SOLO CONTRO TUTTI
di Stéphane Samson
Si sa che
Jacques Villeneuve va sempre controcorrente. E adesso ha due opzioni per il
2003: restare alla BAR o tornare negli USA per un anno sabbatico...
La carriera di un pilota è
segnata da momenti-chiave. In qualche caso certe date si rivelano fondamentali
solo a posteriori, sulla base di alti e bassi, opportunità colte o mancate,
di Campionato in Campionato. Ma altri momenti si annunciano a chiare lettere
ancor prima di arrivare. Attenzione. Punto di svolta.
Per Jacques Villeneuve, la stagione 2002 ricade decisamente in questa seconda
categoria. Il canadese, alla BAR dal '99, è solo davanti a una scelta
che avrà delle ripercussioni sul resto della sua carriera: correre in
F1 nel 2003 o prendere un anno sabbatico - dalla massima Formula, non dalle
corse - e tornare in gran forma alla BAR nel 2004. Sta a lui decidere.
"In un contratto, i soli punti oggettivi sono quelli basati sui numeri
e sulle leggi", dice. "Si può discutere sugli obblighi e le
libertà che il contratto ti consente. Per tutto il resto, si segue il
cuore. E' facile commettere errori, ma è meglio prendere una decisione
sbagliata che non decidere affatto".
Ora Jacques può mettere in pratica questo principio. Può mantenere
i legami con la BAR correndo negli USA per un anno - ma un anno soltanto, non
di più - in una vettura messa a disposizione dalla British American Tobacco.
Nel frattempo, Jenson Button e il ripescabile Olivier Panis (che la BAR rispetta
come pilota e come tester, tanto che vorrebbe tenerlo sotto contratto per il
2003) si assumeranno l'incarico di portare la monoposto a livelli competitivi.
Visto che Villeneuve ha dominato
nella CART e ha trionfato nella Indy 500 prima di sbarcare in F1, per i suoi
datori di lavoro questo sarebbe un impiego più adatto e proficuo per
il suo talento - perchè è certo che in F1 non c'è alcuna
possibilità di passare dal fondo alla testa della griglia in un batter
d'occhio. Anche se la BAR facesse passi da gigante in inverno, gli obiettivi
per il 2003 non potranno mai essere pari alle aspirazioni di un ex-Campione
del Mondo.
Villeneuve non è molto cambiato. Dal '99 in poi ha conosciuto un inferno
senza fine - e lo ammette senza problemi quando parla della stagione 2002. "E'
di gran lunga la peggiore del team", dice tranquillamente. "Avremmo
potuto lavorare meglio che in passato, ma la monoposto non è competitiva,
il problema è tutto qui".
Ma il contratto e lo stipendio chiamano (18 milioni di dollari all'anno - oltre
18.345.000 Euro) e Villeneuve risponde. "Il team farà progressi
grazie all'apporto di Geoff Willis [il direttore tecnico]. Ne sono certo",
sostiene. "L'unico vero punto di domanda è la Honda. Sarà
all'altezza delle aspettative. C'è molto denaro in gioco, ma sarà
sufficiente?".
Lo stato della BAR per il 2003 ora è chiaro. Il pacchetto include Jenson
Button, il V10 Honda, altre tre stagioni con la Bridgestone, un team tecnico
con Geoff Willis e un nuovo management.
"Sono rimaste poche persone del vecchio organigramma", spiega il nuovo
team boss David Richards. "Nella F1 moderna le prestazioni di una squadra
dipendono in gran parte dal management. Occorrono chiarezza nei ruoli e delle
persone adatte a ricoprirli".
Che si trasferisca negli Stati Uniti o meno, nel 2003 Jacques si troverà
in un team con un nuovo look, forse con un nome diverso. Nuovi colori. Nuovo
vessillo.
Ma la sua posizione attuale e tutt'altro che confortevole. Il campione uscito
dal nulla nel '97 si è subito ritrovato a languire a fondo classifica,
prima con la Williams non competitiva del '98 e poi con l'avventura alla BAR.
E' ancora uno dei migliori piloti del lotto, ma ha perso l'opportunità
di correre in altre squadre. "Tutti i sedili migliori sono già occupati"
dice. Non ha senso sperare in qualcosa da Ferrari, McLaren, Williams o Renault.
D'altra parte, è un vantaggio rimanere in un team che conosco e dove
ho già instaurato un buon clima di lavoro, guadagnandomi il rispetto
dei ragazzi".
