. 1124 cc. che disciplina la manutenzione delle scale giusta la
delibera dell’assem-blea condominiale la quale — sostituito il servizio di
portierato con quello di lavascale — aveva modificato la norma del regolamento
secondo cui le spese di portierato dovevano essere divise in base al valore
millesimale degli appartamenti).Cass. civ., sez. lI, 25 marzo 1970, n. 801
Le
spese di portierato in un edificio condominìale, trattando-si di servizio per
sua natura tale da assicurare la custodia - vigilanza dell’intero fabbricato,
vanno ripartite tra i condomini alla stregua del criterio dettato dall’art.
1123 primo comma, cod. civ., la cui applicabilità può essere legittimamente
negata solo se risulti una contraria convenzione oppure se si accerti che il
servizio, per parti-colari situazioni di cose e luoghi, non può considerarsi
reso nell’in-teresse di tutti i condomini. (Nella specie, il S.C., enunciando
il sur-riportato principio, ha ritenuto che la corte del merito aveva
erro-neamente sostituito al criterio di cui al primo comma dell’art. 1123 cod.
civ., il diverso criterio basato su una ritenuta maggiore utiliz-zazione del
servizio da parte di alcuni condomini).
Le
spese di portierato in un edificio condomìniale, trattando-si di servizio per
sua natura tale da assicurare la custodia - vigilanza dell’intero fabbricato,
vanno ripartite tra i condomini alla stregua del criterio dettato dall’art.
1123, primo comma, cod. civ., la cui applicabilità può essere legittimamente
negata solo se risulti una contraria convenzione (come espressamente previsto
dall’indicata norma) oppure se si accerti che il servizio, per particolari
situazioni di cose e luoghi, non può considerarsi reso nell’interesse dì
tutti i condomini. (Nella specie, il S.C., enunciando il surriportato
princi-pio, ha ritenuto correttamente applicato l’art. 1123, primo comma,
citato dai giudici del merito, che avevano accertato trattarsi di ser-vizio di
portierato notturno reso nell’interesse comune, e non dei soli condomini
proprietari di autorimesse).Cass.
civ., sez. lI, 30 ottobre 1981, n. 5751
Allorquando
una clausola di un regolamento di condominio di natura contrattuale stabilisca,
senza distinzioni, che le norme contenute nel medesimo "sono revocabili e
suscettibili di modifiche ed aggiunte, purché queste risultino approvate
dall’assemblea con le maggioranze necessarie per legge", il giudice del
merito, chiamato ad accertare se sia legittima una delibera assembleare
maggioritaria con la quale le spese di portierato siano state poste anche a
carico dei condomini proprietari dei locali esterni e interrati dell’edificio
che una norma di detto regolamento esonerava invece dal concor-rere a tali
spese, non può risolvere il problema, nel senso della ille-gittimità,
esclusivamente sulla base del principio generale secondo cui le norme
condominiali sorte per contratto possono essere modi-ficate solo col consenso di
tutti i contraenti stessi, ma si deve inda-gare se la surriferita clausola non
deroghi a questo principio, avva-lendosi, a tal fine, degli strumenti
interpretativi offerti dal codice civile e, in particolare, dall’art. 1367 che
impone, nel dubbio, di in-terpretare le singole clausole "nel senso in cui
possono avere qual-che effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero
alcu-no", oltre che della valutazione del comportamento complessivo delle
parti (art. 1362, secondo comma, cod. civ.) in relazione al pre-gresso pagamento
di quelle spese da parte dei condomini origina-riamente esclusi.Cass.
civ., sez. Il, 25 marzo 1987, n. 2888
In
tema di condominio degli edifici, la deliberazione assem-bleare, la quale, con
riguardo alla ripartizione delle spese di portie-rato, le estenda anche ai
proprietari dei vani terreni senza ingresso dall’androne, deve ritenersi
affetta da nullità, non mera annullabi-lità, con conseguente proponibilità
della relativa impugnazione in ogni tempo, anche dopo il termine di decadenza
fissato dall’art. 1137 cod. civ., qualora, adottata a maggioranza, risulti
integrare un riparto di dette spese difforme da quello fissato con regolamento
condominiale di natura contrattuale, quale quello predisposto dall’unico
originario proprietario dell’edificio e poi di volta in volta accettato dagli
acquirenti delle singole porzioni, atteso che le dispo-sizioni ditale
regolamento sono modificabili solo attraverso una nuova convenzione conclusa
dalla totalità dei condomini.Casa.
