C.R. e la crema miracolosa.
Ormai era ricorrente: tutte le notti del rientro, dopo l’allenamento e la susseguente cena per il recupero, C.R. sviluppava il suo commento tecnico sulla prestazione dei Veterani.
Lucido e impietoso.
“Non solo non avete alcuna idea di come si giochi al calcio, ma, in più, siete lenti, lentissimi!”.
”Quando la palla è calciata, il giocatore che dovrebbe riceverla si è appena mosso di qualche centimetro!”
Io non ne potevo più di queste considerazioni e, in alternativa alla più scontata delle esclamazioni, quella volta risposi “Non siamo più dei ragazzi; la testa (magari) vorrebbe fare, ma le gambe non le obbediscono e, comunque, non c’è soluzione al problema. O smettiamo di fingere di giocare al pallone e passiamo ala petanque (dove il giocatore almeno sta fermo), oppure…”
“Oppure? replicò C.R.
“Oppure ci vuole la bomba”.
Dopo alcuni attimi di silenzio, C.R. fece proprio il messaggio programmatico di Barack Obama: we can do, si può fare, che poi è lo stesso pronunciato da Frankestein Junior, annunciante il suo mostruoso esperimento.
Guardai C.R., che tra i riflessi delle luci notturne assunse un’espressione enigmatica ed inquietante.
“Scherzi?”
“No, ho sempre desiderato cimentarmi nella creazione di un’ emulsione mirabolante (così la chiamò) capace di interagire sull’equazione della velocità (così disse).
Tutti conosciamo bene o abbiamo apprezzato le facoltà alchemiche di C.R., vero “Cordon Bleu” della pomata canforata artigianale, e io stesso lo vidi, all’epoca in cui abitava il suo antro ospedaliero-farmaceutico, rimestare i fondi delle creme scadute e trarne unguenti dalla consistenza dello yogurt.
Il prodotto finale era molto versatile: esaltato dal suo artefice come attivatore muscolare, dava in realtà il miglior risultato come pasta abrasiva, e come tale usata con soddisfazione da molti carrozzieri.
Conscio di siffatto credito, C.R. continuò:
“Mi
sento pronto per un grande esperimento che ottimizzerà il
rapporto tra i tempi umani della risposta dinamica e la
velocità del pallone, intervenendo sul principio della
resistenza del mezzo”.
Si espresse proprio così, con il tipico linguaggio criptico degli scienziati.
Non osai chiedere spiegazioni, temendo una risposta ancora più oscura, e mi limitai a chiedere:
“E’ un procedimento lungo da realizzare?”
“Sì, ci vuole molta pazienza perché le reazioni chimiche sono lente, ma, soprattutto, i componenti di base, tutti naturali, sono molti e rari e non disponibili sul mercato”
“E allora come si può fare?
“Devi darti da fare tu. Io ci metto l’arte, tu l’organizzazione”.
“Giovedì prossimo ti porterò l’elenco dei componenti e tu ti arrangerai a procurarmeli”.
Non volle aggiungere altro ed io non insistetti, pensando, tra l’altro, che la sua fosse stata una “sparata”, che sarebbe rimasta senza seguito.
La smentita l’ebbi il giovedì successivo, quando C.R., appena salito in macchina, estrasse dalla borsa, modello Queen Elisabeth, un foglio ripiegato che mi consegnò come si trattasse del quarto segreto di Fatima.
Spiegando il foglio rimasi sbalordito dai nomi dei componenti e più ancora dai luoghi della loro origine.
Riassumendo, per non annoiare i pochi ma fedeli lettori, dirò che passarono diversi mesi durante i quali riuscii a consegnare a C.R., di volta in volta, un componente, per procurare il quale dovetti interessare enti di ogni genere, frati missionari e persone disperse ad ogni latitudine, con gran dispendio di tempo, nonché di denaro.
Ma ormai ero contagiato dalla sindrome della crema miracolosa e dall’ansia della sua sperimentazione e dei suoi prodigiosi effetti.
Quando consegnai entusiasta l’ultimo dei componenti, ottenni da C.R. solo un laconico: “Adesso ci vorrà il suo tempo!”
Durante questo indefinibile tempo immaginavo C.R., che mi aveva imposto sin dall’inizio l’assoluto silenzio sull’esperimento, manipolare di notte, nello scantinato di casa sua, provette e alambicchi, come l’ultimo dei Rosacroce.
Ad ogni nuovo incontro settimanale C.R. mi aggiornava:
“Ho estratto la tintura madre di agar maleficus; sto macerando il pampinus puteolans; ho distillato il tignosus putridus; sto bollendo la foeticula morbosa; attendo la sublimazione del piritus Luciferi.”
Passarono altri mesi e ad ogni mia rimostranza, C.R. assumeva toni stizziti da accademico:
“Non
sto facendo la Crema Nivea, ma il più magistrale degli
unguenti, un intercettore della spinta dinamica nello spazio”.
Non capendo il significato di quelle parole, replicai unicamente:
“Quanto ci sarà ancora da attendere”, ottenendo come inconsistente risposta:
“Dipende dalle reazioni molecolari”.
E con ciò il discorso rimase sospeso per altri mesi ancora, durante i quali fu vano ottenere risposte più precise, e, soprattutto, previsioni sui tempi per la sperimentazione “in campo”.
Ma venne finalmente quella indimenticabile sera, in cui, all’appuntamento sotto casa C.R. si presentò con lo sguardo di Mefistofele e così capii che il gran momento era infine giunto.
(PUBBLICITÀ.
In questo pezzo c’è una sola interruzione,
doverosa per consentire ai benevoli lettori di recuperare il massimo
dell’attenzione per il finale).
Come salì in auto C.R. batté sul rigonfiamento della imperiale borsetta chiara e, con tono da cospiratore, disse semplicemente:
“E’ qui”. E contemporaneamente estrasse un barattolo bianco dal formato ben noto allo spogliatoio dei veterani storici.
Osservai C.R. con ammirazione e chiesi:
“Ce n’è per tutti?”
“E’ tutto qui”, rispose il Grande Alchemico, ma basterà per almeno 5 o 6 volte”
Rimasi stupito, considerando che il contenuto di un barattolo di antica memoria poteva servire sì per 5 o 6 volte, ma per un solo giocatore che ne distribuisse uniformemente il contenuto sui muscoli degli arti inferiori.
Pensai, tuttavia, che poteva trattarsi di un prodotto con caratteristiche diverse, non da frizionare, bensì da assumere magari come quelli omeopatici e, pertanto, azzardai:
“Dobbiamo prenderne tutti una puntina, sotto la lingua?”
La risposta di C.R. mi fulminò:
“Sei pazzo? Credi che una crema possa fare correre più veloci le persone?
Con questa crema miracolosa si deve impregnare ben bene il pallone che così si appesantisce e si sposta nell’aria molto, molto, molto più lentamente e così…voi arrivate a prenderlo!”
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P.S. Se questa storia suscita incredulità, posso confermare che anche a me ha fatto la stessa impressione quando l’ho letta la prima volta, ma se poi pensate bene al Protagonista…
L'AVUCAT