Uno l'abbiamo lasciato sulla sabbia di
Jerez, con le ruote che giravano a vuoto come le sue rotelle di robot finito
fuori uso, fuori pista. E fuori giri perché, soltanto un attimo prima, il comando
autoimpartito era stato nient'altro che una pulsione a sterzare verso destra
e buttare fuori l'avversario. Così Michael Schumacher era andato in pezzi nel
giorno meno indicato: come quei giocattoli perfetti che, una volta smontati,
mostrano tutta la loro fragilità.
L'altro l'abbiamo lasciato in cima al podio, con i suoi improbabili capelli
biondi, mentre tutti cercavano da qualche parte suo padre Gilles - in una frase,
un sorriso, una piega del viso - senza riuscire a trovarlo. Forse perché il
nuovo campione del mondo di Formula 1 si tiene tutto dentro: dentro la sua T-shirt
extralarge che gli fa da tunica, dentro i suoi jeans più capienti di un abitacolo,
dentro il suo walkman che gli passa i Doors, mentre cantano in Strange days
"vogliamo tutto e lo vogliamo subito".
Così Jacques Villeneuve, il ragazzo che doveva ancora crescere e che poteva
commettere un errore sotto pressione, ha invertito il ruolo dei cliché e dei
pronostici. Insomma l'ultima volta che i due piloti si sono incrociati alla
curva Dry Sack del Gran Premio d'Europa, ciascuno ha mostrato la parte nascosta
di sé e, come in un gioco di specchi, ciò che sembrava appartenere solo all'altro:
il calcolatore ha agito d'impulso e l'arruffato è parso gelido.
Da allora i due non si sono più rivisti, ma hanno continuato a non intendersi:
uno ha ammesso l'errore, ma l'altro non gli ha perdonato le scuse mancate. E
ancora, se Michael Schumacher ha lavorato per cancellare dalla testa del popolo
ferrarista il ricordo di quel pomeriggio, Jacques Villeneuve l'ha rammentato,
quel pomeriggio, io ogni intervista, commento, incontro.
Un lavoro ai box dell'immagine, parallelo a quello sulle nuove macchine; logoramento
sofisticato fatto di parole di mescola tenera o dura, secondo i mutamenti del
clima (agonistico) di una vigilia ormai in vista della griglia di partenza:
semaforo verde domenica prossima 8 marzo, a Melbourne, Gran Premio d'Australia.
Il lungo pit-stop di Michael e Jacques sta per essere completato. Come dire
che in fondo si ricomincia da lì, dal 49° giro di Jerez. Da quello che non è
stato e poteva essere: una Ferrari finalmente prima dopo quasi vent'anni, scuderia
di nuovo sull'orlo della rivincita col suo popolo esaltato dalle prestazioni
della macchina, ma alla fine deluso da quelle del pilota. Come ha spiegato l'avvocato
Agnelli: "Il tedesco è l'unico che l'anno scorso avrebbe potuto portare la Ferrari
all'arrivo in fotografia. Purtroppo, poi, ha fatto quella broccata…". E da quello
che è stato e non doveva essere: il pilota finito in tribunale (anche se alla
fine il verdetto ha parlato di "gesto istintivo senza premeditazione"), la cancellazione
di Schumacher dalla classifica piloti del campionato 1997, e soprattutto la
messa in mora di un rapporto perfetto, quasi a scatola chiusa, tra Schumacher
e i tifosi della Rossa, gente che sa cos'è la pazienza, che sa perdere, ma vuole
farlo a testa alta. Senza impantanarsi nella sabbia dei gesti maldestri e delle
polemiche.
L'ANNO DEI DUELLANTI
Insomma, prima che l'anno della nuova sfida tra la Ferrari e la Williams (la
scuderia inglese ha fatto il paio con Schumacher: processata per le sgradevoli
comunicazioni-box che invitavano Villeneuve, ormai campione, a lasciar vincere
quell'ultimo Gran Premio alla McLaren, utile gregaria), il 1998 sarà l'anno
dei Duellanti: la messa in moto come la ripresa di un discorso interrotto, pieno
di punti interrogativi. Michael Schumacher avrà assorbito la delusione? E quanta
rabbia e quanta voglia sono rimaste a Jacques Villeneuve che a 26 anni ha già
vinto il mondiale Indy e pure quello di Formula 1, eppure sembra sempre affamato?