civ., sez. Il, 5 ottobre 1983, n. 5793
Il
giudice può stabilire criteri dì ripartizione delle spese di portierato
diversi da quello di cui all’art. 9, secondo comma, della I. n. 392/1978
(900/o a carico del conduttore) nel caso di servizio di portineria espletato —
anche per la confermazione dell’immobile al quale esso è destinato — in
modo inadeguato e in misura ridotta.Pret.
civ. Torino, 30gennaio 1985
In
tema dì condominio negli edifici le spese di portierato che siano previste nel
regolamento tra quelle di carattere generale, vanno ripartite tra tutti i
condomini ai sensi dell’art. 1123 c.c. in misura proporzionale al valore della
proprietà di ciascuno e indipendentemente dalla maggiore o minore utilizzazione
del servizio da parte di condomini proprietari di unità immobiliari site in
posizione particolare (nella specie negozi), senza che ne sia configurabile una
deroga con riguardo alla mera esistenza di una tabella, allegata al
re-golamento, per la ripartizione di spese particolari di pertinenza dei soli
appartamenti.Cass.
civ., sez. lI, 30 maggio 1990, n. 5081
In
caso di risoluzione di contratto atipico di locazione per servizio di
portierato, il relativo provvedimento è immediatamente
È
legittima la delibera condominiale avente ad oggetto la revoca di una precedente
delibera che, senza il consenso unanime dei condomini, modificava le quote
millesimali relative alla ripartizione delle spese del servizio di portierato e
contenute in un regolamento contrattuale.Pret.
civ. Roma, 17 febbraio 1990
Dal
momento della costituzione del cosiddetto "condominio di gestione" tra
gli assegnatari di alloggi economici e popolari, spetta all’assemblea
condominiale il potere di deliberare sull’uso e godimento delle cose comuni e
sulla ripartizione delle relative spese, nel rispetto delle norme di legge e di
regolamento, con la conseguenza che ove detto condominio assuma direttamente la
gestione dei servizi di portierato e di riscaldamento oltre l’ordinaria
manutenzione delle parti comuni dell’edificio, la quota variabile di spesa
relativa a tali servizi viene legittimamente determinata dagli stessi
assegnatari riuniti in assemblea e deve essere corrisposta all’amministratore,
anziché all’ente proprietario, con esclusione di eventuali spese generali
(come l’assicurazione od altro) ancora sostenute da detto ente.
La
norma contenuta in un regolamento condominiale per la quale "le spese di
portierato, luce scala e manutenzione delle mede-sime sono accollate ai
condomini dei laboratori, magazzini, garage, negozi, solo in ragione di un terzo
della rispettiva quota millesimale di proprietà" è applicabile anche nei
confronti di un istituto di ere-dito.Trib.
civ. Milano, sez. VIII, 10settembre 1992
In
virtù dell’istituto della prorogatio l’amministratore dì un condominio di
un edificio, cessato dalla carica per scadenza del termine previsto dall’art.
1129 cc. o per dimissioni, continua ad esercitare tutti i poteri previsti
dall’art. 1130 cc., attinenti alla vita normale ed ordinaria del condominio,
fino a quando non sia stato sostituito con la nomina di altro amministratore.
Pertanto, l’amministratore deve continuare a provvedere, durante la gestione
interinale, all’adempimento delle incombenze ed attribuzioni previste
dall’art. 1130 c.c. e così a riscuotere i contributi condominiali e ad
erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni
dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni, compreso quello di
portierato, con la conseguenza che, in caso di ritardata presentazione delle
denunce contributive e di ritardato pagamento dei contributi previdenziali
dovuti per il portiere, l’amministratore è tenuto a rivalere il condominio
delle somme da questo versate all’Inps a titolo di sanzioni amministrative.Cass.
civ., sez. Il, 25marzo 1993, n. 3588
La
riscossione dei contributi condominiali in base ad una deliberazione
dell'assemblea di approvazione del relativo stato di ripartizione rientra tra le
attribuzioni dell'amministratore ( artt. 1130 1131, Codice civile), il quale per
ottenere il pagamento può avvalersi del decreto ingiuntivo nell'interesse
comune senza necessità di una preventiva autorizzazione dell'assemblea, e a
fortiori può impugnare la sentenza che sia stata emessa nel giudizio nel quale
abbia rivestito la qualità di parte.