E' un peccato, perchè uno dei top team gli avrebbe volentieri spalancato
le porte se solo Villeneuve avesse accettato di limitare le sue pretese, lavorando
sull'immagine, stando al gioco della F1. "Sto diventando uno della vecchia
guardia, perciò suscito minor interesse nei boss dei top team",
spiega. "Il mio stipendio non c'entra, ma probabilmente si chiedono se
sono ancora affamato di successo. Finchè un pilota vince, tutto è
visto sotto una luce positiva. Ma, quando le cose non vanno bene, il giudizio
degli osservatori cambia", Villeneuve non fa che constatare l'ovvio. "In
un certo senso mi viene da ridere, perchè so guidare meglio adesso che
nel '97. Ma ciò che conta, purtroppo, è quello che gli altri pensano
di me. Fisicamente, sono più in forma che mai. Sopporto meglio il caldo
e il mio know-how tecnico è decisamente più approfondito".
Limitando le giornate promozionali, rifiutandosi di testare una macchina scadente
e preferendo la tranquilla atmosfera del suo motorhome agli intrighi del paddock,
Jacques si distingue dagli altri piloti. E non ha rimorsi.
"Curare di più lamia immagine?", dice. "Avrei potuto farlo ma, se avessi dovuto perderci del tempo, avrei preferito lasciare le corse. Non sto scherzando". E c'è un altro aspetto, secondo Villeneuve, che spiega la sua situazione difficile. "Il fatto che Craig [Pollock, suo manager e grande amico] fosse a capo del team ha scoraggiato alcune persone dal farmi qualsiasi offerta". Ma quello che per Jacques conta davvero, quello a cui tiene, è guidare. In gara, preferibilmente. "Quando salgo su una monoposto, do sempre il massimo. Ma è ancora difficile accettare l'idea che oggi un un quarto posto ci riempirebbe di gioia". confessa, facendo ampi gesti con se mani su un volante immaginario.
David Richards concorda. "Jacques
è un pilota molto speciale", dice. "Gli ci vuole del tempo
per consentire a un estraneo di entrare nel suo mondo. Io ho avuto la pazienza
necessaria. Quando è in pista, è un corridore nato. Qualche volta
un po' fuori ritmo nelle prove libere, poi migliora in qualifica ed esprime
tutto il suo potenziale in gara". Quest'anno, per esempio, ha dato prova
della sua abilità di guida e della sua grinta in Austria e a Silverstone.
Ascoltandolo, si ha l'impressione che le prestazioni meno che incoraggianti
della BAR non abbiano spento la sua passione. "Sono sempre stato un combattente.
Non mi sono mai arreso. Quando sono al volante do tutto me stesso. La cosa importante
è spingere sempre al massimo, per poter cogliere l'opportunità
quando si presenta.
Questo atteggiamento a volte paga. Ma non c'è motivo di impiegare un
Campione (con l'ingaggio che chiede) come tappabuchi. Richards ha già
espresso il suo pensiero in proposito, ma JV è convinto che fosse solo
un'opinione passeggera e che il boss abbia già cambiato idea.
"Dato che la macchina non è vincente, David e gli sponsor si sono
chiesti cosa ci facessi qui", spiega. "Si sono domandati se non sarebbe
stato meglio avere un pilota disposto a pagare, il che è un peccato:
non può portare nulla di positivo e a lungo termine non porta vantaggi.
Silverstone [dove Jacques ha concluso quarto, finora il miglior risultato del
team nel 2002] ha cambiato le cose. La squadra aveva bisogno di una secchiata
di acqua gelida in faccia".
Il suo ingaggio non è un grosso ostacolo per un team da metà schieramento?
"No. Lo stipendio è un modo di misurare quanto vali in confronto
ad altri piloti. E, come sempre nella vita, è difficile fare dei passi
indietro".
Ovviamente, Jacques ama le corse più di ogni altra cosa e non può
nascondere la propria frustrazione dopo quattro anni di sforzi con risultati
mediocri. Ma frustrazione non significa noia. E' più che in grado di
battere i migliori piloti che corrono negli USA: saltare una stagione difficile
in F1 per poi tornare con la fiducia ritrovata, in un team - si spera - competitivo
per almeno due anni (con un congruo stipendio come parte dell'accordo) non sembra
poi tanto male. "Se mi arrendessi", confessa, "non potrei più
guardarmi allo specchio la mattina. Non voglio ritrovarmi a vivere senza stima
di me stesso. Non è nel mo stile".
Lo stile Villeneuve. Uno stile unico.
Tratto da "F1 Racing" n° 43 2002