IL MITO DEI GENESIS RIVIVE CON LA "SUPPER'S READY LIVE BAND"

Forse qualcuno di Voi penserà che sono innamorato delle cosiddette "Tribute Bands" e, devo ammettere, a ragione.
Premesso che nutro un profondo rispetto per qualsiasi musicista che si mette in discussione salendo su un palco e proponendo a tutti la propria arte, riconosco di provare un debole per queste Bands, che ci consentono di rivivere il mito di artisti che in passato ci hanno entusiasmato e che mai e poi mai avremmo pensato di assaporare in una dimensione "live".
Se poi il mito che ci occupa è quello dei Genesis....
Chi come me è approdato negli ...anta ha ben presente il fascino che questo nome rievoca; la mente non può non tornare alla magia di quegli splendidi vinili consumati da ripetuti ascolti; le relative copertine che presentavano, oltre a quei disegni particolarmente fantasiosi tutti i testi con le relative traduzioni; l'emozione nello scoprire a poco a poco una musica affascinante....
Così, la sera di sabato 3 aprile 2004, nella sontuosa cornice dell'auditorium della "Sala Palladio" della fiera di Vicenza,che è forse uno dei migliori spazi per spettacoli dal vivo nella zona per l'impatto scenografico della sala e per la meravigliosa acustica, grazie all'illuminata ed impeccabile organizzazione di Matteo Pasqualotto, abbiamo avuto l'opportunità di rivedere all'opera la "SUPPER'S READY LIVE BAND", gruppo bolzanino attivo da ormai un decennio, che già ci aveva affascinato lo scorso anno al Teatro San Marco di Vicenza.

E' da rimarcare che la serata, come peraltro la precedente, aveva nobili finalità, tenuto conto che l'intero incasso  è stato devoluto alla LEGA ITALIANA PER LA LOTTA CONTRO I TUMORI. (www.legatumorivicenza.it)
Appunto il presidente della locale sezione dell'Associazione, Gen. Innecco, ha introdotto la band, coadiuvato da un personaggio di eccezione, tale Paolo "Pablito" Rossi, che oltre ad essere un vicentino di adozione, è uno dei "testimonial" dell'associazione, con cui collabora da anni.

Sin dall'ingresso nella sala mi preparavo, sapientemente avvisato da Paolo Pasqualotto, fratello di Matteo, ad uno spettacolo fuori da comune. Un'occhiata al palco suffragava questa sensazione: il set-up dei vari strumentisti era una profusione di apparecchiature professionali (tutti i musicisti si sono avvalsi di ear-monitors) ed, al centro, brillava l'inquietante presenza di una seconda batteria... 


Finalmente alle 21.30 è stato dato l'avvio alla musica. I primi due brani, "Turn it on Again" e "Abacab", appartenenti alla "seconda fase" della vita artistica dello storico gruppo servivano a "carburare" la band, ancorchè già nel finale di Abacab gli strumentisti si lasciavano andare ad alcuni pregevoli assoli, ben al di là dello spirito originale dei brani,  evidenziando subito una crescita tecnica rispetto alla scorsa esibizione; in pratica è stato messo subito in chiaro che in  questa serata non si sarebbe scherzato. 
Immediatamente dopo, accolta da un boato di applausi, ecco "The Lamb Lies Down...." con connessa "Closing Section" della magica "The Musical Box" ad accendere gli animi di tutti gli appassionati, ed a seguire "The Carpet Crowlers", "In The Cage", ed un medley di "In that quiet earth" e "The colony of Slippermens" legate la loro da splendidi stacchi di arrangiamento  originale e culminate in una emozionante versione della romantica ballata "Afterglow". 


Principali novità dello spettacolo sono state, oltre al misurato (per quantità di interventi, non certo per qualità) apporto del secondo batterista, un allestimento di luci veramente impressionante, coadiuvate peraltro da proiezioni nel maxi schermo allestito alle spalle del gruppo di affascinanti filmati ispirati alle canzoni, immagini tridimensionali o riprese del gruppo stesso in azione.


A questo punto si poteva azzardare una prima analisi sotto il profilo squisitamente tecnico della performance.
Innanzitutto non va dimenticato che la musica dei Genesis, come ben sanno tutti coloro che hanno dimestichezza con il  pentagramma, presenta numerose difficoltà oggettive nell'esecuzione, per la quasi totale mancanza di riffs e la presenza  di progressioni armoniche inusuali, con frequenti cambi di tonalità ed uso di accordi diminuiti. Ciò comunque al servizio generale delle linee melodiche dei brani, che pur spesso di non immediata presa, risultano in ultima analisi sempre  godibili ed accattivanti.

