Teoria dell’evoluzione della specie

 

Nello spiegare l’evoluzione della specie non c’è dubbio che bisogna fare una cronistoria delle varie teorie succedutesi da Aristotele ai nostri giorni.

Aristotele diceva: esistono tante specie animali e vegetali quante sono state create dall’Ente Divino; le specie si perpetuano senza mutamenti; il naturalista non deve tener conto delle differenze che talvolta si notano tra gli individui di una stessa varietà.

Questa teoria resse sino a quando Carlo Linneo, più di due secoli fa, molto tempo prima che venisse elaborata una teoria dell’evoluzione, si accinse a compiere un lavoro alquanto ambizioso, quello di mettere ordine nel regno animale e vegetale. Egli, infatti, classificò gli esseri viventi, allora conosciuti, in regno, tipo, classe, ordine, famiglia, genere, specie e diede a ciascuna pianta o animale due nomi; il primo di essi indica la specie, cui la pianta o l’animale appartiene. Ad esempio con i nomi canis familiaris, canis lupus, canis vulpes indicava il cane domestico, il lupo e la volpe. Il genere canis, quindi, risulta come un raggruppamento di specie simili. Il raggruppamento del genere canis e delle varie specie costituiscono la famiglia canidi. Varie famiglie di animali che mangiano la carne costituiscono l’ordine dei carnivori. Vari ordini di animali che allattano i piccoli costituiscono la classe dei mammiferi. Varie classi di animali che presentano le ossa costituiscono il tipo dei vertebrati. Vari tipi di vertebrati e non vertebrati costituiscono il regno animale. Questa classificazione, pur essendo valida, ai nostri giorni è insufficiente perché non tiene conto dei batteri, dei virus, dei protozoi, delle alghe e, inoltre, perché raggruppa i funghi nel regno vegetale. Fu proprio il lavoro di Linneo che indusse molti naturalisti a chiedersi come mai esistono tanti esseri viventi, tante specie diverse. Il ragionamento finì con l’ipotizzare l’evoluzione dei viventi, del lento trasformarsi di una specie in un’altra. Chi, però, elaborò una teoria precisa dell’evoluzione fu Lamark.

Lamark ammetteva decisamente l’evoluzione dei viventi e ne dava spiegazione sostenendo che l’uso o il non uso degli organi li fa sviluppare o regredire, e che queste modifiche individuali così acquisite, si ereditano. L’esempio più ingenuo, ma anche più chiaro, è quello della giraffa che, secondo Lamark, era diventata un animale a collo lungo a forza di allungarlo per brucare le foglie degli alberi alti.

Naturalmente il suo collo si sarebbe allungato un poco alla volta, di generazioni in generazioni, sempre in relazione all’ambiente costituito da alberi alti.

Questa teoria è insostenibile in quanto anche gli altri erbivori che abitano la stessa regione con pascoli bruciati dalla siccità estiva, sparsi di alti alberi sempreverdi avrebbero dovuto allungare il collo, e anche perché nell’uomo i caratteri acquisiti come mutilazioni, ripetute anche per molte generazioni (tale la circoncisione tra gli Ebrei e i Musulmani) non diventano ereditari.

Darwin, dopo lunghi studi sui resti fossili trovati in varie parti del mondo, riprendendo il discorso evoluzionistico di Lamark a proposito delle giraffe, ammise, che tra le giraffe primitive ne esistevano molte con collo normale, altre con collo corto ed altre ancora con collo lungo ed affermò come per altri animali che la competizione per il cibo che si fa sempre più scarso via via che una popolazione si accresce, i predatori in agguato, le avversità dell’ambiente e le diversità dell’ambiente finiscono fatalmente per selezionare i casi fortunati, permettendo agli individui portatori di qualche nuova caratteristica vantaggiosa di avere successo sui concorrenti e di continuare a vivere in un determinato luogo e di produrre quindi una discendenza più numerosa. Nel caso delle giraffe, gli individui a collo lungo, stanti alle abitudini alimentari (vegetazione alta), sarebbero sopravvissuti e la loro specie si sarebbe evoluta verso la forma attuale. In questo modo ammise che le variazioni sfavorevoli vengono distrutte mentre quelle favorevoli vengono conservate con il risultato della formazione di nuove specie.

Le conoscenze attuali della genetica ci permettono di completare le affermazioni di Darwin rapportate alle giraffe ed ammettere che migliaia di anni fa, tra questi animali che si cibano di foglie di alberi a fusto alto, si verificò una modificazione, una mutazione genetica che diede origine a giraffe dal collo lungo che sopravvissero adattandosi alla vegetazione alta, mentre il resto delle giraffe si estinse non riuscendo a competere con quelle dal collo lungo. 

 

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