I FLAUTI DEL PAPA

ovvero

Il flauto traverso militare a Roma dal XVI al XVIII secolo

di Luca Verzulli

 

Chi avesse avuto la possibilità di partecipare ad una grande battaglia del XVI secolo in cui fossero intervenute truppe svizzere o i famigerati "lanzichenecchi" tedeschi, fra il fragore dei cannoni e dei primi archibugi, tra il cozzare delle picche e delle alabarde, tra le urla ed i sordi tonfi dei colpi di balestra, avrebbe potuto ascoltare dei suoni acuti e sibilanti che sovrastavano persino il cupo rullare dei tamburi. Se si fosse avvicinato alla fonte di quei suoni avrebbe potuto scorgere, tra la polvere del campo di battaglia, vicino alle bandiere, uno o più suonatori di uno strumento del quale poi tutto si sarebbe detto fuorché il suo timbro fosse adatto a quelle situazioni: il flauto traverso.

Nel Rinascimento il flauto militare era di struttura molto semplice: un tubo cilindrico con un foro per l'insufflazione e sei per le dita. Era sempre accompagnato da un tamburo formando il complesso musicale tipico della fanteria. Allo stato attuale delle nostre conoscenze non è ben chiaro se fosse o no diverso dallo stesso strumento usato in ambito "civile". Il suo scopo primario era quello tattico di far cadenzare il passo alle fanterie, sempre in unione al suono dei tamburi, oltre ad infondere coraggio ai soldati e a costituire, vista la presenza della coppia flauto-tamburo vicino alle insegne, un preciso punto di riferimento ottico-sonoro.

Su questo argomento sto svolgendo ricerche da qualche tempo e volevo qui riportare quello che ho trovato riguardo ai musicisti militari di Roma, riferendomi in particolare al corpo delle "Guardie Svizzere" vaticane.

Le truppe che utilizzarono per prime il duo flauto-tamburo come strumento militare (chiamato "Spiel" o "Spil" dal verbo spielen, suonare) furono quelle svizzere e la loro imitazione tedesca i lanzichenecchi. L'uso del flauto traverso accompagnato dal tamburo come strumento per la musica popolare doveva essere in Svizzera molto diffuso, tanto che fu facile trovare tanti esecutori tra i soldati. Riporto qui alcuni brani dalla Storia del Mondo Moderno delle edizioni Cambridge University Press (1) che ben fanno capire come dalla seconda metà del XV secolo fattore decisivo delle guerre europee era diventata la fanteria pesante in particolare quella addestrata sul modello elvetico:

"Gli svizzeri, che sconfiggendo la cavalleria borgognona a Grandson e a Morat nel 1476 avevano suscitato l'interesse di tutti i militari, combattevano in quadrati compatti di circa seimila uomini, 85 spalla a spalla su un fronte di una novantina di metri, per una profondità di circa 70 righe. Il successo di questa formazione si basava su una rigida disciplina e su un perfetto addestramento . Nulla doveva diminuire l'impeto o la resistenza del quadrato fino a che non avesse sfondato le linee nemiche o non fosse stato decimato; non si potevano fare prigionieri, i feriti venivano ignorati. Una carica di cavalleria lanciata contro un simile quadrato incontrava dapprima una solida barriera di ferro, le punte delle picche delle prime quattro righe, poi le alabarde, che approfittavano dello scompiglio per colpire da vicino o per disarcionare ed aggredire i cavalieri, infine , al centro del quadrato, le sciabole, che potevano essere fatte roteare contro un uomo ancora a cavallo o impugnate sotto l'elsa per colpire quelli appiedati. Un assalto di fanteria veniva affrontato dapprima da file di alabarde che abbattevano le punte delle picche, poi sul fronte da file successive di picche e sui fianchi da spadaccini, balestrieri e archibugieri che uscivano dal centro e dal retro della falange. Gli svizzeri potevano anche attaccare e, dato che il loro morale era sempre molto alto, non usavano armature pesanti e agivano con rapidità e in ordine serrato. In questo caso, i fanti erano preceduti da balestre ed armi da fuoco che bersagliavano il nemico in movimento e poi si ritiravano per permettere al quadrato di avanzare, con la sua selva di picche e spinto da un impeto che era sempre irresistibile a meno che la formazione non fosse decimata da un fuoco intenso o scompaginata dal terreno accidentato. [...] Queste tattiche furono presto copiate , prima dai principi della Germania e dai francesi, poi dagli spagnoli e dagli italiani. I lanzichenecchi furono la copia più fedele degli svizzeri, ma erano addestrati e guidati meno bene, in parte perché la carica di capitano andava al miglior offerente, non al soldato più capace."

Ed ecco che allora, ben prima degli orologi e del cioccolato, il primo prodotto che la Svizzera esportò in tutta l’Europa furono questi efficienti, fedeli, feroci e coraggiosi soldati di fanteria che divennero le guardie del corpo di molti sovrani.

