Luca Verzulli

DONIZETTI A RIOFREDDO

e i suoi rapporti con la famiglia VASSELLI

 

Introduzione

Questa ricerca vuole indagare i rapporti di Gaetano Donizetti con Riofreddo: chiunque visiti infatti questo piccolo paese della provincia di Roma non potrà fare a meno di notare che la piazza principale gli è dedicata, che poco distante sulla facciata di un bel palazzetto recentemente restaurato è posta una lapide che lo riguarda e che vicino all’albergo-ristorante "Villa Celeste" (subito dopo l’Arco di S. Caterina) è stato recentemente innalzato un monumento alla sua memoria.

Il legame di Donizetti con Riofreddo è dovuto a due fratelli: Antonio (detto Tòto) e Virginia Vasselli: il primo divenne uno dei più cari amici del compositore, la seconda sua moglie. Entrambi erano nati a Roma ma come leggerete nei vari studi pubblicati prima del mio, si riteneva che loro padre, Luigi Vasselli fosse nato a Riofreddo. Io invece ritengo di aver trovato sufficienti prove per affermare che il famoso giurista Luigi Vasselli fosse nato a Roma dall’avvocato, questo sì nato a Riofreddo, Francesco Vasselli. L’equivoco è dovuto forse al fatto che il nome Luigi era molto diffuso in questa famiglia come spiego nel successivo paragrafo. La famiglia Vasselli sebbene risiedesse nella capitale manteneva comunque stretti rapporti con Riofreddo. Molto probabilmente quindi Donizetti almeno una volta visitò il paese. Quello che invece non è ancora stato chiarito e che mi ha spinto nella ricerca è quando il musicista ebbe questo soggiorno. La mancanza di notizie dirette (p.e. nell’epistolario del Maestro o nelle sue biografie) potrebbe portare addirittura all’ipotesi contraria, cioè che Donizetti in realtà non abbia mai messo piede a Riofreddo: troppe sono però le tracce e le testimonianze che affermano il contrario. Oltre a cercare di svelare questo "mistero" la gran parte del lavoro è dedicata a dare il maggior numero di informazioni, dati e notizie, molti tratti da lettere e dalle biografie del compositore bergamasco, su tutto quel che riguarda Donizetti nel suo rapporto con la moglie Virginia e il resto della famiglia Vasselli.

 

Luigi Vasselli Romano

Negli stati delle anime della parrocchia di Riofreddo risulta che l’otto ottobre 1773 nasce Luigi Ignazio Vasselli da Biaggio [sic] e Bernardina Mariani di Oricola. Questo Luigi venne ritenuto il padre di Virginia. Ma anche negli stati delle anime delle parrocchie romane di S. Maria in Trivio e di S. Maria in Via ci sono dati su Luigi, dal 1817 (anno in cui con la moglie e i figli va a vivere in via delle Muratte 78, al primo piano) alla sua morte nel 1832. Ebbene egli è sempre definito come Luigi Vaselli [sic] di Francesco di Riofreddo (ossia che il padre Francesco era di Riofreddo) oppure come Luigi Vaselli [sic] Romano. Negli atti di battesimo dei suoi figli egli è sempre indicato come cittadino romano e figlio dell’avvocato Francesco. Nel monumento funebre che gli eresse il figlio Antonio nel 1835 è riportato: Luigi Vasselli Romano. Mi ha aiutato a risolvere il mistero Gabriele Alessandri consultando una Raccolta dei Libri dei battesimi della parrocchia di Riofreddo [dal 1581] , Indice alfabetico fatto da Vittorio Sebastiani nel 1857 da lui posseduta in forma di fotocopia. Da qui risulta che Francesco Antonio Vasselli era nato il 19(?)/10/1732 a Riofreddo da Bernardino e Domenica. Ma quello che scioglie ogni dubbio è una nota posta su questo atto di battesimo dall’arciprete Sebastiani: "il suddetto Francesco fu l’avvocato Vasselli". Ulteriore conferma ci viene da un altro documento anch’esso fornitomi da Gabriele Alessandri. Nel febbraio del 1859 l’avvocato Antonio Sebastiani giuniore invia al conte Ercolano Gaddi Ercolani ("censore" della Sessione Storico Archeologica dell’Accademia Romana dei Quiriti) un suo scritto intitolato Cenni sopra Riofreddo. Qui si può leggere: "Francesco Vasselli, avvocato rotale, nato nel 4 otto[sic] 1732, padre dell’insigne causidico Luigi Vasselli autore del Formulario di tutti gli atti di procedura sul motu-proprio del 22 novembre 1817". Ecco che allora il padre di Luigi non è Biagio ma l’avvocato Francesco, il quale per studiare e poi esercitare la professione si trasferì a Roma dove nacque il figlio Luigi che seguì le orme paterne nella professione come poi farà a sua volta Antonio. Anche Cametti afferma che Luigi esercitava "con molto onore l'avvocatura (come il padre suo, Francesco)". Nell’Archivio Storico del Vicariato di Roma, nel Fondo "Mario Taglioni", Luigi Vasselli viene detto di Francesco, nato a Roma nel 1765 e sposato con Rosa Costanti figlia di Gio.Battista, romana. Parlerò comunque più diffusamente di Luigi in un successivo capitolo.

 

 

Studi, racconti e memorie

Purtroppo l’errore di credere nato a Riofreddo Luigi fu commesso fin dai primi autori che si dedicarono all’argomento e poi ripreso da moltissimi altri

I PRIMI STUDI

Il primo a scrivere su Donizetti e Riofreddo fu Giuseppe Presutti, in un articolo, inviato al Corriere d’Italia, ripreso da un anonimo redattore e pubblicato l’otto maggio 1907:

Il signor Carlo [corretto a penna da Presutti: "Gius."] Presutti, intelligente cultore di curiosità donizzettiane [sic], c’invia qualche interessante particolare sulla permanenza del celebre autore della "Lucia" a Rioffreddo [sic], paese natio del suocero di lui, il giurista Luigi Vasselli.

E’ noto che, in Rioffreddo [sic], dove esiste una Piazza Donizzetti [sic], e dove s’indica ai forestieri la stanza situata [aggiunto a penna da Presutti "sopra" ] dove sono attualmente gli uffici postali, in cui abitò il maestro, questi era abitualmente chiamato dai buoni paesani il sor Gaetano.

Pochi anni fa, nel ‘94, venne a morire nel piccolo paese, tal Giovanni Conti, che, maestro del locale concerto e allievo del Donizzetti [sic], ben ricordava e orgoglioso raccontava mille aneddoti della vita del grande maestro.

Quando il Conti faceva provare la sua piccola banda di tratto in tratto esclamava: Mi par di vederlo, povero Donizzetti [sic], seduto a quel tavolo e scriver musica! - e additava commosso un tavolo rotondo in noce, preziosa reliquia, ora posseduta dal Presutti.

Strana combinazione: in Riofreddo esisteva un altro Giovanni Conti, tipo di campagnuolo semplicione, morto tre anni fa, anch’egli allievo del Donizzetti [sic], che sempre rammentava "quel bell’uomo del sor Gaetano, bravo capo-banda, di cui non s’era più visto l’eguale a Riofreddo!

E non rifiniva di parlarne a tutti coloro che lo avvicinavano.

Del resto non è facile precisare l’epoca in cui il Donizzetti [sic] fu a Riofreddo.

Quelli che ricordano di lui asseriscono che egli si recava colà insieme "con la bellissima sposa e con l’avvocato".

E qui può intendersi l’avvocato suo suocero o l’avvocato, fratello della adorata Virginia Vasselli sua moglie che morta nel 1837, fu dall’inconsolabile sposo ricordata nella celebre romanza Ella è morta! romanza che durerà più ancora dell’epigrafe da lui stesso dettata, di eterno dolore, sulla tomba della diletta morta nel fior degli anni e rapita alle domestiche affezioni.

Ciò premesso si può credere che il Donizzetti [sic] si sia recato a Rioffreddo [sic] in una di quelle gite che faceva da Napoli, dove aveva preso impegno di comporre pel San Carlo, dal 1828 al 1832.

Ma ciò rimane sempre una cosa non ben definita.

Dura pertanto la tradizione (e l’arzillo vegliardo, il capo-banda Conti, ci teneva a dirlo alto), che il Donizetti facesse provare le parti della Lucia al concertino del villaggio.

Ciò del resto è conforme a qualche accenno biografico sull’autore premesso alle riduzioni dell’opera stessa, secondo cui la Lucia di Lammermoor fu composta a Riofreddo. Ma l’eterno vagante, come lo chiama il Gabrielli, potrebbe anche avere ultimato il suo capolavoro in Napoli, secondo i particolari narrati dal Persico, sul modo come il Maestro improvvisò la celebre cabaletta del tenore Tu che a Dio spiegasti le ale.

Questi i particolari che il Presutti, con tanto amore, ha raccolti sulla permanenza del grande musicista nel piccolo paese di Riofreddo, uno dei più incantevoli soggiorni estivi della nostra provincia, particolari certo sconosciuti ai più e che noi siamo ben lieti di far conoscere ai nostri lettori.

Presutti aveva conservato un ritaglio dell’articolo e, su quello, corretto a penna gli errori più madornali. In un suo appunto manoscritto, che probabilmente servì da minuta per una lettera al giornale, riprendeva le inesattezze:

"nel numero 125 del Corriere d’Italia di quest’anno [1907] apparve un articolo [....] travisato e ridotto dalla redazione contro la volontà di chi lo scrisse un po’ diversamente. Tengo dunque a rettificare che il fondo dell’articolo non è di Carlo ma di Giuseppe Presutti. [...]"

Presutti precisa poi che Giovanni Conti non fu allievo di Donizetti ma solo "un fortunato che, al pari di altri giovani paesani ebbe gratuite e dilettevoli istruzioni dal gran Maestro, colà in diporto".

Errata anche la posizione della camera dove dormì il musicista che l’anonimo articolista situa al piano terra: "la stanza poi del Donizetti si trova al di sopra dell’attuale ufficio della posta, nell’antica casa Vasselli incorporata ad altra proprietà; vale al dire (e si capisce) dove si può dormire, anziché al pianterreno".

Presutti così conclude il suo appunto: "Il redattore artista deve aver giuocato di fantasia e perciò gli perdono altre omissioni".

Purtroppo non ho trovato l’articolo originale inviato da Presutti al giornale e, viste le tante "invenzioni" dell’anonimo redattore già criticate dallo studioso, non si può sapere se le altre notizie riportare sono vere o frutto del "redattore artista".

Riassumo comunque i dati di questo primo e importante articolo vista la serietà e l’autorevolezza dell’autore:

1) Donizetti venne a Riofreddo, proveniente da Napoli, una o più volte nel periodo dal 1828 al 1832

2) Era accompagnato dalla "bellissima sposa" e da un non precisato "avvocato" (Luigi o Antonio?)

3) Vi si trovava "in diporto". Oggi diremmo "in vacanza".

4) Nonostante ciò lo si vedeva "seduto a quel tavolo a scriver musica" , dava lezioni "gratuite e dilettevoli" ad alcuni "giovani paesani" e faceva "provare le parti della Lucia al concertino del villaggio".

5) In paese risiedeva al primo piano del palazzo di Via Valeria, lì dove ora è la lapide ("al di sopra dell’attuale ufficio della posta, nell’antica casa Vasselli incorporata ad altra proprietà")

Personalmente ritengo probabili i punti 2, 3 e 5. Perché restringere in soli cinque anni (1828-1832, punto 1) il possibile soggiorno? Sulle attività di Donizetti descritte al punto 4 nutro forti dubbi. Non credo possibile una residenza di Donizetti a Riofreddo molto lunga: come avrebbe avuto il tempo di fare tante cose?

Dal lavoro di Presutti prese spunto Gabriele Alessandri per un articolo pubblicato sulla rivista Lazio ieri e oggi nel 1974:

 

Riofreddo, ameno e ricercato luogo di villeggiatura estiva, famoso per le acque e per la salubrità del clima, conserva con orgoglio il ricordo della permanenza "in loco" di Gaetano Donizetti.

Su uno dei più caratteristici e suggestivi angoli dell’antico borgo, nel palazzo ove egli abitò, fu posta nel 1923 una lapide, per tramandarne la memoria.

Difficile è comunque determinare l’anno in cui vi dimorò l’immortale autore della "Lucia"; la sua presenza nella cittadina si può però certamente stabilire tra il 1828 e il 1832, periodo in cui si trovava a Napoli ove stava lavorando per il S. Carlo.

Quando giovanissimo e quasi ignoto era giunto dalla nativa Bergamo a Roma, Donizetti fu presentato dall’amico e suo librettista Ferretti, all’allora famoso giurista Luigi Vasselli.

Frequentando il salotto Vasselli, divenne ben presto amico sincero del figlio del padrone di casa, Antonio, e si innamorò della figlia, Anna Virginia, che, non ancora ventenne, sposò nel 1828.

Luigi Vasselli - che tra l’altro fu Uditore di Segnatura del Cardinal Pallotta, prefetto di quel Tribunale, Uditore di Pio VII e da Leone XII creato Sostituto della Reverenda Camera Apostolica - era nativo di Riofreddo.

E proprio nella casa dei Vasselli di Riofreddo dimorò Donizetti, insieme al suocero e all’adorata moglie. Ivi sicuramente compose musica, come testimoniavano alcuni fogli autografi, gelosamente conservati fino a non molti anni fa, insieme ad altri ricordi donizettiani, ma poi miseramente finiti tra incaute mani. Non risponde a verità, invece, e i dati biografici lo confermano, che in Riofreddo compose la Lucia di Lammermoor. Di certo si sa che egli fece suonare dalla banda musicale del paese e sotto la sua direzione, alcuni pezzi della sua musica, ma è da escludersi senz’altro che si trattasse della "Lucia".

E’ ancora vivo a Riofreddo il ricordo di un tal Giovanni Conti, maestro della locale banda, che non faceva altro che parlare di quell’estate quando ebbe la ventura di suonare sotto la direzione di sì grande Maestro, del quale non smetteva mai di raccontare mille aneddoti e di tesserne le lodi.

Da allora la banda di Riofreddo assunse la denominazione di "Banda Donizetti", ed inoltre i riofreddani dedicarono all’illustre ospite la loro piazza più bella, quella che da sempre era semplicemente chiamata "piazza del forno".

Nei primi tre numeri di Ricerche Studi Informazioni (bollettino della Società riofreddana di storia arte cultura), fu pubblicato uno scritto di Arnaldo Celletti dal titolo "Gaetano e Virginia". Non lo riporto qui per intero perché abbastanza lungo. Contiene comunque molti dati dubbi già presenti nei lavori di Presutti e di Alessandri (che però Celletti, stranamente, non cita). Altre imprecisioni (sulla data del fidanzamento di Gaetano con Virginia e sulla malattia che portò la giovane alla morte) le esamino più avanti.

L’APPROSSIMAZIONE DEI SUCCESSIVI STUDI

Dopo gli articoli di Presutti, Alessandri e Celletti, anche altri, ma in forma più concisa, hanno in seguito trattato l’argomento Donizetti-Riofreddo. Quasi sempre ho però riscontrato inesattezze, errori o avvenimenti dati per scontati senza citare nessuna prova documentaria delle affermazioni riportate.

Se, come leggerete più avanti, la fantasia dei ricordi di alcuni riofreddani (o delle loro nonne che raccontavano incredibili storie su Donizetti) corre lontano, anche molti articoli sull’argomento incappano in sviste o in invenzioni madornali.

Eccone una piccola antologia.

Riofreddo, opuscolo a cura dell’Ufficio Edizioni dell’Ente Provinciale per il Turismo di Roma e dell’Associazione Pro Loco:

"Il musicista soggiornò a Riofreddo dopo le sue nozze con Virginia Vasselli". E perché non prima del matrimonio o dopo la morte della moglie? L’assoluta mancanza di fonti certe non giustifica certo affermazioni così perentorie. Sarebbe bastato aggiungere un "forse" o un "probabilmente" per essere più corretti.

Fabrizio Lollobrigida, "Per sognare", in La Comunità Montana dell’Aniene, Marzo 1985, p.4:

"Ritemprarsi nel verde silenzio dei suoi monti e della sua vallata dalle fatiche creative: questo significò per Gaetano Donizetti soggiornare a Riofreddo dopo il 1886, anno in cui sposò Virginia Vasselli, figlia del giurista Luigi Vasselli di Riofreddo. E furono proprio la tranquillità del luogo e la semplicità di quella gente a predisporre l’animo del grande compositore alla creazione dei suoi melodrammi immortali". Anche qui un errore di data: il matrimonio di Donizetti avvenne il 1° giugno 1828 e, in ogni modo, il compositore si spense l’otto aprile 1848 rendendo quindi molto difficile una sua visita a Riofreddo 38 anni dopo la sua morte... Purtroppo l’errore si è ripetuto: la frase è riapparsa citata da Tommaso Caroni in un articolo su Riofreddo pubblicato dal quotidiano romano Il Tempo il 22 aprile 1997. Tra l’altro Caroni vi aggiunge del suo chiamando Donizetti "compositore marchigiano"!

Davvero grave però che lo stesso articolo sia stato riprodotto, ma con alcune variazioni, sul numero 49-50 di Ricerche Studi Informazioni, bollettino della Società riofreddana di storia arte cultura (Riofreddo, 1997, p.7). Viene infatti corretta la data (1828 al posto dell’assurdo 1886) ma invece che riportare, come nell’articolo de Il Tempo, "anno in cui sposò Virginia Vasselli, figlia del giurista Luigi Vasselli, di Riofreddo appunto" viene trascritta solo in parte la frase che diventa: "anno in cui sposò Virginia Vasselli, di Riofreddo". Il taglio dell’inciso "figlia del giurista Luigi Vasselli" fa erroneamente credere che Virginia sia nata nel paese mentre in realtà nacque a Roma. Resta comunque la cittadinanza "onoraria" della Marche al bergamasco Gaetano.

Ma non è finita qui! Nel successivo numero di Ricerche Studi Informazioni (il 51-52 del settembre 1997, p. 15) compare un’altra volta il "famigerato" articoletto di Lollobrigida: stavolta riportato per intero.... con lo stesso errore nella data!

Lucio De Luca, Il Trovapaese, Carsoli (L’Aquila), Auriga Editrice, 1988, p.12:

"E illustre ospite fu - fortunata Riofreddo - Gaetano Donizetti, nella casa della moglie Virginia Vasselli, un’iscrizione sulla facciata ricorda quel soggiorno del 1821". La datazione a quest’epoca è impossibile: è solo nel 1822 che Donizetti arriva per la prima volta a Roma dove conoscerà la famiglia Vasselli. Siccome l’iscrizione della facciata della casa è datata 1921 probabilmente l’autore del pezzo è incorso in un errore di trascrizione. Rimane comunque del tutto "misteriosa" la fonte alla quale De Luca abbia attinto la notizia.

AA. VV., Enciclopedia dei comuni d’Italia - Il Lazio paese per paese, Firenze, Bonechi, 1992, vol. III, p.273:

"La casa dove visse e scrisse parte delle sue opere il musicista Gaetano Donizetti". Come al solito assoluta mancanza di fonti o testimonianze.

Aldo Artibani, "Personaggi, storie e ricordi", in Ricerche Studi Informazioni, bollettino della Società riofreddana di storia arte cultura, n. 35, Riofreddo, 1995, p. 6: "Il compositore bergamasco sposò la bella giovane riofreddana, Virginia Vasselli, figliola del Giurista ed una targa marmorea, sulla facciata della casa ov’egli dimorò, ricorda il fatto ai posteri". Virginia era invece nata a Roma e quindi, come altri documenti ricordano, cittadina romana.

Francesco Pellegrini, tecnico che ha steso la relazione al Piano Regolatore Generale del Comune di Riofreddo (giugno 1996), p. 2:

"[...] la storia silenziosa di Riofreddo si lega a quella della famiglia Garibaldi, a Giuseppe e soprattutto al suo secondogenito, il generale Ricciotti Garibaldi. Egli vi fece costruire una villa -castello utilizzandola per residenza estiva, aperta ad ospiti illustri come il musicista Gaetano Donizetti che vi soggiornò per un certo periodo." Impossibile che Donizetti sia mai stato nella villa Garibaldi: Ricciotti (nato a Montevideo il 22 febbraio 1846) la costruisce tra il 1881 e il 1888. Gaetano Donizetti muore a Bergamo l’otto aprile 1848...

Remo Caffari, "Premessa" a Ricerche Studi Informazioni, bollettino della Società riofreddana di storia arte cultura, n. 49-50, Riofreddo, 1997, p. 3.:

l’attuale presidente della Società riofreddana di storia arte e cultura, Remo Caffari, riportando le richieste a lui fatte da vari studiosi su personaggi di Riofreddo, riporta anche il nome di Virginia Vasselli. Le attribuisce però il titolo di "seconda moglie di Gaetano Donizetti". Ciò è del tutto inesatto in quanto Virginia fu la prima ed unica sposa del compositore.

Sebastiano Santucci, Carsoli e dintorni, L’Aquila, Publipress s.r.l. (supplemento a Periscopio), luglio 1997, p.24:

"Inoltre qui [a Riofreddo] è nata Virginia Vasselli, moglie di Gaetano Donizzetti [sic]. Il soggiorno del compositore a Riofreddo, avvenuto nel 1821, è testimoniato da una lapide". Il solito errore sul luogo di nascita di Virginia e, come ho già precisato, non è possibile una visita di Donizetti in quell’anno.

Ma anche l’autorevole enciclopedia Treccani riporta un errore alla voce Donizetti: "[la] moglie Virginia Vanelli, da lui sposata nel 1828". Credo (o almeno spero) però che in questo caso si tratti di un banale errore di stampa.

 

LE TESTIMONIANZE ORALI

Passiamo ora ai racconti che alcuni abitanti di Riofreddo mi hanno fatto.

