(Dall'Osservatorio ISFOL - maggio/agosto '98
Ricerca di Graziana Alessandrini Verrecchia)
La formazione degli
adulti.
Tendenze evolutive nel ruolo del formatore.
La formazione degli adulti
L'Educazione degli adulti è, oggi più che mai, un bisogno
diffusamente avvertito nei Paesi ad avanzata civilizzazione, i quali
come risposta politico-sociale, destinano fondi per il finanziamento
dei relativi progetti, strutturano normative ritenute più adeguate,
approntano quant'altro occorra per favorirne lo sviluppo e le concrete
realizzazioni.
Questa presa di coscienza, oltre ad avere un'indubbia valenza di crescita
sociale, manifesta i suoi effetti soprattutto di natura economica, con
la conseguenza, per il Paese che non dovesse attuare certe politiche
di sviluppo, di un sicuro regresso sul piano della competizione mondiale.
Su questa premessa, ormai universalmente accettata, si vuole ribadire
la necessità che il nostro Paese metta finalmente in atto tutte
quelle strategie necessarie ad una possibile educazione permanente dei
propri cittadini: è noto infatti come la competizione europea
e mondiale si giochi soprattutto sul fattore risorse umane e come, in
presenza dei notevoli cambiamenti in atto, sociali, economici e tecnologici,
risulti di estrema importanza porre le condizioni per l'attuazione di
una adeguata e consistente formazione continua.
Constatato, quindi, il ruolo strategico della formazione degli adulti,
dobbiamo allora capire quale tipo di formazione può essere più
pertinente.
La scelta può cadere, o su una formazione tradizionale, in cui
l'insegnante è al centro dell'intervento formativo, mentre l'allievo
si trova in situazione passiva, oppure su una formazione mediata, dove
il formatore ha il ruolo di "facilitatore di apprendimento"
mentre il discente, collocato al centro del percorso formativo, ne viene
attivamente coinvolto. Successivamente, sarà necessario stabilire
a quale teoria di apprendimento riferirsi, poiché sono così
tante le teorie, che si potrebbe pensare ad un "terreno senza confini".
Molti studiosi di questo disciplina hanno proposto diverse classificazioni.
Il raggruppamento forse più articolato, strutturato da Hilgard
e Bower, ne indica ad esempio una decina , mentre McDonald classifica
in sei gruppi le varie teorie.
Per questo motivo nell'analizzare un possibile percorso di formazione
per adulti, occorre in qualche maniera circoscrivere questo territorio,
ed è ciò che qui si è tentato di fare, dopo un
breve excursus delle teorie di apprendimento più note, per poi
soffermarsi sulla "teoria-prassi" di M.Knowles, studioso di
Educazione degli adulti che, forse più di ogni altro, fornisce
diversi spunti di riflessione ad ogni formatore che affronti questo
tipo di lavoro.
E' sembrato interessante riflettere, oltre che sulla teoria citata,
anche su quel complesso di concetti che va sotto il nome di "Learning
organization", cioè l'organizzazione che apprende. I rapidi
mutamenti dello scenario nazionale ed internazionale, come già
accennato, hanno determinato un forte cambiamento anche e soprattutto
nell'interpretazione delle funzioni e dei modelli manageriali necessari
allo sviluppo delle aziende; è dalla osservazione di questa dinamica,
dei vincoli che essa pone per lo sviluppo delle strutture organizzate,
che nasce un forte interesse verso l'"apprendimento organizzativo".
Infine alla luce delle analisi sopra citate e delle conseguenti considerazioni,
si è tentato di desumere il ruolo del formatore in una prospettiva
in cui il discente è al centro del percorso di apprendimento.
La molteplicità dei temi esposti, seppure trattati sinteticamente,
persegue lo scopo di fornire ad un formatore di educazione degli adulti
un quadro più ampio possibile di informazioni; sarà poi
interesse dello stesso formatore approfondire le tematiche più
utili per la soluzione dei problemi connessi con la sua attività.
2.1. Teorie dell'apprendimento
È opportuno ora essere utile analizzare i più rilevanti
tentativi di ammodernamento dei processi formativi, ripercorrendo alcune
tappe fondamentali dello sviluppo delle metodologie, dei metodi della
didattica negli ultimi decenni e delle teorie dell'apprendimento .
In quale modo conosciamo? Come funziona il nostro modo di apprendere?
Sono domande, tra le altre, che l'uomo si pone da sempre e che, prima
della psicologia sono state poste dalla filosofia. Infatti le questioni
più interessanti ed affascinanti della psicologia furono per
molti secoli argomento di profonde discussioni fra filosofi.
