ANTENNE CONDOMINIALI
Il vincolo di destinazione a parcheggio degli appositi spazi nelle nuove costruzioni, in favore dei proprietari delle unità immobiliari site nel fabbricato, scaturisce da norme cogenti per cui la norma imperativa, da cui ha origine la costituzione di un diritto reale d’uso, non opera solo a vantaggio dell’acquirente. Essendo, infatti, il costruttore tenuto a destinare gli appositi spazi per parcheggio, in favore degli acquirenti delle unità immobiliari site nell’edificio, questi ultimi non possono sottrarsi all’acquisto del diritto e al pagamento del corrispettivo. Una volta chiesta in giudizio l’applicazione della norma imperativa, questa deve trovare integrale applicazione, comportando la sostituzione di diritto della clausola negoziale nulla e la costituzione del diritto reale d’uso, con il diritto del proprietario costruttore a conseguire il compenso.
La
domanda di accertamento del diritto reale di uso dell'area destinata a
parcheggio condominiale ai sensi dell'art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942
n. 1150 (nel testo novellato dalla legge 6 agosto 1967 n. 765) e dell'art. 26
comma 5 legge 28 febbraio 1985 n. 47, non è nuova rispetto alla domanda di
accertamento del diritto di comproprietà originariamente proposta dalla parte,
quale proprietaria di una unità abitativa dell'edificio, perché non altera
radicalmente il petitum di tale domanda, il cui oggetto mediato (l'area
condominiale destinata a parcheggio) rimane comunque inalterato, ma lo modifica
soltanto, adeguandolo in una direzione più idonea a legittimare la concreta
attribuzione del bene materiale che ne è oggetto. Cass. Civ., 23 giugno 1995, n. 7155
L’utilizzo del cortile condominiale destinato al parcheggio delle auto per giocare a calcio a sera inoltrata determina l’insorgere di una situazione di pericolo, altrimenti insussistente. Il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all'uso della cosa si arresta di fronte ad una ipotesi di utilizzazione impropria manifestamente pericolosa. In tal caso, infatti, l'imprudenza del danneggiato che abbia riportato un danno a causa di siffatta impropria utilizzazione integra il caso fortuito, agli effetti dell'art. 2051 c.c. Cass. civ., Sez. III, Sentenza 8 Ottobre 2008 , n. 24804 È tenuto a risarcire il danno ai proprietari dei veicoli l’amministratore che provvede alla rimozione di ciclomotori e biciclette parcheggiati abusivamente nell’area condominiale. Cass. civ., Sez. II, Sentenza 21 Aprile 2008 , n. 10323
È
illegittimo il divieto rivolto ai condomini proprietari di autocaravan di
parcheggiare tali mezzi nelle aree condominiali adibite a parcheggio
autoveicoli, sempre che i proprietari suddetti non utilizzino il parcheggio
condominiale come area per campeggio. Giud. Pace Foligno – 6/03/97 – 15
Gli atti osceni messi in atto in una autorimessa condominiale si intendono commessi in luogo aperto al pubblico anche se l’accesso è consentito ad una determinata categoria di terze persone.Cass. pen., sez. IV, 10 ottobre 1989
Al
tetto posto a copertura delle autorimesse esterne all'edificio condominiale -
svolgente, nella sua struttura unitaria ed omogenea, una funzione di riparo e di
protezione delle unità sottostanti, ciascuna delle quali costituisce pertinenza
della proprietà esclusiva dei singoli condomini - è applicabile la presunzione
di comunione stabilita dall'art. 1117, n. 1, c.c. con la conseguenza che esso
costituisce, al pari del tetto dell'edificio condominiale, oggetto di proprietà
comune e che l'amministratore del condominio è legittimato ad esercitare le
azioni che lo concernono. (Nella specie, condanna del costruttore al rifacimento
della impermeabilizzazione o al rimborso per eseguirla direttamente). Qualora
una parte tenuta per legge alla garanzia per vizi, come l'appaltatore ed il
venditore, riconosca, sulla base del precedente impegno negoziale, la
sussistenza di vizi della prestazione eseguita ed assuma, in luogo
dell'obbligazione di garanzia rientrante nel contenuto dell'originario
contratto, l'obbligo di eliminare i vizi stessi, si configura a carico di tale
parte un'obbligazione nuova ed autonoma (rispetto a quella di garanzia), non
soggetta ai termini di prescrizione e decadenza previsti dalla disciplina del
contratto di appalto (art. 1667 c.c.) e da quello del contratto di vendita (art.
1495 c.c.), restando soggetta all'ordinaria prescrizione decennale.
In
tema di condominio di edifici, costituisce innovazione vietata ai sensi del
secondo comma dell’art. 1120 cod. civ. (e, pertanto, deve essere approvata
dalla unanimità dei condomini), la costruzione di autorimesse nel sottosuolo
del cortile comune, in quanto comporta il mutamento di destinazione del
sottosuolo da sostegno delle aree transitabili e delle aree verdi a spazio
utilizzato per il ricovero di automezzi (con conseguente modifica di
destinazione anche dell’area scoperta soprastante a copertura di locali
sotterranei) e determina una situazione di permanente esclusione di ogni altro
condomino dall’uso e dal godimento di ciascuna autorimessa sotterranea,
assegnata ai singoli condomini, ancorché rimasta di proprietà comune.Cass.
civ., sez. II, 14 dicembre 1988, n. 6817
La
costruzione di "autorimesse interrate" fatta utilizzando un’area
comune destinata a giardino con conseguente trasformazione della stessa in una
somma di singole proprietà, corrispondenti ai "boxes" erigendi,
traducendosi in un mutamento di destinazione della cosa comune in pregiudizio
dei diritti dei singoli condomini, non può essere validamente deliberata
dall’assemblea del condominio con le maggioranze previste per le innovazioni
utili (artt. 1120, comma 1 e 1136, comma 5, cod. civ.), ma postula il consenso
di tutti i condomini.
Il condomino che abbia acquistato in proprietà esclusiva lo spazio destinato al parcheggio di un autoveicolo, ancorché sito nel locale adibito ad autorimessa comune del condominio, ha facoltà a norma dell’art. 841 c.c. di recintarlo anche con la struttura di un cosiddetto "box", sempre che non gliene facciano divieto l’atto di acquisto o il regolamento condominiale avente efficacia contrattuale e non derivi un danno alle parti comuni dell’edificio ovvero una limitazione al godimento delle parti comuni dell’autorimessa.
Cass.
civ., 25 maggio 1991, n. 5933
L’assegnazione
in uso esclusivo di porzione di area condominiale destinata a parcheggio, con
delimitazione sul pavimento dell’area dei singoli posti macchina. esclude la
facoltà di ciascun condomino di migliorare il godimento della cosa mediante
l’erezione di box chiuso sulla porzione di area assegnata.Trib.
civ. Napoli, sez. III, 8 luglio 1977
Il condominio deve provvedere alle riparazioni e al risarcimento dei danni derivanti dall’infiltrazione di acqua piovana o di irrigazione nei boxes, la cui copertura è rappresentata dal fondo del giardino, di cui il condominio è detentore e custode.
Trib.
civ. Milano, sez. VIII, 9 marzo 1989
Di
fronte alla violazione di norme pubblicistiche incidenti sul regime della
proprietà privata, la posizione del privato che subisca un danno è pur sempre
posizione di diritto soggettivo, onde il danno segue al mancato godimento del
bene, oggetto del diritto riconosciuto. (Fattispecie in tema d’alienazione
degli appartamenti di un immobile, con elusione del vincolo di destinazione
dell’area di parcheggio edificata ai sensi dell’art.41 sexies della legge 17
agosto 1942, n.1150, aggiunto dall’art.18 della legge "ponte").
Cass.
civ. sez.II, 5 aprile 2000, n.4197
La
norma di cui all'art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 - la quale stabilisce
che nelle nuove costruzioni ed anche nelle opere di pertinenza delle costruzioni
stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione - pone
un vincolo pubblicistico di destinazione degli spazi in questione al servizio
delle unità abitative dei condomini, ma tale regime, rimasto immutato anche
dopo l'entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (il cui art. 26,
ultimo comma, stabilisce che gli spazi anzidetti costituiscono pertinenze delle
costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 c.c.), non
comporta affatto che le aree di parcheggio, fermo il vincolo di destinazione,
rientrino tra le parti comuni dell'edificio a norma dell'art. 1117 c.c. e tanto
meno che il loro godimento da parte dei proprietari delle unità abitative debba
essere gratuito ove esse siano rimaste di proprietà del costruttore o di un
terzo.