Testimonianza di Gino Petrocchi:

"Qui ha composto la Lucia di Lammermoor e a Riofreddo c’è stato più di un anno; con i suoi spartiti ci fecero i modelli per i vestiti, ci accesero il fuoco, ci incartarono le "saraghe" (sarde)".

Testimonianza di Augusto Caffari:

"Mia nonna mi raccontava queste storie: qui a Riofreddo compose, o ebbe l’ispirazione, per Lucia di Lammermoor; e la provò con la banda del paese; Donizetti venne per riposarsi; nel palazzo di Via Valeria che lo ospitò (quello della lapide) c’era un dipinto che raffigurava una giovane donna; manoscritti del musicista furono usati per incartare le sardine".

Testimonianza di Torquato Rocchi:

"Nel palazzo su Via Valeria era la casa di mia nonna Gertrude Maccafani (originaria di una nobile famiglia di Pereto); il palazzo, prima della peste secentesca apparteneva alla famiglia Blasi; nel palazzo c’erano molti affreschi tra cui uno raffigurante Giuditta e Oloferne e al quale forse Donizetti prese ispirazione per Lucia; mia nonna mi raccontò di una donna (cognome Verlini) che viveva nel palazzo: usava la carta da musica per imbottire i busti che fabbricava; Donizetti diresse la banda di Riofreddo."

Testimonianza di Domenico Vasselli (nipote di Torquato Rocchi):

"Mia nonna Antonina Rocchi mi raccontava che sua madre Gertrude Maccafani aveva trovato nella soffitta del palazzetto di Via Valeria 58 parecchi fogli manoscritti di carta da musica che trovava ottimi per accendere il fuoco."

Testimonianza di Cristina De Angelis:

"Mio zio Guido Conti era un grande appassionato di melodramma e mi ha raccontato questa storia: Donizetti venne a Riofreddo quando non era ancora famoso; diresse la banda del paese e qui si innamorò di Virginia; ma il padre di lei, Luigi, contrastò l’unione arrivando a rinchiudere la ragazza in soffitta; quando Donizetti partì dal paese per Napoli lasciò una cassa di manoscritti che fu ritrovata da una certa Celeste che gestiva una osteria al 2° piano del n. 62 di Via Valeria; questi fogli di carta da musica furono usati per imbottire busti femminili."

Testimonianza di Stefano Riccardi:

"Ho frequentato la scuola elementare negli anni 1942-47. Il mio maestro Antonio Roberti ci diceva di partiture ritrovate nelle imbottiture di busti femminili. Una persona si accorse che le musiche erano degli autografi donizettiani e riuscì a salvarne una parte."

Testimonianza di Giorgio Palma:

"Da ragazzo, circa trenta anni fa, andavo per delle ripetizioni a casa del maestro Torquato Rocchi che allora ancora abitava nel palazzo dei Roberti su Via Valeria, nell’appartamento che aveva ospitato Donizetti. Mi accostai al camino e quando stavo per toccare un vecchio candelabro appoggiato sulla mensola, Piero (il figlio del maestro, allora un bambino di circa 10 anni) mi disse: "Fermete! Che questo è de zi’ Gaetano! [Donizetti]".

Dispiace smentire gli entusiasmi dei riofreddani su quasi tutti i punti essenziali dei ricordi dei loro nonni, parenti o maestri: impossibile che Donizetti possa essere rimasto a Riofreddo più di qualche giorno. Infatti nessun autore della pur vasta bibliografia donizettiana parla di un suo soggiorno in paese né ve n’è traccia nell’epistolario: una permanenza più lunga sarebbe stata segnalata.

Come giustamente già affermava l’articolo di Gabriele Alessandri, Lucia di Lammermoor non fu né ideata né tanto meno composta se non a Napoli. Dal 23 aprile 1835 il compositore si trovava nella capitale borbonica ed era alla ricerca di un buon soggetto per un’opera. Il 18 maggio da una lettera scritta ad un suo amico in Sicilia sappiamo che l’argomento è scelto. Risulta che l’opera venne scritta e strumentata in soli 40 giorni (l’autografo porta la data del 26 luglio 1835) ed eseguita al S. Carlo il 26 settembre con risultato trionfale. Credo che i continui riferimenti delle testimonianze a questo melodramma siano dovuti solo al fatto che Lucia è l’opera più nota del nostro.

Sugli ipotetici autografi donizettiani rinvenuti nella "cassa" in soffitta c’è poco da dire. Negli ultimi anni sono stati numerosi i ritrovamenti di partiture donizettiane ritenute scomparse o delle quali non si conosceva l’esistenza ma non risultano, anche alla luce dei più recenti studi, composizioni del maestro ritrovate a Riofreddo. Né, d’altronde, si può ipotizzare che Donizetti lasciasse copia delle sue composizioni a Riofreddo (a quale scopo?). Probabilmente furono rinvenuti degli spartiti ma date le varie attività musicali del paese è molto probabile che provenissero dall’archivio della banda o del coro parrocchiale o dalla biblioteca di un borghese musicista dilettante. Dispiace che sia Alessandri che Celletti nei loro articoli siano così certi della fantasiosa (e se vera, tragica) ipotesi della distruzione di manoscritti di Donizetti

Nel palazzo di via Valeria sono ancora presenti alcuni affreschi ed una stanza è ancora chiamata di "Giuditta ed Oloferne" dal dipinto, oggi scomparso, che la decorava. Molto meno credibile che Donizetti si sia "ispirato" a un ritratto di giovane donna! A Roma o a Napoli non gli mancavano certo le occasioni per godere di ben più importanti affreschi.

La versione di Cristina De Angelis (o meglio di suo zio) sul rapporto tra Gaetano e Virginia contrastato dalla famiglia di lei è del tutto inventata. Come poi dirò parlando dei vari personaggi (e come testimoniano le tante lettere) Antonio Vasselli (e con lui suo padre Luigi) fu felicissimo del fidanzamento e del matrimonio della sorella con Donizetti. Semmai fu il padre del musicista che ebbe qualche dubbio sulla nuora (o meglio, sul fatto che il figlio si sposasse tanto lontano da Bergamo) che però ben presto svanì del tutto.

LE "MEMORIE" DONIZETTIANE A RIOFREDDO

LA LAPIDE

La testimonianza più importante sul soggiorno riofreddano di Donizetti fa bella mostra di se su via Valeria, sopra il portone al numero 60. E’ infatti una lapide marmorea, posta sotto un bel balconcino, che perentoriamente così afferma:

 

QUI

DIMORÓ

GAETANO DONIZETTI

GENIO MUSICALE D’ITALIA

CONGIUNTO

A LUIGI VASSELLI GIURISTA

------ . ------

PRIVATI CITTADINI

DI RIOFREDDO

A PERENNE MEMORIA

POSERO

IL 15 AGOSTO 1921

Dal 1920 al 1924 il sindaco fu Amalio Bernardini ma ricercando nell’archivio storico di Riofreddo non ho rintracciato documenti su una delibera della giunta dell’epoca sull’affissione della lapide. Certamente fu, come testimonia la scritta, una decisione di "privati cittadini" che, accollandosi interamente le spese, non richiedevano un intervento delle autorità.

Testimonianza della posa della lapide è un articoletto de Il Messaggero che, essendo apparso il 22 agosto del 1923, fa nascere il problema del perché sul marmo sia stata incisa invece la data del 15 agosto 1921:

 

RIOFREDDO, 22.

Per iniziativa del pro.e Giuseppe Presutti, appassionato cultore di memorie storiche del nostro Comune e col contributo di privati cittadini di Riofreddo, è stata scoperta una lapide commemorativa a Gaetano Donizetti nel palazzo ove egli abitò. Alla presenza di un pubblico numeroso e della colonia villeggiante quasi al completo, il Presutti con dotta e attraente parola commemorò il grande compositore che nell’ameno e suggestivo paesetto nostro ebbe le più sublimi ispirazioni e contrasse i più cari vincoli di parentela.

L’oratore, interrotto ripetutamente da fragorosi applausi, annunciò infine l’invio di un telegramma di saluto alla città di Bergamo, che al Grande diede i natali; quindi consegnò la lapide al sindaco Bernardini, il quale rispose brevemente esortando i cittadini a serbare vivo il ricordo delle glorie di cui Riofreddo è ricca.

La simpatica festa fu maggiormente rallegrata dal concerto locale, da oggi "Concerto Donizetti", che quanto prima, seriamente riorganizzato e rinsanguato, tornerà a raccogliere sempre nuovi allori, esso che è ricco ed orgoglioso delle più nobili tradizioni.

In calce al ritaglio del giornale Giuseppe Presutti di sua mano scrisse:

"V.[edi] l’articolo del Corriere d’Italia, 8 maggio 19.... alterato perfino nel mio nome".

Forse l’intervallo tra le due date per la posa dell’epigrafe (1921 come afferma la scritta, 1923 come riporta il giornale) fu dovuto a ritardi burocratici oppure a difficoltà poste dai proprietari dell’edificio.

 

IL PALAZZO

L’edificio su cui sorge l’epigrafe è uno dei più belli del paese e si svolge su via Valeria dal numero civico 56 fino al 66 (i portoni al piano terra hanno rispettivamente i numeri 56, 58, 60, 62, 64 e 66; le entrate ai piani superiori sono solo ai numeri 58 e 62). E’ a due piani, entrambi con una serie di otto finestre mentre al secondo tra la quarta e la quinta si apre un elegante balconcino con ringhiera in ferro battuto. Sia la forma del balcone che le decorazioni in stucco bianco delle finestre sono nello stile del tardo Settecento anche se sicuramente la struttura della costruzione risale al XVI o al XVII secolo. Donizetti nella sua visita a Riofreddo fu ospitato qui perché Luigi Vasselli era il proprietario di uno degli appartamenti del palazzo. Quasi tutto il resto dell’edificio era, ed è tuttora, proprietà della famiglia Roberti fin dal 1649, anno in cui fu acquisito dai precedenti possessori, i Blasi. Presutti infatti parlando delle stanze in cui dimorò Donizetti parla di una "antica casa Vasselli incorporata ad altra proprietà". Molte stanze del palazzo sono decorate con soffitti a cassettoni e si conservano ancora alcuni affreschi.

LA PIAZZA

Nel centro del paese c’è una piazzetta, attraversata anch’essa da via Valeria, da sempre considerata la più importante del paese. Vi si affacciano infatti i due palazzi più imponenti, quello sopra descritto e quello della importante famiglia dei Sebastiani Del Grande, l’antico forno panicolare della comunità (ora sede della Pro Loco), la chiesetta di S. Andrea Apostolo (fondata nel 1631 come Oratorio da Monsignor Vespasiano o Vladimiro Blasi) oltre ad un bar e ad una macelleria.

Gabriele Alessandri, nel suo articolo del 1974 così afferma: "i riofreddani dedicarono all’illustre ospite la loro piazza più bella, quella che da sempre era semplicemente chiamata piazza del forno". Arnaldo Celletti concorda: "Più tardi, anche la cosiddetta Piazza del Forno, per volontà del popolo, diventò Piazza Donizetti". Infatti la piazza è attualmente dedicata al maestro bergamasco ma, sia anticamente, sia ancor oggi, per i paesani resta la Piazza de jiu furnu (piazza del forno). Non sono riuscito a rintracciare la data del cambiamento di denominazione. Negli Stati delle Anime del 1869 e del 1885 c’è l’elenco delle contrade di Riofreddo: al numero cinque è citata la Contrada della Piazza del Forno e quindi a quell’epoca la piazza non aveva forse mutato ancora il nome.

Sicuramente nel 1907 già si chiamava come oggi visto che nell’articolo di Presutti pubblicato sul Corriere d’Italia del 7 maggio di quell’anno si parla di una Piazza Donizetti.

L’osservatore attento noterà che la targa attuale della piazza, in marmo, è diversa da tutte le altre del paese di lamiera smaltata. Fu infatti sostituita intorno agli anni ‘60, ad opera del marmista Domenico Mari, perché la vecchia si era rovinata e soprattutto perché riportava in maniera errata il cognome dell’operista bergamasco (Donizzetti anziché Donizetti) come alcune persone del paese mi hanno testimoniato.

Donizetti a Riofreddo

LA "FAMILIARITÀ" DEL LUOGO

Visti i tanti segni e ricordi di Donizetti a Riofreddo è quindi molto probabile che, almeno una volta, il maestro abbia visitato il paese del suocero, dimorando presso la sua casa riofreddana così come, quando stava a Roma, abitava nell’appartamento dei Vasselli in via delle Muratte. Ma il problema è la datazione di questo soggiorno. Arnaldo Celletti scrive: "In questo periodo festoso [dopo il matrimonio] Donizetti ebbe occasione di recarsi a Riofreddo e di alloggiare nel palazzo della famiglia Vasselli sulla via Valeria". Interpellato da me Celletti non ha saputo darmi nessuna spiegazione né una documentazione precisa che stabilisca la visita dopo le nozze del musicista (1° giugno 1828).

Così anche Remo Caffari, Gabriele Alessandri, Carlo Sebastiani Del Grande, Giovanni Roberti ed altri esperti di storia riofreddana che ho consultato. Fabrizio Capitanio, del Museo Civico Donizettiano di Bergamo, non mi ha potuto aiutare a risolvere l’enigma.

Nel ricco epistolario donizettiano raccolto da Guido Zavadini, il musicista non parla mai di Riofreddo (ma le lettere pubblicate non sono certo tutte quelle scritte e ricevute da Donizetti: molte sono andate perdute o disperse). Il paese viene citato solo una volta da Antonio Vasselli (fratello di Virginia ed amico fraterno di Donizetti) in una lettera del 9 settembre 1837 indirizzata a Gaetano. In quei mesi imperversava una forte epidemia di colera nell’Italia centromeridionale:

[...] Tutti li paesi vicini e lontani da Roma sono barricati ed in opposizione degli ordini del Governo non ammettono neppure il transito de’viandanti. Pur tuttavia a Tivoli si è manifestato il Cholera, ed alla città di Subiaco, poco distante dal nostro Riofreddo ha fatto una strage perché non vi erano né medicinali, né modo di curare. [...]

Il fatto che Antonio, rivolgendosi a Donizetti su Riofreddo, dica il "nostro" potrebbe rivelare una certa "familiarità" di Gaetano con il paese che quindi doveva conoscere ed aver visitato.

 

CRONOLOGIA DEI SOGGIORNI A ROMA DI DONIZETTI E LE IPOTESI DI DATAZIONE DELLA SUA VISITA A RIOFREDDO

Donizetti ha conosciuto Riofreddo per i suoi legami con i Vasselli, i quali risiedevano abitualmente a Roma. Perciò credo che la sua visita al paese possa essere coincisa con la presenza a Riofreddo di uno o più membri della famiglia di Virginia e molto probabilmente durante un soggiorno a Roma del musicista. Dalle varie biografie donizettiane ho rintracciato tutti i periodi documentati della sua presenza nella capitale.

Eccone l’elenco a cui ho aggiunto i miei commenti e le ipotesi riguardanti il soggiorno riofreddano:

PRIMA DEL FIDANZAMENTO

1) primi di ottobre 1821 - fine febbraio 1822

Prove e andata in scena di Zoraide di Granata.

2) novembre -dicembre 1822 - marzo 1823

Vi arriva da Milano e poi va a Napoli, a Roma scrive un Duetto e tre Canzonette.

3) 15 ottobre 1823 - 7 febbraio 1824

Rifacimento della Zoraide e composizione, prove e andata in scena de L’Ajo nell’imbarazzo.

Escluderei questi primi tre periodi perché l’amicizia tra Donizetti e Antonio Vasselli era appena agli inizi e non credo che tra loro vi fosse già tanta familiarità da giustificare un viaggio insieme a Riofreddo. Virginia era ancora molto giovane, nel 1822 aveva appena quattordici anni.

DOPO IL FIDANZAMENTO

4) pochi giorni nei primi mesi del 1826 (probabilmente durante la Quaresima quando i teatri erano chiusi)

Secondo Ashbrookviene a Roma per consegnare a Virginia lo scherzo per violino e pianoforte che gli aveva dedicato e quindi probabilmente rimane sempre nella capitale.

5) 1 settembre 1826 - 10 gennaio 1827

Da una lettera al suo maestro Johann Simon Mayr spedita il 30 settembre sappiamo che Donizetti si trova a Roma, nel pieno della composizione dell’opera Olivo e Pasquale: "Qui sto lavorando e sono già quasi a metà del secondo atto[...]". E’ probabilmente in questo periodo che Donizetti chiede ufficialmente la mano di Virginia perché già nel maggio 1827 si discutevano i termini per la dote. Difficile pensare che tra fine della composizione, strumentazione della stessa e prove con i cantanti il maestro abbia potuto trovare il tempo per una "gita" a Riofreddo.

6) 2 febbraio 1828 - fine febbraio 1828 (il 28 è già a Genova)

Donizetti, fidanzato ormai ufficialmente con la giovane Vasselli, doveva recarsi nel capoluogo ligure per l’inaugurazione del teatro Carlo Felice. Da Napoli fa tappa a Roma dove arriva il 2 febbraio (data confermata dalla lettera a Mayr dello stesso giorno). Nella capitale viene solo per rivedere Virginia che il 1° giugno diventerà sua sposa. Nell’archivio parrocchiale di Riofreddo, risulta che Virginia il 17 febbraio è la madrina di battesimo del piccolo Domenico Lucilla, e si trovava quindi in paese. Probabile che Gaetano, che ripeto era venuto a Roma esclusivamente per Virginia, abbia perciò accompagnato o raggiunto la fidanzata a Riofreddo fermandosi qualche giorno. Troverei strano che Virginia sia partita da Roma il 15 (raggiungere Riofreddo in carrozza all’epoca comportava una giornata di viaggio) lasciandovi Gaetano da solo per una settimana. Il musicista deve essere partito per la Liguria intorno al 22 o al 23 febbraio altrimenti a Genova sarebbe arrivato prima del 28, come testimonia la lettera al padre scritta lo stesso giorno.

Ecco la trascrizione e la traduzione dell’atto di battesimo di Domenico Lucilla che si conserva nel registro della parrocchia di S. Nicola di Riofreddo:

Num: 615 Anno do[mi]ni 1828. die. 17. Februari

dominicus angelus alojsius infans heri natus ex

d. Luca Lucilla de civitate Sinigalis in Pi-

ceno Maresciallo hujus dogane cameralis et ex

d. Maria Sanse fil. [spazio vuoto] conjugibus [...] civita-

te Civitasveteris [a R(evere)ndo de S. Mattheo] cappel-

lano baptizatus fuit, Padrini fuerunt d.

Vincentius Butta[fondi de terra fogliam] per suum procu-

ratorem antonium Carrarus et d. Virginia

Vasselli Romana fili alojsi per suam

Ita est Vincentius archipresb.[jter] Bernardini

7) fine maggio 1828 - primi di giugno 1828

Donizetti il 19 maggio lascia Genova e raggiunge Roma dove il 1° giugno si sposa con Virginia. Alcuni giorni dopo il matrimonio la coppia si reca a Napoli portandosi dietro molte suppellettili tra cui il pianoforte di casa Vasselli. Non credo che tra i preparativi delle nozze prima e della sistemazione dei vari bagagli dopo il matrimonio, Donizetti possa essere stato a Riofreddo.

DOPO IL MATRIMONIO

8) fine luglio 1829 - 10 ottobre 1829

Prima della fine di luglio 1829 Donizetti accompagna Virginia, incinta di sette mesi, a Roma perché partorisca a casa dei suoi. Il bambino nasce il 29 luglio ma muore il 10 agosto dopo soli dodici giorni di vita. Oltre a queste tristi vicende familiari, che certo non permettevano viaggi o "scampagnate", Gaetano è occupato nel rifacimento, prove e messa in scena al teatro Valle dell’opera Alina, regina di Golconda che fu eseguita il 10 ottobre 1829. Compone inoltre un terzetto e il coro finale per la cantata Il genio dell’armonia, brani che gli erano stati commissionati dall’Accademia Filarmonica Romana. Visti i tanti impegni è difficile pensare, anche dopo la convalescenza di Virginia, ad un soggiorno riofreddano.

9) primi sett. 1830 - fine sett. 1830

Come riporta Ashbrook: "All’inizio di settembre [1830] Gaetano e Virginia partirono per Roma e, trascorse alcune settimane, il musicista lasciò la moglie in famiglia e proseguì per la via di terra alla volta di Milano. Da Bologna scrisse al padre il 5 ottobre". Sia il poco tempo di permanenza a Roma sia il fatto che Virginia, dopo quasi un anno, volesse restare con i suoi rendono difficile il viaggio a Riofreddo, a meno che tutti i Vasselli non vi siano trasferiti in quel periodo. Credo sia da escluderlo perché Donizetti in una lettera a Mayr scritta da Napoli il 7 agosto 1830 parla chiaramente di un "passaggio da Roma", durante il quale doveva salutargli la Sig.ra Bolognesi.

10) primi di febbraio 1831 - 19 febbraio 1831

Donizetti parte da Milano per Roma il 31 gennaio 1831 e, sia durante il viaggio che poi a Roma e dintorni, trova i tumulti provocati dalla rivoluzione parigina del luglio 1830 che ben presto si erano diffusi anche in Italia. Non erano quindi tempi adatti ai viaggi anche se all’interno dello stesso Stato Pontificio. Tra l’altro, in una lettera scritta al padre il 15 febbraio, afferma che la sera si sarebbe tenuta una "gran cena" nella casa romana dei Vasselli. Solo quando la strada per Napoli si fa sicura, il 19, la coppia ritorna a Napoli.

11) 27 gennaio 1832 - febbraio 1832

Questo periodo romano è così descritto da Ashbrook: "Dopo aver felicemente varato Fausta a Napoli, Donizetti partì per Roma il 27 gennaio, non è chiaro se preceduto dalla moglie - il padre di Virginia si era spento il 2 gennaio. Ignota è pure la durata del soggiorno di Donizetti a Roma prima di proseguire alla volta di Milano, lasciando come di consueto Virginia presso i suoi." Anche qui le circostanze tristi, le varie pratiche di successione dell’eredità di Luigi Vassellie la brevità del soggiorno romano di Gaetano, sembrerebbero escludere una visita a Riofreddo.

