GLI ACCORDI (mettiamo le note insieme) 

Nel capitolo precedente abbiamo imparato dove si collocano le note nella tastiera della chitarra, oltre ai primi principi che regolano i modi più importanti (maggiore e minore) e le tonalità più usate dai chitarristi.

 Le scale che abbiamo iniziato a conoscere, e sulle quali mi auguro continuerete ad esercitarvi, sono l’espressione di un’emissione di note “monofonica”, quindi ad una voce sola, e rappresentano i “fondamentali” per l’esposizione delle “melodie”. Per fare un paragone, un’espressione tipica della melodia, quindi monofonica, è il canto della voce umana.

 L’espressione di una emissione di più note, magari diverse, simultanee si chiama “polifonica”, e, ancorché possa verificarsi in contesti melodici (es. una linea di canto esposta insieme da una voce maschile e da una femminile in simultanea), trova la massima applicazione nell’  “armonia”, che potremmo rappresentare come il vestito, il contorno dell’oggetto principale (appunto il canto, sia esso esposto dalla voce umana piuttosto che da altro strumento monofonico – chitarra, violino, sax, flauto…..).

 Il nome stesso di “armonia” ci porta a raffigurare un insieme di note che “stanno bene insieme”, che ben si accompagnano, che, in pratica, vanno…..”d’accordo”.

 Infatti, prende il nome di accordo un insieme di note emesse simultaneamente (o in breve sequenza tra loro, ed allora parleremo di “arpeggi”) e caratterizzate da “intervalli” ben determinati.

 Gli accordi possono essere “perfetti” o “consonanti”, se piacevoli all’udito, o “imperfetti” o “dissonanti” se il loro ascolto risulta sgradevole.

 L’armonia tonale, che caratterizza buona parte della musica dal 1600 sino ai giorni nostri, prevede perlopiù l’uso d’ accordi consonanti, ancorché alcuni accordi dissonanti siano talvolta usati per introdurre cambi di tonalità o particolari momenti di tensine nei brani.

 Gli intervalli

 Per analizzare la struttura degli accordi, è indispensabile fornire qualche cenno sugli intervalli. 

Esaminiamo il nostro ormai familiare diagramma della scala maggiore e scriviamo sotto l’intervallo che intercorre tra ogni nota e la tonica:

BICORDI – TRIADI – TETRADI

 Abbiamo detto che gli accordi altro non sono che “insiemi di note”, legate tra di loro da intervalli ben precisi. Assumono il nome di:

  1.      bicordi” – quando sono formati da due note, generalmente nota fondamentale e relativa terza, oppure nota fondamentale e relativa quinta;

  2.      triadi” – formati da tre note: fondamentale, terza e quinta:

  3.      tetradi” – formati da quattro note: fondamentale, terza, quinta e settima.

Ci occuperemo approfonditamente dei bicordi nel capitolo dedicato ai “power chords”, ambito in cui trovano la loro principale applicazione. Ora analizziamo le triadi e le tetradi.

Innanzi tutto, osservando anche i due diagrammi sopra riportati, appare subito evidente il ruolo decisivo giocato dalle terze nella formazione degli accordi. Infatti, l’uso della terza maggiore piuttosto che della terza minore arriva a cambiare radicalmente il carattere degli accordi stessi, che sarà aperto e brillante nel caso degli accordi con la terza maggiore (accordi maggiori) quanto cupo e chiuso nel caso degli accordi con la terza minore (accordi minori).

Vediamo ora che tipo di triadi si riesce ad ottenere usando le sette note della scala naturale.

 

Osserviamo che le triadi costruite sulla scala naturale (ovviamente le medesime triadi formate sulla scala di Do maggiore sono le stesse che ricaveremo da quella di La minore naturale) sono essenzialmente di tre tipi:

 Ø      maggiori (Do magg, Fa magg, Sol magg)

Ø      minori (Re min, Mi min, La min)

Ø      semidiminuite (Si°)

 Quest’ultimo accordo differisce da un qualsiasi accordo minore per l’intervallo di quinta, che dista tre toni dalla nota fondamentale (di seguito n.f.) (quinta diminuita) anziché tre toni e mezzo, tipici di accordi minori e maggiori (quinta giusta).

 

Analizziamo ora le tetradi:

In questo caso è da rilevare che:

 Ø      Gli accordi minori (Re min, Mi min, La min) e l’accordo semidiminuito (Si°) si completano con la settima minore (cinque toni vs. n.f. o, più semplicemente, un tono dall’ottava).

Ø      Gli accordi di Do maggiore e Fa maggiore si completano con la settima maggiore (cinque toni e mezzo vs. n.f. o, più semplicemente, un semitono dall’ottava).

Ø      L’accordo di Sol Maggiore si completa con la settima minore (cinque toni vs. n.f. o, più semplicemente, un tono dall’ottava). Questo è un aspetto da prendere in attenta considerazione sin dall’inizio. Infatti, l’accordo di settima costruito sul quinto grado della scala (nota di Sol in una scala di Do maggiore), o dominante, prende il nome di “accordo di settima di dominante” ed ha influenzato in modo esagerato la musica degli ultimi quarant’anni……

 A questo punto i più pazienti di voi potranno esercitarsi a ricavare tutti gli accordi che interessano le altre tonalità. I meno pazienti, se mi assicurano che i concetti espressi sono stati assimilati, potranno invece consultare direttamente le seguenti abelle:

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