L’art.41
"sexies" della Legge 17 agosto 1942 n. 115, nel testo introdotto
dall’art.18 Legge 6 agosto 1967 n. 765, ha istituito tra costruzioni e spazio
per parcheggio ad essi progettualmente annessi una relazione che ha connotati di
necessità e di indispensabile permanenza di rilievo pubblicistico e con
caratteristiche di realtà che nell’ipotesi in cui la costruzione sia
costituita da un edificio in condominio, comporta che detti spazi ricadono sulle
parti comuni ex art.1117 cod. civ. quando appartengano in comunione a tutti i
condomini ovvero vengano a costituire oggetto di un diritto reale d’uso
spettante ai condomini medesimi, quando la relativa proprietà competa a terzi
estranei alla collettività condominiale o ad uno solo dei componenti di questa.
Tale disciplina non vieta la negoziazione separata delle costruzioni e delle
aree di parcheggio ad esse pertinenti, ma esclude che tale negoziazione possa
incidere sulla permanenza del vincolo reale di destinazione sulle aree
accennate.
La
delibera condominiale, che autorizza il passaggio carrabile dei condomini, già
titolari di un diritto di passaggio pedonale, su un viale comune del fabbricato,
regola l’uso del bene comune - demandato all’amministratore, a cui però
possono sostituirsi, in qualità di mandanti, i condomini - costituendo un
diritto personale a loro favore, ed è valida, anche se adottata a maggioranza,
purché non comprima i diritti ad essi appartenenti per convenzione o per
effetto dell’acquisto delle unità immobiliari o per legge. Cassazione del 03/04/1998 n° 3424
L’esistenza
di un contenzioso instaurato da un condomino nei confronti del condominio per
ottenere il risarcimento dei danni causati dall’esistenza di infiltrazioni di
acqua nella proprietà esclusiva, avendo un oggetto di causa completamente
diverso da quello instaurato successivamente dal condominio, nei confronti dello
stesso proprietario, per il mancato pagamento di oneri condominiali di sua
spettanza, non costituisce un’ipotesi di pregiudizialità e, quindi, non può
essere disposta la sospensione del giudizio instaurato per secondo.
La
mancata contestazione, come nel caso di specie, degli importi richiesti e dalla
sussistenza delle delibere condominiali e il mancato svolgimento di tempestive
impugnazioni avverso le delibere assembleari, determinanti le quote e gli
importi posti a carico dei condomini, comporta sul piano giuridico il
riconoscimento da parte del condomino convenuto del credito del condominio.
Tribunale
Firenze 15 maggio 2000, n.330
Posta
la natura comune del cortile sovrastante i box e posto il conseguente godimento
del medesimo da parte di tutti i condomini, ne consegue la necessità di
ripartizione delle relative spese di manutenzione tra tutti i condomini, sia
pure con l’adozione di criteri correttivi in riferimento all’ulteriore
godimento della cosa comune da parte dei boxisti, non potendo i condomini non
proprietari di box pretendere di essere esclusi da tale ripartizione.Trib.
civ. Milano, sez. VIII, 5aprile 1993
La
realizzazione, in difetto di concessione edilizia, di box per auto (nella
specie, costruiti dopo la demolizione di locali destinati a magazzini), siti in
cortile separato dall’edificio principale, configura il reato di cui
all’art. 17, lett. b), L. 28 gennaio 1977, n. 10, applicabile pur dopo
l’entrata in vigore del D.L. 20 novembre 1981, n. 663, in quanto l’art. 7,
lett. a) di questo si riferisce solo alle pertinenze di modesta entità,
strutturalmente collegate alla preesistente costruzione principale.Pret.
pen. Foggia, 1 dicembre 1981
Nel caso in cui un box per auto sia locato, ancorché con separato contratto, al conduttore di un appartamento destinato ad abitazione, sito nello stesso stabile, da parte del proprietario di entrambi i detti immobili, si che questi risultino destinati ad un uso unitario per un più completo godimento dell’abitazione concessa in locazione, il rapporto locativo del box, il cui uso si attua in funzione di pertinenza dell’abitazione, va assoggettato allo stesso regime giuridico relativo alla locazione di tale secondo immobile.
Casa.
civ., sez. III, 4settembre 1990, n. 9115
Un
box auto (o la porzione di autorimessa o lo spazio di parcheggio), gravato da un
vincolo pertinenziale e pubblicistico di destinazione, non può essere alienato
con separato atto - rispetto all’appartamento cui è collegato - in quanto il
predetto vincolo a finalità pubblicistica si concreta sia nella oggettiva
inalterabile destinazione a parcheggio, che - in primis - nella concreta modalità
d’uso consistente nella reale utilizzazione come parcheggio da parte di
persona materialmente qualificata a quell’uso dalla condizione di proprietario
dello stesso o di altro appartamento sito nel medesimo edificio condominiale di
ubicazione del box-auto (o posto auto) gravato dal suddetto vincolo.Trib.
civ. Roma, sez. II, 11 novembre 1994
La costruzione di muri lungo i due lati del posto auto sito nel cortile condominiale, in guisa di trasformarlo in un box, configura una iniziativa compatibile con i principi e con i limiti di uso delle cose comuni, nella misura in cui non comporti alcuna alterazione dal punto di vista architettonico ed estetico, né alcuna alterazione ai diritti degli altri condomini.Trib. civ. Milano, 2 maggio 1991
Non costituisce innovazione, ma semplice modificazione della cosa comune, la sostituzione dei cancelli di ingresso e uscita dei box, con sistema di apertura manuale, con altri a movimento automatizzato. Pertanto la relativa spesa può essere validamente deliberata dall’assemblea dei condomini con le maggioranze previste dall’art. 1136, secondo e terzo comma, cod. civ. Trib. civ. Monza 14 dicembre 1984
Il
soggetto che quale proprietario di un appartamento di un edificio in condominio
agisca in giudizio nei confronti di un terzo, perché gli sia inibita la sosta
ed il parcheggio di veicoli effettuata sull’area di proprietà condominiale in
violazione delle disposizioni del regolamento del condominio, non esercita
un’azione possessoria di manutenzione (rientrante nell’esclusiva competenza
per materia del pretore) bensì un’azione petitoria, agendo in forza ed a
tutela dei poteri e delle facoltà inerenti alla comproprietà del suddetto
bene, con la conseguenza che per la individuazione del giudice per essa
competente trovano applicazioni gli ordinari criteri della competenza per
valore.
La
controversia promossa dal proprietario di appartamento in fabbricato
condominiale, nei confronti del costruttore-venditore, per sentire riconoscere
la destinazione a parcheggio di veicoli di spazi realizzati nel fabbricato
stesso, in conformità del disposto dell’art. 41 sexies della legge
urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall’art. 18 della legge 6
agosto 1967, n. 765), non investe direttamente atti amministrativi, quali quelli
in base a cui è stato costruito e destinato l’edificio, ma riguarda
esclusivamente posizioni di diritto soggettivo nell’ambito di rapporti
privatistici, e, pertanto, spetta alla giurisdizione del giudice ordinario.
L’azione
diretta ad ottenere l’accertamento della destinazione dell’autorimessa a
servizio dello stabile condominiale introduce una controversia che concerne
l’estensione del diritto dei singoli condomini in dipendenza dei rispettivi
acquisti e, pertanto, esula dalla sfera di rappresentanza attribuita dall’art.
1131 cod. civ. all’amministratore del condominio, il quale quindi è sfornito
di legittimatio ad processum.Cass. civ., sez. II, 29
febbraio 1988, n. 2129
Il
singolo condomino da solo ovvero un gruppo di condomini senza necessità di
chiamare in giudizio gli altri condomini o l’amministratore del condominio
possono proporre l’azione giudiziaria contro il costruttore-venditore per
rivendicare il diritto reale d’uso sull’area dell’edificio destinata a
parcheggio con atto d’obbligo nei confronti dell’amministrazione comunale,
non ricorrendo un ipotesi di litisconsorzio necessario.
La
domanda di un condomino di sistemazione in via definitiva dei posti-macchina del
garage condominiale non rientra fra le cause relative alla misura o comunque
alle modalità d ‘uso dei servizi o dei beni del condominio.
