13 luglio 1994

L'ULTIMO ARTICOLO DI ROBOTTI
Insostenibile leggerezza

PRESSO vari centri di ricerca spaziale è allo studio l'impresa più ambiziosa tra quelle compatibili con la tecnologia odierna: l'esplorazione umana di Marte.

Tra i problemi che questo viaggio comporta è fondamentale quello della sopportazione umana della microgravità. In prima approssimazione, si suol dire che a bordo di un veicolo spaziale in volo libero (cioè senza spinta motrice nè resistenza del mezzo) la gravità è nulla. In realtà, nella cabina del veicolo esiste una microgravità variabile tra un ventesimo e un miliardesimo del valore di «g» (accelerazione di gravità sulla Terra) a seconda delle circostanze, come la dimensione del veicolo e la presenza di uomini a bordo. Gli stessi astronauti quando si muovono nella cabina producono per reazione dei disturbi; soltanto il baricentro del sistema complessivo si muove alla velocità esatta; qualsiasi altra parte si muove un poco troppo velocemente o un poco troppo lentamente e così subisce il cosiddetto «effetto marea»: ecco perché i tecnici non parlano di gravità zero ma di microgravità. In microgravità viene a mancare l'attrazione esercitata dalla Terra sullo scheletro degli astronauti e ciò disturba il metabolismo del calcio contenuto nelle ossa.

La causa precisa deve ancora essere accertata ma è sicura la prevalenza dell'assenza di carico meccanico. La prima indicazione che il volo spaziale può produrre nelle ossa mutamenti indesiderabili fu data da un aumento del calcio riscontrato nell'urina degli astronauti a bordo dei veicoli sovietici «Vostoch» 2 e 3, negli anni 1961-62. Cani a bordo del veicolo sovietico Cosmos 101, dopo un volo di 22 giorni denunciarono una diminuzione del 10 per cento del calcio nelle ossa.

Ulteriori prove diedero i voli effettuati nel quadro del programma «Gemini» (Nasa) nel 1965-66. Ma soltanto nel 1973, con la missione Skylab (Nasa) cominciò un ricerca sistematica sulla perdita di calcio dalle ossa: l'osteoporosi. Il risultato di queste ricerche indica che l'esposizione degli astronauti alla microgravità per periodi prolungati provoca perdite di calcio, prevalentemente dalle ossa che sopportano il peso del corpo: colonna vertebrale e femori. Le braccia ne sono meno affette perché nello spazio gli astronauti eseguono all'incirca gli stessi movimenti come sulla Terra. Per soffrire di osteoporosi non è necessario essere astronauti: milioni di individui oltre i 60 anni di età sono afflitti dalla graduale perdita di massa ossea. Le ossa si rinnovano continuamente durante tutta la vita: il processo avviene per pacchetti microscopici che vengono dapprima distrutti e poi ricostruiti. Le cellule della demolizione si chiamano osteoclasti; nella cavità lasciata dagli osteoclasti le cellule costruttrici, denominate osteoblasti, depongono la porzione di osso nuovo. Per ogni pacchetto di ossa demolito e poi ricostruito occorrono 4 mesi.

Per rimediare alla perdita di calcio che si manifesta nelle condizioni di microgravità sono state proposte e sono in corso di sperimentazione varie contromisure. Ginnastica medica: poiché la maggior parte dei risultati sperimentali indica che la principale area della perdita è quella delle ossa che sostengono il peso del corpo, il mezzo migliore per contenere tale perdita è quello di creare nello spazio gravità artificiale. Questo è fattibile e può essere sviluppato per le missioni a lungo termine se si risolveranno problemi tecnici ed economici associati. Se il complesso delle strutture dell'astronave viene fatto ruotare a una velocità angolare opportuna, si può ottenere la creazione di un'area a 1 g. In scala minore è stato proposto l'uso della centrifugazione a bordo. E' anche interessante la tuta di volo sovietica detta «Pinguino» che deve essere indossata durante l'esecuzione della ginnastica e per tutta la giornata lavorativa: è una tuta speciale elasticizzata, che assicura una parziale compensazione dell'assenza di gravità con movimenti in opposizione e funziona come un carico gravitazionale costante sui muscoli di gambe e tronco.

Diete speciali: sono allo studio modificazioni dietetiche che dovrebbero impedire o ridurre le perdite di calcio.

Farmacologia: una combinazione di calcitonina sintetica di salmone e fosfati ha conseguito risultati positivi circa la conservazione del calcio.

Da una rassegna della letteratura sull'argomento, risulta che nove mesi di permanenza nello spazio è un limite oltre il quale è molto probabile che si manifestino danni irreversibili. Questa indicazione fu confermata dal primato di permanenza nello spazio stabilito dal russo Yuri Romanenko, che il 29 dicembre 1979 ritornò sulla Terra dopo una permanenza di 326 giorni a bordo della Stazione spaziale Mir. Per poter resistere a viaggi così lunghi come quello di una missione su Marte è necessario riprodurre a bordo dell'astronave la gravità terrestre e probabilmente si sfrutterà il concetto «Tether» (guinzaglio): due veicoli collegati con un cavo lungo circa 2 chilometri ruoteranno intorno al baricentro dell'intero sistema a velocità angolare tale da riprodurre nel veicolo abitato la gravità terrestre.

Aurelio Robotti