Uno dei più sentiti problemi della teoria della conoscenza è
come nascono i concetti e le conoscenze e quali sono le relazioni tra
esperienza e organizzazione della mente.
Gli storici della filosofia hanno distinto i tentativi di risposta in
due approcci fondamentali tra loro in contrasto l'empirismo e il razionalismo.
L'empirismo sostiene che l'esperienza, in particolare quella sensoriale,
è l'unica fonte di conoscenza. Per questo approccio due sono
i postulati di base per l'apprendimento:
3. le rappresentazioni interne delle idee semplici ( immagini della
memoria ) sono semplicemente delle "copie" delle impressioni
sensoriali loro corrispondenti immagazzinate nella memoria;
4. le idee complesse sono formate dalla connessione di un legame associativo.
(es: la mela - l'impressione sensoriale di un oggetto decomponibile
in una serie di qualita' sensoriali, es: odore, colore, sapore ; tutte
queste qualita' sensoriali vengono connesse (o associate) nelle mente
in quanto si presentano unite nel tempo e nello spazio, quando interagiamo
con l'oggetto.)
Per il razionalismo la prima fonte di conoscenza è la ragione.
Per i razionalisti i dati sensoriali sono un caos non strutturato che
offre solo del materiale grezzo al meccanismo interpretativo della ragione.
Le verita' per i razionalisti sono rilevazioni non dell'esistenza di
un mondo oltre i sensi, ma della nostra struttura intellettuale; forniscono
la struttura e le forme dell'esperienza a prescindere dai suoi contenuti.
Nel chiederci come nella mente umana siano innate queste strutture,
gli studiosi rispondono: o per "selezione naturale", oppure
che l'organizzazione innata dell'organismo umano è un assoluto
mistero.
La tesi principale dell'empirismo, secondo cui l'apprendimento avviene
attraverso l'associazione di eventi o idee contigue, fu accettata dalla
maggior parte delle teorie dell'apprendimento e dei teorici della prima
meta' di questo secolo (Funzionalismo, Pavlov, Guthrie, Thornadike,
Hull, Skinner e Tolman, il quale pur essendo un comportamentista di
fatto con la sua teoria, che denominò comportamentismo intenzionale,
ha posto le basi delle teorie cognitivistiche).
In contrapposizione a tale tesi furono e sono gli psicologi della Gestalt,
le teorie che si basano sulla moderna struttura dell'elaborazione dell'informazione
e quelle della contemporanea psicologia cognitiva.
Varie ipotesi di classificazioni delle teorie di apprendimento.
* HILGARD E BOWER - autori del lavoro d'interpretazione forse più
completo, fino ad oggi, organizzano la loro rassegna secondo le seguenti
categorie:
- Connessionismo di Thorndike;
- Condizionamento classico di Pavlov;
- Condizionamento contiguo di Guthrie:
- Condizionamento operante di Skinner;
- Teoria sistematica del comportamento di Hull;
- Apprendimento per segnali di Tolman
- Teoria della Gestalt;
- Psicodinamica di Freud;
- Teoria matematica dell'apprendimento;
- Modelli di processo delle informazioni.
Secondo questa classificazione le teorie dell'apprendimento rientrano
in due grandi famiglie principali, le teorie di stimolo-risposta e le
teorie cognitiviste, ma non tutte le teorie vi sono incluse. Le teorie
stimolo-risposta includono formulazioni molto diverse tra loro, come
le teorie di Thorndike, Pavlov, Guthrie, Skinner e Hull; nelle teorie
cognitiviste vanno comprese almeno quelle di Tolman e degli psicologi
gestaltisti classici, ed i teorici dell'apprendimento della psicologia
umanistica Rogers e Maslow non sono citati.
* Mc DONALD - suddivide le varie teorie in sei categorie principali:
- Teoria della recapitulation (Hull);
- Connessionismo (Thorndike);
- Pragmatsmo (Dewey);
- Gestaltismo e teoria del campo (Ogden, Hartman, Lewin);
- Psicologia dinamica (Freud);
- Funzionalismo.
* GAGE - identifica tre famiglie di teorie dell'appendimento:
- teorie del condizionamento;
- teorie dell'identificazione;
- teorie cognitivistiche.
* KINGSLEY E GARRY - propongono due serie:
- teorie associazionistiche e dello stimolo-risposta (Thorndike, Guthrie,
Hull);
- teorie del campo (Lewin, Tolman e gli psicologi della Gestalt
* TABA - accoglie la divisione in due famiglie:
- teorie associazionistiche o comportamentistiche;
- teorie organicistiche, della Gestalt e del campo.