Il fatto di chi parcheggia la propria vettura in uno spazio privato adeguatamente segnalato come interdetto alla sosta, può senza dubbio qualificarsi come una molestia al pacifico godimento della strada privata da parte dell’ente proprietario e possessore. Ne consegue che la rimozione dell’auto parcheggiata contro le disposizioni date e rese adeguatamente conoscibili integra il lecito esercizio dell’autotutela possessoria, che trova il suo fondamento normativo nell’art. 2044 c.c. che esclude l’antigiuridicità della reazione ad un’azione obiettivamente ingiusta.Giud. conc. Bologna 9 ottobre 1991
L’assemblea di un condominio edilizio può validamente deliberare con la maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, cc. la specifica destinazione di un locale di proprietà comune a garage in relazione alle caratteristiche obbiettive del locale medesimo (nella specie: locale situato al piano terra dell’edificio con accesso alla via pubblica mediante una rampa carrabile) non importando una sostanziale modifica della cosa comune bensì trattandosi di un atto di amministrazione diretto ad assicurare a tutti i condomini il miglior godimento e la migliore utilizzazione della cosa comune, senza che ne derivi una violazione del principio del godimento paritario per l’impossibilità di assicurare a ciascun condomino un posto macchina, in quanto il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i compartecipi della comunione, che resta affidato alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza.Cass. civ., sez. II, 20 febbraio 1992, n. 2084
È
illegittima la costruzione di un ripostiglio nel corridoio condominiale, sia pur
deliberata a maggioranza dall’assemblea condominiale, che diminuisca in modo
apprezzabile il godimento della proprietà esclusiva anche di uno solo dei
condomini. (Nel caso di specie originariamente l’operazione di fuoriuscita
dell’autovettura dall’autorimessa del condomino dissenziente era facilmente
eseguibile con manovra in due tempi, mentre dopo la costruzione del ripostiglio,
di fronte all’autorimessa, tale manovra poteva compiersi soltanto in quattro
tempi).Pret. civ. Monza, 5 luglio 1982, n. 666
La deliberazione dell’assemblea condominiale, con la quale venga autorizzato l’uso di un bene comune in modo incompatibile con l’utilizzazione ed il godimento di parti dell’edificio di proprietà di un singolo condomino, è illegittima indipendentemente dalla circostanza che, per ragioni contingenti e transitorie, il bene di proprietà individuale ed esclusiva non sia attualmente utilizzato secondo la sua naturale destinazione. (In base al suddetto principio la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva dichiarato la illegittimità di una delibera con la quale era stata decisa l’utilizzazione come parcheggio di un’area condominiale sotto il profilo che detto uso avrebbe ostacolato l’accesso ad alcuni locali di proprietà individuale destinati ad essere utilizzati come autorimesse, a nulla rilevando che detto uso non fosse attuale per la necessità di realizzare alcuni lavori di rifinitura e di adattamento dell’immobile).Cass. civ., sez. II, 5 settembre 1989, n. 3858
Nel condominio degli edifici la disciplina delle parti comuni, o presuntivamente dichiarate tali dall’art. 1117 cod. civ., è informata ai principi dell’indivisibilità e della loro inseparabilità, in ragione della loro destinazione al relativo servizio, da quelle di pertinenza esclusiva dei condomini, sicché, non potendo il singolo condomino, senza il consenso degli altri condomini, unilateralmente disporre delle parti comuni in modo autonomo ed indipendente da quelle di sua proprietà esclusiva, il cedente di una porzione di piano di sua esclusiva proprietà non può riservare a sé il diritto di comproprietà e quindi l’uso di parti comuni destinate al complesso condominiale (nella specie, diritto al parcheggio nell’autorimessa comune), con la conseguenza che, essendo inopponibile al condominio l’anzidetta riserva di proprietà, egli, ormai terzo rispetto al condominio, non è più legittimato a partecipare alle assemblee né ad impugnarne le deliberazioni.Cass. civ., sez. II, 10 gennaio 1990, n. 9
Il
locale autorimessa, anche se situato entro il perimetro dell’edificio
condominiale (nella specie, nel seminterrato), non può ritenersi incluso tra le
"parti comuni dell’edificio" indicate dall’art. 1117 c.c., neppure
sotto l’aspetto di "parte dell’edificio necessaria all’uso
comune", così che, da un canto, il condominio non può giovarsi della
relativa presunzione al fine di pretendere il contributo di ogni condomino alle
relative spese di manutenzione e dall’altro, sul condomino che adduca di non
essere tenuto a tale contributo (per non essere comproprietario del locale) non
incombe l’onere della relativa prova negativa. Al fine di accertare la
esistenza, o meno, dell’obbligo del singolo condomino di sostenere, in misura
proporzionale, le spese di manutenzione del detto locale occorre, pertanto, la
prova positiva dell’appartenenza di esso in proprietà comune, determinante
essendo, al fine anzidetto, l’esame dei titoli di acquisto dei singoli
comproprietari dell’immobile.Cass. civ., sez. II, 22
ottobre 1997, n. 10371
In
tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede
è configurabile anche quando la cosa si trova in luogo privato, ma aperto al
pubblico o comunque facilmente accessibile, ovvero in un cortile di casa di
abitazione in diretta comunicazione con una pubblica via ovvero in parcheggio
privato non custodito.Cass.
pen., sez. II, 5 settembre 1991, n. 8798
Sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, n. 1, c.p., nel caso di furto di due biciclette commesso in un’autorimessa condominiale, comunicante con l’edificio soprastante ove erano le abitazioni dei condomini, sebbene la porta di comunicazione fosse chiusa a chiave al momento del furto.Cass. pen., sez. II, 17 gennaio 1981
In tema di condominio degli edifici, l’utilizzazione a parcheggio di autovetture private di un’area comune alberata, originariamente goduta come "parco-giardino", in relazione alla sua apprezzabile estensione, non si traduce in un miglioramento della cosa comune, ma comporta mutamento ed alterazione della destinazione della medesima, in pregiudizio dei diritti dei singoli condomini. Essa, pertanto, non può essere validamente deliberata dall’assemblea del condominio, con le maggioranze previste per le innovazioni utili (artt. 1120 primo comma e 1136 quinto comma c.c.), ma postula l’unanimità di tutti i condomini.Cass. civ., sez. II, 14 novembre 1977, n. 4922
In
tema di condominio di edifici il principio di proporzionalità tra spese ed uso
di cui al comma 2 dell’art. 1123 c.c., secondo cui (salva contraria
convenzione) le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni
dell’edificio sono ripartite, qualora si tratti di cose destinate a servire i
condomini in misura diversa, in proporzione dell’uso che ciascuno può farne,
esclude che le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni
strutturali o attinenti alla sua destinazione, può servire ad uno o più
condomini possano essere poste anche a carico di questi ultimi. (Nella specie,
si trattava delle spese di installazione delle porte tagliafuoco dell’atrio
comune nel quale si aprivano le porte di alcune autorimesse in proprietà
esclusiva di singoli condomini, secondo le prescrizioni della L. 7 dicembre
1984, n. 818 e del D.M. 16 febbraio 1982).Cass. civ.,
sez. II, 22 giugno 1995, n. 7077
Le spese per la riparazione delle porte tagliafuoco e l’impianto di ventilazione dei box vanno ripartite unicamente tra i proprietari dei medesimi beni, e non anche tra gli altri condomini che non ne possiedono, non potendo avere alcuna rilevanza a riguardo la circostanza che tali misure attengono alla sicurezza dell’intero edificio.Corte app. civ. Roma 24 aprile 1991
Il
potere della maggioranza dei partecipanti alla comunione di disporre le modalità
per il miglior godimento della cosa comune presuppone il rispetto della
condizione che il diritto di comproprietà debba potersi estrinsecare
liberamente, con l’unico limite derivante dal divieto di impedire uguale uso
da parte degli altri compartecipanti e di alterare la destinazione della cosa
comune. (Nella specie la Corte di cassazione ha ritenuto corretta
l’affermazione dei giudici del merito secondo cui la deliberazione della
maggioranza che stabiliva l’onere del pagamento di una somma per il parcheggio
di autobus dei comproprietari su di un area comune da essi utilizzata per il
deposito di detti autoveicoli, veniva a limitare illegittimamente il potere di
ciascuno di disporre liberamente del bene comune).
Il
riconoscimento del diritto di uso di aree destinate a parcheggio comporta per i
fruitori l’obbligo di integrare il pagamento (c.d. conguaglio del prezzo).Trib.
civ. Napoli ord. 24 ottobre 1991
È
legittima la norma del regolamento della comunione che stabilisce che i viali e
i marciapiedi comuni, la cui funzione normale è quella del transito pedonale,
siano destinati al parcheggio oneroso degli autoveicoli degli inquilini;
siffatta innovazione vincola tutti i partecipanti nel senso che essi devono
accollarsi l’onere della manutenzione delle cose per l’usura che il transito
e la sosta delle vetture comportano.
