La storia

La data precisa della progettazione e della realizzazione della villa si colloca tra gli anni precoci della prima metà del Settecento. Secondo il il Mazzotti ed il Venturini, fu commissionata ad un allievo dell'architetto padovano Girolamo Frigimelica Roberti (1653-1732), tra il 1715 ed il 1720. Del 1742 è il primo documento dell'edificio, con annesso brolo, che ne attesta la proprietà alla famiglia Ongaro.

La villa vide poi tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell'Ottocento l'avvicendarsi di due famiglie veneziane: i Mandelli e fino ai primi dell'Ottocento i nobili veneziani Trevisan. La villa appartenne poi a Jacopo Visentini ed ai suoi eredi per una quarantina d'anni. Successivamente il complesso fu poi dimora preferita del cardinale Jacopo Monico(1778-1851), patriarca durante l'assedio austriaco a Venezia, che veniva a trascorrere il periodo autunnale.

Nel 1850 i fratelli veneziani Palazzi ne diventarono proprietari, commissionando, sempre in quell'anno, la progettazione del parco, ad Antonio Caregaro Negrin, noto personaggio eclettico, architetto e creatore di molti parchi romantici nel Veneto. Grazie a quest'opera la villa conosce il suo massimo splendore: tant'è che la stradina a sud del parco (via del collegio) fu ribattezzata "via del collegio ai Palazzi", in onore all'opera della famiglia Palazzi.

Tra il 1858-59 la villa fu occupata dal Quartier Generale Austriaco e negli ultimi giorni del giugno del 1859, fu messo a dimora l'enorme cedro del Libano dietro la villa, a ricordo della duplice vittoria di S. Martino e Solferino. Durante il 1866 i Palazzi ospitarono per più notti il Comando dell'Armata Italiana. Nel 1874 viene pubblicato l'album "Ricordo alla provincia di Treviso" dove Antonio Caccianiga elogia la villa e il suo parco, con una suggestiva descrizione grazie alla quale possiamo avere una testimonianza completa dell'opera del Negrin.

Alla fine dell'Ottocento la villa passò al comm. Massimo Ravà che operò le demolizioni dell'oratorio della Ss. Croce e di un palazzetto con sale a stucchi. Il compendio fu poi venduto negli anni venti al Generale Vittorio Galanti. Nel 1934 la villa fu acquistata dall'ing. Cesare Taverna che restaurò varie parti del complesso, costruendo anche la vasca davanti alla casa. Durante la Seconda Guerra Mondiale la villa fu occupata, nel 1943 da un comando tedesco, che costruì anche un bunker (sono ancora evidenti in una zona i resti), e nel '45 da un comando americano che la utilizò per come ospedale da campo.

Alla fine degli anni Settanta del secolo scorso il complesso fu venduta dagli eredi di Cesare Taverna a più proprietari.

 

la villa e la barchessa di sinistra in un disegno di andrea demarco

Fig. 1: La villa e la barchessa di sinistra, disegno di Andrea De Marco.

Le forme

Il complesso residenziale è composto da vari edifici che, negli anni, assolvevano alle varie funzioni che la vita di "villeggiatura" richiedeva. Col passare del tempo e con le diverse esigenze dei vari proprietari, questi hanno subito numerose trasformazioni d'uso e di forme.

La villa fu ideata con una struttura piuttosto semplice, ma tipica di una villa veneta settecentesca. L'edificio principale ha uno schema tipico di un palazzo veneziano. Si tratta di un edificio a tre piani chiuso in alto da una copertura a padiglione. La sua unitarietà strutturale, evidente nella forma coppatta che assume il volume si può apprezzare anche attraverso la rigorosa composizione della facciata principale, dove lo svulippo verticale è impostato in modo simmetrico e tripartito, mentre l'unità orizzontale è generata da fasce contnue che collegano ogni piano ai davanzali delle finestre. L'omogeneità della trama,viene rotta attraverso l'impiego di differenti dettagli architettonici che conferiscono a ciascun livello una propria identità. Il prospetto principale si affaccia ad una piscina, fatta costruire nel 1934 da Cesare Taverna, ai lati della stessa si ergono su dei piedistalli due magnifici cani levrieri in pietra di Vicenza, posti a guardia della villa. Le finestre del pianterreno sono invece sormontate da architravi; nel lato opposto si ripete lo stesso schema. Nel lato sud vanno segnalate una piccola meridiana sopra una porta e l'alternarsi di un'edicola con un timpano ad arco di cerchio sulle due finestre della scala.

All'interno bellissimi stucchi adornano le pareti ed i soffitti del salone centrale e di altre due stanze. Vanno ricordate anche le due tele di fine Seicento rubate negli anni Settanta del Novecento.

Fig.2: la facciata della villa

Di fianco al corpo centrale sorgono le due barchesse, rese comunicanti con la villa grazie a due passaggi sempre su progetto del Caregaro Negrin. La barchessa di destra è di fattura settecentesca, del periodo coevo della villa, fu poi ampliata nella metà dell'Ottocento, con l'aggiunta di un portico a cinque archi ribassati, che furono poi chiusi da vetrate all'inglese dai Taverna. All'interno di quest'ultima vanno segnalati gli stucchi e gli specchi settecenteschi. La barchessa di sinistra ha una struttura più semplice: due piani, con un porticato a cinque arcate abbellito da rifinitura a bugnato. Fu progettata anch'essa dal Caregaro Negrin. Vicino al cancello a nord esiste una terza barchessa, molto simile all'ultima descritta tranne che per le dimensioni, visto che risulta essere il ridimensionamento di un edificio più grande già esistente.

Fig.3: uno dei cancelli sul Terraglio; sullo sfondo un esemplare di Sequoia Gigante.

 

Malgrado le varie modifiche subite nel corso della storia questa rimane una delle più belle e suggestive ville del Terraglio e della provincia di Treviso.

Importante impegno per il futuro a cui tutti i possessori di ville venete devono tener fede è il miglior mantenimento di questo nostro patrimonio!

La VILLA non è visitabile

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