12) 19 maggio -15 giugno 1832

Il libro di Ashbrook riporta: "Una settimana dopo la consacrazione dell’Elisir d’amore a Milano [12 maggio 1832], Donizetti era già in viaggio verso Roma e verso Virginia, senza concedersi neppure il tempo di rivedere Bergamo. Il 21 maggio 1832 firmò a Roma un secondo contratto con Lanari per un’opera destinata al Teatro della Pergola di Firenze [...] Sempre a Roma, Donizetti firmò un altro contratto, il 14 giugno 1832, questa volta con Paterni. [...] Gaetano ritornò a Napoli, accompagnato da Virginia, nella seconda metà di giugno 1832."

Qui si apre una "finestra temporale" di circa venti giorni in cui Donizetti potrebbe essere venuto a Riofreddo. Non resta però nessuna testimonianza né documento al proposito.

13) 12 novembre 1832 - 10 gennaio 1833

Il sempre preciso Ashbrook così afferma: "[...] Gaetano e Virginia [...] presero la via di Roma e il 12 novembre 1832 raggiunsero la casa dei Vasselli, in via delle Muratte". In questo periodo Donizetti è tutto preso dalla conclusione della stesura, le prove e l’andata in scena dell’opera Il Furioso all’isola di S. Domingo. Varie lettere scritte il 27 novembre, il 6 e il 18 dicembre 1832 e il 3 gennaio 1833 attestano una sua continua presenza nella capitale dove il 2 gennaio debutta Il Furioso e il 6 dirige in forma di concerto Anna Bolena all’Accademia Filarmonica romana. Il 10 gennaio parte per Firenze e lascia Virginia a Roma.

14) fine aprile - primi di maggio 1833 - 12 settembre 1833

Tornato a Roma alla fine di aprile, Donizetti compone e mette in scena l’opera Torquato Tasso. Non può certo aver avuto il tempo per un viaggio a Riofreddo viste le ben 22 lettere scritte da Roma: il 2, 14, 27 maggio; l’1, 11, 13, 14, 15, 25 giugno; il 2, 9, 11, 19, 25, 30, luglio; il 1, 6, 13, 15, 22, 27, 31 agosto. Tra l’altro le prove per il melodramma cominciano il 22 agosto 1833 e il 9 settembre la composizione fa la sua prima apparizione al Teatro Valle. Si reca in seguito da solo a Milano.

15) fine febbraio 1834 - primi di aprile 1834

Dopo 5 mesi rivede Virginia a torna con lei a Napoli. I pochi giorni di permanenza a Roma, e la stanchezza per il lungo viaggiare, rendono improbabile un soggiorno riofreddano.

16) metà novembre 1834

E’ solo di passaggio a Roma dove lascia Virginia. Donizetti si sta recando a Milano da dove poi andrà a Parigi.

17) primi di aprile - 13 aprile 1835

Donizetti parte da Parigi il 25 marzo 1835 e passa a Roma per riprendere Virginia. A metà aprile la coppia è già a Napoli. Anche in questo caso non aveva il tempo per fermarsi a Riofreddo visti gli urgenti impegni napoletani.

18) fine febbraio 1836 - 7 marzo 1836

Il maestro, proveniente da Genova via mare, è costretto a fermarsi a Roma due settimane per la quarantena dovuta all’epidemia di colera nel nord Italia e quindi non può andare in nessun altro posto. Appena libero corre a Napoli dove trova Virginia ammalata dopo il parto del 2° figlio (una bambina, nata prematura di 7 mesi e mezzo, morta subito dopo la nascita).

DOPO LA MORTE DI VIRGINIA

In questo ultimo periodo della vita di Donizetti non sembra probabile un soggiorno nel paese visto che egli evitò spesso qualunque cosa potesse ricordargli la tragica scomparsa della moglie.

19) 4 dicembre 1837 - 5 dicembre 1837

Si ferma pochissimo a Roma, proveniente da Napoli per Firenze e poi per Venezia.

20) 28 dicembre 1840 - 19 febbraio 1841

Donizetti, proveniente da Parigi, arriva a Roma per soprintendere alle prove e alla messa in scena dell’Adelia. Per Ashbrook: "Trascorse questo periodo in casa Vasselli e, quando non era impegnato con le prove al Teatro Apollo, non disdegnò affatto la vita mondana". Anche Cametti conferma queste affermazioni: "C. Trevisani, in un suo articolo di memorie [...] narra che conobbe il maestro al Casino de’Carbognani, dove, in compagnia del cognato e di altri amici, esso soleva recarsi la sera per giuocare al bigliardo; e lo rivide al teatro Alibert". Da Roma risulta che spedì cinque lettere: l’8, il 28 e il 30 gennaio, il 4 e il 18 febbraio. Penso che viste tutte queste attività non si sia recato a Riofreddo nemmeno in questo periodo.

21) 15 settembre 1844 - 1 ottobre 1844

Questa è l’ultima dimora di Donizetti a Roma. Vi si reca con l’amico bergamasco Dolci il quale visita i monumenti e le bellezze della città eterna. Il musicista però non sta bene. In una lettera (su un totale di tre scritte il 19, 23 e 26 settembre), indirizzata al napoletano Aniello Benevento, dice: "Ho lasciato la mia gaiezza, - Torno tristo... torno a restar in casa la giornata intera." Sia per questo stato d’animo, sia perché non avrebbe potuto lasciare solo Dolci a Roma, non penso che sia stato a Riofreddo durante questi giorni. Il 2 ottobre è di ritorno a Napoli accompagnato però da Tòto e dalle quattro signore di casa Vasselli.

Se le miei ipotesi sono giuste restano quindi solo due possibilità in cui Donizetti, sicuramente accompagnato da Virginia, sia potuto venire a Riofreddo: o nel mese di febbraio 1828 o tra la fine di maggio e il 15 giugno 1832. Se le condizioni climatiche favorevoli lascerebbero pensare più a quest’ultimo periodo, personalmente ritengo maggiormente probabile il primo, vista la documentata presenza (l’atto di battesimo) di Virginia a Riofreddo nel febbraio del 1828. Sono perciò molto propenso a credere che Donizetti sia stato ospitato a Riofreddo proprio in quell’anno. Tra l’altro Riofreddo era, anche all’epoca, facilmente raggiungibile in tempi relativamente brevi: Moroni, che scrive nel 1857, quindi a pochi anni di distanza dai periodi in esame, parlando del paese afferma che "[vi] si giunge con viaggio d’un giorno (anche meno)".

 

 

Gaetano Donizetti e Virginia Vasselli

 

GAETANO PRIMA DEL FIDANZAMENTO

Donizetti ventiquattrenne arriva a Roma per la prima volta nell’ottobre del 1821, scritturato dall’impresario Paterni per scrivere un’opera per il teatro Argentina. Quali erano state le sue precedenti esperienze? Nato a Bergamo il 29 novembre 1797 da una famiglia povera (il padre era portiere del Monte di Pegni, la madre tessitrice) era l’ultimo di sei figli (ma oltre a lui solo altri due sopravvissero). All’età di nove anni viene ammesso alla scuola di musica amministrata dalla Congregazione di Carità e in breve diventa uno dei migliori allievi del compositore Simon Mayr a cui fu riconoscente per tutta la vita. Seguitò i suoi studi a Bologna (e fu lo stesso Mayr a raccogliere i fondi per il viaggio e per il mantenimento) con il celebre Padre Mattei fino al 1817. Nei quattro anni precedenti l’arrivo nella capitale dello Stato Pontificio fa le sue prime esperienze teatrali a Venezia e a Mantova.

Gaetano si reca dal poeta e librettista Jacopo Ferretti (che abitava in via dei Lucchesi) con una lettera di raccomandazione di Mayr: "Non è a dubitarsi che il Donizetti ricevesse la più fraterna accoglienza dal poeta: e del pari fu amichevolmente accolto, con cordialità tutta romana, in altre distinte famiglie, come quella Vasselli [...]".

Successivamente Donizetti quando veniva a Roma era ospitato dai Vasselli: "Il compositore aveva preso stanza, in Roma, nell’appartamento di suo cognato Antonio, in via delle Muratte 78 [una traversa che collega il Corso con la zona di fontana di Trevi] (palazzo Gavotti). Lo afferma il Cicconetti; e dietro la sua testimonianza il Municipio di Roma fece apporre, nel 1876, una lapide sulla facciata della casa, con una epigrafe così concepita:"

IN QUESTA CASA

ABITÒ GAETANO DONIZETTI

DI BERGAMO

E VI COMPOSE

IL FURIOSO E IL TORQUATO TASSO

___

S. P. Q. R.

MDCCCLXXVI

L’appartamento è così descritto da Cametti:

La famiglia Vasselli abitava ancora in via delle Muratte, al primo piano del Palazzo Gavotti. Dall’inventario dell’appartamento esistente nell’archivio municipale di Roma e redatto al tempo della morte di Luigi Vasselli, per cura dei figli Antonio e Gaetano e della vedova dell’altro fratello Francesco, troviamo che l’appartamento stesso si componeva di quattordici camere, più una cappella, la cucina ed una cantina.

VIRGINIA PRIMA DEL FIDANZAMENTO

Vasselli Anna, Maria, Virginia era appunto nata a Roma il 27 nov. 1808, come risulta dall’atto di battesimo conservato nei libri della parrocchia di S. Marcello. Ella era rimasta sino al 1820 nell’educandato del Monastero delle Vergini, situato a pochi passi dall’abitazione paterna.

Ecco il suo atto di battesimo:

Die 29 novembris 1808. -Ego suprascriptus baptizavi infantem natam die Dominico 27 dicti hora 18 ex Patre D. Aloysio Vasselli romano filio b. m. advocati Francisci et ex matre D. Rosa Costanti romana filia b. m. Joannis baptistae, coniugibus paroeciae S. Maria in Via, cui nomen Anna, Maria, Virginia. Patrini D. Aloysius Farnesi et D. Gertrudis Clementi De Gasperi. Obstet. Anna Veronesi. (Libro dei battezzati della parrocchia di S. Marcello, 1807-1813, fol. 83).

Ashbrook, ma anche altri autori, ci ricordano: "Tutta la famiglia Vasselli coltivava la musica e Virginia aveva già dimostrato una non trascurabile attitudine per il piano e il canto." Infatti Donizetti, appena i suoi rapporti con la famiglia diventarono più stretti, usò molto lo strumento della casa in via delle Muratte:

Fin dal 1822 Donizetti aveva usato per le sue composizioni un pianoforte (a coda, con cassa di legno di noce lucidata a colore di mogano, con tastiera di avorio, costruito dalla ditta C. Strobel di Vienna) che apparteneva alla famiglia Vasselli. Dopo il matrimonio lo strumento seguì gli sposi a Napoli dove rimase fino al 1843. In quell’anno Donizetti liberò il suo appartamento napoletano e volle che il pianoforte tornasse a casa Vasselli. Nella lettera da Parigi del 7 giugno 1843 così scrive al suo amico Persico: "Dà a Toto il pianoforte e digli che a nessuno l’avrei dato per tutto l’oro del mondo, poiché era... di lei; poi perché gli devo la mia reputazione... ".

In una lettera successiva del 3 luglio il maestro scriveva al cognato sempre sull’argomento:

"Non vendere per qualunque prezzo quel pianoforte che racchiude in sé tutta la mia vita artistica. Dal 1822 l’ho nelle orecchie; la vi mormorarono le Anne, le Marie, le Fauste, Le Lucie, i Roberti, i Belisari, i Marini, i Martini, gli Olivi, Ajo, Furioso, Paria, Castello di Kenilworth, Ugo, Pazzi, Pia, Rudenz... Oh lascia che viva fin ch’io vivo... Vissi con quello l’età della speranza, la vita coniugale, la solinga. Udì le mie gioie, le mie lagrime, le mie speranze deluse, gli onori... divise meco i sudori e le fatiche... colà visse il mio genio, in quello visse ogni epoca di mia carriera, di tua... o delle tue carriere. Tuo padre, tuo fratello, tutti ci ha visti, conosciuti; tutti l’abbiamo tormentato, a tutti fu compagno, e lo sia eternamente alla figlia tua qual dote di mille pensieri tristi e gai". L’offerta del pianoforte alla giovane figlia di Toto era un rendere omaggio al nome della sua Virginia che la ragazza aveva ereditato.

Lo strumento è attualmente conservato nel Museo Donizettiano di Bergamo ed il brano della lettera sopra citato è stato inciso su targa ed applicato sul pianoforte stesso.

FIDANZAMENTO, MATRIMONIO E VITA CONIUGALE

Ad un certo punto della sua vita Donizetti si accorse di Virginia: "Il candore e la bontà di quella fanciulla, avvenentissima e nello splendore dei suoi diciotto anni, e che ai suoi pregi naturali aggiungeva le grazie di un’educazione completa (essa era anche una cantatrice distinta), avevano colpito grandemente il cuore del nostro compositore;".

Ma quando si fidanzarono, se così si può dire, "ufficialmente" Gaetano e Virginia?

Nasce qui infatti il problema suscitato dalla lettera di Antonio Vasselli a Donizetti, scritta il 15 agosto 1837, in cui alla fine egli afferma: "Ricordati la sera di Luglio del 1826 a Piazza Colonna quando ti promisi Virginia".

Ma nel luglio del 1826 era impossibile che Gaetano fosse a Roma: ci sono infatti varie lettere di Donizetti spedite da Napoli il 15 Giugno, il 21 Luglio e l’11 Agosto! Proprio in quest’ultima il maestro fa sapere che dovrà trovarsi a Roma il 1 settembre! E’ probabile che Tòto, a distanza di 11 anni, abbia sbagliato il mese come afferma anche Ashbrook:

Quasi certamente Toto deve confuso il mese [...] La cattiva memoria di Toto potrebbe aver anticipato il mese o, come sembra altrettanto plausibile, posticipato un episodio avvenuto prima di luglio. [...] Non si conosce la data in cui Donizetti chiese ufficialmente la mano di Virginia ma sicuramente ciò dovette avvenire in questo periodo [set. 1826 - gen. 1827] se già nel mese di maggio si discutevano i termini della dote.

Oppure Donizetti fece un viaggio a Roma nei primi mesi del 1826 per consegnare a Virginia lo scherzo per violino e pianoforte che gli aveva dedicato e in quei giorni Tòto gli avrebbe "promesso" Virginia: "Nel 1826, quando Toto - come lui stesso ricorda - promise Virginia a Gaetano, egli non era ancora il capofamiglia: Papà Vasselli visse infatti fino al 1832. E’ chiaro che Toto può soltanto aver promesso di dare il suo indispensabile appoggio alla richiesta formale da parte di Gaetano della mano di Virginia."

Sulle composizioni offerte a Virginia, Ashbrook così si esprime:

La composizione [lo scherzo su 27 motivi diversi di sue opere per vl. e pianof.] è dedicata a Virginia Vasselli, la donna che Donizetti voleva sposare e alla quale intendeva quindi offrire con tale gesto tutto quello che aveva sino allora composto.

Nella dedica dello scherzo, senza data, si legge: "Alla sig.ra Virginia Vasselli" e, un po’ più distante, "Roma", che probabilmente si riferisce al luogo in cui Donizetti si trovava, anche se può indicare semplicemente la città di Virginia. D’altra parte se è evidente che Donizetti con questo scherzo intendeva offrire a Virginia tutte le sue composizioni, sembra incredibile che non abbia voluto consegnarglielo personalmente. [...] Oltre allo scherzo per violino e piano già composto, le dedicò un duetto per due soprani il 30 novembre: tre giorni prima la fanciulla aveva festeggiato il diciottesimo compleanno.

L’autografo di questo duetto per due soprani, "Sarà più fida Irene", si trova nel Museo Donizettiano a Bergamo e reca la seguente dedica: "Per la Sig.ra Virginia Vasselli/Donizetti nell’anniversario suo D.D.D. Sono 29, 30 Novemb. 1826".

Cametti preferisce spostare la data del fidanzamento all’anno seguente, il 1827:

Invero quell’anno [1827] fu propizio alle sue vicende. [...] Il Donizetti strinse un patto col famoso impresario Barbaia di Napoli, obbligandosi di fornirgli dodici opere nuove in tre anni, pattuendo una ricompensa di duecento ducati, ossia 840 lire, al mese. Di più ottenne il posto di direttore al teatro Nuovo con cinquanta scudi al mese; cioè altre 250 lire. Egli era giunto alfine a conquistare una buona posizione che gli permetteva di stare tranquillo per l’avvenire: ed appunto in vista di ciò non si peritò di chiedere in isposa Virginia Vasselli, con la cui famiglia, e specialmente col fratello Antonio, erasi stretto in amicizia fino dal suo arrivo in Roma, come dissi a suo luogo.

Anche Zavadini concorda con Cametti sull’anno: "Donizetti si era in questo mese di Maggio [1827] fidanzato con colei che poco appresso doveva diventare la sua sposa: Virginia Vasselli". A conferma di questa sua ipotesi c’è una lettera del musicista ad Andrea Monteleone, scritta il 14 maggio 1827: "Ti han detto delle gran buzzere sul conto mio. -Che pensi mai? Ch’io possa perdermi? Oh mai mai. "

Il 25 Maggio 1827, Donizetti scrive al padre:

Caro Papà,

Io spero trovarvi men dispiacente adesso che sapete il nome della giovane che forse sposerò, perché meglio di così al certo non avrei trovato riguardo a carattere; non dirò bellezza, perché quella dura poco. Ora sappiate che danno 2000 Colonati pagabili in tre anni, cioè per tre anni ancora non si gode che il sei per cento, poi son padrone di trasportare la somma dove mi pare e piace; prima no perché il contratto che fece il padre era di 6 e non sono scorsi che tre col banchiere. Tiene per un altro migliajo di scudi di robba per casa, per lei, ed argenteria; dunque mi pare, che un uomo che non ha un soldo possa sposarla. Alla fine poi cosa avrebbero di più le altre? - Eppoi, chi sa che io non venga a stabilirmi con voi altri? La giovane fa ciò che voglio; sicchè?

Su questa lettera Cametti così commenta:

Sembra che i genitori di Gaetano non fossero troppo contenti che il figlio loro contraesse il matrimonio: non per le qualità della fidanzata, che d’altronde essi non potevano conoscere, ma per il progetto in sé stesso. Forse per il timore che egli, accasandosi tanto lontano da Bergamo (specialmente in quei tempi di difficili comunicazioni) e creandosi una famiglia propria, potesse dimenticarsi di loro e privarli di quei soccorsi che l’ottimo Gaetano non mancava di inviar loro continuamente e sempre in maggior copia, può spiegare quella contrarietà. Appunto perciò, nella lettera testè riportata, il Donizetti insisteva sulle condizioni finanziarie della famiglia Vasselli, facendo anche balenare la possibilità di accasarsi con la moglie, nella città nativa.

Anche Ashbrook è dello stesso parere:

Questa lettera rivela tutta la sua [di Gaetano] abilità diplomatica. In precedenza Andrea Donizetti doveva aver manifestato la sua contrarietà ai progetti matrimoniali del figlio, che non vedeva ormai da anni, nel timore che questo si stabilisse definitivamente a Napoli o in qualche altro posto remoto e che allentasse il sostegno finanziario ai genitori. Per dissipare le apprensioni paterne, Donizetti mette bene in chiaro i termini del contratto nuziale e fa per di più balenare la possibilità che egli ritorni a vivere a Bergamo seguito dalla moglie. Per quanto Donizetti fosse sinceramente attaccato alla città natale nulla conferma che egli abbia contemplato seriamente o a lungo tale eventualità. Quanto a Virginia, dopo le nozze non si recherà mai a Bergamo né incontrerà la famiglia del marito. Ciò fa supporre che a Donizetti non premesse in modo particolare di farli incontrare o di mostrare alla moglie l’ambiente modesto in cui era cresciuto e in cui tuttora viveva la sua famiglia. In un’unica occasione in cui venne proposta una riunione, solo Andrea, e nessun altro, fu invitato a venire a Napoli.

Questa lettera del 25 maggio ha però indotto in errore sia Celletti che Caffari i quali hanno scritto che in quella data il maestro richiese la mano di Virginia mentre è solo la comunicazione al padre del fidanzamento, avvenuto, come abbiamo visto, precedentemente.

Anche un’antica biografia del compositore bergamasco sbaglia sia sulla data del fidanzamento che su una presunta opposizione all’unione da parte di Luigi Vasselli, in realtà non documentata:

[...]inoltre, poco dopo il suo arrivo, preso d’amore per Virginia Vasselli, giovanetta oltre che bella della persona, per soavità di modi e per abilità nel cantare assai avanti nella grazia delle principali famiglie di Roma, trovava difficoltà per le nozze nella propria condizione ancora incerta dell’arte. Poiché il padre di lei, Luigi, curiale fra quanti altri ne numerasse il foro, dotto e bene agiato di fortuna, non volea risolversi in tanta meschinità del presente, e oscurità dell’avvenire.

Cametti così commenta le affermazioni di Cicconetti:

[...] è errata nella sua base cronologica: poiché, sebbene il musicista frequentasse assiduamente, nella sua prima dimora in Roma, quella distinta famiglia, non poteva invaghirsi di una fanciulla di appena tredici anni, qual’era, sul principio del 1822, Virginia Vasselli.

Il 30 Ottobre 1827 Donizetti scrive al padre da Napoli riferendosi probabilmente al suo prossimo matrimonio:

"Io spero presto darvi una bella nuova; basta, vediamo. State bene".

Anche al suo amatissimo Mayr, il 2 febbraio 1828, comunica la gioia per l’amore di Virginia:

Leviamo la sordina. Il soggetto scelto per mia compagna, è piucchè degno di me, figlia di ottimi genitori, educata da signora, senza farne pompa, che sa adattarsi a tutto, che mai ha fatto parlare di se, che mi stima e mi ama lontano e vicino... merita apprezzarsi.

