FORMULA 1 IN GERMANIA - IL PROTAGONISTA -
Villeneuve ha una dedica: "Non a chi pensate voi. Mi chiedete sempre di mio padre''

BASTA PARLARE DI GILLES


Poche emozioni per il canadese: "Questo è solo un Gp, vincere ad Indianapolis è stata tutta un' altra cosa" -
Noia fino a quando non ha visto la rossa

NURBURGRING - Non è una pistola, lo sguardo che Jacques Villeneuve spiana di fronte all' uditorio. Ma l' effetto è il medesimo: tutti con le mani in alto, e niente domande su papà Gilles. "Sono dieci anni che mi si chiede di lui, da quando ho cominciato a correre: ne ho abbastanza".

A suo modo raggelante, a suo modo giusto. E' del pilota ragazzino, l' esordiente di 25 anni, che adesso la F.1 deve parlare, e non di suo padre, mito avvitato per sempre ai cuori del popolo rosso, quello per cui Gilles fa rima con Ferrari.

"Ho una dedica, per questa vittoria; ma non è per chi pensate", non è papà, non è il passato. Brevi e salutari lezioni, il ragazzino - che ha già una carriera bella alle spalle: vincitore della 500 miglia di Indianapolis e del campionato Indy, lo scorso anno -, distribuisce.
Sulla necessità di vivere nel presente, ad esempio: "La vera emozione l' ho provata sul traguardo, tagliandolo per primo. Poi, col passare dei minuti, tutto si è rallentato. Sono contento, come non esserlo?, ma quello che ho provato a Indianapolis è ancora irripetibile: la 500 miglia è la gara più importante dell' automobilismo sportivo, questo del Nurburgring è solo un Gp di F.1".

Complimenti. Ma si sapeva quanto e come il giovane Jacques ami farsi di ferro, quando in giro si comincia ad avvertire il profumo dei sentimenti. Portato alla F.1 da Ecclestone, che lo ha vivamente raccomandato a Frank Williams e poi lo ha benedetto così: "Vincerà il campionato già quest'anno", Villeneuve junior ha da subito ingaggiato una bella lotta tra figli d'arte con Damon Hill.
In Australia, ha faticato assai prima di farsi convincere da un mezzo guasto (e anche dagli ordini di scuderia) a far passare Hill, lasciandogli via libera verso la prima vittoria dell' anno. Ieri, vinta la gara e incassate le congratulazioni di Schumacher - affabile con chiunque lo preceda senza chiamarsi Damon Hill -, ha raccontato gli accadimenti della corsa così: "Hill ha sbagliato la partenza, per mia fortuna. E poi è stata una noia mortale, fino a che non mi è arrivato dietro Schumacher. Correre da solo, lì davanti, non era divertente; molto meglio combattere, avere qualcuno da tenersi dietro. Sì, è stato davvero divertente".

Datemene ancora, sembra chiedere. E ancora ne avrà. Non sembra destinato a fare il comprimario per molto, il canadese che parla tre lingue e piace un po' a tutti (tranne naturalmente che a Hill). Piace a Williams e a Ecclestone, piace a Schumacher - solitamente implacabile nei confronti degli altri piloti; "Gilles? Non l' ho mai visto correre, non seguivo le corse in tv, quand' ero un ragazzo", racconta il tedesco, per spiegare come la sua stima per l'avversario di oggi non sia dettata dall'amore per il mito: "Jacques è stato bravissimo, mi aveva dietro e non ha commesso alcun errore: ha controllato la gara ed ha vinto, complimenti sinceri".

Adesso, il campione che si farà ha davanti Imola, e gli sarà difficile scrollarsi di dosso gli occhi di chi guarda a lui e vede Gilles. Anche, gli sarà difficile sfuggire al ruolo di favorito per la gara italiana: quello di Imola è un circuito che conosce bene, nessuna sorpresa dovrebbe attenderlo, e c'è un Damon Hill che potrebbe aver perduto in un colpo solo tutta la tranquillità faticosamente trovata. "Ma non significa niente, in vista del futuro, questa vittoria. La domenica si è primi, il lunedì si è come tutti gli altri, nel mucchio, e si pensa alla gara che seguirà. Conosco il tracciato italiano, è vero, come quasi tutti quelli che ci sono in Europa. Ma non parto vincente, né d'altronde battuto. Parto, e il resto si vedrà".

Tratto da "La Repubblica" del 29 Aprile 1996


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