I TEMPI CAMBIANO
di Vincenzo Ballo |
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parto].
L’amore di coppia si nutre di sesso. Potrebbe sembrare una definizione
lapalissiana, ma pare che ci siano coppie che stanno bene insieme senza
assaggiarne. Dovrebbe essere difficile incontrare l’anima gemella con lo stesso…
disinteresse; ma una volta trovata sarà facile però instaurare un rapporto di
amore amichevole.
Il sesso può essere soddisfatto anche senza amore. C’è infatti chi ricorre alle
prostitute. E sono senza amore la maggior parte delle avventure sessuali,
cercate per soddisfazione personale e vanagloria. L’ italiano ci tiene molto a
dimostrare di essere virile. (Non dico “la sua virilità”, che potrebbe non
essere come e quanto si vorrebbe).
Negli anni Sessanta c’era il mito del maschio italiano, e le straniere venivano
a passare le vacanze in Italia, più che per il clima, le opere d’arte e la
bellezza della natura, per sentirsi dire quant’erano belle loro e lasciarsi
amare. Il ricordo delle avventure era il più bel souvenir che si
portavano dal nostro paese. Ora invece sono le donne italiane che vanno
all’estero per cercare avventure sessuali, nei Caraibi e nelle isole dei “mari
del Sud”. Forse le eccitano e le soddisfano di più il clima umido e caliente
di quelle terre lontane e i machos della razza esotica (anche in questo
genere i gusti sono cambiati). So di una coppia ch’era felice di aver concepito
il primo pargolo in viaggio di nozze da quelle parti e, con ansia gioiosa,
accarezzava quello che con una metafora ma col massimo rispetto possiamo
definire “l’uovo di Pasqua”, dato che al “lieto evento” si sarebbe potuto
esclamare: “Sorrr-presa!”, ma senza gioia, perché il bambinello nacque nero. Se
la puerpera avesse attribuito la causa a uno shock, si sarebbe potuto
fare dell’ironia. Ma seriamente, dalle nostre parti, una volta si temeva che le
donne incinte potessero subire effetti negativi dalla vista di persone o cose
brutte, o peggio mostruose, e quindi cercavano di sfuggirle. Perciò quando,
raramente, nasceva un bambino che somigliava a un amico (al vicino di casa, ho
sentito raccontare), lei si difendeva dicendo di esserne rimasta impressionata.
“Ma quello è un bell’uomo!”. “Bello quello?! A me fa impressione”.
E’ certo imbarazzante quando un bambino somiglia a un uomo che non è il marito
della madre o quando due bambini estranei si somigliano come due gocce d’acqua,
che pure può succedere per sosia perfetti senza essere consanguinei. Un esempio
molto personale: io ero il perfetto sosia del piccolo attore John Sheffield, che
impersonava il figlio di Tarzan nei vecchi film con Johnn Weissmüller.
Sicuramente i suoi e i miei genitori non si erano mai incontrati, e penso
nemmeno i nonni e i bisnonni, ma cosa si sarebbe potuto sospettare se ci fosse
stata una seppur minima e breve conoscenza? Come poter negare il falso?
Nell’amore sessuale si vuole l’esclusiva, sia nel dare che nell’avere. Eppure
c’è chi non si accontenta di un solo partner. Alcuni lo sostituiscono
anche spesso, ma ribadiscono che amano solo una persona alla volta, altrimenti
considererebbero il fatto un tradimento. E ci tengono a sottolineare che loro
non tradiscono. Si stancano facilmente e cercano di cambiare. Rimane il dubbio
che cambino senza aver tradito.
Conosco un uomo che invece ha amato per molti anni, e credo ami ancora, due
donne contemporaneamente. Da giovane, in tempi che non consentivano contatti
fuori dal matrimonio, fece innamorare una ragazza e la convinse a fuggire con
lui. Dopo aver consumato ed essere tornati alle rispettive famiglie in attesa
del matrimonio, il giovane sedusse una cugina della fidanzata e riuscì a
convincere pure lei alla fuga d’amore. Ma la prima reclamò il diritto di
precedenza e si fece sposare. La seconda perse la speranza e, per la vergogna,
se ne andò con tutta la famiglia lontano, in Inghilterra. Lui, pur essendo già
sposato, la raggiunse e la convinse a tornare al paese. Innamorato di entrambe,
sistemò le donne in due alloggi diversi e, per mantenerle, s’impegnò a lavorare
sempre di più, perché intanto nascevano figli, fino ad averne quattro da una e
sei dall’altra. Pur svolgendo un modesto lavoro, riuscì a farli vivere
decorosamente e pretese che ciascuna donna rispettasse la prole della rivale,
riuscendo a stabilire una certa armonia tra le due famiglie.