Tre mesi prima del matrimonio, il 28 febbraio 1828, da Genova, scrive una lettera al padre, sulla quale Ashbrook riporta le seguenti conclusioni:

Coll’intenzione dichiarata di partire "subito per Napoli" dopo aver assistito alle prime tre rappresentazioni, Donizetti vuole soltanto mettere su una falsa pista il vecchio Andrea, sperando che il padre non abbia sentore dell’imminente matrimonio, che aveva deciso di annunciargli a cose fatte.

Infatti, appena quindici giorni prima delle nozze (in una lettera datata 15 maggio), neanche a Mayr Donizetti dice nulla:

La decisione di Donizetti di serbare il silenzio con colui che chiamava il suo secondo padre sull’imminente matrimonio è in armonia con la determinazione di attendere che esso avesse avuto luogo per darne l’annuncio al padre legittimo. Donizetti non intendeva certo avere discussioni a Bergamo con Andrea proprio in quel momento né d’altra parte era disposto a ritardare il suo arrivo a Roma.

Finalmente vennero celebrate le nozze. Ce ne dà notizia Cametti:

La cerimonia ebbe luogo il 1° Giugno [1828] nella chiesa di S. Maria in Via, avendo a testimoni il cognato Antonio e G. B. Zampi, figlio di quel Filippo Zampi, appassionato frequentatore di teatri e poeta a tempo perduto. Gli sposi si recarono tosto a Napoli, ove presero dimora.

Lo studioso romano riporta anche l’atto di matrimonio che ebbe grandi difficoltà a rintracciare in quanto il cognome dello sposo fu trascritto erroneamente come "Bonizzetti":

Die prima junii anno millesimo octingentesimo vigesimo octavo dispensatis denunciationibus, nulloque detecto impedimento de licentia Ill.mi et R.mi D. D. Josephi Della Porta Patriarchae Constantinopolis et Vicesgerentis in urbe, habita per acta D. Francisci Gaudenzi not. sub die 31 maji proxime elapsi quam apud me servo, ego infrascriptus parochus de mane in hac ecclesia parochialis ad altare SS. Annuntiatae interrogavi Ill.mum D. DOMINICUM CAJETANUM BONIZZETTI [sic] filium D. Andreae e civitate Bergomi a paucis diebus Romae commorantem, et honestam puellam Ill.mam D. ANNAM VIRGINIAM VASSELLI filiam D. Aloysii romanam ex hac paroecia, et habito eorum mutuo consensu per verba de praesenti eos in matrimonium conjunxi juxta ritum etc. et Trid. Conc. praesentibus notis testibus Joanne Baptista Zampi ab urbe veteri filio q. Philippi ex paroeciae S. Maria in Aquiro, et D. Antonio Vasselli romano filio D. Aloysii, et frate sponsae hujus paroeciae solemnia completa fuere. Ita est Fr. Francis. Ant. Philippi, parochus S. Maria in Viam. (Libro dei matrimonii della parrocchia di S. Maria in Via, dal 1825 al 1830, fol. 16 verso).

Subito dopo il matrimonio, la coppia si recò a Napoli dove presero casa in via Nardones 14. Gaetano, quaranta giorni dopo, il 19 luglio scrive al padre nel tentativo di di rappacificarsi col vecchio offeso :

[...] non vi ringrazio della lettera che mi avete scritta prima di questa, capisco che potevate offendervi del non avervi partecipato il matrimonio, ma anch’io credetti farvi risparmiar spese e ricevere con una sola lettera notizie di tutti due i figli, ma già le mie delicatezze non son capite. Voi poi dite che di creanza né sapete più di me, (e anche questo sarà), ma questo benedetto matrimonio di già ve lo avea partecipato da gran tempo sicché mi par di non aver in gran cosa mancato. Se per adesso non posso spedirvi il ritratto della nostra moglie, vi spedisco il carattere, cioè essa vi vuol scrivere sicché per adesso pazientate. Riguardo al vederla o no sta a voi, poiché e quì e a Roma sareste il ben venuto, e per pagarvi il viaggio al ritorno ci arrivo. Anzi fate una cosa, al primo d’8bre viene il papà ed il fratello di lei, voi anticipate, vedete Roma, e venite, e partite insieme: alla fine, poi, non siamo in Finibus terrae. Fatevi coraggio, per venire a Roma pochi bajocchi ci vonno, quando siete là, vi accerto che non avrete più bisogno di un quattrino. Pigliate il permesso per tre mesi, e tutto è fatto. Ora vediamo se siete di parola [...]. Vi prego tener per voi quest’invito, e non farlo a Francesco che allora la cosa cambia aspetto.

Quasi un anno dopo le nozze l’incontro tra Virginia e i suoceri non era avvenuto e perciò la coppia inviò ai genitori di Gaetano una ciocca dei capelli di Virginia, un anello coi loro nomi incisi, una spilla ed un ritratto della giovane. Nella lettera inviata al padre il 21 maggio 1829, Donizetti annuncia la spedizione dei regali:

Eccoci al cimento d’un’altra spedizione. La nostra metà manda alla Sig. Domenica [la madre di Donizetti] un cordone de’ suoi Capegli, ed un anello coi nostri nomi in due pietre... cosa che portava io prima del matrimoccolo, ed io a voi spedisco una spilla ad uso una fibula antica. Noi tutti e due poi vi doniamo il ritratto di lei, fatto da un nostro amico, e giacché non ci possiam vedere abbiate almeno un idea del mio gusto in genere femminino. [....] Salutate Mammà, i Maestri, gli amici, e addio. La bestia di consorte vi saluta, addio.

Donizetti, come ho già detto nel paragrafo dedicato ai suoi soggiorni romani, lasciava spesso Virginia a Roma dai genitori quando partiva per allestire opere:

[...] Donizetti, con tutta calma, verso la metà di novembre [1834] invia a Roma la consorte mentre egli prende imbarco per Genova[...]

Intorno al 20 o 21 marzo [1835] Donizetti lascia Parigi dirigendosi a Napoli per via marittima. In una lettera all’amico Giampieri del 18 aprile da Livorno "Vò a Napoli dove il permesso è spirato alla fine di febbraio. Pare sia tempo! Che dirà S.M.? io non ho faccia e bisogna averla. Tocco prima Roma per la metà e subito via." Intende cioè fare una breve sosta a Roma per riprendersi la sua metà, cioè la sua Virginia, ivi lasciata fin dal novembre.

[...] quando Donizetti si assentava da Napoli per mettere in scena un’opera, Virginia lo accompagnava fino a Roma per rivedere la famiglia.

Nella lettera al padre, spedita da Napoli, il 30 ottobre 1828, Gaetano accenna ai lavori domestici della moglie: "[...] Mia moglie vi saluta, ed ora non può scrivere poiché sta facendo cose di casa, quindi supplisco io."

L’unica lettera conosciuta di Donizetti a Virginia è quella che descrive l’esito della prima rappresentazione di Anna Bolena (26 dicembre 1830) al teatro Carcano di Milano. Siccome si ignora dove si trovi l’originale di questo documento, Ashbrook dubita della sua autenticità:

Cara Signora mia rispettabile e moltissimo amata,

Godo nell’annunziarle che la nuova opera del suo innamorato e celebre marito ha avuto un incontro quale non sarebbe stato possibile sperare migliore. Successo, trionfo, delirio, pareva che il pubblico fosse impazzito, tutti dicono che non ricordano di aver assistito mai ad un trionfo siffatto. Io ero così felice che mi veniva da piangere, pensa! ed il mio cuore veniva verso di te e pensavo alla tua gioia se tu fossi stata presente, ma sai che io non voglio esporti ad emozioni così forti, perché s’ha un bel dire, ma sono emozioni che par di morire, quando ancora non si è sicuri dell’esito. Pur avendo fiducia in un esito favorevole perché tutti parlavano bene dell’opera, artisti e orchestra e persino gli impresari, nel primo quarto d’ora sono stato sospeso tra paradiso e inferno... Adesso sono in paradiso e non ti dico il mio contento; mi manca solo un bacio della mia Virginia, che verrò a cogliere al più presto: ti prego dunque, deh te ‘n priego, come direbbe il Romani, di prepararmi l’accoglienza che si merita un gran maestro che pien d’estro appena a casa per prima cosa vorrà abbracciare la propria sposa.

In una lettera a un amico Donizetti descrive in versi la vita con Virginia a Napoli:

Donna Virginia di quando in quando

con qualche antitesi si va lagnando:

che il troppo correre la rende ansante,

ma, s’ella dolesi, io fo’ il mercante

e tanto schicchero e tanto ciarlo

finché la rotolo dentro San Carlo.

... finché, storditala con tai commenti,

i passi accelera e in due momenti,

fra il riso, il correre, fra pioggia e neve,

con luna, o polvere, s’arriva in breve!

L’autore del volume in cui è riportata la "poesia" così commenta:

Custodita sempre gelosamente dal marito in quel guazzabuglio d’amicizie, cantanti e dame in cui i rapporti di lavoro e l’innata cordialità lo stringevano, Virginia, apprensiva e serena, armonizzava i contrasti di quel vivere tumultuoso e di quella natura; con la presenza vigile e silenziosa aiutava a creare. Gli anni sereni della vita coniugale vedono un felice crescere del’arte di Donizetti.

LETTERE DI VIRGINIA

Riporto qui di seguito tutte le lettere che ci sono giunte di Virginia. Molto spesso si tratta di poche righe che la ragazza aggiungeva in fondo alle missive del marito.

Questo scritto è intercalato nella lettera di Donizetti al padre, spedita da Napoli il 19 luglio 1828:

Signor Andrea - Mi prendo l’ardire di scriverle queste poche righe, per unire le mie preghiere a quelle del buon Gaetano, rapporto al voler venire a passare qualche poco di tempo con noi; mi lusingo che non vorrà negarci tal grazia, mentre ci sarebbe di troppo dispiacere [un rifiuto] (questa parola nell’autografo manca: è evidentemente una svista). La prego di porgere i miei ossequj alla di lei stimatissima Consorte. Persuasa della di lei bontà come anche quella della sua signora Consorte, vengo a pregarli a volere accettarmi nel numero dei loro figli; certa di poter ottenere sì bella grazia, passo a segniarmi con tutta la stima,

sua affezionatissima figlia e serva

Virginia Vasselli Donizetti

In calce alla lettera di Donizetti al padre, scritta da Napoli il 7 maggio 1829, Virginia aggiunge:

Caro Papà, Gaetano di già vi ha detto la ragione per cui non abbiamo scritto sin’ad ora; vi accerto che questa malattia di povero Gaetano mi ha fatto soffrire molto, ma molto, ora però ringraziamo Iddio che ci ha fatto la grazia e spero che in breve sarà ristabilito perfettamente. Sono dispiacentissima della malattia che tuttora soffre la povera mamma. Per carità ditegli che si abbia cura più che può, e stia più quieta che sia possibile, mentre la sua salute ci preme assai vi prego dirgli che mi benedica come un’altra sua figlia, amandola io come un’altra mia madre. Lascio perché temo di aver troppo abusato della vostra bontà. Tutta la mia famiglia, ed in specie papà e Mammà, mi hanno incaricato di salutarvi caramente. Vi prego di scriverci spesso e darci nuove di mamma; beneditemi e sono

la sua Aff.ma figlia

Virginia Vasselli Donizetti

In fondo ad una lettera di Donizetti al padre, Napoli 24 giugno 1830: "Caro Papà - Spero che sarete bene e che mi rammenterete qualche volta. Salutate la buona mamma e beneditemi ambedue e scrivetemi spesso e con tutto l’amore mi dico la vostra figlia Virginia."

Preoccupata per l’esito milanese dell'Anna Bolena la signora Donizetti scrive da Roma al suocero il 21 dicembre 1830:

Papà mio caro, avvicinandosi le sante Feste mi sono fatto un dovere di scriverle queste poche righe per augurarle, sì a Lei come alla buona Mammà mille, e mille felicità, sì dell’anima, come del corpo, unite ad un buon principio d’anno. Godo molto sentire dal mio Gaetano che la loro salute è buona, ed io prego sempre il Cielo acciò glie la conservi. Appena che il mio Gaetano sarà andato in scena [si tratta di Anna Bolena al teatro Carcano di Milano], li prego a volermi dare le nuove dell’esito preciso, perché a dirgli la verità, di lui non mi fido; perciò mi rivolgo a Lei, e così si accerti mi leverà da pene, giacchè puòle immaginare in che aggitazione vivo, tanto più che conosco la sensibilità del suo carattere; perciò a Lei mi raccomando, acciò nei giorni che deve andare in scena, gli vada a fare compagnia. La prego di fare i miei complimenti al Sr. Maestro Mayr ed augurargli le sante feste colme di ogni felicità ed un buon principio d’anno, anche da parte di mio fratello. Tutti di casa fanno il medesimo, sì a Lei, che alla mamma; ed io ansiosa di vedere suoi scritti, e chiedendogli la S. Benedizione ad ambe due, mi dico

Sua aff.ma figlia

Virginia Vasselli Donizetti

In fondo alla lettera del 24 giugno 1830 di Donizetti al padre:

Caro Papà mio - Con molto piacere sento che stiate bene, grazie al cielo noi ancora godemo perfetta salute. Una vostra lettera diceva di non aver mai ricevuta risposta da me di quella che mi scriveste, di ciò caro Papà io non ne ho colpa, perché ho scritto, ma forse si sarà perduta alla posta. Salutate tanto tanto la cara mamma e li nepoti e figlio e scrivete e amate la vostra figlia

Virginia Vasselli Donizetti

Ancora in una lettera di Donizetti al padre, da Napoli il 2 ottobre 1830, Virginia in calce aggiunge: "Caro Papà - Giacchè Gaetano non ci pensa a salutarvi per me, ci penso io, e vi dico mille cose a voi ed a Mammà, e prego a benedirmi e credermi vostra figlia Virginia V. D."

Lettera di Gaetano a Jacopo Ferretti (manca il luogo e la data ma dovrebbe essere stata inviata da Napoli nel settembre 1836). Da un lato è scritto: "Dissi a Donizetti di salutare voi, e Teta e le figlie ma egli se ne dimenticò; così lo faccio da per me; dunque mille cose a tutti di casa. V.[irginia]"

In fondo alla lettera di Donizetti a Ferretti, Napoli, 2 agosto 1832, e scritta da mano diversa dal musicista (quasi certamente di Virginia): "Virginia vi saluta (e Donizetti aggiunge): (carattere Barbajesco)". Zavadini in nota aggiunge: "Donizetti scherza sulla calligrafia della moglie, trovandovi forse delle somiglianze con quella del Barbaja".

I FIGLI

Cametti così introduce il doloroso capitolo "figli" della famiglia Donizetti:

Nei nove anni di matrimonio, tre volte il Donizetti fu in procinto di divenir padre. Ma questo, che sarebbe stato per lui una gioia grandissima, non gli fu mai concesso; chè un bambino gli morì appena nato e gli altri non giunsero nemmeno a veder la luce.

NASCITA E MORTE DEL 1° FIGLIO

Il 19 gennaio 1829 Gaetano annuncia al padre per lettera lo stato interessante di Virginia: "Credo che saremo cresciuti in famiglia,... si vedrà...!"

Infatti:

[...]dopo alcuni mesi [luglio del 1829], per ristorarsi col riposo da una grave malattia che l’aveva colpito a Napoli, e perché la Virginia avesse nel difficile momento del parto le cure dei suoi parenti, egli si trasferì in Roma, chiedendo un mese e mezzo di congedo al Barbaja. Il 25 luglio Virginia rivedeva i suoi e il 29 dava alla luce un bambino, al quale si davano i nomi di Filippo, Francesco, Achille, Cristino.

Cametti riporta anche l’atto di nascita del bambino:

Anno Domini 1829, die trigesima prima Julii Rev. S. Franciscus Filippi Parochus S. Mariae in Via baptizavit infantem natum die vigesima nona currentis hora secunda noctis ex Patre D. Caietano Donnizzetti bergomensi fil. Andreae, et ex matre D. Virginia Vasselli Rom. fil. D. Aloysio, conjug. hujus paroeciae; cui nomen Philippus, Franciscus, Acchilles, Crjstinus. Patrinus fuit D. Josephus Vitelli, rom. filius Philippi et Cura S. Laurentii in Lucina, cujus vices supplevit uti procurator ab ipso legittime deputatus D. Antonio Vasselli Rom. filius Aloysii hujus Curae. Matrina Ill.ma D. Comitissa Virginia Rusponi a Ravenna figlia Ill.mi D. Comitis Crystini.

Purtroppo la gioia durò poco perché il bambino morì quasi subito. Così ne parla il musicista in due lettere, una indirizzata a Domenico Barbaja, spedita il 1° agosto 1830, l’altra al padre del 20 dello stesso mese:

Mi avete concesso un mese e mezzo, sono quindici giorni che sono arrivato; la moglie sapete che almeno abbisogna di 40 giorni, e molto più adesso che stanotte è già morto il figlio, e voi volete farmi partire?.

Le vostre congratulazioni mi sono state gratissime benché giunte tardi, dico tardi poiché il bambino dopo il 12° giorno salì al cielo. L’incertezza della gravidanza, e la visita a lei fatta da’ migliori medici di Napoli che negavano la compromissione dell’utero, fecero sì che essa adottò de’ rimedj prescritti da queste bestie, e nonostante la creatura venne alla luce di 7 mesi, ma avea una vena larghissima sopra la testa, che gli toccava da un’orecchia all’altra attraversando sopra il cervello, il fatto stà che dopo 7 giorni di vita, gli cominciarno le convulsioni, storceva gli occhi, non mangiava più, e dopo poca vita tirata a stenti nell’imboccarci con cucchiaro il latte, stette due giorni a bocca chiusa, e morì: meglio così, che avere un ragazzo guasto da malattia poiché dicono che se guariva, per lo meno sarebbe rimasto storpio: Non se ne parli più! [...] Virginia stà ancora debole, perciò io le faccio le sue scuse, e vi mando i suoi saluti.

Cametti trascrive l’atto di morte:

Die undecima Augusti 1829. Die dicta Philippus Donnizzetti Rom. infans paucorum dierum filius D. Cajetani et D. Virginia Vasselli hujus paroeciae S. Mariae in Via in Domo sita in Via delle Muratte 78, ad coelum feliciter evolavit; cujus corpus ad hanc ecclesiam delatum, in ipsa post solitas praeces fuit sepultus. Ita est fr. Franciscus Filippi Par. S. Mariae in Via.

Sui motivi di questa, come delle altre due infelici gravidanze di Virginia e sulle cause della sua stessa morte Ashbrook propone una tragica ipotesi:

Ogni discussione di natura medica a centocinquant’anni di distanza dai fatti non può che restare nel campo delle congetture. I medici di cui ho sollecitato l’opinione postulano unanimemente la seguente diagnosi: ad un dato momento, forse non molto tempo prima del matrimonio, Donizetti contrasse la sifilide; i sintomi della malattia avuta nella primavera del 1829, in particolare le convulsioni, inducono a prendere in seria considerazione l’ipotesi che il sistema nervoso fosse stato colpito dal primo stadio dell’infezione. Ciò posto non è possibile eludere un’incresciosa conclusione: Gaetano trasmise l’infezione a Virginia, come tenderebbero a dimostrare la difficile gravidanza e il parto prematuro del bambino malformato.

 

NASCITA E MORTE DEL 2° FIGLIO

Ma i lutti in casa Donizetti non erano ancora terminati. Nel febbraio del 1836 il maestro parte da Venezia dopo il grande successo della sua opera Belisario. Purtroppo:

Questo viaggio di ritorno [da Venezia passando per Milano, Genova e Civitavecchia] gli fu reso ancor più penoso dalla notizia che Virginia, a Napoli, aveva abortito dopo una gravidanza di sette mesi e mezzo. Come se non bastasse Donizetti fu obbligato a trattenersi a Roma due settimane in quarantena, misura imposta ai viaggiatori provenienti dal settentrione dove di recente era scoppiata una epidemia di colera. Impaziente di tornare a Napoli per rivedere Virginia e inquieto perché il congedo accordatogli dai teatri napoletani era scaduto alla fine di gennaio, prese dimora presso i Vasselli. Il 4 marzo, mentre era ancora a Roma, gli fu consegnata una lettera, che gli era stata tenuta nascosta fino a quel momento per ritardargli una brutta notizia. Da Bergamo suo fratello Francesco aveva scritto a Napoli, e Virginia aveva rispedito a Roma la lettera, che gli annunciava la morte della madre. Mamma Domenica era stata fulminata da un colpo apoplettico a Bergamo il 10 febbraio, proprio mentre il musicista, in viaggio da Venezia a Milano, non era lontano da Bergamo.

Testimonianza di questo brutto periodo sono due lettere che Gaetano manda all’amico Antonio Dolci, la prima da Roma il 5 marzo 1836, la seconda, da Napoli il 30 dello stesso mese:

Caro amico, dunque tutto è finito? Se non avessi una costituzione talmente forte ch’io stesso ne stupisco, sarei, e per sempre anch’io a raggiungere gli altri. Tre mesi solo in giro, ed in tre mesi perdetti padre, madre e bambina, oltre la moglie ancora ammalata per causa di aborto in 7 mesi e mezzo.

[...]Del resto sia ciò che il Cielo destina. Ho avuto più peripezie in 3 mesi io che chiunque altro. Perdetti padre, madre, figlia, moglie tuttora ammalata, morì l’amico del cognato, persona pregevolissima, son vivo per miracolo da una burrasca da Genova a Livorno, quì son chiusi i teatri quindi lucro cessante. Pazienza! Ecco l’intercalare mio.[...]

Zavadini, in una nota, riporta :

Gli era morta la madre d’insulto apoplettico il 10 febbraio 1836, a 71 anni. Già sappiamo che il padre gli era morto poco prima, il 9 dicembre 1835, a 70 anni. La bambina, nata prematura alla fine di gennaio, morì quasi subito.