La Cohors pedestris Helvetiorum a sacra custodia Pontificis ossia la Guardia Svizzera Pontificia (2) è preposta ancor oggi alla sicurezza delle residenze pontificie e ad accompagnare e scortare il Santo Padre nelle diverse uscite e nelle sacre funzioni da lui presiedute. Fino al pontificato di Pio VI (1799) compagnie di svizzeri erano presenti anche presso le Legazioni papali, il Monte di Pietà di Roma, la Depositeria generale della Camera Apostolica sita a Palazzo Madama e alla Zecca pontificia. L'origine della sua esistenza va fatta risalire al pontificato di Giulio II che colpito dalla potenza militare di questi feroci e fedelissimi valligiani otteneva nel 1506 una compagnia permanente di 150 svizzeri il cui primo comandante fu Kaspar von Silenen (3), del cantone di Uri e che fu ucciso nel 1517 nella battaglia di Rimini. Diedero la prima grande prova di coraggio il 6 Maggio 1527 quando bloccarono per sei ore l'assalto delle truppe imperiali spagnole e lanzichenecche permettendo la fuga del papa Clemente VII in Castel S.Angelo attraverso il tratto di mura che collega la fortezza ai palazzi vaticani (Passetto di Borgo). Il comandante Gaspare Roust, tutti gli ufficiali e i soldati (tranne 12 e i 42 che accompagnarono il papa al castello), persero la vita davanti agli altari della basilica di S.Pietro non senza aver ucciso ben 800 avversari. Come ho già detto, Paolo III ricostituì nel 1548 il corpo ed è a questa data che sono documentati tra i ruoli dei soldati anche "2 tamburi e 2 pifferi" (4). La presenza dei flauti è documentata anche nel 1660: "due tamburini, un piffero" (nella compagnia per il cardinale legato di Ferrara); nel 1668: "4 fra tamburi e ciufoli"; nel 1754 e nel 1782: "2 tamburri e 2 ciufoli" (in questi due casi (5) si conosce anche il pagamento dei musicisti: 6 scudi al mese); nel 1788: "4 tambours et d'un fifre(6)" (dalla Histoire di May) (7); nel 1800 (L'economia del pubblico erario del 20 Novembre): "d'un tamburino, d'un suonatore di piffero"; nel 1801: "un tamburo, un piffero". Nel 1720 abbiamo una descrizione della divisa dei musici svizzeri:

"Le altre due [tavole] 151 e 152 rappresentano il tamburino e il compagno in atto di suonare un ciufolo, secondo il costume di molte nazioni, particolarmente tedesca, e l'abito d'ambedue è di panno rosso, con pennacchio bianco nel cappello (con falde calate e larghe, con le due strisce di tela pendenti dai loro colli)" (8).

Altre testimonianze sul flauto militare della Guardia Svizzera le abbiamo nella descrizione del funerale del comandante "il sig. Gio. Corrado Pfyffer d'Althishofen" deceduto, sotto il pontificato di Benedetto XIII, nel 1727:

"[...] indi seguivano 4 uffiziali primari in abito nero... e finalmente i tamburi e pifferi scordati, con sopra l'arme del defunto capitano, seguendo tutti li soldati svizzeri in ordinanza colle loro alabarde a rovescio,[...] e tolte le bande nere a'tamburi e pifferi" (9).

La stessa pratica della "scordatura" degli strumenti veniva effettuata durante la Settimana Santa, dalla deposizione nel "sepolcro" dell'Eucarestia il Giovedì Santo al "Gloria in excelsis Deo" del Sabato Santo.

E' solo nel 1814, al ritorno del papa dopo l'invasione francese, che nei ruoli della Guardia non si trova più un militare specificatamente addetto al flauto, mentre viene registrato, come ormai in quasi tutti gli altri eserciti europei, "un trombetta" (cioè un trombettista). La raffigurazione del "tamburino e piffero" degli svizzeri pontifici apparsa a Roma nel 1827 nell'opera Raccolta della Gerarchia ecclesiastica di Capparoni ci testimonia invece che l’uso del fifre è sempre continuato, anche se ormai limitato a poche cerimonie. Il maggiore della Guardia Peter Hasler (10) mi ha riferito che fino agli anni sessanta del nostro secolo alcuni militari suonavano i fifres insieme ai tamburi durante il giuramento delle reclute. L’interruzione delle esecuzioni musicali con i flauti destò alcune proteste: l’ufficiale superiore svizzero, il prof. Walter Schaufelberger, in un articolo della Rivista Militare della Svizzera Italiana pubblicato nel 1984 (11), così si lagnava: "Naturalmente sarebbe più bello se sotto i portoni passassero ancora, come una volta, i vecchi tamburini e i pifferi svizzeri e persino i suonatori di cornamusa!". Questa antica usanza è stata ripresa negli ultimi due anni quando quattro soldati nel 1996 e tre nel 1997 insieme a quattro tamburi hanno accompagnato la sfilata del 6 maggio (anniversario del sacrificio degli svizzeri durante il sacco di Roma). Ho potuto poi parlare con uno dei flautisti-soldati che mi ha mostrato lo strumento attualmente in uso: è un ottavino conico a chiavi con "vecchio sistema" (12) prodotto attualmente dalla ditta Musik Oesch di Basilea e che viene denominato "Basler Piccolo". Le musiche attualmente suonate dall’ensemble ottavini-tamburi sono marce ottocentesche francesi o svizzere.