Uomini contro, fatti apposta per dividere, far parteggiare e scegliere. Uomini
fieri, fatti per stare davanti. Sperando che stavolta non finisca a portellate:
in risse rosse.
Sì, perché il colore di Schumacher quest'anno è anche il colore di Villeneuve.
Il nuovo sponsor della Williams, la Winfield ha scelto il rosso.
E Michael e Jacques vedranno rosso: nel retrovisore, si augurano entrambi. Sfida
di gesti, e non solo agonistici: la smorfia di Schumi, che storce la bocca per
dirti il suo disprezzo e alza il mento, come un alettone, dall'orgoglio; gli
occhi Jacques che sono sempre di un azzurro annuvolato, mentre grida "deficiente"
in faccia a Eddie Irvine, seconda guida Ferrari (confermato per il 1998) che
ha appena fatto un numero a rischio.
CUORE DI FERRARISTA
Due modi di dire e mandare a dire e mandare al diavolo. Due modi di vivere.
Schumi: moglie, figlia e famiglia; il suo parco macchine (ultima arrivata, la
500 del '67 che gli ha regalato Luca di Montezemolo a Natale); la villa svizzera
e la precisione pure; e poi quell'eleganza teutonica, da inguaribile impeccabile.
Jacques: fidanzata pendolare tra Canada e Montecarlo; niente auto di lusso,
ma il lusso di poter aggiornare ogni volta il suo computer; internettiano e
videogiochista; il look trasandato e Stephen King nello zainetto.
Due anni, tre mesi e sei giorni tra i due, eppure due generazioni che sbattono,
due culture che stridono. E non è questione solo di sorpassi e freni.
Se la Formula 1 dei Gran Premi barbosi - senza troppi colpi di scena, appesi
alla malinconica suspense del distributore di benzina con cambio gomme - aveva
bisogno di una sfida, ecco trovati i Duellanti.
Sono fatti apposta per non piacersi e non capirsi. Paradossalmente, li capiscono
molto meglio i rispettivi tifosi: non è un caso che il popolo ferrarista, in
qualche modo, voglia bene a Villeneuve, un po' come ne voleva a Senna.
E non è solo per via della paternità indimenticabile: è perché il ferrarista
riconosce la classe di una staccata, e distingue sempre il nemico dall'avversario.
E in diciannove anni senza titolo ha imparato a valutare e a soffrire, senza
smettere di credere ogni volta - e questa, targata 1998, è lì per risarcirlo
- che sarà la volta buona. E' l'occasione per vedere Luca di Montezemolo rapato
a zero: come Ronaldo, come da promessa. Certo, non ci sono solo i Duellanti.
Ci sono Irvine e Frentzen, scudieri di scuderia. Ci sono Giancarlo Fisichella
sulla Benetton e Jarno Trulli sulla Prost. E la strana coppia Hakkinen-Coulthard,
dentro la nuova McLaren che spaventa Schumacher più della Williams.
Però i Duellanti stanno in cima al cartellone del Grande Circo della F1, sono
il "venghino, signori (sponsor) venghino", che serve da richiamo di stagione.
Michael e Jacques sono la vecchia sfida che ritorna, in un mondo a motore sempre
meno romantico dove anche l'ultimo dei vecchi piloti - Gerhard Berger - ha lasciato.
E dove il fascino dei box non sta più nelle ragazze che una volta vi stazionavano,
ma nel tempo che oggi vi trascorre un bolide durante il pit-stop, unico momento
eroico-erotico degli attuali Gran Premi.
Per questo Michael e Jacques sono un certificato di garanzia: con loro la F1
guarda dietro, negli specchietti, e rivede i suoi giorni migliori.