Quando i ragazzi crebbero, la moglie prese i suoi e se ne andò a Milano. Ma egli
corse a riprendersela, perché non poteva vivere senza entrambe, anche se era
faticoso.
In certi paesi la bigamia è istituzionalizzata per convenienze sociali,
religiose, politiche e di prestigio. Ma al di là degli interessi di una comunità
o degli istinti personali e della necessità per la perpetuazione della specie,
il sesso è una forza della natura che ha sempre influito nei rapporti fra i vari
poteri e all’interno di essi, a prescindere dai costumi sociali.
Oggi c’è il sesso libero fra i giovani ed anche fra i giovanissimi. Negli
anni Settanta molte ragazze tredicenni avevano rapporti completi con maschi
quindicenni, senza conoscere i problemi del sesso e i suoi rischi. Poi ci fu una
maturazione cosciente e il livello della prima volta si alzò, con un ritorno
alla voglia di verginità, ora di nuovo cancellata, certamente sotto l’influenza
dei mass-media.
[Segnalibro: prima]
Fino alla seconda guerra mondiale, prima del matrimonio il sesso era proibito e
ci si sposava per soddisfarlo, oltre che per sistemarsi. Ma erano trascurati i
bisogni sessuali della donna, ritenuta un essere al servizio dell’uomo e della
riproduzione umana. Quelle timorate fingevano di non interessarsene e molte
nell’intimità frenavano il godimento per timore di essere giudicate “troie”.
La sessualità era considerata una cosa sporca, una donna non osava dire che le
piaceva, pur essendo logico il contrario e che potesse desiderare un uomo che
non fosse il marito. Eppure il sesso stava sotto gli occhi di tutti, difficile
non rendersene conto nella promiscuità. Poiché molti avevano il pollaio nella
stalla e i polli girovagavano per la strada, si vedevano facilmente i salti dei
galletti, seppur non si scorgesse il punto di unione. Ma circolavano anche molti
cani e quando si accoppiavano loro la visione diventava imbarazzante. Se il
rapporto andava a buon fine, risultava ancora più sconveniente, perché
rimanevano uniti per un bel po’ di tempo dopo il compimento dell’atto e non
potevano andare ciascuno per conto proprio. Nell’ignoranza sessuale, da bambini,
ci si poteva chiedere preoccupati se anche gli umani rimanessero congiunti.
Un’altra occasione risultava più imbarazzante: la monta degli equini. Questa si
faceva appena fuori dal paese, dietro una casa che stava accanto alle vasche
delle lavandaie alla fonte del Canale. Un muro di recinzione fungeva da separé
ma da cavallo si scorgeva tutto e, poiché si passava di lì per abbeverare le
bestie, lo spettacolo era aperto al pubblico. Si vedeva così il proprietario
dello stallone e di un asino robusto (molto più richiesto in quanto si preferiva
far nascere muli) legare il piede della femmina al collo di essa per impedirle
di tirare calci, poi la faceva annusare dal maschio e, quando questo saltava, lo
aiutava con una mano a centrare l’obiettivo.
Accadeva dunque che potevano vedere tutto donne e bambini e signorinelle, che
infatti arrossivano imbarazzate e si sforzavano di non guardare, anche se ne
avrebbero avuto voglia.
Ma il sesso era tabù, non se ne parlava davanti ai giovani e a loro era proibito
parlarne; si dicevano però stereotipate battute volgari, con allusioni a una
parte del corpo comune ai due sessi, la quale veniva nominata col suo vero nome.
Ciò poteva far pensare, anche alle ragazzine, che l’amore si facesse per altre
vie, così come “cavalcare” dava l’idea di maschio a gambe larghe.
L’ignoranza era spesso la causa dei troppi figli, in quanto non si conosceva il
periodo fertile nel ciclo femminile, e molti pensavano che fosse quello delle
mestruazioni. Con quali conseguenze è facile immaginare, non essendoci
anticoncezionali, oltre la “retromarcia”, e non conoscendo il metodo Ogino-Knaus.