Le disposizioni del regolamento condominiale e la relativa delibera assembleare, adottate non all’unanimità ma a maggioranza, le quali pregiudichino i diritti di un condominio risultanti dall’atto originario del suo acquisto sono radicalmente nulle e l’azione giudiziaria per far valere tale nullità non è soggetta al termine di decadenza di cui all’ultimo comma dell’art. 1137 cod. civ. (Nella specie, alla stregua del citato principio, la Suprema Corte ha confermato la pronuncia del giudice del merito di nullità di una delibera dell’assemblea dei condomini che a maggioranza aveva consentito la sosta dei veicoli su uno spazio condominiale destinato, per una clausola del contratto di acquisto, al libero accesso del pubblico).Cass. civ., sez. II, 5 agosto 1988, n. 4851
È lecita la realizzazione di strisce in vernice tracciate sulla pavimentazione dell’accesso alle autorimesse condominiali da parte di chi eserciti su di esse una servitù di passaggio, a patto che non vengano menomati i diritti del proprietario del fondo dominante ex art. 1067, secondo comma, c.c.Trib. civ. Milano, sez. VIII, 7 giugno 1993
All’autorimessa
concessa dal locatore con separato contratto di locazione allo stesso conduttore
dell’appartamento di proprietà del medesimo locatore si applicano i criteri
di determinazione del canone fissati dall’art. 13, L. n. 392 del 1978 solo se
ne sia concretamente provato il rapporto di pertinenza, per essere
l’autorimessa destinata in modo durevole ed effettivo al servizio
dell’abitazione, anche nella sua componente soggettiva (oltre che oggettiva),
la quale implica l’esigenza che il detto collegamento funzionale tra i due
beni sia l’effetto della volontà, anche tacita, del proprietario (o del
titolare di un diritto reale sulla cosa) e non solo la conseguenza dell’uso a
cui è stata destinata dal conduttore. (Nella specie in base all’enunciato
principio la Suprema Corte ha annullato la decisione del merito che non riguardo
ad autorimessa posta nello stesso edificio in cui si trovava l’appartamento,
in locazione con distinto contratto e per un canone autonomamente determinato,
aveva ritenuto il vincolo pertinente con l’appartamento solo in base
"alla situazione di fatto esistente").
In
tema di determinazione del canone di locazione di un immobile destinato ad uso
di abitazione, l’art. 13 della L. 27luglio 1978, n. 392, riferendosi alle
autorimesse ed ai posti macchina, stabilisce che essi vanno considerati, ai fini
del calcolo complessivo del canone, quali componenti della superficie
convenzionale degli immobili locati; ne consegue che, qualora un’autorimessa
ed un appartamento, siti nello stesso immobile, siano stati locati dal
proprietario ad uno stesso conduttore, con pattuizione di due canoni separati,
la subordinazione funzionale tra l’autorimessa e l’appartamento e cioè la
utilizzazione della stessa da parte del conduttore per il ricovero della sua
autovettura - il cui accertamento compete al giudice di merito - comporta che,
ove con la pattuizione intervenuta le parti abbiano inteso eludere i criteri
imperativi posti dalla legge, la pattuizione stessa incorre nella sanzione di
nullità prevista dall’art. 79 della citata legge.
Con
riguardo alla locazione di immobili urbani, sussiste la presunzione di un
rapporto pertinenziale a norma dell’art. 817 cod. civ. tra l’appartamento
destinato ad abitazione ed il posto macchina sito nell’autorimessa
condominiale, qualora gli immobili appartengano al medesimo proprietario, siano
ubicati nel medesimo edificio, siano concessi in locazione allo stesso
conduttore ed il posto macchina risulti destinato a soddisfare le esigenze
abitative della famiglia alloggiata nell’appartamento anche se ciò avvenga
con separati e successivi contratti, atteso che la volontà del locatore in
ordine alla destinazione dell’autorimessa, può anche essere desunta da un
successivo negozio con il quale egli, trasferendo il bene considerato accessorio
in godimento allo stesso soggetto che si trova già nel possesso, in forza di un
rapporto di natura personale, della cosa principale, consente di fatto una
miglior utilizzazione di quest’ultima.
Nel
caso in cui un appartamento per uso abitativo ed il locale per il posto macchina
sito nell’autorimessa condominiale siano stati concessi in locazione dal loro
proprietario, anche con separati contratti, al medesimo conduttore, che abbia
destinato il posto macchina per il posteggio dei veicoli propri e dei suoi
familiari, il rapporto di pertinenza stabilito tra i due beni, secondo il
vincolo di servizio imposto, tra gli stessi beni, dall’ art. 26, ultimo comma
della L. 28 febbraio 1985, n. 47 (a norma del quale gli spazi destinati a
parcheggi nelle nuove costruzioni a norma dell’art. 18 della L. 6 agosto 1967,
n. 765, costituiscono pertinenza della costruzione al servizio della quale sono
stati posti) non può essere efficacemente escluso da una contraria volontà
delle parti, perché il predetto vincolo, per quanto ispirato da finalità
pubblicistiche inerenti alla normalizzazione della viabilità urbana, incide,
per la sua natura cogente ed inderogabile, anche nei rapporti intersoggettivi di
diritto privato, tra cui quelli di locazione degli immobili per uso abitativo,
che restano, conseguentemente, assoggettati alla regolamentazione unica del
computo dell’equo canone prevista dall’art. 13 della legge del 1978, n. 392.Cass.
civ., sez. III, 4 febbraio 1992, n. 1155
Ai fini della determinazione dell’equo canone, sussiste un vincolo pertinenziale e di accessorietà, derivante da una relazione di subordinazione funzionale, tra un immobile locato ad uso abitazione ed un altro locato ad uso autorimessa. Pret. civ. Pordenone, 5 marzo 1990
Le
spese di manutenzione di una copertura a lastrico con funzione di sostegno di
un’area verde condominiale, vanno ripartite tra i condomini proprietari del
lastrico e della sovrastante area verde da una parte e i proprietari delle
sottostanti autorimesse, e devono essere rapportate alla diversa utilità
ritratta, che può equitativamente fissarsi rispettivamente in 1/3 e 2/3. Gli
interventi di manutenzione di tale copertura sono di competenza
dell’amministratore, ed è l’assemblea che delibera sulle spese di
manutenzione straordinaria.
Al tetto posto a copertura delle autorimesse esterne all’edificio condominiale - svolgente, nella sua struttura unitaria ed omogenea, una funzione di riparo e di protezione delle unità sottostanti, ciascuna delle quali costituisce pertinenza della proprietà esclusiva dei singoli condomini - è applicabile la presunzione di comunione stabilita dall’art. 1117 n. 1 c.c. con la conseguenza che esso costituisce, al pari del tetto dell’edificio condominiale, oggetto di proprietà comune e che l’amministratore del condominio è legittimato ad esercitare le azioni che lo concernono. (Nella specie, condanna del costruttore al rifacimento della impermeabilizzazione o al rimborso per eseguirla direttamente).Cass. civ., sez. II, 5 settembre 1994, n. 7651
L’assemblea
dei condomini, con deliberazione presa a maggioranza, mentre ha potere di
predeterminare, sul cortile comune, le aree destinate a parcheggio delle
automobili e di stabilire, nell’interno di esse, le porzioni separate di cui
ciascun condomino può disporre, non ha, altresì, il potere di disporre la
trasformazione dell’area di parcheggio in una vera e propria area edificabile,
destinata alla costruzione di alcune autorimesse (a beneficio, oltretutto, non
della collettività, bensì dei singoli che intendano profittarne).