In
tema di locazione di alloggi di edilizia economica e popo-lare, le modalità di
determinazione delle spese per i servizi, come previste dall’art. 19, D.P.R.
n. 1035 del 1972 — secondo il quale il canone è costituito, tra l’altro, di
una quota per i servizi di custodia e portierato, di pulizia, di riscaldamento,
di ascensore e degli altri eventuali servizi derivanti da usi e consuetudini
locali, nonché per consumi d’acqua ed energia elettrica relativi alle parti
comuni, per contributo fognatura e per l’asporto dei rifiuti solidi; quota
fissata dall’Istituto autonomo per le case popolari in relazione ai servizi
prestati ed al costo degli stessi calcolato sul complesso degli immo-bili
gestiti — non possono assurgere a linee essenziali caratterizzanti la materia
delle locazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica. La norma in
oggetto, infatti, non costituice precetto fondamentale, attinente alla
configurazione essenziale del rapporto, bensì a disposizione di dettaglio,
concernente aspetto specifico della discipli-na del rapporto stesso. Ne consegue
che, correttamente, il giudice coneiliatore, nell’esercizio del suo potere
equitativo, può disattendere la suindicata disposizione, sul rilievo che la
volontà delle parti, emergente dal contratto di locazione, appare
inequivocabilmente diretta a sostituire al criterio legale della quota fissa
proporzionale il diverso criterio convenzionale della quota variabile
commisurata all’effettivo importo delle spese di gestione. Siffatta operazione
er-meneutica, siccome ispirata a criteri equitativi, si sottrae al sindaca-to di
legittimità.Cass.
civ., sez. III, 12 novembre 1994, n. 9553
Dal
momento della costituzione del cosiddetto (condominio di gestione" tra gli
assegnatari di alloggi economici e popolari, spetta all’assemblea condominiale
il potere di deliberare sull’uso e godimento delle cose comuni e sulla
ripartizione delle relative spese, nel rispetto delle norme di legge e di
regolamento, con la conseguenza che ove detto condominio assuma direttamente la
gestione dei servizi di portierato, di riscaldamento oltre l’ordinaria
manutenzione delle parti comuni dell’edificio, la quota variabile di spesa
relativa a tali servizi viene legittimamente determinata dagli stessi
assegnatari riuniti in assemblea e deve essere corrisposta all’amministratore,
anziché all’ente proprietario, con esclusione di eventuali spese generali
(come l’assicurazione od altro) ancora sostenute da 4etto ente.
E'
affetta da nullità ( la quale può essere fatta valere dallo stesso condomino
che abbia partecipato all'assemblea e ancorché abbia espresso voto favorevole,
e risulta sottratta al termine d'impugnazione previsto dall'art. 1137, Codice
civile,) la delibera dell'assemblea condominiale con la quale, senza il consenso
di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali (art. 1123, Codice civile)
o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la
prestazione di servizi nell'interesse comune, e ciò perché il riparto in base
all'uso differenziato, previsto dal secondo comma del citato art. 1123, non è
applicabile alle spese generali.
Le
spese di portierato in un edificio condominiale sono a ca-rico di tutti i
condomini in misura proporzionale al valore delle singole unità immobiliari,
compresi i proprietari di negozi o magazzini con ingresso diretto dalla pubblica
via, salvo diversa convenzione.
In
tema di condominio negli edifici, la modifica della destinazione pertinenziale
dei locali adibiti ad alloggio portiere, anche se di origine contrattuale, non
richiede l'unanimità dei consensi, bensì una deliberazione dell'assemblea dei
condomini adottata con la maggioranza qualificata di cui al quinto comma
dell'art.1136 cod.civ. (Artt.1136, 1138, cod.civ.)
Agli
obblighi, gravanti sul locatore ai sensi dell’art. 1575 n. 2 e.c., di
mantenere l’appartamento locato in istato da servire all’uso convenuto è da
riportare l’obbligo, assunto per contratto, di assicurare il servizio di
portierato (da cui nasce una responsabilità del locatore per fatto
dell’ausiliario: art. 1228 cc.), giacché la nozione di "cosa beata"
non può essere ristretta alla singola unità dell’edificio ma va estesa alle
pertinenze, agli accessori ed ai servizi. È tuttavia valido il patto che
esonera il locatore dalla responsabilità per danni (ed è incensurabile
l’interpretazione del giudice del merito che ritiene trattarsi di
responsabilità non solo aquiliana ma anche contrattuale) derivati da fatto del
portinaio o di un terzo, poiché tale patto preventivo di esonero non contrasta
con obblighi derivanti da norme di ordine pubblico (art. 1229 cpv. c.c.), ossia
con l’obbligo del portinaio di dispiegare la necessaria vigilanza e di opporsi
efficacemente alla consumazione di azioni delittuose sancito dall’art. 113 del
regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, nè l’interpretazione che ne conserva la validità svuota di
contenuto l’obbligo di assicurare il servizio di portierato, ponendosi così
in contrasto col principio di buona fede.Cass.
civ., sez. III, 29 luglio 1975, n. 2938
La
forma scritta costituisce requisito necessario dei contratti risolutori del
diritto di proprietà sui beni immobili, dovendo dai medesimi trarsi con
sufficiente certezza tutti gli elementi del negozio cui le parti abbiano inteso
dare vita, quali l’indicazione del bene ritrasferito e del prezzo, nonché la
manifestazione dell’effettiva volontà di operare il nuovo trapasso del bene.