Ma per alcuni avere troppi figli era un vanto di virilità. Fingendo d’ignorare
che bastava unirsi una volta all’anno per averne tanti, come poteva succedere
alle coppie il cui marito emigrante, ogni volta che tornava, metteva la moglie
incinta.
Comunque, allora si faceva più sesso perché non c’erano altri svaghi, e c’era
più fertilità di oggi che, a causa dell’inquinamento atmosferico, dei cibi non
più genuini, dello stress e di certi vizi, molte più coppie non riescono
a procreare e devono ricorrere alla scienza.
La virilità maschile è diminuita nei paesi industrializzati, e la
spregiudicatezza della donna in materia sessuale ha messo in difficoltà l’uomo
che, ingannato dalle immagini di riviste e film porno, crede o teme di non
essere all’altezza della situazione anche quando è perfettamente normale. E
stranamente, pur essendoci maggiore facilità di rapporti sessuali, gli uomini
ricorrono alle prostitute più di prima.
La femmina reclama il diritto alla propria
sessualità e sembra offrire il suo corpo per il godimento reciproco.
L’abbigliamento è mirato ad abbellirlo per una maggiore attrazione sessuale.
Molte donne, particolarmente quelle dello spettacolo, si sottopongono a
interventi di chirurgia estetica per avere una bocca più carnosa, dall’aspetto
lascivo, si fanno ritoccare il seno, le cosce, i glutei, tutto il corpo per
farsi ammirare nel costume di Eva.
[Segnalibro: nudo]
In passato il nudo umano era proibito. C’erano sì gli affreschi dell’antica
Roma, e c’erano quelli del Rinascimento, in cui sono da includere le immagini
michelangiolesche della Cappella Sistina, con scene alludenti ad atti diversi da
quelli rappresentati, e successivamente altre opere d’arte, ma solo pochi
potevano vederle. In tempi di rigidi costumi, era paradossalmente esposto agli
occhi di tutti il corpo svestito maschile, anche se si trattava di quello
raffigurante Gesù Cristo Crocifisso, e molto meno diffusamente San Sebastiano
trafitto da frecce. Poi negli anni Quaranta apparvero i calendarietti profumati
illustrati con belle ragazze in costume, che regalavano i barbieri ai loro
clienti.
Una volta l’aspetto sensuale era ritenuto volgare, e le donne comuni, anche se
belle, non avevano sex appeal, non potevano averlo. L’abito scuro e
spesso nero, dovuto all’usanza di tenere il lutto per lungo tempo anche per
parenti non molto stretti, aveva l’orlo fin sotto le ginocchia, e le gambe erano
coperte da calze scure non trasparenti. (Poche potevano permettersi le calze di
seta e quelle di nailon sarebbero arrivate negli anni Cinquanta). Delle donne,
come degli uomini, restava esposta pertanto solo la pelle del viso e delle mani.
Era perciò un sollucchero riuscire a scorgere un ginocchio o la piegatura di
esso, con qualche centimetro di coscia, seppure nascosti da una calza che però
ne lasciava intravedere la forma, guardando da sotto, ed eccitava la fantasia a
salire più in alto. Nell’Ottocento si vedeva ancora meno, sì e no la caviglia,
la società era più chiusa, eppure le donne avevano maggiore libertà per qualche
vizio. Ne ho conosciuto molte nate in quel secolo e alcune di loro annusavano il
tabacco in polvere, il che non era molto fine: si vedevano i peli delle narici
sporche e restava un po’ di marroncino sotto il naso, anche dopo averselo
pulito.
Ricordo una sessantenne che vestiva all’antica, con abito largo e lungo fino ai
piedi. S’intravedevano le punte delle scarpe, avrà avuto calze di lana o di
cotone, la sottoveste di lino e un grosso paio di mutandoni. Il capo, con una
lunga treccia di capelli raccolta a crocchia, era coperto da un pesante
fazzoletto. Dalla tasca del grembiule, legato alla vita, tirò fuori una
tabacchiera, l’aprì, lentamente prese un pizzico di tabacco in finissima
polvere, lo avvicinò a una narice e aspirò, poi ripeté l’operazione per l’altra
narice. Chiuse la tabacchiera e la rimise nella tasca del fadali. Allargò
le gambe e rimase ferma, come se fosse concentrata su qualche pensiero, quindi
orinò in piedi in mezzo alla strada. Poi si compose, per quel poco che c’era da
comporsi, e si pulì il naso con un largo fazzoletto rosso a pois bianchi
e disegni modulari sul bordo.