Secondo M.Knowles nessuno era riuscito ad organizzare il campo delle
teorie dell'apprendimento in modo veramente significativo. Poi nel 1970,
H.W.Reese e W. F. Overton, due psicologi dell'eta' evolutiva, hanno
presentato un modo di concettualizzare le teorie secondo modelli più
ampi, e "la nebbia ha cominciato ad alzarsi".
Una recente organizzazione delle teorie di apprendimento.
Il modello meccanicistico e quello organicistico nascono da una visione
generale del mondo. Nel 1970 i due psicologi Reese e Overton, hanno
tentato di organizzare le teorie dell'apprendimento rifacendosi a tali
teorie generali, essi infatti affermano che: "Ogni teoria presuppone
un modello più generale, secondo il quale sono formulati i concetti
teorici."
Secondo il modello meccanicistico l'universo si rappresenta come una
macchina composta di parti discrete operante in contesto spazio-temporale.
Questa visione applicata alla sfera della psicologia dà luogo
ad un modello dell'uomo come essere "reattivo", come organismo
vuoto, quindi passivo.
Il modello organicistico vede l'universo come organismo unitario, interattivo
e in evoluzione. Applicata alla sfera epistemologica e della psicologia,
questa visione del mondo rappresenta l'uomo come organismo attivo più
che reattivo, secondo questo modello l'uomo è un'entita' organizzata.
Secondo questo approccio l'individuo tendera' ad accentuare l'importanza
dei processi rispetto ai prodotti e gli aspetti qualitativi più
che quantitativi, porra' l'accento sul ruolo dell'esperienza nel favorire,
o inibire il corso dello sviluppo, più che sull'effetto dell'addestramento
quale fonte di crescita.
Al modello meccanicistico, per quanto riguarda, le teorie dell'apprendimento,
fanno capo, tra le altre le teorie di Thorndike, Pavlov, Watson, Guthrie,
Skinner, Hull.
Per il modello organicistico possono essere citati, innanzi tutto Tolman,
che costituisce un ponte tra le teorie meccaniche e le teorie organicistiche
e poi le teorie della Gestalt, Lewin. Piaget, Bruner...
Teorici dell'appprendimento.
Negli Stati Uniti, la prima indagine sul fenomeno denominato "apprendimento"
fu condotta da Thorndike ("Animal Intelligence"., pubblicato
nel 1898).
" L.Thorndike (1874-1949)- secondo Thorndike gli individui, per
quanto riguarda l'apprendimento, sono organismi vuoti che rispondono
agli stimoli più o meno a caso e automaticamente. Una determinata
risposta è connessa a un determinato stimolo quando viene ricompensata.
In tale situazione lo stimolo, S, è completamente sotto il controllo
dello sperimentatore (dell'insegnante), come, in larga misura, lo è
anche la risposta R. Questa associazione tra impressioni sensoriali
e impulsi all'azione fu generalmente chiamata legame o connessione (S-R
/ Stimolo-Risposta).
Nel 1898 Thornadike eseguì i suoi esperimenti sull'pprendimento
per prove ed errori", in cui dei gatti attraverso una serie di
prove errate acquistavano a poco a poco la capacità di aprire
il portello della cassetta appositamente contrassegnata al fine di procurarsi
il cibo. Egli osservò che la sola ripetizione non poteva avere
successo, ma era il processo di selezione che faceva aumentare la probabilità
di comparsa di azioni idonee a far giungere al cibo, producendo uno
stato di soddisfazione che riduceva la possibilità di azioni
inadeguate (legge dell'effetto).
Il sistema di pensiero di Thornadike nel corso della sua lunga e produttiva
vita venne largamente perfezionato ed elaborato, e costituì la
base delle successive teorie comportamentistiche dell'apprendimento.
" I.Pavlov (1849-1936) - Negli Stati Uniti, poco dopo l'inizio
del lavoro di Thorndike sulle connessioni, il fisiologo russo I. Pavlov
iniziava i suoi esperimenti che dovevano portare alla nozione di "riflessi
condizionati". "Quando viene posta della carne in bocca a
un cane, si manifesta la salivazione; il cibo è lo stimolo incondizionato,
e la salivazione è il riflesso incondizionato. successivamente
uno stimolo arbitrario, come una luce, viene abbinato alla presentazione
del cibo. Infine, dopo varie ripetizioni se i rapporti di tempo sono
corretti, la luce provocherà la salivazione indipendentemente
dal cibo; la luce è lo stimolo condizionato e la risposta ad
essa è il riflesso condizionato".
Il sistema di Pavlov è stato denominato "condizionamento
classico" per distinguerlo dagli sviluppi successivi del condizionamento
strumentale e del condizionamento operante.