In
tema di condominio di edifici, poiché la naturale e principale funzione dei
cortili (cose comuni ex art. 1117 cod. civ.) è quella di dare aria e luce ai
locali prospicienti di proprietà esclusiva e di consentire il libero transito
per accedere ai medesimi, l’assemblea condominiale, con deliberazione presa a
maggioranza, ha il potere di predeterminare, nel cortile comune, le aree
destinate a parcheggio delle automobili e di stabilire, al loro interno, le
porzioni separate di cui ciascun condominio può disporre, ma non quello di
deliberare la trasformazione in un’area edificabile destinata alla
installazione, con stabili opere edilizie, di autorimesse, a beneficio di alcuni
soltanto dei condomini, configurandosi una innovazione vietata a norma
dell’ultimo comma dell’art. 1120 cod. civ., in ragione, oltre che del venir
meno della stessa funzione della detta area comune, della sua utilizzazione
esclusiva da parte di alcuni dei condomini, con la sottrazione all’uso ed al
godimento anche di un solo condomino.Cass.
civ., sez. II, 9 dicembre 1988, n. 6673
Il
comproprietario di un cortile destinato al parcheggio degli autoveicoli dei
condomini non può utilizzarne una parte per la costruzione di una autorimessa
per la propria auto, comportando questa una alterazione sia della consistenza
strutturale della cosa comune che della destinazione funzionale della stessa,
così utilizzata, oltre che per la sosta della autovettura, per il deposito dei
relativi accessori e di altri beni.Cass. civ., sez. II,
21 maggio 1994, n. 4996
La sussistenza di un divieto assoluto per tutti i condomini di sostare con le auto nel cortile condominiale non comporta necessariamente che l’eventuale deroga concessa ad un terzo (nella specie l’amministratore) debba essere adottata con il consenso di tutti i condomini, giacché non sussiste in tale ipotesi violazione di alcun diritto soggettivo dei singoli condomini.
Corte
app. civ. Napoli, sez. II, 17settembre 1987, n. 1349
E'
illegittima, in quanto lesiva dei diritti dei partecipanti pretermessi, la
delibera con la quale, nell’ipotesi in cui il cortile comune non sia
abbastanza ampio da accogliere le autovetture di tutti i condomini,
l’assemblea anziché prevedere un uso turnario dell’area abbia stabilito di
concedere in locazione i posti macchina disponibili ad alcuni soltanto dei
condomini stessi.
L’espressione
"sosta di autoveicoli", usata nel regolamento di un condominio, al
fine di consentire la medesima alle autovetture dei condomini nel cortile
interno dello stabile, va interpretata alla luce della situazione dei luoghi, al
fine di stabilire se la citata espressione faccia riferimento ad un uso a
parcheggio stabile, ovvero ad un uso a sosta temporanea di automezzi per carico
e scarico di merci o per altre necessità eccezionali.Trib.
civ. Milano 25 maggio 1992
La
deliberazione assembleare che specifica le modalità di utilizzo del cortile
come parcheggio, pre-cludendo ai residenti di posteggiare in aree diverse dalle
due fasce laterali libere e mantenendo inalterato il precedente divieto di
lasciare l‘auto davanti al proprio box o in spazi che impediscono il diritto
di tutti all’agevole uso del cortile comune, non può essere considerata come
introduttiva di un’innovazione, ex art. 1120 cod. civ., nel caso in cui la
suddetta delibe-razione sia astrattamente e concretamente inidonea a ledere
l’interesse di uno o più condomini in particolare, poiché garantisce a
tutti, indistintamente, il diritto di parcheggio nelle due aree laterali
individuate. (Nella specie, è stata pienamente rispettata la destinazione
molteplice che il cortile aveva in precedenza, in quan-o area destinata non
esclusivamente a parcheggio, bensì al transito ed alla sosta di persone e
veicoli, al gioco dei bambini e all’accesso agli stessi edifici).Pret.
civ. Legnano, 21 novembre 1988, n. 122
La norma di un regolamento contrattuale di condominio che vieti di parcheggiare e lavare le auto nel cortile interno non fissa un modo di regolamentare la cosa comune (di tal tipo sarebbe stata invece ad esempio una clausola che, sul presupposto che fosse consentito il parcheggio e il lavaggio delle auto, regolamentasse tali diritti fissando gli orari, i giorni e le modalità), bensì limita il diritto di godimento dei condomini sulla cosa comune escludendo che di essa si possa fare un certo uso perché, evidentemente, non ritenuta confacente agli interessi dei condomini. Trattasi quindi di una norma che fa nascere un vero e pro-prio diritto soggettivo in capo a tutti i condomini, e che, in quanto tale, può essere modificata solo con il consenso unanime di tutti i condomini.
Trib.
civ. Piacenza, sez. II, 29 ottobre 1992, n. 438
Il
fatto di parcheggiare con sistematicità nel cor-tile comune un’autocisterna,
ove contrasti con la destinazione abitativa dell’intero complesso immobiliare
causando altresì un danno di natura estetica all’aspetto dei luoghi, nonché
la sostanziale trasfor-mazione del cortile in luogo di deposito, integra quel
mutamento di destinazione che l’art. 1102 cod. civ. pone come limite all’uso
di ogni singolo condomino.Pret. civ. Foligno, 12 marzo
1987, n. 16
In
mancanza di un divieto contrattuale è lecito realizzare nel cortile comune
posti macchine per l’as-segnazione ai condomini in uso esclusivo unitamente ad
archetti per impedire il parcheggio selvaggio ed ai limitatori di velocità.Trib.
civ. Milano 17 giugno 1991
E'
da ritenere legittima la delibera assembleare che, disciplinando le modalità
d’uso del cortile con-dominiale, abbia previsto la possibilità per i singoli
condomini di parcheggiarvi le proprie vetture a condizione che la sosta degli
automezzi avvenga in spazi ben delimitati e non impedisca agli altri condomini
le manovre di accesso e di uscita dai garages ivi esistenti nonché un uso
proprio del cortile comune.Giud. conc. Lanciano, 14
dicembre 1987
E' legittima la delibera dell’assemblea dei condomini che attribuisca a tutti i condomini la facoltà di occupare il cortile comune con autovetture proprie, purché senza pregiudizio per il godimento delle pro-prietà o pertinenze degli altri condomini, anche se lo spazio limitato non consente il parcheggio contempo-raneo delle autovetture di tutti i partecipanti.Trib. civ. Milano, 23 aprile 1990
Una
pertinenza in comunione può essere destinata al contemporaneo servizio di più
cose principali appartenenti ciascuna in proprietà esclusiva ai condomini della
pertinenza.
Il
vincolo pertinenziale comporta l'esclusività della funzione accessoria, onde
nell'ipotesi di un immobile contemporaneamente adibito al servizio di diversi
altri, appartenenti ciascuno a proprietari diversi può solo verificarsi un caso
di proprietà comune ovvero un caso di servitù. In tema di condominio la
presunzione di proprietà comune di ciascuna delle parti indicate nell'art. 1117
c.c. non può essere vinta se non da elementi di significato certo ed univoco,
idonei a far ritenere che la parte in contestazione sia stata considerata dalla
comune volontà dei contraenti oggetto della proprietà esclusiva di uno di
essi.
Sussiste
la violazione di cui all’art. 1120, secon-do comma, cod. civ., allorché il
condominio, delibe-rando che l’uso del parcheggio sia riservato ai soli
condomini proprietari di una determinata quota millesimale (nella fattispecie
112,33 millesimi), inibisca agli altri proprietari, con quota millesimale
inferiore a detto limite, l’uso dell’area destinata a parcheggio.Pret.
civ. Modugno, 29 maggio 1987
Il
riconoscimento del diritto di uso di aree destinate a parcheggio comporta per i
fruitori l’obbligo di integrare il pagamento (cd. conguaglio del prezzo).
Anche
dopo le innovazioni all’art. 18 L. n. 765 del 1967 con la L. n. 47 del 1985,
il titolare del potere di disposizione degli spazi per parcheggi ha l’obbligo
di consentire la concreta utilizzazione degli stessi a favore dei condomini che
ne facciano richiesta.
E' lecito il parcheggio negli spazi comuni condominiali a condizione che sia ben delimitato e non impedisca agli altri condomini l’uso dei garages ivi esistenti ed un uso proprio del bene comune.Giud. conc. Lanciano, 14 dicembre 1987
Il
vincolo pubblicistico inderogabile riguardante gli spazi adibiti a parcheggio di
cui all’art. 18 della L. n. 765 del 1967 (che ha trovato conferma nella
successiva L. n. 122 del 1982), traducendosi in un rapporto di pertinenzialità
necessaria con diritto reale dei sin-goli condomini all’uso
dell’autorimessa, non può riguardare le costruzioni anteriori all’entrata
in vigore della detta norma, alle quali sarà da ritenersi applica-bile la
disciplina ordinaria di cui agli artt. 817 ss. c.c. (secondo la quale, per
l’esistenza del vincolo perti-nenziale tra beni, è richiesta la sussistenza
di un ele-mento oggettivo — che, cioè, il bene sia destinato al servizio o
all’ornamento di altro bene — e di un ele-mento soggettivo — che, cioè,
tale destinazione risponda all’effettiva volontà dell’avente diritto di
creare un vincolo di strumentalità necessaria o complementarietà funzionale
tra i beni —), con la conseguenza che, per affermare la esistenza di un
vincolo pertinenziale tra una abitazione oggetto di alienazione e
l’autorimessa (specie se individuata in distinta particella catastale) sarà
necessario accertare l’esistenza, oltre che del rapporto funzionale tra la
cosa principale e quella accessoria, anche dell’elemento soggettivo del-la
destinazione pertinenziale, consistente nella effettiva volontà dei titolari
della proprietà sui beni collegati di destinare durevolmente la cosa accessoria
al servizio di quella principale.Cass. civ., sez. II,
17 giugno 1997, n. 5395
L’art.