Nel Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastico di Moroni (13) viene così elogiata la presenza di questi soldati che forse per primi fecero udire il suono del flauto militare per le strade e le piazze di Roma:

"Era ben giusto, che la difesa e non interrotta custodia della pontificia reggia e della santissima persona del papa fosse con piena fiducia commessa alla valorosa nazione svizzera cattolica, che dai Papi si meritò il glorioso titolo di Difensori dell’ecclesiastica libertà, per l'eccellenza e mai smentita del suo precipuo carattere, costante e irremovibile, per singolare insuperabile fermezza agli ordini che ricevono gli svizzeri, osservanti e diligenti della disciplina, tranquilli e savi, non meno che prodi, ed ancora per la loro sperimentata inalterabile e incorruttibile fedeltà; [....] e dappertutto non mai alterarono l'inconcussa loro lealtà, non disgiunta da mirabile coraggio."

 

NOTE

(1) The New Cambridge Modern History, Cambridge University Press, 1964, (ed. italiana, vol. I Il Rinascimento (1493-1520), cap. X, "Diplomazia e guerra in Occidente", p.398, Milano, Garzanti, 1967)

(2) G. Fallani, M. Escobar, Vaticano, Firenze, Sansoni, 1946; A. Serrano, Die Schweizergarde der Päpste, Dachau, Druckerei und Verlagsanstalt "Bayerland", 1992.

(3) Il loro ingresso a Roma il 22 gennaio 1506 è riportato così da Giovanni Burckard, il vecchio cappellano di Alessandro VI: "Iovis XXII circa XXIIII, intrarunt per portam de Populo C. L. Svitenses, de mandato D. N. per d. p. de Hertenstein, cubicularium, canonicum costantiensem, in Alemania et circa conducti, omnes vestiti usque ad calceas inclusive divisa expensis D. N.; quorum capitaneus fuit d... de Silinen. Intrarunt per portam de Populo, campum Flore ad plateam sancti Petri, ubi D. N. stans super lobias Pauli pape, benedixit eis; deinde intrarunt eorum habitationem extra palatium pro custodia palatii deputatum" (Muratori, Rerum italicaroum scriptores, Edizioni Fiorini, 1913. Iohannis Burckardi. Liber notarum, p. 503).

(4) Secondo il Dictionnaire historique & biographique de la Suisse, (vol. III, voce "Garde-suisses, régiments de", p. 325, Neuchatel, 1926) i musicisti del 1548 erano: "un fifre, 4 tamburi e 2 suonatori di corno".

(5) Vedi il fascicolo Guardie Svizzere in Roma, Bologna, Ferrara, Urbino, Pesaro, Ravenna, 1754-1802, conservato nell'Archivio di Stato di Roma.

(6) La parola francese fifre indica il flauto traverso militare.

(7) Secondo il Dictionnaire historique & biographique de la Suisse, op. cit., i musicisti erano: "4 tamburi, 1 fifre, 8 oboi".

(8) Bonanni (o Buonanni), Filippo, La gerarchia ecclesiastica considerata nelle vesti sagre, e civili usate da quelli, li quali la compongono, espresse, e spiegate con le imagini di ciascun grado della medesima; offerta alla Maestà di Giovanni V Re di Portogallo e dell’Algarve &c. dal P. Filippo Bonanni della Compagnia di Gesù , in Roma, nella stamperia di Giorgio Placho,1720.

(9) G. Moroni, Dizionario di Erudizione Storico-Ecclesiastico, vol. LXXII, Venezia, 1855, alla voce Svizzeri Guardia Pontificia, pp.137-163.

(10) Oltre ad essere la terza carica del corpo, dopo il Colonnello Comandante ed il Tenente-Colonnello, il maggiore Hasler è "Gentiluomo di Sua Santità". Ho potuto personalmente constatare la sua grande cortesia e disponibilità.

(11) Schaufelberger, Walter, "Incontro con la Guardia Svizzera Pontificia", in Rivista Militare della Svizzera Italiana, fascicolo 6, anno LVI, Lugano, novembre-dicembre 1984, p.417.

(12) Come i flauti del XIX secolo prima dell’invenzione di T. Boehm.

(13) Moroni G., op. cit.

Luca Verzulli

 

 

 


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