Ricordando questo episodio mi viene da pensare che nell’Ottocento non doveva
essere poi così difficile fare sesso estemporaneo, poiché i mutandoni erano
spaccati. Bastava alzare le lunghe vesti e, in un certo modo, non si sarebbero
neanche stropicciate.
Però le occasioni d’incontrarsi da soli un uomo e una donna non strettamente
imparentati erano molto difficili, perché non c’era libertà di movimento, né
d’espressione, nel senso che la donna aveva il dovere di limitarsi nel parlare
in presenza di estranei. Una signorina non doveva neanche mostrarsi, aveva
l’obbligo di starsene zitta qualora capitasse e parlare poco in presenza di
amici o parenti. La libertà d’esprimersi se la prendeva solo con le amiche. Se
un uomo andava a bussare in casa di una donna momentaneamente sola, questa non
le apriva la porta. E se apriva per necessità, non lo faceva entrare. Capitava
che un giovane, sapendo o sperando di trovare sola una ragazza parente o figlia
di amici intimi, passasse o fingesse di passare dalla strada per andare a
bussare alla sua porta con la scusa di un bicchiere d’acqua ma con intenzioni
libertine. Allora il comandamento di dare da bere agli assetati non poteva
essere soddisfatto, perché in quel caso era sete d’amore o solo di sesso e non
di acqua. Salutare un uomo per la strada non era conveniente, si tenevano gli
occhi bassi e si fingeva di non vedere. Anche i semplici sguardi potevano
ingelosire il marito, o il padre o il fratello.
Ho sentito dire che persino lo sbadiglio era stato motivo di gelosia per
qualcuno, quando la moglie lo aveva fatto contemporaneamente a un uomo. La
gelosia, sentimento normale nell’amore, che oggi solo in alcuni dimostra uno
stato d’animo patologico, allora era generalmente espressa in modo morboso.
La fedeltà è un principio mentale influenzato dai costumi correnti, e fino agli
anni Cinquanta del XX secolo da noi una donna non avrebbe tradito per non essere
considerata una bagascia e per mancanza di opportunità. Se queste capitavano,
occorreva molto coraggio per approfittarne, perché il delitto d’onore, mitigato
per il maschio dall’art. 587, in vigore fino al ’68, era quasi un diritto e i
mariti difficilmente perdonavano. Ma forse, poi, l’importante era che non si
sapesse in giro. E la reazione poteva essere determinata da fattori esterni alla
propria volontà.
C’è un bel film, poco noto, ambientato in Sardegna, in cui il protagonista,
fatto uscire nottetempo dal carcere per uccidere un uomo, ne approfitta per
andare a trovare la moglie e la mette incinta. Poiché non può dichiarare la
verità, è costretto a ucciderla dagli stessi fratelli di lei (1).
[Nota 12-1: “Una questione d’onore” di Luigi
Zampa, con Ugo Tognazzi, soggetto di Enzo Gigga].
Conosciamo tutti la storia di Otello, il Moro di Venezia (personaggio forse
reale, Moro di cognome o scuro di pelle, ma non nero) il quale uccise la moglie
Desdemona per i sospetti che riuscì a insinuargli il perfido Jago. Se dunque era
geloso a quel grado un alto personaggio veneziano, figuriamoci un siciliano.
Eppure…
[Segnalibro:
racconti]
Mio padre mi raccontò di un delinquente lasciato dalla moglie mentr’era in
carcere e, quando uscì, andò a supplicare il signorotto che la teneva in casa
come amante, perché gliela rimandasse indietro.
Sentii raccontare da un anziano un fatto curioso accaduto molti anni prima. Un
marito fu avvertito da vicini dirimpettai che la moglie riceveva un amante.
«Impossibile!» disse lui. «Per mia moglie ci metto la mano sul fuoco».
«Bada che te la puoi scottare».
«Non ci credo».
I vicini insistettero e gli offrirono la
possibilità di verificare da casa loro.