41 sexies della L. 17 agosto 1942 n. 1150, nel testo introdotto dall’art. 18
della L. 6 agosto 1967 n. 765, il quale prescrive che "nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono
essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un
metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione", pone un vincolo
pubblicistico di destinazione, che non può subire deroga negli atti privati di
disposizione degli spazi stessi, le cui clausole difformi sono perciò
sostituite di diritto dalla norma imperativa. Tale principio resta immutato
anche dopo l’entrata in vigore della L. 28 febbraio 1985 n. 47, atteso che
l’art. 26 ultimo comma di detta legge, nello stabilire che "gli spazi di
cui all’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765 costituiscono pertinenze delle
costruzioni ai sensi degli artt. 817, 818 ed 819 cod. civ.", non ha portata
innovativa, ma assolve soltanto alla funzione di esplicitare la regola, già
evincibile nella norma interpretata, secondo cui i suddetti spazi possono essere
oggetto di atti o rapporti separati, fermo però rimanendo quel vincolo
pubblicistico.Cass. pen., sez. un., 18 luglio 1989, n.
3363
L’art.
41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150. introdotto
dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, il quale dispone che nelle
nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse
debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad
un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, configura norma
imperativa ed inderogabile, in correlazione degli interessi pubblicistici da
essa perseguiti, che opera non soltanto nel rapporto fra il costruttore o
proprietario di edificio e l’autorità competente in materia urbanistica, ma
anche nei rapporti privatistici inerenti a detti spazi, nel senso di imporre la
loro destinazione ad uso diretto delle persone che stabilmente occupano le
costruzioni o ad esse abitualmente accedono. Ciò comporta, in ipotesi di
fabbricato condominiale, che, qualora il godimento dello spazio per parcheggio
non sia assicurato in favore del proprietario del singolo appartamento in
applicazione dei principi sull’utilizzazione delle parti comuni
dell’edificio o delle sue pertinenze, essendovi un titolo contrattuale che
attribuisca ad altri la proprietà dello spazio medesimo, deve affermarsi la
nullità di tale contratto nella parte in cui sottrae lo spazio per parcheggio
alla suddetta inderogabile destinazione, e conseguente-mente deve ritenersi il
contratto stesso integrato "ope legis’ con il riconoscimento di un
diritto reale di uso di quello spazio in favore di detto condomino (salva
restando la possibilità delle parti di ottenere, anche giudizialmente, un
riequilibrio del sinallagma contrattuale. alterato dall’indicata integrazione
dell’oggetto di una delle prestazioni).Cass.
civ., sez. un., 17 dicembre 1984, n. 6600
Il
regime di cui all’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n.
1150 introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765 (cosiddetta legge
ponte) e rimasto immutato dopo l’entrata in vigore della L. 28 febbraio 1985,
n. 47 il cui art. 26, ultimo comma, stabilisce che gli spazi di parcheggio
costituiscono pertinenze, non comporta che tali aree, fermo restando il vincolo
di destinazione, rientrino tra le parti comuni dell’edificio a norma
dell’art. 1117 cc.Cass. civ., sez. II, 16 luglio
1994, n. 6696
Le
aree degli edifici riservate a parcheggio ex art. 41 sexies della L. 17 agosto
1942 n. 1150, introdotto dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765, devono
presumersi comuni ai sensi dell’art. 1117 cod. civ. (la cui elencazione non è
tassativa), atteso che sussiste per dette aree, obiettivamente destinate per
legge ad uso comune, l’identica ratio che sta alla base della presunzione di
comunione stabilita da detta norma codicistica. Ove, poi, tale presunzione sia
vinta dal titolo, risultando quelle aree di proprietà esclusiva di uno o più
condomini, il vincolo di destinazione comune determina la costituzione ope legis
a favore dell’intero edificio o delle sue singole parti, appartenenti a
proprietari diversi, di un diritto reale di uso sulle aree medesime.Cass.
civ., sez. II, 20 luglio 1987, n. 6365
L’obbligo
di riservare a parcheggio, nelle nuove costruzioni ed aree ad esse inerenti,
appositi spazi (in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti
metri di fabbricato), ai sensi e nel vigore dell’art. 18 della L. 6 agosto
1967, n. 765 (e quindi prima della L. 28 febbraio 1985, n. 47, il cui art. 26,
in via innovativa, qualifica come pertinenziale il rapporto con i suddetti
spazi), si ricollega ad esigenze pubblicistiche e costituisce un vincolo di
destinazione, in favore degli abitanti delle costruzioni medesime, non
derogabile, né da parte del costruttore, né da parte di successivi rapporti
privatistici. che restano colpiti da nullità ove si pongano in contrasto con
tale destinazione. Pertanto, in edificio condominiale, e per il caso in cui gli
indicati spazi si trovino in aree incluse fra i beni comuni, la citata norma
rende invalida la clausola del regolamento condominiale, recepita nei contratti
di vendita, che introduca divieti di parcheggio, e, quindi, legittima la
deliberazione assembleare che consenta il parcheggio stesso in contrasto con
tale regolamento.
L’art.
41 sexies della L. 17 agosto 1942, n. 1150, così come modificato dall’art.
18, della L. 6 agosto 1967, n. 765, il quale prescrive che nelle nuove
costruzioni e anche nelle aree di loro pertinenza debbono essere riservati
appositi spazi per parcheggi, pone un vincolo pubblicistico di destinazione, ed
un rapporto di pertinenza necessario tra gli appartamenti dell’edificio e gli
spazi per parcheggio posti al loro servizio, che non può essere spezzato da
atti di autonomia privata e che conseguentemente comporta, nel caso di
locazione, con separati contratti, dell’appartamento e dell’area di
parcheggio o del box al medesimo conduttore, l’assoggettamento, ai sensi
dell’art. 818 cc., della cosa accessoria (il box o l’area di parcheggio) al
regime locativo della cosa principale (l’appartamento). Per gli immobili in
precedenza costruiti, ai quali la predetta norma, essendo irretroattiva, non può
essere applicata, l’assoggettamento del distinto contratto di locazione del
box al regime del contratto di locazione dell’appartamento presuppone, invece,
l’accertamento, in concreto, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, di un
rapporto pertinenziale tra i due beni, secondo gli ordinari criteri fissati
dalle disposizioni del codice civile.
L’art.
41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, introdotto dall’art.
18 L. 6 agosto 1967 n. 765 (cosiddetta legge ponte) prescrivendo che negli
edifici di nuova costruzione siano riservati appositi spazi di parcheggio, pone
un vincolo pubblicistico di destinazione non suscettibile di deroga negli atti
privati di disposizione degli spazi ridetti, ma non ne indica la localizzazione
in una parte piuttosto che in un’altra del complesso condominiale, né crea
per essi una presunzione di comunione inquadrabile nell’art. 1117 c.c.,
implicando soltanto il divieto per il propritario di disporne in modo da
sottrarlo a detta destinazione.
In
tema di spazi riservati a parcheggio secondo quanto prescrive, per le nuove
costruzioni, l’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765, il riconoscimento in via
giudiziaria del diritto dei proprietari acquirenti degli appartamenti
dell’immobile di usufruire dell’area di parcheggio nonostante la riserva di
proprietà a favore dell’alienante, originario proprietario dell’edificio,
non presuppone né è condizionato al previo accordo sulla misura della
integrazione del corrispettivo della vendita degli appartamenti, né
all’accertamento giudiziale di tale integrazione, che può essere anche
successivo ed indipendente dal predetto riconoscimento.
