TECNICHE DI ACCOMPAGNAMENTO CON IL PLETTRO

Lo Strumming

E’ la tradizionale tecnica di accompagnamento a corde piene, suonata con il plettro, utilizzata con la chitarra acustica (non è che non si possa usare anche l’elettrica; ma facciamolo con cautela e tarando bene timbri e volume….).

A dispetto della sua presunta semplicità, dovuta all’approccio senz’altro molto naturale, questa tecnica può fornire alle nostre canzoni un “drive” invidiabile, che ci farà alzare il c… dalla sedia e ballare con passione…

All’inizio del mio percorso di chitarrista, quando studiavo esclusivamente chitarra classica, tendevo a snobbare questa tecnica (e relativi esecutori) ritenendola grezza e poco elegante. Accadeva poi   che quando qualche altro giovane chitarrista (altrettanto grezzo e poco elegante) suonava di fronte ad altre persone (magari anche qualche fanciulla) riscontrava gradimento ed interesse; quando suonava il sottoscritto (colto e raffinato), gli ascoltatori, e soprattutto le fanciulle, si dileguavano.

E’ una certezza: un ottimo strumming di chitarra acustica conferisce carattere, grinta e sostanza a qualsiasi nostra canzone. Riascoltiamoci, a conferma di ciò, alcuni nomi a caso: Beatles, Rolling Stones, Who, Bruce Springsteen, U2, o magari rivediamoci il recente concerto di Vasco Rossi a Catania, soffermando l’attenzione sul lavoro dell’ottimo Riccardo Poli (è sufficiente?).

Nel tentare di recuperare il tempo perduto, mi scontrai poi con una terribile realtà:

il senso del ritmo, così come quello melodico (il famoso “orecchio”),  è una qualità innata”.

Pertanto esistono persone che senza alcun problema possono “strummare” da subito con grand’efficacia; altre purtroppo che di primo acchito ottengono unicamente risultati simili al suono della grattugia.

In considerazione del fatto che appartengo anch’io alla seconda categoria, mi unisco alla schiera dei “rhythm-dummies” per rivedere alcuni consigli che ci possono aiutare a migliorare la qualità del nostro accompagnamento.

Cominciamo a suonare una canzone molto semplice, ad esempio “La Canzone del Sole” di Lucio Battisti, con i suoi classici tre accordi: 

A

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E

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D

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E

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Dimentichiamoci immediatamente l’applicazione di figure ritmiche strane, controtempi, raddoppi etc., che ci confondono solamente (è come per un cestista palleggiare dietro la schiena o sotto le gambe….all’inizio può solamente perdere la palla).

Appelliamoci invece al “less is more” e iniziamo a suonare “marcando” semplicemente i quarti d’ogni singola misura.

La concezione ritmica tradizionale, tipica della musica “bianca”, prevede che gli accenti (ovvero le nota suonate con maggiore enfasi) cadano sul primo beat d’ogni misura, ed eventualmente sul terzo: 

A

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E

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D

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E

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U-no

Du-e

Tre-e

Quat-tro

U-no

Du-e

Tre-e

Quat-tro

U-no

Du-e

Tre-e

Quat-tro

U-no

Du-e

Tre-e

Quat-tro

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 Proviamo un po’ a suonare in questo modo, cercando di tenere un tempo regolare (l’ideale sarebbe avvalersi di un metronomo o meglio ancora una piccola batteria elettronica; altrimenti procuriamoci il Cd o la cassetta e cerchiamo di seguirla). Osserveremo dopo un po’ che il nostro “playing” avrà un andamento piuttosto statico, ed in verità un po’ noioso, come se fosse “ingabbiato”. Per tentare di conferire un po’ di movimento al nostro brano, mutuando un’idea tipica dalla musica “nera” (rhithm’n’blues, soul, etc), proviamo allora a spostare gli accenti sul secondo e sul quarto beat:

 

A

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E

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D

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E

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U-no

Du-e

Tre-e

Quat-tro

U-no

Du-e

Tre-e

Quat-tro

U-no

Du-e

Tre-e

Quat-tro

U-no

Du-e

Tre-e

Quat-tro

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 Per ottenere qualcosa d’ascoltabile secondo questo “pronuncia”, consiglio di evitare durante i primi approcci di suonare sui quarti “forti” (il primo ed il terzo), “pennando” invece in senso discendente solo sul secondo ed il quarto.