«D’accordo» disse il cornuto, «ma se non è vero la pagherete cara».
Dal buio, dietro la finestra dei vicini, appurò che era vero. Ma… «Ah, quello?»
esclamò. «Ma quello è mio compare!».
Lo stesso anziano raccontò pure di un locatario terriero il quale aveva detto
“scherzando” al “padrone” che per lui sarebbe stato un onore se gli avesse fatto
le corna. Sarebbero state certamente utili. Ma talvolta possono essere accettate
per necessità.
So di un novello sposo che, dovendo partire soldato per la guerra d’Abissinia,
si preoccupò di mettere al sicuro la giovane e bella moglie, affinché non
restasse liberamente sola. Forse non si fidava dei suoceri, che avrebbero
sicuramente vigilato sulla moralità della figlia, ma si sarebbero preoccupati
maggiormente di proteggerne l’onore e in caso di fallo egli non sarebbe venuto a
saperlo. Pensò quindi di affidarla ai propri genitori, convinto che lei,
controllata dai suoceri, si sarebbe comportata con maggior pudicizia. C’erano sì
il padre e il fratello, ma pensava di potersi fidare, anche se il giovane
qualche preoccupazione poteva destarla. Ma con la madre in casa, una casa
piccola, i cognati non avrebbero avuto occasione di restare in intimità.
Purtroppo l’occasione ci fu, la voglia pure e
l’accoppiamento avvenne, non sappiamo se una o più volte, fatto sta che successe
l’irreparabile. Lo sconvolgimento degli animi fu grandissimo: se ci fosse stato
solo il tradimento, si sarebbe potuto negare e nasconderlo agli estranei, ma una
gravidanza non si può nascondere e, per non averla confessata in tempo,
diventava rischioso interromperla. Era una vergogna per tutti, forse meno per
lui, dato che verso i maschi c’era una qualche tolleranza. Si vergognavano di
più i genitori di lei, perché una figlia svergognata è un disonore per tutta la
famiglia. Ma si vergognavano anche i suoceri, per tutto quanto, specialmente la
suocera che con la sua presenza assidua nella casa avrebbe dovuto vigilare
meglio, e perciò era maggiormente colpevolizzata dall’opinione pubblica.
Forse per questa autoconsiderazione di colpa, i suoceri non la ripudiarono, come
sarebbe stato logico aspettarsi, ma comunque l’adultera andò ad abitare coi
genitori per stare lontana dalla tentazione.
Rimaneva il problema di come dirlo al marito. Questi tornò prima che il bimbo
nascesse, e non so se era stato avvertito o se ebbe la sorpresa di trovare la
moglie ingravidata. A quei tempi, per una cosa del genere, avrebbe potuto fare
una strage, ma lui, dopo aver visto uccidere tante persone innocenti, anziché
assuefarsi al crimine, ne era stufo e non uccise nessuno. Comunque dichiarò di
non volere più la donna con lui. Si cercò di convincerlo a riprendersela, perché
ormai chi altra avrebbe potuto trovare se non una poco di buono? Dopo varie
insistenze cedette alla condizione che rinunciassero al figlioletto. Una coppia
di parenti si offrì di prendersene cura, lo avrebbero allevato come figlio
proprio, trattato bene e mandato a scuola. Così l’unione fu salva e anche il
fratello fu perdonato.
Ma quando il bambino divenne fanciullo, il padre
ufficiale considerò che il pargolo poteva aiutarlo nel lavoro dei campi e quindi
lo reclamò. E nessuno poté opporsi.
Così ebbe conclusione la storia, per il bene di tutti.
Un fatto ancora più sconvolgente, incredibile, ho sentito raccontare da una
persona degna di credibilità, la quale non poteva sospettare minimamente che io
ne potessi scrivere. Mi raccontò dunque di un uomo che ebbe una figlia
dall’amante e poi divenne l’amante della propria figlia, dalla quale ebbe altri
figli. Cresciuti, questi, figli-nipoti, per ottenere la legittimità e diventarne
eredi, costrinsero il padre-nonno a sposare la propria madre-sorella.