NASCITA E MORTE DEL 3° FIGLIO E MALATTIA E MORTE DI VIRGINIA

L’anno più infelice di Donizetti fu certamente il 1837. Oltre al terzo figlio venne infatti a mancargli l’amatissima Virginia. Così Cametti introduce questo tristissimo periodo:"La sua Virginia era per la terza volta incinta, ed egli, con la speranza di diventar padre, erasi perfino affrettato a comprare una culla! Il 13 giugno la Virginia mise infatti alla luce un bambino, ma privo di vita, ed ella stessa cadde seriamente malata."

Ashbrook spiega con maggior precisione:

Alle 4 del pomeriggio del 13 giugno 1837 [...] Virginia diede alla luce un bambino che però visse a stento un’ora. In base a quanto si ricava dal certificato di morte, alle sei del mattino seguente il cadaverino venne portato all’ufficio dell’anagrafe del quartiere san Ferdinando dai più intimi amici napoletani di Donizetti, Aniello Benevento (avvocato, trentenne) e Tommaso Persico (commerciante, trentunenne). Dopo il parto le condizioni di salute di Virginia restarono malferme. Qualcosa dell’intima angoscia di Donizetti di fronte agli avvenimenti di quei giorni affiora in una lettera scritta a Mayr il 21 giugno: "Come sta? [...] Io voglio a tutti bene adesso e sempre. [...] Le direi molte cose triste, ma a qual prò?"

Ecco l’atto di nascita-morte del bambino:

L’anno mille ottocento trentasette, il dì quattordici del mese di giugno, alle ore 18, avanti di noi cav. Valerio Giannelli aggiunto ed ufficiale dello stato civile del comune di Napoli, dico S. Ferdinando, distretto di Napoli, provincia di Napoli, sono comparsi don Agnello Benevento, di anni 30, di professione legale, domiciliato strada Cavone, e don Tommaso Persico, di anni 30, di professione negoziante, domiciliato Largo del Castello, i quali ci han presentato un bambino di sesso maschile senza vita, ed han dichiarato di esser nato il giorno tredici del mese suddetto, alle ore sedici, da donna Virginia Vasselli, di anni ventotto, gentildonna, moglie di don Gaetano Donizzetti, maestro di cappella, di anni trentanove, domiciliati strada Nardones, n. 14. Noi dopo esserci assicurati della effettiva mancanza di vita del suddetto bambino, abbiamo redatto il presente atto, ecc., ecc.

Dopo l’infelice parto Donna Virginia si ammala. Tra l’altro infuriava a Napoli una terribile epidemia di colera e Donizetti il 28 giugno scrive a Luigi Spadaro del Bosch dando notizie dell’infezione: "[...] Il mio conservatorio pure è attaccato[dal colera]... viva noi. Io non posso andare in campagna per via de’ 40 giorni di D. Virginia, quindi sto ad aspettare se mi tocca... [...]"

Qualche giorno dopo Virginia sembra peggiorare. Il musicista ne parla in una lettera a Guglielmo Cottrau spedita a fine giugno: "[...] Scrivo bernesco, ma l’anima è seria che D.a Virginia è stata male assai, ma ora va meglio. Diarrea, latte scomparso quasi affatto! Tosse... Speriamo in bene.[...]"

Non ci fu però niente da fare:

Ma la sventura dovea fugare tutte le sue speranze e colpirlo inesorabilmente: una febbre scarlattina portò precocemente nella tomba, la notte del 30 luglio, Virginia Vasselli, che non aveva ancora raggiunto trent’anni! Tutte le cure possibili, durante la malattia, le erano state prodigate, consultati tre medici ed una levatrice: il Donizetti fece perfino celebrare dei tridui nelle chiese ed esporre il sagramento a S. Maria delle Grazie in via Toledo.....

Zavadini propende per un’altra malattia:

"Parecchi autori hanno ritenuto che il decesso di Virginia sia avvenuto per colèra che in quell’epoca infieriva in Napoli: è invece probabile si sia trattato di morbillo, peggioratosi a seguito di uno sconsigliato bagno;"

Tante le ipotesi sulla causa della morte: colera, febbre puerperale, scarlattina, morbillo. Purtroppo le ricerche moderne portano ad un’altra possibilità che, se vera, porterebbe alla, seppur involontaria, responsabilità di Gaetano:

[il 30 luglio 1837] Virginia morì, alle quattro del mattino, all’età di ventotto anni. Data la situazione di emergenza a Napoli, fu necessario seppellirla nello stesso giorno. Il rito funebre ebbe luogo successivamente nella chiesa di Santa Maria delle Grazie in via Toledo. Sulle cause della morte di Virginia si sono avanzate parecchie supposizioni. Da quanto Donizetti riferì a Cottrau alla fine di giugno, risulta che Virginia, dopo il parto, aveva avuto un attacco di febbre puerperale. La grave malattia che l’aveva colpita in seguito la portò rapidamente alla tomba. Sembra che Donizetti fosse convinto che la moglie avesse in qualche modo contratto il morbillo e che questo, nel suo stato di indebolimento, le fosse stato fatale. E’ tuttavia strano, anche per quell’epoca, che una persona adulta perisca di tale malattia. Per quanto possa ripugnare come ipotesi, è difficile escludere la possibilità, in base agli scarsi dati disponibili, che non di morbillo sia morta Virginia ma bensì in conseguenza di una grave infezione di sifilide.

Cametti riporta l’atto di morte di Virginia:

L’anno mille ottocento trentasette, il dì trentuno, del mese di luglio, alle ore 13, avanti di noi Luigi Barone aggiunto all’eletto ed uffiziale dello stato civile del circondario S. Ferdinando, comune di Napoli, provincia di Napoli, sono comparsi don Vincenzo Montalto, di Napoli, di anni 44, di professione proprietario, domiciliato strada Monte di Dio, 46, e don Gennaro Zino, di Napoli, di anni 38, di professione proprietario, domiciliato strada Egiziaca, 60. I quali han dichiarato che nel giorno trenta del mese di luglio, anno corrente, ad ore quattro, è morta donna Virginia Vasselli, di Roma, di anni ventisette, di professione proprietaria, domiciliata strada Nardones, figlia del fu don Luigi, che era legale, e di donna Rosa, di cui si ignora il cognome perché assente, moglie del cav. don Gaetano Donizzetti [sic], d’anni trentotto, maestro di cappella, domiciliato in detta casa, senza figli.

Dopo il tragico avvenimento Donizetti è psicologicamente distrutto:

La carrozza e i cavalli ultimamente acquistati non furono da lui adoperati se non per seguire malinconicamente il feretro della scomparsa. Tutte le speranze deluse, il vuoto completo attorno a sé, salvo due fedeli amici, i già citati Teodoro Ghezzi e Aniello Benevento che, amorevoli compagni, per settimane lo vegliarono anche di notte. Disperato chiude la porta della stanza ove la sua soave e diletta compagna esalò l’ultimo respiro, e non vi rientrerà più per mesi ed anni che volgano.

Gaetano si sentì annientato dalla perdita dell’amata consorte. Non volendo lasciarlo solo, per timore che il dolore lo spingesse a gesti inconsulti, gli amici lo portarono nella casa di Persico, dove rimase vari giorni a letto, incapace di alzarsi. Gradualmente si risollevò e riprese il lavoro, ma si portava sempre dentro la sua pena. Non voleva che gli dicessero che era vedovo e non era neanche capace di pronunciare o di scrivere ancora il nome di Virginia. Chiuse la porta della stanza in cui lei era morta e non la riaprì mai più. Solo con Toto poteva dare sfogo a un dolore sempre cocente.

Teodoro Ghezzi, in una lettera ad Antonio Vasselli, scritta pochi giorni dopo la morte di Virginia, così descrive le sue ultime ore:

Vi dico che quell’angelo di donna fece una morte veramente da angelo, che le ultime sue parole furono il dispiacere di dover lasciare una cara madre, un fratello e il suo Gaetano che tanto amava al mondo, e più di tutto domandava alla madre, in un momento di calma, la sua santa benedizione prima di lasciarla per sempre, senza poterla abbracciare, senza poter vedere il fratello, senza infine avere attorno a sé i suoi più cari! Negli ultimi due minuti di agonia, che tanto durò l’estremo suo soffrire, perdè i sensi, non parlò più...

CARTEGGIO DONIZETTI -VASSELLI IN OCCASIONE DELLA MORTE DI VIRGINIA

Nei giorni seguenti la scomparsa della moglie, Gaetano comincia un toccante scambio di corrispondenza con l’amico e cognato Tòto. Anche il fratello di Virginia fu terribilmente scosso dalla perdita e, come ci si può accorgere leggendo questi estratti dalle lettere, disperato al pari dell’amico musicista. L’epidemia di colera infuriava allora anche a Roma e Antonio afferma più volte di volersi prendere l’infezione: solo la preoccupazione per il mantenimento della famiglia lo fermerà. Le lettere complete si possono leggere nel libro di Zavadini, dalla pagina 436 in poi per quelle di Gaetano, dalla pagina 869 quelle di Antonio.

Lettera a Tòto del 5 agosto 1837:

Oh Toto mio, Toto mio, fa che il mio dolore trovi un eco nel tuo, perché ho bisogno di chi mi comprenda. Io sarò infelice eternamente. Non scacciarmi, pensa che siamo soli sulla terra. Oh, Toto, Toto, scrivimi per carità.

Vasselli risponde il 10 agosto 1837:

Mio caro Gaetano, la nostra sventura non dà luogo a conforto. Il tempo forse mitigherà il dolore, che per ora è impossibile. Io debbo conservarmi per la mamma, Gaetano, ed Irene, che andrebbero sopra di una porta di una chiesa se io mancassi di vita. Se fossi solo andrei girando per gli ospedali per avere il cholera. Tu non mi scrivi, ed io ignoro cosa sia di te, e persino non mi è dato sapere come e quali circostanze accompagnassero la morte di quel Angelo. Oh Gaetano quanto perdemmo entrambi! La povera vecchia è meco a soffrire. [...]

Lettera a Tòto del 12 agosto 1837:

Toto mio, non mortificarmi col credere ch’io non t’abbia scritto. Io l’ho fatto appena ho potuto, e tu sei tuttora il primo al quale indirizzo lettere. Il come e il quando io abbia perduto tanto bene, scusa, Toto mio, ma non sono ancora in grado dirtelo; ancora credo sognare, ancora la porta fatale è chiusa ed ancora non mi fido restar solo. La pena che io provo per voialtri è pari alla mia; ma credilo, Toto mio, io non ho risparmiato cosa: tridui, voti, tre medici, la mammana... E che serve il dire?... Io sarò eternamente infelice! Non oso dirti di venire in ottobre, chè conosco la pena che ti faccio, ma forse uno sfogo farà bene ad entrambi... Quì di colera non si muore, che già sarei sotterra; mai invocai la morte di cuore come ora il feci. Pazienza! Stamane diedi via la culla nova, che doveami pur servire... Tutto, tutto ho perduto. Senza padre, senza madre, senza moglie, senza figli... per chi lavoro io dunque? perché? Oh! Toto mio, vieni, te ne prego in ginocchio, vieni in ottobre. Forse tu mi sarai di conforto... ed io a te. Per la malattia, sarà finita, ch’è oggi sette casi. La casa era per lei, la carrozza per lei... nemmeno la provò... Dio... Dio... Toto mio, scrivi e scusa se ti importuno ora più del solito. Sarò infelice, tu solo mi resti, fino a che essa avrà intercesso da Dio la mia morte e la nostra eterna unione. Addio, saluta mammà.

Risposta di Vasselli del 15 agosto 1837:

Mio caro Gaetano, nel leggere la tua sono tornato a piangere come un fanciullo, e mi trovo meglio. Il dolore continuo che io provo, è così sordo, così profondo, così pertinace che se avessi lo sfogo del pianto come nel giorno 6 e 7 del corrente aveva, soffrirei meno. E’ impossibile che io mi plachi. Virginia mia tu andasti nel cielo a raggiungere l’altra Virginia [nota di Zavadini: Toto Vasselli ebbe una fidanzata che si chiamava anch’essa Virginia, morta poco prima, quasi improvvisamente] e l’angelo del padre Nostro. L’anima tua ardente ti fece soffrire in questo mondo, e mentre mi scrivevi ch’eri felice, fosti rapita. Tu mio Gaetano devi sentire più di me la perdita che abbiamo fatto. Quanto ti adorava quella povera creatura! Ti custodiva come un tesoro, e temeva che tutte le donne ti volessero rubare. Lo sò amico mio che tu l’amavi, e che nulla risparmiasti per lei, lo sò. Ma che giova? Noi siamo infelici. Io mi debbo conservare per non mandare alla indigenza la madre, il fratello, la nipote, altrimenti andrei a cercare il Cholera come si cerca la pace. Ho una noia della vita che non posso dirtelo. [...] Tu hai pur attaccata la vita a qualche cosa alla Gloria, e tu che hai l’anima Italiana sai sentire questa illusione vitale. Ma io confuso nel gregge, vegeto nella tediosa vita come una pinta in una palude. [...] La mia vecchia risparmia il dolore perché vede lo stato mio. La buona donna mette tutto nelle piaghe del Crocifisso. Ti abbraccio. Io ti bacio. Addio, mio Gaetano. Ricordati la sera di Luglio del 1826 a Piazza Colonna quando ti promisi Virginia.

Lettera a Tòto del 17 agosto 1837:

Caro Toto, aspettavo più tue lettere che l’acqua chi sta nel deserto. E che importa che mi dici ch’io nulla risparmiai per lei? Ciò è una regola, darei la vita adesso per lei, figurati ne’ momenti di desolazione! Io azzardo giusto affliggerti, perché parmi non averci rimorsi, e lo sa Iddio se dico il vero, e se ho mancato di far voti. Scusa se riapro la piaga. Io ti riprego, e scongiuro: vieni in ottobre, caro Toto, vieni, vieni, chè forse allora sarà deciso s’io debba quì morire pel Conservatorio, o se potrò fuggire per alcun poco da questi siti, da questi mobili, da queste scale. Toto mio, vieni, vieni, vieni. Tu ne hai bisogno, io necessità! Scrivimi sempre ed ama il tuo Gaetano.

Risposta di Vasselli del (bollo postale di Napoli) 22 agosto 1837:

Eh sì che verrei, eh sì che non lascerò mai di scriverti o mio Gaetano, come nella ultima tua mi dici. Ma come venire se dovrei lasciare sola questa povera vecchia in tanto pericolo, e come fare nella solitudine una quarantena eterna? [Toto per raggiungere Donizetti a Napoli avrebbe dovuto fare la quarantena per il pericolo del colera] [...] Ma Virginia mia non è più fra noi ed ogni altra cosa è nulla. Almeno mi avessero salvati li suoi capelli o Persico, o Teodoro che avranno avuta la cura pietosa del sepolcro? Io spero che gli avranno fatto tagliare li capelli e che una ciocca di quelli potrò appenderla o nel mio santuario dell’altra Virginia, o portarli sul mio cuore. Io contemplo sempre il quadro di Teodoro, [nota di Zavadini: Teodoro Ghezzi, aveva fatto il ritratto a olio su tela della moglie di Donizetti. Tale ritratto ora si trova nel Museo Donizettiano] che ritengo a me davanti. Oh fisionomia di una ingenuità rara nel tuo sesso, io veggo in essa la tua bell’anima di fuoco, incapace di moderazione, e ardentissima nell’amore. Ma che giova o mio Gaetano questo mio solito sfogo. Io non posso scriverti che di Virginia, e ti affliggo. Già te lo dissi, non sperare da me consolazione. Io non posso dirti altro, che tu hai dovuto sentire la perdita più di me, ma che tu puoi diminuirla perché hai nella vita uno scopo a vivere cioè la gloria: io non ho questo scopo questo conforto.[...]

Lettera a Tòto del 22 agosto 1837:

[...] dal giorno della mia disgrazia ho mangiato di tutto per vedere se il male [il colera che in quei giorni imperversava sia a Napoli che a Roma] poteva prendermi. Tutto ho preso e seguito, ma, sia che la malattia ha perduto l’intensità, o che l’ora mia non sia giunta, vivo ancora! [...]

Risposta di Vasselli del 26 agosto 1837:

Mio Amico mio Gaetano, la tua affezionatissima sarebbe utilissima per chi amasse una vita da molto tempo per me indifferente ed ora pesante estremamente. [...] Non ho che il medesimo tuo gusto cioè vedere tue lettere, come tu ami vedere le mie. Quanto siamo ambedue infelici e quanti non si persuadono della nostra miseria. Il tempo solo può mitigare lo stato violento in cui siamo. Io ho la certezza di una apoplessia, ma quando verrà? Per il Cholera me ne frego, e lo guardo come si guarda un cazzaccio impotente. [...]

Lettera a Tòto del 26 agosto 1837:

[...] Se hai disgrazie, io voglio teco dividerle; se stai bene, se mamma, se Gaetano [il fratello trentunenne di Antonio], se Irene [la figlia di Gaetano Vasselli] lo stesso io desidero saperlo;[...]

Risposta di Vasselli del 29 agosto 1837:

[...] Io sto fisicamente bene, così Mammà e Gaetano, il quale per la paura non sorte di casa [...] Ringrazia Teodoro dal quale ho ricevuto ciò che bramavo [i capelli di Virginia].

Altra lettera di Tòto del 31 agosto 1837:

Io sto sano con tutti di casa. molti muoiono e più delli scorsi giorni.[...] Io nulla temo, e vedrai che il Cholera non mi vuole. In ogni caso mia madre avrà te per suo sostegno. [...].

Lettera a Tòto del 31 agosto 1837:

Caro Toto, Se tu hai voluti i capelli, se ti hanno compiaciuto, e se hai il coraggio di vederli, o portarli, è segno che sei più di me filosofo; è segno che di me sei più forte... Ebbene, che vuol dir questo? Vuol dire che io non posso ancora assuefarmi a credere la mia disgrazia, che non posso ancora dirigerti una lettera senza che le lagrime non m’impediscano di proseguire lo scritto... Ciò verrà col tempo, chè vedo ogni giorno tanti assuefarsi alla vita, avendo perduti degli esseri così come a noi colei... Ma la porta è chiusa, ma io non posso aprirla, ma io fuggo ancora da quella... Il mio temperamento non era tale da perdersi in parole di attaccamento; egli si era fatto un bisogno, un’esistenza di quell’oggetto! Ah, finiamo! [...] Napoli 31 oggi un mese [dalla morte di Virginia].

Risposta di Vasselli del 2 settembre 1837:

Amico mio, ricevo la tua del 29 che fu ritardata, nella quale mi dici che sempre ti debba scrivere, ed io ho il medesimo desiderio tuo di aver sempre le tue nuove. [...] Cosa vuole da me il Cholera? La vita forse? Io glie la darei volentieri, ma non la vuole, ed io debbo ritenerla. [...].

Lettera a Tòto del 2 settembre 1837:

Sento con orrore le vittime che fa la malattia, ma sento con piacere che voialtri siete salvi. E che importa a noi degli altri? [...] Ma sono così amareggiato per me, che accolgo indifferentemente anco la morte degli amici. [...].

Risposta di Vasselli del 7 settembre 1837:

[per il colera] ogni paese si è barricato, si è diviso dalla Capitale e di più non hanno permesso il passaggio delli Corrieri neppure. [...] Noi della Capitale siamo in stato d’assedio e non possiamo moverci. [...] Il male fa sempre il suo corso micidiale, [...] Ma di tutte queste cose a noi che importa, mio caro Gaetano? [...]

Lettera a Tòto del 4 settembre 1837:

[...]Sento con pena la strage del colera in Roma; ma siccome il mondo ormai per noi è ristretto in poche persone, così di poco dolore mi è dato l’accompagnare la morte d’altrui.[...].

Risposta di Vasselli del 9 settembre 1837:

[...] Se la tua posta comincia e finisce con me, io non mi regolo diversamente, esclusa una lettera la settimana a Firenze al Cav. Gozzano da cui mi disgiunsi la notte fatale del 6, quando la notizia della eterna sventura io appresi strappandogli di mano la lettera di Persico. Le cure che mi prodigò in quella notte Gozzano sono indescrivibili. Egli ebbe il coraggio di farmi levare sangue nel mio smarrimento, e farmene levare due libre, e così mi salvò da una qualche alienazione di mente, essendomici affollato il sangue al cervello in modo che non capj più un cazzo. Forse mi sarebbe giunta quell’apoplessia a cui sono destinato, e questo sarebbe ottima cosa, ma se restavo alienato di mente, era una pessima situazione. Appena mi riebbi, mi nacque in core la dolce speranza di ritrovare in Roma la morte Cholerica, ma mi ingannai e perciò mi persuasi maggiormente ch’essendo destinato a morire della morte di famiglia, di quella morte di Virginia nostra, non poteva, come ti dissi, morire di Cholera, perché non si muore due volte e non si può morire di due generi di morte. Ma veniamo al discorso generale del Cholera. [...] Tutti li paesi vicini e lontani da Roma sono barricati ed in opposizione degli ordini del Governo non ammettono neppure il transito de’ viandanti. Pur tuttavia a Tivoli si è manifestato il Cholera, ed alla città di Subiaco, poco distante dal nostro Riofreddo ha fatto una strage perché non vi erano nè medicinali, nè modo di curare. [...] Oh mio Gaetano il tempo solo potrà medicarci. Per te vi è l’abitudine, forza immensa regolatrice della nostra vita, che io non ebbi perché erano trascorsi due anni che quella buona creatura non veniva da noi. Ti debbo cedere il posto per questa ragione nel rango del dolore, ma sii certo che io provo il vuoto che tu provi. Tu hai qualche amico, io non ho un cane, solo vado girando per la camera e per la casa, solo sorto e solo vivo. La vecchia nella sua Cappella se la passa sufficientemente. Oh che vita noiosa! [...]