Anche
a norma dell’art. 26, ultimo comma della L. 28 febbraio 1985, n. 47, che non
ha modificato il regime vincolistico imposto dall’art. 18 della legge «ponte»
26 agosto 1967, n. 765 fra unità abitativa e spazi di parcheggio condominiali,
chiarendone solo l’originaria portata, deve ritenersi che i contratti di
autonoma disposizione di detti parcheggi, pur ammissibili, non possono intaccare
il diritto reale d’uso a favore del titolare dell’unità abitativa. È
pertanto nulla e va sostituita ope legis la clausola contrattuale con la quale
il venditore dell’immobile abbia riservato a sé la proprietà dell’area di
parcheggio, salvo il diritto del venditore e correlativamente l’obbligo
dell’acquirente dell’unità abitativa di integrare il prezzo convenuto per
il riequilibrio del sinallagma del contratto di compravendita.
L’art.
41 sexies della L. 17agosto l942, n. 1150, nel testo introdotto dall’art. 18
della L. 6 agosto 1967, n. 765 (a norma del quale nelle nuove costruzioni o
nelle aree di pertinenza di queste debbono essere riservati appositi spazi per
parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri
cubi di costruzione) ed ulteriormente chiarito dall’art. 26 della L. 28
febbraio 1985, n. 47 (che, conferendo certezza testuale alla regola già
desumibile dall’art. 18 della L. n. 765 del 1967, ha precisato che l’area
destinata a parcheggio costituisce pertinenza della costruzione), pone un
inderogabile vincolo pubblicistico di destinazione di detta area, che non
impedisce al proprietario dell’edificio di riservarsi, negli atti di vendita
dei singoli appartamenti, la proprietà dell’area stessa destinata a
parcheggio o di trasferire ad altri la proprietà, atteso che non attribuisce
tale proprietà ai condomini per effetto automatico dell’acquisto
dell’appartamento, ma esclude solo la possibilità che la riserva o il
trasferimento a terzi della proprietà privi i proprietari degli appartamenti
dell’edificio del diritto reale di utilizzazione di tale area per il
parcheggio dei loro veicoli, sottraendola al vincolo pubblicistico di
destinazione.Cass. civ., sez. II, 1 giugno 1993, n.
6104
Con
riguardo agli spazi riservati a parcheggio, secondo quanto prescrive per le
nuove costruzioni l’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n765, deve ritenersi
consentita, in applicazione delle regole dettate dal codice civile sulle
pertinenze, ed anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 26, ultimo comma
della L. 28 febbraio 1985, n. 47 (che comunque chiarisce la portata di detto
art. 18, inquadrando quelle porzioni nella normativa delle pertinenze), la
riserva di proprietà in favore del costruttore, con gli atti di trasferimento
delle singole unità condominiali o dell’intero fabbricato, sempreché venga
rispettato l’indicato vincolo di destinazione (come nel caso in cui il
parcheggio resti assicurato ai condomini mediante il pagamento di un canone).Cass.
civ., sez. II, 29 febbraio 1988, n. 2129
Costituiscono
un valido strumento interpretativo del contratto di vendita di appartamento
condomi-niale, nel silenzio o nell’ambiguità della convenzione in ordine al
diritto dell’acquirente al godimento del-l’area di parcheggio realizzata dal
costruttore, le norme disciplinanti le costruzioni — tra cui l’art. 41
sexies della L. 17 agosto 1942 n. 1150 (introdotto dall’art. 18 della L.
6agosto 1967,0.765), statuente che nelle nuove costruzioni debbono essere
riservati appositi spazi per parcheggi — e ciò per il principio che il
bene— casa deve essere concepito nella sua regolare confor-mazione, delineata
dalle norme suindicate, nonché in virtù del principio di buona fede, di cui
agli artt. 1366 e 1375 cod. civ., ed in base all’art. 1374 dello stesso
codice, che obbliga le parti anche a tutte le conseguenze che ne derivano
secondo le leggi, tra le quali vanno incluse quelle regolanti erga omnes, in
vista del pubblico interesse, le caratteristiche del bene oggetto della
compravendita.
La
nullità della clausola del contratto di compravendita di appartamento che
esclude il trasferimento della proprietà o del diritto reale di utilizzazione
dell’area condominiale da riservare a parcheggio, ai sensi dell’art. 41
sexies L. 27 agosto 1942 n. 1150, aggiunto dall’art. 18 L. 6 agosto 1967 n.
765, ed il conseguente trasferimento ex lege del predetto diritto al compratore,
comporta il diritto del venditore al corrispettivo di tale trasferimento, che dà
luogo ad un credito di valore rivalutabile perché ha la funzione di
integrazione non del prezzo, in senso proprio, ma degli effetti legali della
compravendita, con l’aggiunta di un effetto legale che articolandosi nel
trasferimento della proprietà o del diritto reale di godimento dell’area di
parcheggio e nella integrazione del corrispettivo, in egual misura le parti sono
tenute a rispettare ed in egual misura deve conseguentemente incidere sul loro
patrimonio, senza alterare l’obbligo del venditore di rimborsare l’avente
diritto dei frutti civili eventualmente percepiti con lo sfruttamento
dell’area dalla data del contratto.
L’art.
41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 - come introdotto
dall’art. 18 della L. 6 agosto 1967 n. 765, che dispone l’obbligatoria «riserva»,
a servizio delle nuove costruzioni, di «spazi per parcheggi» - ha, per la
finalità perseguita (ordinato assetto urbanistico), carattere imperativo ed
opera non solo come norma di azione, nel rapporto pubblicistico tra la pubblica
amministrazione e chi domanda la licenza edilizia, bensì anche come norma di
relazione, nei rapporti privatistici concernenti detti parcheggi, in quanto pone
un limite all’autonomia privata, sanzionando di nullità, ai sensi degli artt.
1418 e 1419 cod. civ., ogni convenzione che, per privato interesse del
costruttore o del rivenditore degli immobili (o anche dei condomini stessi),
sottragga gli spazi suindica-ti alla funzione loro assegnata dalla legge. Ne
deriva che va dichiarata nulla, per contrarietà alla disposizione imperativa in
questione, sia la clausola con cui il costruttore od altri nel vendere i singoli
appartamenti, escludano dalla vendita la comproprietà dei locali di parcheggio,
come parte di natura condominiale (art. 1117 cod. civ.), o, comunque, il
godimento del servizio di parcheggio a titolo di servitù, sia l’atto con cui
l’acquirente di un appartamento rinuncia al servizio medesimo, con il
conseguente diritto di quest’ultimo di fruire del servizio e dell’alienante
di esigere il relativo corrispettivo pecuniario.Cass.
civ., sez. II, 25 gennaio 1982, n. 483
Per
sentir dichiarare la destinazione di un’area a parcheggio condominiale, ai
sensi dell’art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, e la nullità dei negozi
contrari alla citata norma vincolistica, ove l’area stessa sia comune a due
condominii (rendendosi applicabili le norme specifiche della comunione ex art.
1100 e 1105 c.c. e non anche quelle che regolano il condominio), la
legittimazione dei singoli partecipanti, e per essi degli amministratori, ad
agire contro terzi, o contro altri partecipanti, può sorgere anche da una
semplice manifestazione di volontà dei partecipanti.Cass.
civ., sez. II, 4gennaio 1993
L’art.
18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 (intro-duttivo dell’art. 41 sexies della
legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150) — disponendo che nelle nuove
costruzioni devono essere riservati spazi per parcheggi in misura non inferiore
ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione — non delinea
una servitù di uso pubblico, ma crea una situazione pertinenziale tra la
proprietà dell’edificio e l’area di parcheggio ad esso destinata
(confermata, per la Regione siciliana, dalla qualifica dell’area di parcheggio
come dotazione dell’edificio, ex art. 21 della legge regionale 26 maggio 1973
n. 21), la quale, nell’ipotesi di edificio condominiale, assume la forma della
comproprietà, in capo ai condomini, dell’area, come parte necessaria
all’uso comune (art. 1117 cod. civ.), se l’area stessa era di proprietà del
costruttore, ovvero di un diritto (comune) di servitù dei condomini
sull‘area, se questa appartiene ad un terzo. La normativa, dato il fine
pubblico perseguito, ha natura cogente e pertanto qualsiasi negoziazione avente
ad oggetto unità immobiliari di un edificio dotato dell’area di parcheggio
comporta ipso iure il trasferimento al compratore della proporzionale quota
dell’area medesima (quota di comproprietà o di coservitù), in virtù
dell’integrazione ope legis degli effetti del contratto ai sensi dell’art.