Figli illegittimi nei tempi passati ce n’erano
parecchi. Essi venivano abbandonati di solito davanti a una chiesa (i pietrini
preferivano il Santuario della Cava). Poi, nel 1755, fu istituita la “rota
projectorem”. Chi, per miseria o per vergogna, voleva sbarazzarsi di una
creatura, la deponeva in un cilindro di legno posto nel muro esterno della casa
di accoglienza e, quando la rutara sentiva il pianto, girava la ruota e
accoglieva l’innocente. So dell’ultima responsabile che tenne per sé una
trovatella bellissima e l’adottò. Ma ci furono ordinanze che denunciarono i
maltrattamenti degli sventurati, “lasciati a marcire coi cenci vecchi e sudici
addosso, intirizziti dal freddo”. Circa la metà morivano durante il primo anno
di vita, ma la media non differiva molto per i bambini legittimi. La rota
era sita vicino alla chiesa del Carmine e verso la fine degli anni Trenta fu
abolita.
[Nota 12-2: “Pietraperzia: un paese vecchio”
di Silvana Raffaele, da “Saggi… Vol. II” di Filippo Marotta].
[Segnalibro: parto]
A quei tempi si partoriva in casa. Quando si avvicinava il momento cruciale, se
c’erano già altri figli, questi venivano mandati dai parenti per non farli
partecipi della tensione che precede il “lieto evento” e dell’euforia
rivelatrice che subito lo segue, affinché non si rendessero conto del travaglio
e da dove venisse fuori il fratellino o la sorellina. Sui libri scrivevano che i
bambini li portava la cicogna, e vi rappresentavano belle immagini curiose con
l’uccello che volava sostenendo col becco un involto dentro il quale c’era un
neonato. Ma i grandi ai bambini dicevano che i piccoli nascevano sotto una
pianta, non necessariamente un cavolo o un fico.
Ricordo che i miei genitori mi avevano specificato la terra dov’ero nato io
(quella avuta in dote da mio padre quando si era sposato), dov’era nata mia
sorella (sotto un cespuglio in un fondo comperato prima che lei nascesse) e poi,
quando nacque mio fratello, mio padre mi mostrò un fosso sotto un pero,
dicendomi che lì era nato Michelino. Io fingevo di credergli per non metterlo in
allarme svelando le mie conoscenze acquisite da amichetti più grandi, orgogliosi
di dimostrare che loro sapevano. Il curioso è che poi quei terreni li abbiamo
avuti in dote, come se ci fossero stati destinati sin dalla nascita.
Ora anche i bambini sono smaliziati, sanno che il fratellino sta nel pancione
della mamma e le immagini pornografiche circolano liberamente. Eppure non c’è
una esatta conoscenza del sesso e molti giovanissimi commettono errori.
I marmocchi sono anche sboccati. Quand’io ero piccolo non era permesso a un
fanciullo dire parole sconce; oggi gli vengono insegnate dai propri genitori
come se fosse un merito culturale. A ciò ha contribuito certamente il cinema.
Ricordo un film, per altro bello, in cui per la prima volta venne detta quella
parolaccia di tre vocaboli addirittura da un bambino. Il pubblico rise e da
allora fu adottata come battuta comica. Per cui oggi molta comicità si basa
purtroppo sulle parolacce e sulle cretinate.
Una volta certe oscenità potevano dirle solo i maschi adulti, e le dicevano più
facilmente quando si arrabbiavano. Per il gentil sesso era indecoroso. Ma in
fondo è questione di abitudine. Anche signore non grossolane dicevano volgarità
senza rendersene conto, come la parola accennata sopra e in modo peggiorativo,
in quanto mandavano a darlo. Il nome dell’organo maschile, proibito per le donne
e i bambini nel termine siciliano, era detto comunemente dalle signore nel
famoso termine italianvolgare tradotto in dialetto. Maritate e signorine
baciavano il pisellino degli infanti e ci giocavano a provocar rumore con la
bocca, senza vergognarsi, e non ci si scandalizzava a vederlo fare.
Nei tempi in cui le donne del Nord nemmeno al mare scoprivano il seno e si
vergognano ancora adesso di mostrarlo quando allattano, da noi non era
spudoratezza se le mamme tiravano fuori una mammella per allattare il proprio
figlio anche in pubblico. Forse perché la nostra Santa Patrona è una Madonna che
mostra il seno col quale ha allattato Gesù Bambino.
Le degeneri
- 2000,
acrilico su tela 70x70
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