Lettera a Tòto del 12 settembre 1837:

[...] Dovrei fare dodici canzonette, al solito, per pigliarmi venti ducati l’una, che in altri tempi le facevo mentre il riso coceva, ora, la penna mi cade, non so far nulla, ma devo far tutto, chè tutto è promesso! Oh! vita mia, come mi hai reso triste, abbandonandomi solo su questa terra. Io cerco ridere, distrarmi, farei di tutto per riposare un poco dall’afflizione interna... mezz’ora sola senza pensare allo stato mio... è inutile... vedo il precipizio nel quale son caduto, senza aver la forza di sollevarmi. L’anima ci gode nella tristezza, ma lo spirito si abbatte, e per me, che devo travagliare e piacere, è più doloroso il cercare immagini ridenti, che l’ammazzarsi nel calore della felicità! [...] Dormono tuttora meco i due amici [Teodoro Ghezzi e Aniello Benevento dormivano in casa del compositore dalla morte della moglie] [...]

Lettera a Tòto del 13 settembre 1837:

[...] Vi sono dei momenti, che io mi darei in mano a cento donne, se potessero distrarmi per mezz’ora e pagherei quanto posso... Tento, rido, spero e ricado di più, Niuno lo crederebbe, chè non dico mai a persona la mia interna tristezza, ma tu, sol tu mi conosci, ed a te solo è dato l’immaginarla. [...]

Lettera a Tòto del 21 settembre 1837:

[...] Toto mio, niente mi scuote; e nemmeno me ne dolgo, come cosa sì bassa al paragone mio. Alla tua venuta avrei forse aperta la camera, ma ora fino al ritorno, rimarrà così...Mi raccomando che tutto sia tenuto in buono stato... debbo dirtelo?... parmi aspettarla... parmi che debba tornare... che sia a Roma... Io la piango ancora come al primo giorno. [...] Ho fatto una canzone più triste di me [nota di Zavadini: allude alla melodia E’ morta, piena di mestizia e di lagrime, così nel canto come nelle parole, scritte molto probabilmente da lui stesso.]

LETTERE AD ALTRI SULLA MORTE DI VIRGINIA

Oltre alle tante missive al cognato, Donizetti scrisse a Luigi Spadaro Del Bosch il 9 agosto 1837: "Amico! Son vedovo... Che dir di più! - Scusate se il dolore non mi porta a darvi lunghe descrizioni... Son vedovo, e voi capirete quanta pena costi il sentire, e lo scrivere parola simile!"

La lettera, inviata sempre a Luigi Spadaro Del Bosch il 26 agosto 1837, ci fa invece capire come lui fosse convinto che la morte di Virginia fosse dovuta al morbillo che secondo Donizetti si aggravò anche a causa di un bagno che probabilmente i medici fecero fare alla povera ragazza ammalata: "[...] Dite a D. Teresina, che non tema pel parto, ma bensì dal far bagni quando il morbillo dà fuori, che in tal guisa ho perduto tutto [...]".

GAETANO DOPO LA MORTE DI VIRGINIA

Ma il dolore per la perdita della moglie fu in Gaetano sempre cocente. Ce lo testimoniano varie lettere scritte anni dopo:

Lettera ad Antonio Vasselli da Montefiascone (VT) spedita il 31 luglio 1841:

[...] Nel dì 29 piansi come se fosse stato il primo giorno della sventura... Non posso farne a meno; in mezzo alle mie gioie, se un pensiero di lei s’affaccia, le lagrime lo seguono. A chi dirlo? Chi lo crederebbe? in me? in me, che ognuno crede astratto, gaio...[...]

Lettera ad Antonio Vasselli da Civitavecchia (RM) spedita il 3 agosto 1842:

Sono ancora sotto l’impressione di un giorno tristissimo per me [ il 31 luglio ricorreva l’anniversario della morte di Virginia], e la tua ultima mi accresce la tristezza. [...] mi si divide il core a lasciar Napoli, e ciò non per Napoli, ma per me... Che mi parli tu d’altre donne? Oh, ridi pure, e credi a me che piango ancora come il primo giorno... Oh, potessi distrarmi! Credilo... cerco stordirmi... Basta...! [...]

Probabilmente gli amici lo consigliarono a risposarsi, ma Donizetti così si esprime, rivolgendosi all’amico Antonio Dolci il 29 gennaio 1844:

Son codegato è ver, ma uomo alfine... e come tale ti dico, che quando vivo solo rinchiuso nella mia camera, (e ciò succede per molte ore del giorno...) l’avere con chi discorrere, con chi parteggiare le speranze, od i timori, l’avere chi ti fa compagnia ne’ giorni di febbre, la non è cosa dispiacente - Non dedurre da ciò ch’io voglia rimaritarmi, la è difficil cosa, mi ci vorria una Donzellona di già sui 30; savia; di casa; che non turbasse quest’avanzo di vita con dispiaceri etc. In somma dirò anch’io, che una appena in cento spose si potrebbe ritrovare. Donzella poi, o vedova, per me son filosofo. [...]

La camera dell’appartamento di Napoli dove era morta Virginia rimase sempre chiusa. Ce lo confessa lo stesso musicista in due lettere, la prima scritta a Mayr nel 1839, l’altra a Dolci nel 1844:

[a Napoli] là vi ho casa mia, in quella havvi una camera nella quale da 20 mesi non entro ma che mi è dolorosamente cara; e là spero morire.

Ho sciolto tutto con Parigi, bisogna che io vada a Napoli per vendere e imballare... Sarà più forte di me quel momento, ma debbo farlo! 7 Anni che non si apre una porta d’una camera per me... aprire... vendere... partire... e lasciarvi un corpo...

Sui rapporti con altre donne del vedovo Donizetti l’influenza di Virginia sarà sempre molto forte:

La viva simpatia che attira Donizetti verso la bellissima signora [Giuseppina Appiani Strigelli] deriva dal fatto che le di lei sembianze gli ricordano la sua scomparsa Virginia, tanto che in una fra le tante lettere che Donizetti invia alla Appiani così si congeda da lei : "addio donna che mi rammenta chi non è più" [...] E non è la sola donna per la quale Donizetti si accende di affettuosa simpatia: anche verso un’altra avvenente fanciulla di nobile famiglia napoletana egli si sentirà attratto, sempre per quella tale somiglianza, particolare questo che il Donizetti stesso rivelerà nel suo carteggio col Ghezzi e col Persico suoi intimi amici di Napoli (v. lett. 2 ottobre e 7 ottobre 1845, Epist. nn. 652 e 653)

Virginia Vasselli riposa a Napoli nel cimitero di Poggioreale. Dopo l’affrettata sepoltura del 1837 Donizetti le fece costruire una tomba che fu ultimata nel 1845:

E’ in questo preciso periodo di tempo che Donizetti scioglie un voto che da lungo tempo gli stava a cuore. L’erezione nel cimitero di Poggioreale di una Cappella di famiglia in cui far riposare in perpetuo la salma della sua adorata Virginia. Di questo pietoso ufficio incarica l’amico napoletano Aniello Benevento, e quando il monumento, posto in un dolce pendio nel lato occidentale del cimitero, è ultimato, fa incidere sul marmo questa epigrafe da lui stesso dettata:

A

VIRGINIA VASSELLI ROMANA

TOLTA NEL FIOR DEGLI ANNI

ALLE DOMESTICHE AFFEZIONI

GAETANO DONIZETTI MARITO

P.

PERITURA MEMORIA AD ETERNO DOLORE

L’ANNO DEL SIGNORE

1845

Le spese per il monumento furono rese agli amici del musicista solo quando, dopo la sua morte, si discusse dell’eredità:

Morto Donizetti, i problemi riguardanti la successione dei suoi beni si trascinarono per parecchi anni. [...] Teodoro Ghezzi, che aveva curato gli interessi di Donizetti a Napoli, risultò creditore di 1188 ducati. La maggior parte di questa somma era stata assorbita dal mausoleo eretto a Virginia e dalle messe in suffragio fatte celebrare per lei due volte la settimana, [...]

Gaetano Donizetti si spense nella sua Bergamo alle 5 del pomeriggio del giorno 8 aprile 1848. I più recenti studi fanno risalire la causa della sua morte alla sifilide meningovascolare:

Se Donizetti soffriva di questo male in una forma avanzata, come poteva continuare a comporre [fino al] 1842-43? Il professor Trethowan scrive: "Pur restando sempre nel campo delle congetture, è bene rilevare che le manifestazioni di sifilide cronica e non curata erano a quel tempo così comuni che è giustificato affermare, in mancanza di altri indizi precisi, che quasi ogni sorta di malessere fisico si poteva ricondurre a tale causa. Tuttavia, anche se il sistema nervoso può essere stato intaccato in epoca molto precedente, probabilmente si trattava soltanto o in massima parte delle membrane cervicali fino al 1844, quando i cambiamenti che cominciarono a intervenire nella sua personalità fanno pensare ad una ulteriore estensione del male, con una più massiccia invasione della materia cerebrale e del midollo spinale. Questo relativo stato di latenza della malattia spiegherebbe pure come egli abbia potuto continuare fino a quell’anno con successo l’attività compositiva" (lettera all’autore del 6 ottobre 1976).

Anche gli esami medici fatti subito dopo il decesso sembrano portarci alla conclusione che la sua malattia fosse proprio la sifilide:

L’autopsia confermò la presunta ipotesi: furono riscontrate lesioni profonde ed estese della pia madre e della dura madre con estensione di quest’ultima dalla quinta vertebra dorsale alla seconda lombare. Uno degli aspetti più tristi della malattia di Donizetti è che oggi avrebbe potuto essere facilmente curata [con un semplice antibiotico come la penicillina].

Si è anche ipotizzato che il tipo di sifilide che colpì il compositore potrebbe essere stata ereditaria:

La scarsità di notizie sulle malattie delle sorelle di Donizetti [Maria Rosalinda morta a 21 anni, Maria Rachele visse solo un mese] lascia adito al dubbio che l’infezione venerea, che avrebbe portato alla tomba Donizetti e il nipote Andrea (figlio di Giuseppe), fosse di carattere ereditario.

Dopo la morte di Gaetano i suoi beni furono a lungo disputati tra i vari eredi: "Quanto alla dote di Virginia, i Vasselli avevano diritto a rientrarne in possesso ma la questione diede luogo a una lunga e spiacevole vertenza tra Antonio Vasselli e Andrea [il nipote di Gaetano] prima di giungere ad una soluzione definitiva."

 

La Famiglia Vasselli

FRANCESCO VASSELLI

E’ l’unico della famiglia imparentata con Donizetti ad essere nato a Riofreddo. Come già ho riportato nelle prime pagine dai libri dei battesimi della parrocchia di S. Nicola di Riofreddo risulta nato il 19/10/1732 da Bernardino e Domenica. L’arciprete Sebastiani aggiunge una importante notazione: "il suddetto Francesco fu l’avvocato Vasselli".

LUIGI VASSELLI

Come riporta il fondo "Mario Taglioni" dell’Archivio Storico del Vicariato di Roma, Luigi nacque a Roma nel 1765 e si sposò con Rosa Costanti di Roma, figlia di Giovanbattista, romano, nella parrocchia di S. Tommaso in Parione. Dagli stati delle anime delle parrocchie di S. Maria in Trivio e di S. Maria in Via risulta che Luigi esercitava la professione di "legale" e con la sua famiglia iniziò ad abitare in via delle Muratte 78 dal 1817.

Pochi giorni dopo la sua morte, avvenuta il 2 gennaio 1832, compare sul Supplimento al n. 4 del Diario di Roma del 14 gennaio una Necrologia che ne riassume la vita:

ROMA, 14 Gennajo.

NECROLOGIA DI LUIGI VASELLI [sic]. - Se al suono della lode, onde celebriamo la memoria de’ trapassati destar non si potesse emulazione nei presenti, e stimolo a ben operare, annoverarlo si dovrebbe fra le tante festose inutilità, di che va l’uomo stoltamente superbo; ma anzi in ciò parmi vedere una utilità, non dispregievole, poiché a moltiplicare gli esempj del virtuoso vivere, chi negherà che giovi ricordarli e magnificarli di gloria, onde altri si senta incitato a volerli seguire?

E che Luigi Vaselli [sic] sia per molti titoli imitabile esempio, lo dimostra il desiderio grande; che ha lasciato di se; poiché mentre le altre morti appena sogliono avere privato pianto, questa fu di tristezza, direi quasi, comune, e laddove il nome dei più suole col cadavere insieme seppellirsi, il nome di Luigi Vaselli [sic] di quanti in Roma e fuori nella sua fine si dolsono, ricordato lungamente vivrà. E questo quasi universale compianto dev’essere appunto il conforto di quelli, che più intimamente lo amarono. - Quando morire è inevitabile a chiunque che nacque, lasciar tutto, e desiderio di se, è premio dato solamente alla conosciuta virtù.

E questa sua virtù fu conosciuta ed apprezzata anche mentre visse, e lo rendè chiaro e rinnomato. Poiché data egli opera alle forensi discipline, la sua profonda dottrina, un intelletto ordinato e sagace, ed una mirabile destrezza d’ingegno lo resero in queste a niuno secondo, a quasi tutti primo. - E tanto crebbe presso tutti in questa estimazione, che venne a notizia dei Principi e dei Grandi, i quali dal testimonio costante della generale opinione accolgono giudicata e certa la eccellenza degli uomini.

Di fatto nel 1808 era di già egli Uditore dell’ E.mo Pallotta allora Uditore della Segnatura. A lui il Sommo Pontefice conferì poscia le facoltà di decidere, e spedire definitivamente tutte le cause commissarie.

A quei giorni vide Roma, dopo lunghissima serie d’anni, armi straniere minacciare la Sede stessa del Sommo Gerarca, ed in tanto disordine di pubbliche e private cose, furono a lui affidate le funzioni di Uditore della Segnatura, a lui quelle dell’E.mo Prefetto del medesimo Tribunale, e conferitegli anche le facoltà dell’Uditore del Papa, in lui si accumularono i poteri di supremo Giudice.

Accolte poi in Roma con la straniera dominazione le nuove leggi, egli che al suo antico Sovrano con tanta devozione servito avea, non variò di fede al variare delle Pontificie fortune. - Nè lui rimossero dal santo amore per l’infelice Principe una lunga prigionia, non una indegna confisca de’beni, non l’inabilitazione contro di lui fulminata dalla sua professione, nè lo adescarono i proposti onori, nè le offerte grandezze. - Bello e raro esempio di costanza in tanta viltà de’ tempi e de’ costumi!

Ma già le armi francesi cacciate omai d’Italia, Roma fè capo al Napolitano Governo, dal quale il Vaselli [sic] fu nominato a Consigliere della Corte di Appello; egli però, tenace nel suo proposito, ricusò l’onorevole incarico.

Ritornata la Città a far riverenza al desiderato Pontefice Sovrano, memore questi di un tanto suddito, lo creò Assessore dell’Annona, ProUditore della Segnatura, e p[... ]Uditore dell’E.mo Prefetto.

Le leggi però di civile procedura richiedevano da quel provvido Governo le più instanti cure, nè ad affidare il grave peso di formarne un Codice fu incerta la mente del Sovrano; fu prescelto il Vaselli [sic], che con sua particolare fatica lo compilò, e che racchiude non poco tesoro di sapere e di utili instituzioni, riportandone inoltre lode d’intelligenza e di zelo.

Fu poi eletto a Revisore delle Pontificie Commissioni, e finalmente dalla Sa. Me. di Leone XII creato Sostituto della R. C. A.

Ed il suo sapere, e la sua virtù, che così commendevole lo rendevano al Sovrano, furono sì manifesti, che non lasciaron luogo all’invidia, onde il Vaselli [sic] con sincera ammirazione fu liberamente, ed universalmente celebrato. Di lui si onorò Roma, di lui corse grido nelle Provincie; ed al suo patrocinio erano affidate le contese più gravi che sorgessero nello Stato.

Egli fu maestro a molti di quello che egregiamente sapeva, e molti oggi sono lodati, che volentieri da lui riconoscono ciò che hanno di fortuna e di valore nelle forensi discipline. Poiché era in lui mirabile il vedere profondo nei più intricati negozj, ed il pronto destarsi a non sperati, e pur sicuri partiti, di che egli era ricercato continuamente da coloro stessi che la medesima professione esercitavano, e ringraziato come spe[r]tissimo e fidissimo consigliatore.

Assai del suo ingegno: in quanto all’animo suo, ei fu franco, ingenuo, estimatore degli altrui meriti senza invidia, senza ambizione; modesto nei voti, quanto nella fortuna, ed appunto io stimo che da questo precedesse tanto generale concetto, e fosse perciò comunemente ammirato e commendato, perché avendo luogo primario fra i Legisti più valenti, risplendeva per una modestia, e facilità di maniere incredibile.

Che se da molti, che recati sono alla conversazione ed alla estimazione de’ Grandi, ed agli ambiti e pericolosi onori, non tutti camminano, anzi pochissimi temperatamente in quella insolita altezza, da questo difetto fu mirabilmente lontano il Vaselli [sic]; poiché sempre fu visto con franchezza onesta, non vergognosa, non superba, liberamente conversare con tutti; e a tutti, che il richiedevano, de’suoi consigli esser largo, e niuna era si povera ed infelice persona, ch’egli onorevolmente accogliendo non cercasse con ogni studio di ajutare. E in ciò non era punto di ostentazione, dalla quale fu di parole e di fatti sempre alienissimo.

Nè le tante e gravi sue cure tanto lo allontanavano, sicchè la tranquillità, e la consuetudine di privati amici gli venisse a fastidio. Anzi della gioja domestica, e delle famigliari amicizie mostrava che più si piacesse, egualmente lontano da bassezze, lontano da arroganza.

Insomma come uomo privato nissun amico più tenero de’ suoi amici, come padre nissuno più amante de’suoi, nissuno più retto, più generoso di lui, da non ricordarsi mai senza lode, ne senza ardore d’animo da imitarsi.

Che se ad alcuno di coloro, che guardano più al rumore, che al valore delle cose, verrà in meraviglia, che così lunga commemorazione, e tante lodi si sieno volute da me dare ad una vita tranquilla e privata, certo per niun grido di audaci fatti famosa, gli sovvenga, che è più di conforto e di sollievo il lagrimare di pietà e tenerezza nel discorrere di un uomo caro, ed imitabile esempio di sapere, e di virtù cittadine.

Un appoplesia [sic] mentre era a consiglio, e con mente intera e vigorosa ragionava di cose gravissime, lo colpì e lo tolse in poche ore, tornando vani tutti i soccorsi dell’arte contro la violenza del male, alla patria, alla famiglia, agli amici, ai quali dovrà essere memorabile il giorno secondo del 1832.

E fu veramente di tanto più acerba questa perdita, quanto era meno da aspettarsi; che l’età bensì matura, ma non grave di poco oltre sessant’anni, e la complessione sana e robusta promettevano qualunque lunghezza di vita.

Lasciò la sua consorte e tre figli, il maggiore de’quali; educato alla paterna scuola nell’esercizio della Curia, è suo successore.

A. C.

Moroni nel suo Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastica ne descrive così la figura:

[...] Dappoiché trovo nel supplimento al n.° 4 del Diario di Roma del 1832, nella Necrologia di Luigi Vaselli [sic] sostituto della camera apostolica. Che nel 1808 essendo già uditore di mg.r Pallotta uditore di segnatura, Pio VII gli conferì la facoltà di decidere e spedire definitivamente tutte le cause commissarie (e poi l’elesse revisore delle pontificie Commissioni). A que’ giorni, nel disordine di pubbliche e private cose, perché l’armi imperiali minacciavano sempre più l’occupazione de’ dominii della s. Sede, e intralciavano l’esercizio della sovranità pontificia, da Pio VII furono affidate al probo, destro e dotto giureconsulto Vaselli [sic], le funzioni cioè di uditore della segnatura e quelle pure del prefetto del medesimo tribunale, e conferitegli anche le facoltà dell’uditore del Papa, in lui si accumularono i poteri di supremo giudice. Dopo avere moltissimo sofferto per essere virtuosamente fedele a Pio VII, questi gli affidò il grave peso di formare un codice di civile procedura, di cui già parlai, ed egli laboriosamente lo compilò con gran lode, e poi pubblicò il Formolario di tutti gli atti. [...]

Notizie su di lui le abbiamo anche da una nota in un articolo di Giuseppe Presutti:

[...] Sortirono inoltre i natali in Riofreddo il gran giureconsulto Luigi Vasselli morto poco più che sessantenne, ai due di gennaio del 1832, e il cui monumento sepolcrale, opera del Sanrocchi [sic], si ammira nel portico della chiesa di S. Maria in Via. Tenne alti ufficii affidatigli da tre Pontefici, e quello d’uditore di Segnatura dal cardinal Pallotta; divenne prefetto effettivo del detto tribunale e uditore del papa, ai giorni del governo francese. Fu prescelto alla compilazione delle leggi procedurali, eletto revisore delle commissioni pontificie e infine da Leone XII fu creato sostituto della rev. Camera Apostolica. "Di lui si onorò Roma, di lui corse grido nelle province; ed al suo patrocinio erano affidate le contese più gravi che sorgessero nello Stato". Così l’anonimo A. C. nel cenno necrologico in Diario di Roma (Supplem. 14 gennaio 1832) anonimo che nasconde forse il nome di Andrea Conti, in omaggio al non men glorioso amico e concittadino. L. Vasselli ebbe anche l’onore di sposare la sua gentile e colta Virginia a Gaetano Donizetti, a cui tanto affettuosa corrispondenza epistolare legò pure il cognato Toto, altro figlio di Luigi, ma d’impari studio ed ingegno.[...]

Interessante l’attribuzione ad Andrea Conti che Presutti propone per la "Necrologia" di Luigi.