1374 cod. civ., senza il versamento di un ulteriore corrispettivo, salva, per il
venditore, ricorrendo gli estremi richiesti dall’art. 1429 n. 4 cod. civ.,
l’azione di annullamento del contratto, ove l’omesso computo nel prezzo del
valore della quota dell’area di parcheggio si ricolleghi ad un errore sulle
conseguenze giuridiche del negozio.Cass.
civ., sez. II, 18 dicembre 1981, n. 6714
Nella
disciplina urbanistica di cui alla L. 6 agosto 1967, n. 765, l’obbligo di
riservare nelle nuove costruzioni spazi per parcheggio, ai sensi dell’art. 18
della citata legge, può essere osservato realizzando tali spazi tanto in aree
di pertinenza, quanto in locali facenti parte delle costruzioni stesse (e da
trasferire agli acquirenti delle singole unità immobiliari), come nel caso di
boxes o garages ricavati in piani interrati.Cass.
civ., sez. II, 20 marzo 1989, n. 1390
La mera circostanza che il costruttore di un fabbricato condominiale, il quale, prima di vendere i singoli alloggi, nel destinare delle aree a parcheggio ai sensi e nel vigore dell’art. 18 della L. 6 agosto 1967. n. 765, se ne sia riservato la proprietà, come il fatto che i successivi atti di vendita non contengano espressa menzione del trasferimento anche della comproprietà delle aree medesime, non è sufficiente a superare la presunzione di inclusione delle dette aree fra i beni comuni, posta dall’art. 1117 cot. civ.
Cass.
civ., sez. II, 26 giugno 1990, n. 6472
La
superficie a parcheggio può essere oggetto di qualunque negozio traslativo
utilizzabile nella libera disponibilità privatistica: può restare di proprietà
del costruttore dell’edificio nell’ipotesi di vendita separata delle singole
unità immobiliari; può diventare un’entità condominiale; può essere ceduta
a terzi estranei al condominio; può essere infine collegata alla proprietà
esclusiva dì un singolo appartamento. Ciò che importa è che il titolare di
tale bene ne rispetti la destinazione al servizio del fabbricato o del singolo
appartamento cui il parcheggio afferisce. In quest’ultima ipotesi è fatto
salvo il diritto del proprietario attuale dell’alloggio di cui il parcheggio
costituisce pertinenza a reclamare il parcheggio medesimo: in tale momento il
proprietario del parcheggio, previo pagamento di una indennità, dovrà metterlo
a disposizione del proprietario dell’appartamento.Trib.
civ. Latina. 29 ottobre 1987, n. 830
In
tema di spazi per parcheggi e del relativo vincolo pubblicistico di destinazione
di cui all’art. 41 sexies della L. n. 1150/1942, il singolo condomino può
invocare la forzosa costituzione in suo favore del diritto reale d’uso nonché
la titolarità di uno jus possessionis di analogo contenuto non con riferimento
a qualunque area strutturalmente annessa all’edificio ma sottratta dal
costruttore al regime condominiale di cui all’art. 1117 cc., ma solo nelle
ipotesi nelle quali risulti acclarato il vincolo di destinazione a parcheggio di
quell’area siccome originariamente previsto nell’ambito del progetto
approvato.Pret. civ. Trani, 25 marzo 1991
Ai
sensi dell’art. 18 L. 6 agosto 1967, n. 765 gli spazi per parcheggi debbono
intendersi coattivamente vincolati alla destinazione di pertinenza delle singole
unità abitative dell’edificio e le parti non hanno il potere di concludere
contratti contrastanti con la detta destinazione.
L’amministratore di condominio non è legittimato a proporre azioni per l’acquisizione delle aree destinate a parcheggio di cui all’art. 18 della L. n. 765/1967, nemmeno quando agisca in base a delibera maggioritaria dell’assemblea.
Trib.
civ. Napoli, sez. X, 29 agosto 1994, n. 7225
La
superficie a parcheggio può essere oggetto di qualunque negozio traslativo
utilizzabile nella libera disponibilità privatistica: può restare di proprietà
del costruttore dell’edificio nell’ipotesi di vendita separata delle singole
unità immobiliari; può diventare un’entità condominiale: può essere ceduta
a terzi estranei al condominio; può essere, infine, collegata alla proprietà
esclusiva di un singolo appartamento. Alla legge importa solo che chiunque
risulti poi essere il titolare di tale bene ne rispetti la destinazione al
servizio del fabbricato o del singolo appartamento cui il parcheggio afferisce.
In tale ultima ipotesi, invero, tanto il proprietario costruttore che si sia
riservata la proprietà dell’area alienando separatamente l’alloggio, quanto
il terzo acquirente della sola superficie a parcheggio senza alcun diritto
sull’alloggio cui essa afferisce, possono liberamente disporre del loro
diritto di proprietà fintantoché l’uso o la proprietà del parcheggio non
vengano reclamati dal proprietario attuale dell’alloggio di cui esso
costituisce pertinenza. In tale momento, previo pagamento di un’indennità, il
proprietario del parcheggio dovrà metterlo a disposizione del proprietario
dell’appartamento.
Il
vincolo di dotazione di aree destinate a parcheggio, previsto dall’art. 41
sexies della L. n. 1150/1942, ha natura di diritto reale di uso a favore degli
inquilini dello stabile condominiale: pertanto, ove non sia contemplato nel
contratto di vendita. questo si reputa inficiato da nullità nella parte in cui
sottrae lo spazio per parcheggio alla suddetta inderogabile destinazione.
L’art.
41 sexies L. n. 1150/1941 non attribuisce alcun diritto soggettivo ai condomini
di nuova costru-zione, integrando piuttosto una norma di azione destinata a
disciplinare l’attività della P. A. in sede di controllo degli interventi
urbanistici privati sul territorio.
Nel
caso in cui gli acquirenti di appartamenti in condominio agiscono per il
riconoscimento del diritto di parcheggio contro l’acquirente dei relativi
spazi, quest’ultimo non ha diritto di chiedere il pagamento del valore dello
spazio riconosciuto (cd. conguaglio).
L’art.
41 sexies della L. 17 agosto 1942, n. 1l50 stabilisce solo misure quantitative
per la determinazione degli spazi da destinare a parcheggi, senza statuire
alcuna formalità in ordine alla localizzazione delle aree da asservire a tale
scopo, ragion per cui i parcheggi possono essere localizzati sia in luoghi
interrati dell’edificio, sia al suo piano terreno, sia in aree esterne, anche
se non strettamente adiacenti.Cons. Stato, sez. IV, 3
febbraio 1992, n. 140
In
virtù della natura pubblicistica del vincolo di destinazione che l'art. 18
della L. 6 agosto 1967, n. 765 ha imposto sulle aree di parcheggio pertinenti ai
fabbricati ed alle esigenze di carattere generale che stanno alla base
dell'imposizione del detto vincolo, nelle ristrutturazioni di edifici
preesistenti alla sua entrata in vigore che comportino la realizzazione di
fabbricati dotati di spazi di parcheggio, questi, entro i limiti quantitativi
stabiliti dalla legge, restano assoggettati alla disciplina di cui alla citata
disposizione normativa e, quindi, al diritto d'uso dei proprietari dei
fabbricati stessi e delle relative porzioni. Ogni partecipante al condominio è
titolare della facoltà di agire anche da solo e individualmente a difesa dei
diritti comuni inerenti al fabbricato condominiale ed alle sue componenti.
Pertanto, sussiste la legittimazione del singolo condomino ad agire, in base
all'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, per l'accertamento del diritto
condominiale di uso degli spazi di parcheggio inerenti al fabbricato. A norma
dell'art. 345 c.p.c., può configurarsi un mutamento di domanda non consentito,
riguardo al petitum, solo quando risulti innovato l'oggetto della pretesa,
inteso non come petitum immediato (ossia, come provvedimento richiesto), bensì
come petitum mediato (cioè, come richiesta di attribuzione di un determinato
bene). Ne consegue che è da escludere la ravvisabilità di una mutatio libelli
vietata, dovendosi invece ritenere ricorrente una consentita emendatio, allorché
la modifica della domanda iniziale venga ad incidere sul petitum solo nel senso
di adeguarlo in una direzione più idonea a legittimare la concreta attribuzione
del bene materiale oggetto dell'originaria domanda. (Nella specie, i ricorrenti
avevano chiesto la tutela dei loro diritti sugli spazi di parcheggio di un
edificio, a norma dell'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, reclamando
l'attribuzione del bene a titolo di dominio in primo grado ed a titolo di uso in
secondo grado. Il giudice d'appello aveva ritenuto improponibile la domanda
siccome nuova. La Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha
ritenuto, invece, ricorrere una lecita emendatio libelli ed ha cassato la
pronunzia del giudice di merito). |
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