La sfida intrapresa dai nostri amici bolzanini è pertanto impegnativa, e dalla tenzone possiamo affermare che ne sono usciti vincenti: partendo dalla sezione ritmica sottolineiamo l'impeccabile lavoro del batterista "titolare" Sandro Giudici, che ha dimostrato di aver ben assimilato non solo le lezioni di Phil Collins ma anche il raffinato playing di Chester Thompson e di Bill Bruford, il tutto con un "tiro" invidiabile ed un suono molto curato. Nell'occasione si è aggiunto anche il "batterista della prima ora" Attilio Rovai, autore di interventi pregevoli in alcuni brani, in particolare nelle "fughe strumentali" presenti in più canzoni tratte dallo storico "Second's Out", anche in quella occasione suonate da due batteristi.
Solidissima integrazione ai due "drummers", è data dal lavoro di Matteo Dell'Osso, vero pilastro fondamentale nell'architettura del gruppo che,  avvalendosi di un meraviglioso strumento a doppio manico dell'artigiano scledense "Manne"- amplificato "Mark Bass", si è alternato disinvoltamente tra basso e chitarra a 12 corde, sostenendo il tutto con precisi interventi al "Moog Taurus Bass Pedal" ai suoi piedi. Le suo poderose cavalcate al basso alternate ai deliziosi arpeggi ci hanno letteralmente stregato.

Ricordavo con entusiasmo il lavoro del tastierista Frediano Delladio, vero emulo di Tony Banks; eccezionale in tutte le  occasioni, ha entusiasmato in particolare nei soli suonati sugli analogici "Arp" ed all'organo (un "clone Hammond" della "Roland") facendosi apprezzare per un suono molto rotondo e preciso.


Arriviamo finalmente al chitarrista, Cristiano Giongo (Gibson Les Paul "Wine Red" e Fender Stratocaster Sunbusrt - amplificazione "Mesa Boogie"). Riproporre il sound di Steve Hackett non è certo cosa facile, ancorchè il maestro inglese sia a mio avviso piuttosto sottovalutato nel mondo delle sei corde. In effetti Hackett non è certo un chitarrista pirotecnico come altri suoi colleghi, ma è il classico esempio dove una tecnica sopraffina è al puro e pieno servizio della musica. Inutile ricordare poi la qualità del suo suono, elaborata in un'epoca in cui il digitale - fondamentale per le modulazioni ed i ritardi - lo si poteva solamente sognare. In questo contesto Cristiano è uscito alla grande, sfoggiando un playing preciso e raffinato che è un sunto dell'intero vocabolario del chitarrismo moderno, con arpeggi, un bellissimo vibrato, bendings emozionanti, hammer on, pull off, tapping ed addirittura qualche svisata con il "bottleneck" . Grande!.


Infine il Front-Man Andrea Toso, chiamato ad un impietoso confronto con personaggi quali Phil Collins e Peter Gabriel. Andrea, che forse più degli altri suoi compagni accusava nel precedente spettacolo un certo "gap" con gli originali, ha dato prova di una profonda maturazione, intraprendendo con determinazione la scelta di virare più verso Phil che verso Peter, in regioni più congegnali alla sua estensione vocale ed alla sua verve interpretativa. Il risultato è una  performance appassionata e matura, che ha affascinato l'intera platea. Da sottolineare anche le sue qualità di  intrattenitore nei confronti del pubblico, con interventi intrisi di uno humor garbato e raffinato.


A questo punto, dopo "Watcher of the Skies" ed una meravigliosa "One for the vine" (da sempre tra le mie preferite), lo spettacolo ha letteralmente spiccato il volo sulle note della suite che ha ispirato il nome al gruppo, la mitica "Supper's Ready". Nei 26 minuti della suite, il gruppo ha toccato vertici interpretativi altissimi, sottolineati in più occasioni da applausi a scena aperta.

E via di seguito con Firth of Fifth (definita dal buon Gec, mio vicino di sedia, "commovente"), con The Cinema Show, con altri pezzi della recente produzione dei Genesis sempre suonati con passione, in un crescendo parossistico culminato nel migliore finale che potessimo sperare: Dance on a Volcano - Los Endos, chiusa con il mitico assolo dei due batteristi che, ispirato ovviamente al duetto di Chester e Phil in Second's Out, è andato ben oltre, in un entusiasmante interplay dove Sandro ed Elio ci hanno veramente fatto impazzire, dimostrando tra l'altro una intesa formidabile.

Dopo tre ore abbondanti di spettacolo, il pubblico è stato congedato con un medley acustico chiuso con la notissima "Follow You-Follow Me" a chiudere le danze, dove è stato chiamato sul palco anche il bassista originale del gruppo, Ivan Menegatti.

Certo, non avremmo mai pensato di poter vedere un giorno uno spettacolo simile. Non ci resta che ringraziare Matteo Pasqualotto e la band  per il magnifico regalo offertoci. 

Cari Supper's Ready, Vi salutiamo con stima ed ammirazione, nella speranza di rivederVi in avvenire, magari alle prese con del materiale Vostro originale che, siamo certi, vista la capacità tecnica ed il feeling da Voi dimostrato nelle  serate vicentine, è sicuramente alla vostra portata. Non mancheremo di sostenerVi con il nostro migliore affetto.

Vilorenz

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