Anche Cametti e Ashbrook parlano di Luigi Vasselli:

Luigi Vasselli, nato a Riofreddo (un paesello romano del mandamento di Arsoli) nel 1768, s'era stabilito fin dalla prima gioventù in Roma, esercitando con molto onore l'avvocatura (come il padre suo, Francesco), quale procuratore di collegio. Egli era, a detta de’ contemporanei, un legista valentissimo, di sagace ingegno e di profonda dottrina: e tanto stimato che, quando Pio VII, tornato in Roma, volle riordinare le leggi civili, egli fu prescelto per compilare il codice di procedura civile .

[nota:] E’ suo un formolario di tutti gli atti di procedura analogamente al Codice pubblicato con Motu proprio dei 22 novembre 1817 (Roma, Poggioli, 1818).

Luigi Vasselli (1770 o 1771 - 1832), insigne magistrato e giurista, tenuto in grande considerazione negli ambienti della corte pontificia. A lui si deve il Formulario di tutti gli atti di procedura analogamente al Codice pubblicato con Motu proprio del 22 novembre 1817, Roma 1818. La sua famiglia, originaria di Riofreddo, abitava al piano nobile (primo piano) del palazzo in via delle Muratte 78.

Sono da notare le varie versioni sulla data di nascita di Luigi:

1765 per il fondo "Mario Taglioni" dell’Archivio Storico del Vicariato di Roma

1768 per Cametti

1770 o 1771 dagli stati delle anime di S. Maria in Via e di S. Maria in Trivio, per Ashbrook e per A.C. (Andrea Conti ?) e Presutti ("di poco oltre sessant’anni" alla morte)

Nel febbraio 1811 le truppe di Napoleone occupano il Lazio e Roma. Il 28 giugno viene emanato il decreto che fa imprigionare Luigi:

Al palazzo di S. Cloud, li vent’otto giugno mille-otto-ceto[sic] undici.

Napoleone Imperador de’Francesi, e d’Italia, Pro-

tettore della Confederazione del Reno, Media-

tore, della Confederazione Svizzera ec. ec. ec.

Considerando che alcune persone di legge della città di Roma hanno dato scandolo [sic] con ricusare la prestazione del giuramento di obbedienza, e perciò sono messi fuori della protezzione [sic] della legge.

Noi abbiamo decretato e decretiamo ciò segue [sic]:

Art. I.° Li Curiali, che appresso esserne stati richiesti per chi di ragione, hanno ricusato il giuramento di obbedienza, sono dichiarati fuori della nostra protezione. Saranno arrestati, e detenuti fino a che sul rapporto, che ne sarà fatto a noi dal nostro Ministro della Polizia generale dell’Impero, noi avremo determinato il luogo, ove eglino dovranno essere deportati.

Art. 2.° Saranno dichiarati decaduti dai loro dritti [sic] civili, e perciò inabili a succedere; sarà messo sequestro su i loro beni attuali, e l’eredità, che potranno scadergli, saranno amministrate dalla Regia de’Dominj Imperiali. [...]

In una lettera del 12 luglio 1811, il Luogotenente del Governatore Generale di Roma, Miollis, invia a Régnier, duca di Massa e ministro della Giustizia a Parigi, l’elenco dei cinquanta curiali colpevoli di disobbedienza. La lista è accompagnata dal seguente testo:

Monsignore,

Ho l’onore d’inviare a Vostra Eccellenza la lista nominativa dei cinquanta Curiali della città di Roma ai quali ho applicato il Decreto Imperiale del 28 giugno scorso: tutti gli individui, eccetto sei, dell’elenco qui accluso, sono detenuti in questo momento a Castel S.Angelo; il sequestro è stato imposto sui loro beni e l’Ufficiale dello Stato Civile li ha radiati dal Registro dei Cittadini di Roma. Questa misura , di una giusta severità, ha prodotto un eccellente effetto, giacché questi Curiali, che hanno la facoltà di gestire gli affari delle grandi case di Roma, potrebbero essere non meno influenti dei Confessori sull’opinione delle famiglie. [...]

Ma la Corte Imperiale di Roma si trovò in difficoltà per l’improvvisa carenza di avvocati e si pensò quindi di "perdonare" un certo numero di curiali facendoli rientrare nell’ordine giudiziario. Ma per Luigi, sebbene una prima volta venne segnalato tra questo gruppo di "pentiti", non vi fu niente da fare e rimase perciò in prigione:

Rapporto a S. M. del Procuratore Generale Legonidec a Roma:

Sire,

Ho ricevuto l’ordine di S. M. di redigere un rapporto relativamente ad alcune obiezioni che le sono pervenute circa l’organizzazione della Corte Imperiale di Roma.

Questo rapporto metterà in confronto le obiezioni di cui sopra e le risposte che mi è sembrato doverLe dare:

Obiezioni

[...] Nel numero dei consiglieri c’è anche il Sig. Vaselli [sic], Curiale, ora detenuto a Castel S. Angelo in virtù del decreto emanato contro i Curiali che non hanno voluto prestare il giuramento.

Risposte

[...] Il Sig. Vaselli [sic] era annoverato dal Procuratore Generale tra quei giureconsulti più eminenti di Roma che era interessante di fare entrare nell’ordine giudiziario. Quando è stato presentato [lo stato delle nomine?] non si poteva sapere che era in detenzione, poiché questa è avvenuta il 28 giugno [1811]. Il Gran Giudice ha preso i provvedimenti necessari affinché non venga dato alcun seguito alla sua nominazione.

Troviamo ancora traccia di Luigi nel Diario di Roma, n. 59 del 1816. Tornato il papa a Roma Vasselli è restituito ai suoi incarichi e gli viene affidato anche un lavoro particolare:

Roma, Mercoledì 24 luglio.

[...] La Santità di Nostro Signore adesivamente a quanto viene disposto nel Suo Moto Proprio dei 6 del corrente Luglio, ha nominato coi soliti Biglietti di Segreteria di Stato [...] le seguenti Commissioni:

[...]

Commissione destinata alla formazione di un Codice Civile e di un Codice di Procedura Civile:

Sig. Avv. Vinc. Bartolucci, Presidente; Sign. Avv. Tavecchj, Sign. Avv. Tinelli, Signor Abate Fanci, Sig. Abate Luigi Vaselli.

Credo che la qualifica di "abate" data a Luigi sia un errore tipografico.

Del nostro personaggio mi risulta pubblicata un’unica lettera, scritta al padre di Donizetti, Andrea, circa 40 giorni dopo il matrimonio di sua figlia con il musicista:

Roma, 10 luglio 1828

Stimatissimo signore,

Sono tali le ottime qualità del Sig. Gaetano Suo figlio, che non può imaginarsi con quanto piacere gli abbia data in sposa la mia figlia Virginia. Ora non mi rimane che pregare il Signore, affinchè conservi ambedue nel reciproco affetto e nel S. timore di Dio. Intanto La ringrazio vivamente della parte gentile che mi ha recato colla Sua stimatissima, assicurandole che io ritengo il di lei figlio come mio; E con sentimenti di vera stima, passo a rassegnarmi

Dev.mo obbo.mo servo

LUIGI VASSELLI

L’illustre riofreddano scomparve a Roma: "Luigi Vasselli morì improvvisamente per apoplessia il 2 gennaio 1832.". Nella "Necrologia" che ho riportato all’inizio del paragrafo si afferma che il malore lo colpì al lavoro: "mentre era a consiglio, e con mente intera e vigorosa ragionava di cose gravissime [...]".

Cametti ci narra della sua sepoltura:

Nel Tiberino del 1835 (n. 41 e 42) si legge la descrizione di un piccolo monumento che il figlio Antonio aveva eretto alla memoria del padre suo, nella chiesa di S. Maria in Via. Lo scultore Luigi Mainoni ne aveva ideato il disegno, che comprendeva, col ritratto di Luigi Vasselli ad altorilievo, un simulacro di Roma e le allegorie della sapienza e della giustizia. Giuseppe Checchetelli, più tardi scrittore teatrale, ne aveva dettata la seguente epigrafe, non registrata dal Forcella:

RIPOSO E GLORIA

A

LUlGI VASSELLI

GIURECONSULTO E GIUDICE EGREGIO

CIVILI LEGGI RACCOLSE RIFORMÒ

PIO VII VOLENTE IN UN CODICE UNÌ

ONORI MOLTI RICUSÒ MOLTI NE TENNE

POCHI ALLA SUA VIRTÙ

TORNANDO A DIO IL DÌ 2 GENNAIO DEL 1832

AL FIGLIO ANTONIO

FAMA E PIANTO LASCIAVA

Il monumento fu compiuto nel 1835 e collocato nella seconda cappella della chiesa: ma più tardi fu tolto di là e murato nel portico del chiostro.

Attualmente si può ancora vedere la lapide che ora si trova però all’interno della sacrestia della chiesa perché tre arcate del chiostro sono state chiuse per ricavarvi delle stanze.

Moroni, illustrando S. Maria in Via, così descrive il monumento da lui visto quando si trovava ancora in una cappella all’interno della chiesa:

[...] con gentile marmoreo monumento e buoni ornati eretto da Antonio Vasselli al genitore Luigi rinomato giureconsulto, e scolpito da Sanrocchi. [...]

Trascrivo qui di seguito il lungo articolo de Il Tiberino (num. 41 di mercoledì 14 ottobre 1835, pp. 162-3) in cui Oreste Raggi descrive la lapide di Luigi Vasselli:

SCOLTURA

MONUMENTO SEPOLCRALE

Alla memoria di Luigi Vaselli.

Entrando nel tempio di S. Maria in Via, vedi nella seconda cappella a sinistra un piccolo monumento che da poco tempo vi è stato allocato. Quivi riposano le ossa di Luigi Vasselli, giureconsulto Romano a cui il figlio Antonio pietoso e riconoscente questa memoria innalzava. I sontuosi mausolei adorni di colossali statue, di rari e preziosi marmi che superbi sorgono dal suolo, spesso non ricordano che nomi sconosciuti, o alla patria ed agli uomini poco utili, e, tolgalo Iddio, qualche volta ancora esecrati. Né ad altro valgono a testimoniare se non delle dovizie, forse poco onestamente raccolte del defunto e l’insultante fato di chi le redava. Mentre per lo contrario anche un [sic] umile pietra spesso ti ricorda nomi carissimi di chi la vita consumava negli studii e nelle umili fatiche, e ti mostra la pietà e la riconoscenza de’ congiunti o degli amici loro. Luigi Vaselli [sic] fu leggista [sic] valentissimo, di sagace ingegno, di profonda dottrina. Molti onori ebbe in vita, molte cariche decorosamente sostenne. Tornato Pio VII a Signore di Roma, dopo le tante politiche vicissitudini, e rivolgendo tosto il pensiero ad ordinare nel suo governo le civili leggi di procedura, fu il Vaselli [sic] prescelto a compilare quel codice. Le virtù dell’animo non meno che quelle dello ingegno, splendevano grandissime in lui. Quando colpito da apoplesia [sic] nel dì due di gennajo del 1832 cessò di vivere lasciando in tutto grande desiderio di se (I). Il maggiore dei figli Antonio, erede delle fortune e del sapere di lui volle con filiale pietà eternarne la memoria in questo monumento. Commise pertanto l’opera al giovane Scultore Luigi Mainoni, quando questi per il monumento ottenuto di Torlonia aveva a quei dì innalzato in Roma molto grido di se, e sarebbesi perciò aperta luminosa carriera, ove amore di gloria e onestà, anziché poco senno e giovanile spensieratezza, avessero guidato i suoi passi. Brillò a quel giovane un raggio di fortuna che non seppe afferrare, e d’improvviso abbandonando Roma lasciava incompiuto quel grandissimo lavoro non meno che altri, fra quali il monumento che noi discorriamo, e che si compone in tal guisa: Due piccole mensole reggono al muro una base su cui sono quasi due piedistalli intagliati alla foggia del cinquecento. E’ sopra una cornice parimente intagliata e nel mezzo un piccolo basso-rilievo in tondo. E’ quivi figurata Roma in piedi, con elmo sul capo e ricoperta di un grandissimo manto, che appoggiata alquanto ad uno zoccolo in cui sono scolpite le chiavi di S. Pietro, accenna alla sapienza che sta a destra seduta in uno scanno, alla quale è presso una civetta, ed avente nella sinistra un foglio detta leggi alla Giustizia. Questa siede dall’altro lato, sovrapponendo l’un ginocchio sull’altro e posandovi un foglio è in atteggiamento di ascoltare e quindi scrivere quanto le viene dettato. Ha accanto la Cicogna, che gli antichi vollero simbolo della stessa Giustizia, come quella che è di giusta mente avendo pietà inverso i suoi genitori che solleva nella loro vecchiezza. E sembra volesse spiegare l’artista sotto questa allegoria come Roma volgevasi alla sapienza del Vaselli [sic], perché raccogliesse leggi a tramandarle alla Giustizia. Finisce il monumento col ritratto del defunto in mezzo a due volute, il quale ritratto aveva il Majononi [sic] ideato in rilievo ma che invece da chi peggiorandolo, vi pose l’ultima mano fu scolpito ad alto rilievo. Tutto questo lavoro non è per verità molto lodevole e principalmente quel ritratto che ha il petto di faccia, mentre guarda di profilo, è in tale positura da non potervi stare senza grandissimo stento. E difatti non intendemmo noi a farne parola come di squisita opera, ma piutosto [sic] a commendare la figliale pietà di Antonio Vaselli [sic] che volle con questo dare pubblica testimonianza dell’amor suo inverso il virtuosissimo genitore; non immaginando egli che sarebbe stato nella scelta dello artista così tratto in inganno. Possa si bello esempio venire imitato da altri che commettendo però ai più valenti siffatti lavori, alle arti nostre ne tornerà sommo bene, e gli studiosi di queste potranno con tanto più amore rivolgervi l’animo. Né qui porrò certo termine a queste brevi parole se prima non avrò commendato di molta lode la iscrizione che nel nostro idioma sotto del basso-rilievo poneva un amico mio carissimo, Giovanni Checchetelli, giovane di altissime speranze alla patria. Questo speriamo farà certi della contraria opinione coloro che tuttavia ritengono non potere, se non nella spenta lingua del Lazio, farsi di siffatti epitaffi, mentre la nostra di belli e concisi modi ricchissima, parmi atta certamente ad esprimere qualunque sentenza. E mostraronlo a nostri dì bastantemente un Muzzi, un Malvica, e quel famoso ingegno del Giordani, senza dire di molti altri. E se fin quì non ne leggemmo spesso pubblicamente nei marmi, non è difetto di nostra lingua, ma perché, imitando gli avi, quasi niuno a questo studio di scrivere lapidario, si rivolgeva. Io prego ed eccito i giovani Italiani della mia età fra i loro belli studii a coltivare anche questo; e forse un dì vedremo la italica favella in ciò pure rivaleggiare con la latina, rammentandoci che tali pubbliche iscrizioni sono fatte ad istruire il popolo, né il popolo legge in quello antico idioma. Riportiamo questa per il Vaselli:

G. 6 C.

Riposo e Gloria

a

Luigi Vaselli

Giureconsulto e giudice egregio

Civili leggi raccolse e riformò

Pio VII volente un Codice unì

Onori molti ricusò molti ne tenne

Pochi alla sua virtù

Tornando a Dio il dì 2 Gennajo 1832

Al figlio Antonio

Fama e pianto lasciava

(I) Nel supplemento al Diario di Roma dei 14 gennajo di quell’anno si lesse un breve cenno sulla sua vita.

ORESTE RAGGI

Nel numero successivo de Il Tiberino (n. 42 del 21 ottobre 1835, p. 168) compariva una breve nota che correggeva gli errori riportati nel testo dell’iscrizione e nel nome del poeta che l’aveva dettata:

Essendo trascorsi alcuni errori nella iscrizione lapidaria per il monumento di Vaselli [sic], riportata nel numero 41 del Tiberino, stimiamo conveniente riprodurla quivi corretta per intiero: facendo pure avvertiti i nostri lettori che il nome dell’autore è Giuseppe e non Giovanni Chechetelli [sic].

G. 6 C.

Riposo e Gloria

a

Luigi Vaselli

Giureconsulto e Giudice egregio

Civili leggi raccolse riformò

Pio VII volente in un Codice unì

Onori molti ricusò molti ne tenne

Pochi alla sua virtù

Tornando a Dio il dì 2 Genn. del 1832

Al figlio Antonio

Fama e pianto lasciava

La moglie di Luigi Rosa Costanti era nata a Roma nel 1768 o nel 1770. Morì sempre a Roma a cavallo tra gli anni 1846 e 1847 alla, per l’epoca "veneranda", età di 76 o addirittura 78 anni.

 

I FIGLI DI LUIGI E ROSA

Dai vari documenti che ho consultato risulta che la coppia ebbe almeno nove figli. Purtroppo, come spesso allora succedeva, ne divennero adulti solo quattro e tra questi solo due superarono i trentanni. Non parlo qui di Virginia perché ne ho già diffusamente scritto in un capitolo precedente.

 

ANTONIO "TÒTO"

Il primogenito di Luigi Vasselli nacque il 13 giugno 1793 e "fu, sin dai primi tempi, l’amico sincero del Donizetti, amicizia che, rafforzata dalla parentela, durò fervidissima fino alla morte del compositore". Conobbe e divenne amico del poeta Giuseppe Gioacchino Belli che gli dedicò una delle sue rare composizioni in italiano.

La grande amicizia permise a Gaetano di rivolgersi al "sor Tòto" con vari soprannomi: "Vasellone", "sor cazzaccio", "vecchio ballone", "el sor boccio", (ma anche "Amico del core") sono solo alcuni esempi che compaiono nelle tante lettere scambiate tra i due amici.

Antonio studiò medicina (negli stati delle anime è ricordato come "chirurgo" dal 1817 al 1831) ma poi esercitò il mestiere del padre: "divenne dapprima chirurgo delle truppe pontificie e, poi, seguendo le orme paterne nello studio di Giureconsulto, procuratore legale". Negli stati delle anime Antonio viene registrato come avvocato solo dopo la morte di Luigi nel 1832.

Ashbrook conferma: "Antonio era chirurgo nell’esercito pontificio ma avrebbe poi seguito la tradizione di famiglia diventando avvocato e curando in tale veste a Roma gli interessi dell’editore Ricordi." Per Presutti fu però, rispetto al padre, un avvocato "d’impari studio ed ingegno".

Il cambio di professione di Toto fu probabilmente dovuto alla morte prematura del fratello Francesco dal padre destinato a succedergli come avvocato.

Non occupò mai cariche pubbliche nello Stato Pontificio ma continuò a curare gli interessi dello studio paterno che aveva tra i suoi clienti i Borghese, i Rospigliosi, i Barberini-Sciarra e i Fiano-Ottoboni. Dal 1843 fù annoverato tra i Procuratori di Collegio dei quali divenne il Decano.

Ad Antonio, Donizetti dedicò l’opera Maria di Rohan mentre l’editore Giovanni Ricordi, che lo descrisse come il "più caro dei miei amici", la prima edizione del Rigoletto di Verdi.

Si era fidanzato con una certa Virginia che morì però poco prima della omonima sorella di Antonio. In seguito sposò Isabella Marchetti, pianista dilettante che dopo il matrimonio studiò canto seguendo così il desiderio del marito. Prima del matrimonio Antonio ha un certo scambio di corrispondenza con Gaetano, al quale chiede consiglio sul da farsi:

Lettera di Donizetti a Tòto, da Napoli, del 7 marzo 1838

"[...] Tòto mio, la giovinetta che ti fa d’occhi, sposala, se di carattere è buona, chè in vecchiaia non possiamo ottenere che col danaro, e allora non si vede mai un sorriso di cuore [...]"

Lettera di Donizetti a Tòto, da Napoli, del 17 marzo 1838

"[...] Se la ragazza è buona, Toto mio, pensaci bene. [...]"

Dopo il fidanzamento Gaetano scrive alla futura sposa di Tòto:

Lettera di Donizetti a Isabella Marchetti, da Napoli, nel giugno del 1838

Pregiatissima signora Isabella

E chi non avrebbe gradito sì bel lavoro? [Isabella gli aveva inviato in dono un suo ricamo] E chi non aspetterebbe a braccia aperte il secondo, che tanto gentilmente avete voluto inviarmi? E io che farò? Ho studiato come ringraziarvi, e lo faccio per mezzo del mio Toto.... Credo che per tal maniera non porrete dubbio alla gratitudine che serbo per tale gentilezza. spero presto chiamarvi cognatina; che se Iddio mi ha privato di..., il legame di parentela voglio che eterno viva tra di noi[...]

Nell’agosto 1838 Tòto doveva essere già sposato perché Donizetti nella lettera dell’undici agosto 1838 si rivolge ad Isabella come "moglie" ed invita la coppia ad andare a trovarlo a Napoli. Sicuramente sposato lo era nel 1839 quando in via delle Muratte 78 vengono ad abitare la novella sposa Isabella di 21 anni, la madre Teresa Ceccopieri di 46 anni (sposata con Vincenzo Tomaso Marchetti ma da lui, come si legge nel documento "divisa", cioè quello che oggi si direbbe "separata"), i tre fratelli di Isabella, Rosa (19 anni), Ortensio (17 anni) e Alessandro (15 anni).

Gaetano era in tanta familiarità con i vari parenti di Antonio da affibbiare anche a loro soprannomi: "La moglie di Tòto, Isabella [Marchetti], era scherzosamente chiamata da Donizetti Isabelluccia-Belluccia, la suocera (la madre di Isabella) Rosona e Rosuccia una sorella nubile di Isabella. Rosa Costanti era la madre di Tòto Vasselli. Donizetti le chiamava le sue Rose di Roma".

Antonio ed Isabella ebbero un’unica figlia che chiamarono Virginia e che si sposò con l’avvocato Giulio Cesare Gabrielli.

Donizetti, da Parigi, l’otto giugno 1840, dedicò al cognato anche una divertente poesia in romanesco:

Giacchè er Sor Toto detto dei Vasselli

se lagna sempre quando non ce scrivo,

e me sgrida sul ton dei ritornelli

che non sa più se sono morto, o vivo,

vojo romperci un poco li cojoni,

ma non in prosa, in versi buggiaroni.