Un successivo accorgimento per focalizzare meglio questo discorso, è di ascoltare il suono della batteria in una qualsiasi canzone con tempo pari (il già citato quattro/quarti). Di norma sui beats forti suona la grancassa (pum), mentre sui tempi deboli suona il rullante (cià):

A

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E

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D

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E

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Pum

Cià

Pum

Cià

Pum

Cià

Pum

Cià

Pum

Cià

Pum

Cià

Pum

Cià

Pum

Cià

 Proviamo ora a suonare solamente su ogni colpo di rullante (sul “cià”). Quando abbiamo acquisito scioltezza, aggiungiamo le pennate sul battito di grancassa, sempre in senso discendente, ma è ammesso anche il senso ascendente (dal basso all’alto), curando comunque che il volume (la forza impressa nella pennata) sia inferiore a quello espresso suonando “sul rullante”.

Ci risulterà presto evidente che gli accenti sui quarti “deboli” conferiscono un movimento completamente diverso al brano, come se ogni accento, specie quello sul quarto beat, introducesse, o letteralmente ci “mettesse in mano” la nota o la misura successiva, in un contesto molto dinamico. Un ottimo brano da ascoltare con attenzione, con un superbo strumming di chitarra acustica, è “Anymore”, di Vasco Rossi, dall’album “Buoni o cattivi”.

Man mano che aumenterà la nostra sicurezza, proviamo a controllare anche il volume complessivo delle singole frasi, frenando la potenza della pennata nei momenti calmi del brano (.. o mare nero o mare nero ….), e “picchiando” con maggiore libertà, ma sempre ponendo grande attenzione agli accenti,  nei momenti più mossi (…e ti ricordi…). Forse cominceremo a dimenticare l’effetto “grattugia” che tanto ci demoralizzava…

Ed ora il tocco finale: curiamo la qualità della nostra pennata.

L’approccio istintivo ci porta a colpire le corde in senso perpendicolare (flush stroke – colpo pieno):

Questa è un’ottima modalità d’esecuzione se necessitiamo di particolare precisione o controllo dinamico, ad esempio suonando note singole o power chords.

 Per contro è interessante nello strumming colpire le corde in senso obliquo, vale a dire con un’azione dal manico verso il ponte, o viceversa (brush stroke – colpo di spazzola).

Alternando i due movimenti, e con loro l’angolo di pennata, otterremo delle variazioni timbriche, lievi ma non trascurabili, che conferiscono carattere al nostro accompagnamento.

 Esercitiamoci ora a colpire le note obliquamente, limitandoci per il momento unicamente a pennate in senso discendente. Curiamo che il movimento dal ponte al manico evidenzi i beats forti della misura (1-3) e che l’azione contraria (manico-ponte) marchi i beats deboli (2-4), magari accentandoli. Otterremo, graficamente, il seguente movimento:

Non appena metabolizzata quest’azione, che a prima vista è piuttosto innaturale, riscontreremo risultati notevoli, per fluidità d’esecuzione e definizione timbrica. Il nostro “drive” sarà inarrestabile… sembreremo un treno in corsa…. 

Acquisita un po’ sicurezza, proviamo ad inserire anche le pennate ascendenti (“di ritorno”), oppure a modificare gli accenti.

Infine, ma questo solo quando saremo diventati veramente imbattibili, sperimenteremo la raffinatezza definitiva del nostro accompagnamento: “suonare intorno al beat”, con impercettibili anticipi (“tirando indietro”) o impercettibili posticipi (“tirando avanti” o “suonando  in relax”).

Riepilogando:

per un grande strumming curiamo nell’ordine: gli accenti, la dinamica, la qualità della pennata”.

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