(Nella specie, si è ritenuto che sia insufficiente a determinare il
ritrasferimento del diritto di comproprietà, sui locali destinati al servizio
di portierato, dai condomini al venditore costruttore, il generico richiamo
contenuto nei singoli contratti di vendita delle unità immobiliari a una
clausola del regolamento del condominio predisposta dal venditore nella quale si
prevedeva il ritrasferimento a costui della proprietà di detti locali in caso
di cessazione del servizio di portierato).Cass.
civ., sez. Il, 14 febbraio 1981, n. 908
In
tema di condominio negli edifici, il dovere dell’amministratore, ai sensi
dell’art. 1130 n. 2 cod. civ., di controllare e disciplinare il godimento di
locali comuni (nella specie, locali destinati ad alloggio del portiere dopo la
soppressione del servizio di portierato), implica, in mancanza di diverse
disposizioni dell’assemblea, il diritto di detenere le chiavi dei suddetti
locali, per assicurarne l’uso da parte dei singoli condomini in condizioni di
parità.Cass.
civ., sez. lI, 23 luglio 1983, n. 5076
La
soppressione (come la istituzione) del servizio di portierato, comportando il
venir meno (od il sorgere) di un vincolo di destinazione di una parte comune del
condominio, configura un atto di straordinaria amministrazione. Pertanto, tale
innovazione deve essere deliberata dalla maggioranza qualificata dei due terzi
del valore del condominio, a tutela degli eventuali pregiudizi sul patrimonio
degli amministrati, connessi alla particolare rilevanza del medesimo atto.Corte
app. civ. Milano, sez. 1,20 giugno 1989, n. 1032
Qualora
un servizio condominiale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento
di condominio, la sua soppressione comporta una modificazione del regolamento
che deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza stabilita dall'art.
1136, secondo comma, c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno
la metà del valore dell'edificio) richiamato dall'art. 1138, comma 3.
Cass.
Civ., 29/03/95, n. 3708
L’assemblea
del condominio con la maggioranza prevista dall’art. 1136 comma 5 e.e. può
deliberare la modificazione (o anche la soppressione) del servizio di
portierato, sempre che vengano osservati i principi in materia di innovazioni
posti dall’art. 1120 e.e. e non ne derivino per taluno dei condomini vantaggi
o svantaggi diversi rispetto agli altri. Pertanto, è nulla per violazione
dell’art. 1120 citato, la deliberazione assunta a maggioranza che, conservando
la proporzionalità di spesa sulla collettività condominiale, attui in un
condominio costituito da più edifici la "centralizzazione" del
servizio di portierato, in guisa da lasciare immutata la situazione per i
condomini dell’edificio presso il quale il servizio viene svolto, mentre i
condomini degli altri edifici vengono a trarre dal servizio una utilità minore.
Qualora
un servizio condomrniale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento
di condominio, la sua soppressione comporta una modificazione del regolamento
che deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza stabilita
dall’art. 1136, comma 2, cc. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti
almeno la metà del valore dell’edificio) richiamato dall’art. 1138, comma
3.
Il
servizio di portierato, come ogni altro di interesse comune, deve essere
disciplinato a norma dell’art. 1130, n. 2 cc. e può ritenersi ben assicurato,
sempre che sia diligentemente svolto, anche se sussista reciproca antipatia ed
insofferenza personale tra l’addetto al servizio ed alcuno dei condomini,
sempre che l’incolumità personale non si traduca, da parte del primo, in un
persistente contegno incivile e scorretto o addirittura in manifestazioni
ingiuriose.Trib.
civ. Firenze, 3 marzo 1962
Ove
il servizio di portierato non venga svolto dal relativo incaricato in maniera
conforme alle prescrizioni e con la diligenza dovuta, il conduttore dì un
appartamento sito nell’edificio, cui quel servizio si riferisce, può
eccepire, nei confronti del proprietario locatore, la sua inadempienza in
relazione a quel servizio e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal
pagamento delle relative spese.
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