Nei
capitoli precedenti abbiamo preso confidenza con la posizione delle note sulla
tastiera, fattore indispensabile per iniziare a riprodurre qualche melodia, e
conosciuto i primi fondamenti che regolano l’emissione simultanea di più
note, ovvero gli accordi, aspetto che è alla base della non meno importante
materia dell’armonia.
Ci
appare subito evidente che una conoscenza anche approfondita di scale ed accordi
non è sufficiente per ottenere risultati apprezzabili su ciò che
effettivamente ci interessa: FARE MUSICA.
Ci
manca la tessera finale del puzzle; ci manca la definizione di “quando” e
“quanto a lungo” dobbiamo far suonare queste note. Ci manca il RITMO.
Per
capire che cos’è il ritmo e quale sia la sua importanza nella musica,
facciamo un breve paragone con la nostra vita di tutti i giorni.
Il ritmo è il nostro respiro, calmo e rilassato se siamo
sereni, veloce se siamo eccitati, breve ed affannato se siamo arrabbiati o
preoccupati.
Il ritmo è il nostro passo, come quando camminiamo o
iniziamo a correre, dipende dove vogliamo andare, e perché.
Il ritmo è il dondolio del treno, che ci porta lontano
dai problemi e verso nuove speranze.
Il
ritmo è la vita che pulsa intorno a noi; il ritmo è il battito stesso del
nostro cuore.
Parliamo
ora della tanto bistrattata chitarra
ritmica, o d’accompagnamento. Personalmente
non amo molto queste definizioni, che qui utilizzo unicamente per introdurre
l’argomento, preferendo sempre e in ogni caso considerare la tecnica
strumentale come un tutt’uno, al servizio della musica.
Se
torno con la memoria ai primi approcci nel mondo della musica moderna, sia come
neo chitarrista sia come ascoltatore, mi affiorano chiaramente le contrastanti
sensazioni provate nel leggere avidamente i crediti degli amati vinili.
E’
vero, al cuor non si comanda, e tutti noi c’eccitavamo di più a sentire i
lirismi di Carlos Santana, piuttosto che i riffs di Keith Richards; ma un
ascolto più attento e maturo ci porta a riconsiderare e a rivalutare l’opera
dei grandi accompagnatori. Pensateci bene, il Rock‘n’roll sarebbe stato
forse lo stesso senza i vari Keith Richards, Pete Townshed o senza gli intrecci
della coppia “Lennon/Harrison”?
Proviamo
a ricordare la prima volta che siamo andati in discoteca. Al di là
dell’emozione dettata dall’ambiente nuovo, dell’invidia provata per quegli
amici della nostra compagnia che già al primo tentativo sembravano ballerini
provetti (in quanto in possesso del senso ritmico innato), certamente
ricorderemo l’impaccio provato nel tentare di muovere i nostri piedi seguendo
il tempo della musica (e soprattutto tentando di celare quanto eravamo
imbranati…). Poi qualche anima pia, commossa dal nostro disagio, ci prendeva
per mano, e con sorriso a metà tra lo scherno e il compiacimento ci faceva
notare:“….Ascolta il battito e prova a seguirlo: uno,due, tre e quattro –
uno, due, tre e quattro” (e così via…)
Quest’esempio
ci introduce un concetto importantissimo: “in molte canzoni, ogni frase è
divisa in cellule (tecnicamente misure o battute) contenenti ciascuna quattro
beats (battiti)”.
Ci
riferiamo al famoso “u-no, du-e, tre-e, quat-tro”.
In questo caso affermeremo che la canzone ha un tempo di
“quattro-quarti”.
Possiamo incontrare il caso di canzoni le cui misure
contengono tre beats ciascuna. In questo caso ci troveremo di fronte ad un tempo
di “tre-quarti” (“un-due-tre / un-due-tre); altre le cui misure contengono
due battiti (un-due / un - due), ed allora parleremo di tempo in “due
quarti”.
Per
assimilare bene questi concetti, che sono basilari, facciamo un piccolo
esercizio “metaforico”:
Ø
Proviamo a
dire di seguito le seguenti parole di due sillabe ciascuna:
Ca-ne
/ gat-to / to-po / lu –po.
Possiamo identificare ogni parola con una misura di due/quarti; e
le relative sillabe con note di un quarto ciascuna.
Ø
Ripetiamo
l’esempio con alcune parole di tre sillabe ciascuna:
Bron-to-lo
/ Mam–mo–lo / E–o–lo / Pi–so–lo.
Abbiamo figurato alcune misure di tre/quarti.
Ø
Vediamo ora
alcune parole di quattro sillabe ciascuna:
To
–po –li –no / Pa – pe – ri –no / Cla – ra – bel – la / Ba –
set –to –ni.
Ecco infine il tempo di
quattro/quarti.
Il tempo di due/quarti,
con il suo carattere saltellante, è molto usato nelle marce, nel fox-trot,
nella polka. Il tempo ternario identifica invece molta musica da ballo, mazurke
e valzer; lo ritroveremo anche (nella versione 6/8 o 12/8) in alcune canzoni di
derivazione blues e soul. Infine il quattro/quarti è il tempo sicuramente più
diffuso nella musica moderna.