Ie vojo dire, che le paste,

ch’à consegnate a Dio sa qual vapore,

o so sparite, o se so fatte guaste,

perché qua non se vede portatore.

Ch’ò ricevuto dal buon Zirisola....

(Sangue d’un due, [sic] non dovria far parola).

Pezzi de coccie proprio da Testaccio,

bone da darsi agl’orbi alli minchioni.

A dì, che ci ho un cognato sì cazzaccio

dè non distinguer l’oro dai bubboni,

Pè fa sta spedizione giuraddio,

non ce voleva lo talento mio.

Chi casca affatto, chi non ci ha più vetro,

a chi la carta manca, o manca un pezzo,

chi rotto ci ha il davanti, e chi er di dietro...

a questi doni tuoi già sono avvezzo;

ma tu, vecchiaccio senza la parrucca

quanno un bajocco avrai de sale in zucca?

Ci haje un cognato, ci haje, sì compiacente,

che tutto piglia per farte piacere,

e spedisci sta sorta d’accidente

de scattola, che dir se po' un braghiere?

E manni quattro pietre false, e rotte?

Ma per c.... me fai venì le fotte!

Se mai, le paste bleu che mi prometti,

portano er culo fino addov’io sono,

se un giorno ci avrà er gusto Donizetti

de vederle, e trovarce un po del bono,

allora sol te chiamerò cognato,

o cazzaccio fra tutti er più avvocato.

Chi le portòne? Come lo vapore

se chiama, con er quale arriveranno?

sai bene ch’er tragitto in cinquant’ore

se fa, che non ce vole un anno...

Dunque ste pietre fora,.... non le vedo,....

se non le tocco, sai che non ce credo:

Te vojo ricordà na sola cosa,

cioè, che la vita è breve, er morir certo;

chè se la more de sopra tanta attesa

come de sete in mezzo der deserto.

Che son buon cristiano, e non vorria,

che venisser le paste col Messia.

Zavadini spiega: "In questa prima parte di lettera in versi Donizetti si lagna scherzosamente col cognato perché questi gli ha spedito qualche anticaglia di scarsissimo pregio artistico ["le paste"]. Già si è detto che il Maestro si era appassionato a fare raccolta di cose antiche[...]"

Antonio e famiglia si trasferirono dall’appartamento al 1° piano del palazzo al 78 di via delle Muratte dopo il 1848. Infatti negli Stati delle anime di S. Maria in Via, dal 1849 in poi risultano abitarvi altre persone.

Tòto si spense a Roma la sera del 30 Gennaio 1870 a causa di una "acuta e fiera malattia di petto".

Poco tempo dopo la sua morte fu pubblicata una Necrologia, opera del suo amico e collega l’avvocato Carlo Terzi, dalla quale ho tratto molte informazioni :

NECROLOGIA DI ANTONIO VASSELLI

DECANO DEI PROCURATORI DI COLLEGIO

Quando la fortuna ci ha tolto un Amico, non vi è altro rimedio che il più che a noi è possibile cercare di godere la memoria di quello e ripigliare, se da lui alcuna cosa fosse stata o acutamente detta, o saviamente trattata. (Da illustre Scrittore)

Le virtù e le gesta degli onorandi trapassati occorre narrarle e rammentarle ai viventi perché siano insieme a quelli lode e tributo di debita riverenza, a questi esempio e sprone ad imitarle. Così fosse possibile rimenare per cotal modo sul retto cammino questa società nostra, la quale sì tristamente se ne va dilungando.

Diremo adunque della cara ed onorata memoria di ANTONIO VASSELLI non ha guari defunto.

Egli nacque da Luigi Vasselli a di 13 Giugno 1793. Ebbe pertanto a padre un peritissimo ed esimio Giureconsulto; poiché (senza riguardare molte altre glorie di lui) egli nel cominciare del nostro secolo compilò la Riforma Legislativa Piana: scabrosissima e laudatissima opera, la quale, specialmente nella ben difficile ed intralciata parte della procedura, fu tutto parto dell’ingegno e della sublime mente del ricordato Luigi. Visse perciò questi in gran fama e morì desiderato da tutti.

Il nostro Antonio fu suo Primogenito: e mentre a succedergli nella illustre carriera Forense aveva indirizzato il Secondonato Francesco, indusse Antonio a prescegliere lo studio dell’Arte salutare, nella quale dopo aver meritevolmente conseguiti gli onori di Scuola, di Laurea e di Prattica negli Ospedali, trovavasi in giovine età di già annoverato ed avanzato nei gradi del ceto dei Medici-Chirurghi Militari.

Ma nell’Anno 1826 mancò repentinamente ai viventi Francesco. Non volendo pertanto il ridetto Luigi rimanersi solo nell’esercizio del Foro e senza che gli succedesse un figliuolo, avvisò che Antonio, abbandonata la Scienza Medico-Chirurgica, si dedicasse ad apprendere ed esercitare la Giurisprudenza. Perciò Antonio, quantunque in età non più facilmente pieghevole alle scolastiche esercitazioni, non pertanto obbediente ai desiderj del Padre, si adattò, come se ancor giovinetto, ad apprendere nella Università Romana la Scienza del Diritto; e si fù allora che mi fù dato avermelo per condiscepolo, e contratta secolui strettissima amicizia incominciare a tenere in pregio le esimie doti di mente e di cuore, di che andava esso sopra ogni altro adorno abondevolmente [sic].

Compiti gli Studj della Scienza teorica e fatto Dottore, allora al lato di tanto Padre incominciò ad esercitarsi pratticamente [sic] nel Foro. Tutti furono presi di ammirazione come richiamato Egli da via tanto diversa, procedere nondimeno francamente e laudevolmente nella novella carriera. Proseguì per tal modo, finchè sul cominciare dell’Anno 1832 gli mancò quella rarità di Padre.

Rimasto allora solo in mezzo alla immensa moltiplicità degli affari d’uno dei primarj studj della Capitale, dette così buon saggio di se stesso e della sua perizia ed onestà, che non solo gli furono mantenute le cospicue Clientele dei primarj Magnati di Roma, come ad esempio delle Principesche Famiglie dei Borghese, Rospigliosi, Barberini-Sciarra e Ducal Casa Fiano-Ottoboni, ma eziandio da tutto lo Stato (che allora si estendeva a molte cospicue Città) le più illustri Clientele vennero ad Antonio francamente affidate. Così Egli progredendo (ad onta che qualche tristo tentasse di ostargli) nell’Anno 1843 fu annoverato ancor esso fra i Procuratori di Collegio, dai quali pervenne ad essere rispettato ed amatissimo Decano. Ad una rara premura ed operosità negli affari affidatigli univa Antonio una perspicacia non ordinaria, e sapeva con esimio buon senso trovare il bandolo di qualunque affare abbenché intricatissimo. Prudente e manieroso oltre ogni dire, riesciva a meraviglia nel temperare l’ire avverse dei Contendenti, tantoché da sua mediazione vennero sopiti molti litigi e persuase concordie tenute prima quasi impossibili. Salì quindi in fama di uno dei più savj, probi, rispettabili ed amati Procuratori di questa nostra Romana Curia. Non ebbe pubblici uffizj, perché modestissimo siccome era, non si adattò mai a porsi innanzi per conseguirli. Non pertanto la più eletta parte della Magistratura e degli Avvocati più insigni si fecero pregio di addimostrarsi ad avere ad Amico il Vasselli. Tale Egli si fù come Uomo del Foro.

Come Cittadino poi e Padre di famiglia fù d’animo rettamente religioso, buonissimo, e così disposto a giovare altri, che è difficile rinvenirne l’eguale. Non sapeva rimandare alcuno che gli richiedesse favore od ajuto senza che glielo apprestasse. E se talvolta non fosse in lui potere di farlo, ne sentiva più dispiacere esso che colui il quale ne lo aveva richiesto.

Lo faceva precisamente ammirare una soavità di modi, tutta propria di lui, che seppure talvolta si trovasse o per officio o per altra necessità costretto a dovere altrui riprendere, ciò faceva con tal garbo, che lo stesso ripreso doveva sapergliene grato ed andarne contento.

Ed è a mio credere da attribuirsi a tale soavità e gentilezza dell’animo suo il grande amore ed il gusto che si ebbe per la Musica, poiché ciò è proprio ed è indizio d’animo gentilissimo. Ebbe quindi amicissimi i più celebri Maestri e Compositori dell’epoca fra quali basti nomare il Sommo ROSSINI, l’altro non men grande DONIZZETTI [sic] (cui fu disposata l’unica Sorella di Antonio) e puranco il vivente celebratissimo VERDI. E stimo sia da ritenersi ancora che da tale suo genio e gusto per la Musica, allorquando deliberò scegliersi una Compagna, volesse trovarla nella amatissima Giovinetta Isabella Marchetti, la quale, oltre ad ogni altra rara virtù di cui va adorna, era nel suonare melodiosamente espertissima, e quasi contrapposto alla sua modestia, era da ognuno tenuta prima fra quelle che della difficile arte del suonare si dilettavano. E poiché l’ottimo Antonio desiderò che, essendo dotata di armoniosissima voce, apprendere pure l’arte del cantare, essa piegandosi a tale desiderio di lui studiò il canto e vi riescì a meraviglia. Da questo connubio nacque una sola figlia Virginia già carissima e virtuosissima giovanetta, e nella quale trasfuse risplendono le virtù del Genitore. Di presente ella è diletta moglie a Giulio Cesare Gabrielli, che congiunto il pronome di sua famiglia a quello del Vasselli, professa ancor esso l’altrui patrocinio ed è Curiale Rotale; in questa via và egli calcando e calcherà senza meno le venerate orme ed i laudati esempj del Suocero, che amò sempre qual’altro suo padre.

Insomma a dire chi si fosse come Uomo di Legge, come Cittadino e come Padre di Famiglia il nostro Antonio, saprebbonsi difficilmente adoperare adequate [sic] parole. Ei fù tale Uomo che sarebbesi dovuto desiderare non perituro ed eterno. Preso però da acuta e fiera malattia di petto, in brevi giorni fù recisa la preziosa sua vita, e la sera dei 30 Gennajo 1870, premunito di tutti i conforti della Religione spirava in Dio ed infra le lagrime de’ suoi diletti la benedetta sua Anima.

Ed è a non omettersi che spirava tranquillo e sereno, come avviene di chi ha saputo nella vita decorsa oprare il bene; e questo avveniva nel punto che il Sacerdote e gli Astanti (fra quali pure trovavasi lagrimando il Genero Gabrielli) ripetevangli, siccome esso bene mostrava comprenderla, quella pia giaculatoria, colla quale si prega di poter spirar l’Anima in seno a GESÙ, GIUSEPPE E MARIA.

Si rimanga adunque irrecusabile testimonio di non mercata laude il duolo non dirò della famiglia e degli Amici, ma della Curia tutta, che udita appena la morte del Vasselli corse non chiamata ad accompagnare il suo feretro, nonché d’ogni Ceto di persone, le quali rimpiangono l’Uomo eminentemente retto, virtuoso, e caritatevole. Oh Dio! quante vedove, orfani e poveri piangono nel Vasselli il loro Benefattore! Chè Egli largo del suo a prò dei bisognosi non curò ammassare quel lauto Censo, che se meno caritatevole e generoso certamente avrebbe potuto lasciare. Nel chiudere ora questa Necrologia dettata dal cuore, e che ho scritto piangendo, a me sembra cadere assai in acconcio riferire ciò che un Aureo Scrittore del 500 dettava in lode e memoria d’un virtuosissimo Capitano. Tali parole sembrano propriamente dette per descrivere quale si fosse il Vasselli. Così il ridetto Autore. == Fù adunque Castruccio, per quanto si è dimostrato, un Uomo non solamente raro né tempi suoi, ma in molti di quelli che innanzi erano passati. Fù della persona più che l’ordinario di altezza e ogni membro era all’altro rispondente, ed era di tanta grazia nello aspetto, e con tanta umanità raccoglieva gli Uomini, che mai non gli parlò alcuno che si partisse da quello malcontento.==

Tale e quale nel fisico e nel morale si fù il mio Antonio; alla cui cara Anima non mi rimane che pregare quella pace dei Giusti, la quale mi giova ritenere abbiasi Egli già dal misericordiosissimo Iddio conseguito.

Avv. Carlo Terzi

"ANONIMO"

Dai dati presenti nel Fondo "Mario Taglioni" dell’Archivio Storico del Vicariato di Roma il secondo figlio di Luigi risulta nato nel 1797 e morto il 28/12/1800. Non si ricorda il suo nome.

VINCENZO

Sempre dal Fondo "Mario Taglioni" dell’Archivio Storico del Vicariato di Roma sappiamo che Vincenzo Vasselli nacque nel 1798 e morì nove giorni prima del fratello "senza nome" il 19/12/1800. Probabile che nel dicembre di quell’anno a Roma si fosse diffusa qualche malattia infettiva.

FRANCESCO

Francesco Vasselli nacque il 14 giugno 1800 e fu battezzato il giorno seguente nella Basilica di S. Pietro. Indirizzato dal padre a succedergli nella professione forense, dal 1816 viene registrato come "curiale". L’8 ottobre 1821 si sposa con la diciannovenne contessa Serafina Smaghi, figlia del conte Giovanni Francesco, rimanendo ad abitare con i genitori e i fratelli sempre in via delle Muratte 78. La famiglia Smaghi abitava precedentemente nel territorio della parrocchia di S. Andrea delle Fratte. Dal matrimonio nascono Filippo nel 1821 e Irene nel 1822. Tra il 1825 e il 1826 scompare Filippo e nel 1826 muore lo stesso Francesco. Sua moglie Serafina e la figlia Irene non risultano più abitare con il resto della famiglia dal 1834. Nel 1840 la sola Irene ritorna in via delle Muratte dove rimane fino al 1849. Nel 1845 Donizetti, in una lettera spedita da Vienna il 21 febbraio di quell’anno, chiede a Toto di salutargli Irene.

GUNEGONDA

Dai libri dei battesimi di S. Marcello risulta nata il 16/8/1803. Non si conosce la data di morte ma nel 1817 doveva essere già scomparsa visto che non risulta tra i figli di Luigi e Rosa.

DOMITILLA

Nasce il 16/2/1804 e muore dopo un mese, il 17/3/1804.

GIUDITTA

Questa bambina vive ancora meno: vede la luce il 25/2/1805 e muore il 5/3/1805.

GAETANO

La sua data di nascita, 20/7/1806, è conservata nei libri dei battesimi di S. Marcello. Diversamente dagli altri due fratelli maschi, Antonio e Francesco, negli Stati delle anime non compare mai il mestiere o la professione di Gaetano. Il mistero è sciolto nel 1836 quando all’età di trent’anni viene definito con una parola terribile: "demente". Probabilmente soffriva di qualche forma di handicap psichico. Nel 1846 la qualifica di "demente" viene modificata con quella di "scemo". Gaetano rimane sempre in famiglia e si trasferisce da via delle Muratte nel 1849 insieme a tutti gli altri parenti. Nella lettera spedita da Vienna il 21 febbraio del 1845 Donizetti chiede a Tòto di salutarlo.

SERVE E SERVITORI

Una famiglia della media o alta borghesia del XIX secolo non poteva non avere dei domestici in casa. I Vasselli non fanno eccezione e tramite gli stati delle anime di S. Maria in Trivio e di S. Maria in Via si possono seguire le tracce di tutto il personale di servizio che si avvicendò in via delle Muratte 78 dal 1817 al 1849.

Nel 1816 troviamo Rosa Poloni, di Roma, zitella di 32 anni. Nell’anno successivo compare Vincenza De Santis, di Roma, che lavorerà in casa fino al 1824 all’età di 83 anni. Nel 1819 a Vincenza si affianca il primo di una serie di servitori di Riofreddo che testimoniano i continui contatti dei "romani" Vasselli con i parenti e le proprietà del paese. Si chiama Angelo Parisi ed essendo nato il 27/9/1799 (genitori Giuseppe e Preziosa) comincia a lavorare dai Vasselli a vent’anni (vi resterà fino al 1824). Nel solo anno 1819 compare una certa Anna Salvi di Riofreddo (di anni 20) definita come moglie di Angelo. Costui sembra restare ben presto vedovo perché nel 1823 viene definito "scapolo". Nel 1823 viene assunta, e solo per quell’anno, Rosa N. di anni 30 con la qualifica di balia, probabilmente per Irene (la figlia di Francesco) che in quel periodo aveva pochi mesi di vita. Nell’anno seguente Maria Parisi, zitella, (nata a Riofreddo il 19/8/1802) raggiunge il fratello a Roma. Nel 1826 risulta "serva" una certa Santa Salvaticci di 41 anni, romana, figlia del fu Gregorio e vedova di Giuseppe Mancini. Nel 1828 la sostituisce un altro riofreddano: Giuseppe Conti, nato a Riofreddo l’otto luglio 1796 (genitori Iacobo Conti e Angela) in servizio fino al 1831. Nel 1832 subentra Teresa Sebastiani di anni 38 che lavorerà in casa Vasselli fino al 1835. Quando Tòto si sposa (1839) oltre alla moglie si porta in casa altra gente (suocera e tre sorelle della sposa) tra cui due servitori: Giovanni Capponi di Perugia (di anni 41) e la moglie Eleonora Sambuchelli (sempre di 41 anni). Ma nel 1840 sono già andati via e li sostituiscono Emerenziana Portieri di Riofreddo (anni 19) e Luigi Basilici di 47 anni. A loro due si aggiunge l’anno dopo anche Giuseppe Crescenzi di Amelia (anni 34). Nel 1842 non compare più Luigi e nel 1845 Giuseppe Crescenzi viene sostituito da un altro Giuseppe che però porta il cognome Monteverdi, era nato ad Ascoli Piceno (di anni 25 alla presa di servizio) e che rimarrà fino al 1848. Emerenziana se ne va nel 1848 e le subentra Agnese Gasperini di Nicola di Ronciglione di anni 33. Questa Agnese è l’unica persona di servizio nel 1849, ultimo anno dei Vasselli in via delle Muratte 78.

GIOVAMBATTISTA ZAMPI

Il padre, Filippo, era un "appassionato frequentatore di teatri e poeta a tempo perduto". Giovambattista fu testimone alle nozze di Gaetano e Virginia e successivamente aprì uno studio notarile a Riofreddo in via Valeria 70.

Remo Caffari afferma che la sua famiglia venne in possesso della biblioteca del notaio Zampi e che la carta da musica lì ritrovata (e che si sospetta appartenesse a Donizetti) venne usata per incartare il sale.

LE IMMAGINI DI VIRGINIA

Se l’iconografia donizettiana è abbastanza ricca, scarse sono invece le immagini che riguardano Virginia. Sono infatti conosciute solo 2 raffigurazioni:

1) Un pastello che Cametti fa risalire al 1828, in possesso della famiglia Gabrielli.

2) Il ritratto a olio che le fece Teodoro Ghezzi e che ora si trova nel Museo Donizettiano di Bergamo. Questo quadro era precedentemente conservato a Roma nel palazzo della famiglia Vasselli. Infatti Antonio, nella lettera a Donizetti giunta a Napoli il 22 agosto 1837, così afferma: "Io contemplo sempre il quadro di Teodoro, che ritengo a me davanti."

DONIZETTI E I VASSELLI IN "VERSI"

Augusto Caffari, nato a Riofreddo nel 1932, ha ottenuto numerosi premi e prestigiosi riconoscimenti per la sua poesia. In una sua recente lirica RISORGI! ONESTO POPOLO DI RIOFREDDO: RISORGI!!!, due strofe sono dedicate a Luigi, Virginia e Gaetano:

LUIGI VASSELLI RIOFREDDANO GIURISTA

dei Suoi Natali ebbe l’INNO accorto

dacchì s’affida in Lui aver CONFORTO:

espleto d’Uomo GIUSTO quivi ESISTA.

Paternità della VIRGINIA Figlia

CONSORTE poi all’ESIMIO GENIO MUSICALE

GAETANO DONIZETTI LEITMOTIV PREVALE:

la dedita Piazza ir NOMEA di FAMIGLIA.

 

Bibliografia

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Caffari, Remo, Appunti su dazi e gabelle e sull’appalto del forno e degli altri esercizi nell’antica Comunità di Riofreddo (Roma), Quaderno n.3 a cura dell’Amministrazione Comunale di Riofreddo, 1978.

Caffari, Remo, Appunti o memorie per una storia minima o intima dell’antica comunità di Riofreddo (Roma), Quaderno n.9 a cura dell’Amministrazione Comunale di Riofreddo, 1988.

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Arch. Nat. Paris - Sèrie BB5 - 313: Organisation Judiciaire - Rome.

Libri dei battezzati della parrocchia di S. Marcello di Roma, Archivio Storico del Vicariato di Roma.

Libri dei battezzati della parrocchia di S. Nicola di Riofreddo.

Raccolta dei Libri dei battesimi della parrocchia di Riofreddo [dal 1581] , Indice alfabetico fatto da Vittorio Sebastiani nel 1857.

Stati delle anime della parrocchia di S. Maria in Trivio di Roma, Archivio Storico del Vicariato di Roma.

Stati delle anime della parrocchia di S. Maria in Via di Roma, Archivio Storico del Vicariato di Roma.

Fondo Mario Taglioni, Archivio Storico del Vicariato di Roma.

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Dedico questo lavoro a mio padre, Giancarlo Verzulli, che tanto amò Riofreddo.

Desidero ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato nella ricerca e in particolare:

Gabriele Alessandri, Paolo Antonini, Antonio Bianchi, Augusto Caffari, Fabrizio Capitanio, Vittorio Ceradini, Don Piero Didier, Guido Hermanin, Angelo Mari, Cristina Paciello, Maria Palumbo, Alessandra Pesciolini, Luigi Rainaldi, Giovanni Roberti, Giorgio Segarini, il Comune e la Parrocchia di Riofreddo.

 

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