* J.B.Watson (1878-1958) - è generalmente ritenuto il padre del
comportamentismo, anche se molti studiosi contribuirono alla nascita
del comportamentismo, ma Watson che ne ordinò sistematicamente
i principi, divenne il punto di riferimento per gli psicologi americani
dell'inizio del secolo.
I comportamentisti hanno in comune la convinzione che la psicologia
scientifica debba fondarsi sullo studio di ciò che è direttamente
osservabile: gli stimoli fisici, i movimenti muscolari e le secrezioni
ghiandolari che essi provocano, e i prodotti ambientali che ne conseguono.
Le differenze tra di loro riguardano ciò che si può dedurre
oltre che misurare, ma tutti escludono l'introspezione.
Secondo J.B. Watson gli eventi ambientali svolgono un ruolo determinante
nel modellare il comportamento, che è sempre il risultato di
un condizionamento (o apprendimento).
* E.R. Guthrie (1886-1959) - proseguendo sulla strada tracciata dai
lavori di Thorndike, Pavlov e Watson, aggiunse il principio della contiguita'
tra segnale e risposta (condizionamento contiguo), ritenendo decisiva
per lo stabilirsi delle associazioni la "contiguità"
degli stimoli, affermando che "una combinazione di stimoli che
ha accompagnato un movimento tendera', se ripetuta, ad essere seguita
da quello stesso movimento".
Nei suoi lavori successivi, Guthrie sottolineò in maniera sempre
crescente il ruolo del soggetto dell'apprendimento nel selezionare gli
stimoli fisici a cui rispondere; da qui, l'importanza dell'attenzione
o comportamento definitivo di scanning o esplorazione, che si verifica
prima che abbia luogo l'associazione.
* B.F. Skinner (1904-1990) - Il progresso più rilevante nel campo
della psicologia comportamentista doveva venire da Skinner e dai suoi
collaboratori, da cui è derivata la tecnologia didattica dell'istruzione
programmata (vedere nota n. 10) e delle macchine per insegnare così
popolari negli anni '60.
Skinner sostiene rigorosamente l'importanza del metodo sperimentale
e si limita ad osservare e misurare i comportamenti. Con i suoi esperimenti
ha dimostrato che schemi specifici di ricompensa o rinforzi producono
modificazioni prevedibili sull'incidenza delle risposte di un organismo,
cioè sul comportamento (condizionamento operante).
* C.L.Hull (1884-1952) - (teoria sistematica del comportamento) La teoria
di Hull deriva concettualmente da quella di Thorndike, in quanto anch'egli
accettava il rinforzo come un carattere essenziale dell'apprendimento.
Hull costruì un'elaborata teoria "matematico - deduttiva
" basata sull'idea che esistono delle variabili che, intervenendo
nell'organismo, influenzano il tipo di risposta che seguira' il manifestarsi
di un determinato stimolo.
.
* E.C. Tolman (1886-1959) - In un certo senso Tolaman, costituisce un
ponte tra i modelli meccanicistici e quelli organicistici. Il suo è
sistema comportamentistico in quanto rifiuta l'introspezione come metodo
valido per una psicologia scientifica, ma è un comportamento
molare più che molecolare; ogni atto di comportamento possiede
delle proprie caratteristiche particolari che possono essere identificate
e descritte a prescindere dai processi muscolari, ghiandolari o neurali
che ne costituiscono il fondamento. Ma sopratutto per Tolman il comportamento
è finalizzato, regolato secondo fini determinati oggettivamente.
Lo scopo è, naturalmente un concetto di tipo organicistico. Tolman
rifiuta l'idea che l'apprendimento sia l'associazione di particolari
risposte a stimoli particolari. In contrasto con gli associazionisti,
che ritengono che ad essere appresa sia la risposta o una serie di risposte
che hanno portato alla ricompensa, per Tolman è il procedimento
seguito per raggiungere l'obiettivo ad essere appreso. Egli è
convinto che gli organismi, secondo i loro rispettivi livelli di abilità,
sono in grado di riconoscere e apprendere la relazione tra i segnali
e la meta desiderata; in poche parole, essi colgono il significato dei
segnali. Tolman denominò la sua teoria comportamentismo intenzionale,
ma Hilgard l'ha definita apprendimento per segnali e Kinsley e Garr
teoria gestaltistica dei segnali e dell'aspettativa.
* Teoria della Gestalt - la rottura più completa con il comportamentismo
si verificò alla fine del primo quarto di questo secolo, con
l'importazione della nozione di apprendimento per insight dalle teorie
della Gestalt dei tedeschi Wertheimer, Koffka e Kohler. Contestando
la concezione di apprendimento come semplice connessione di determinate
risposte a determinati stimoli, essi sostenevano che l'esperienza è
sempre strutturata, e che noi non reagiamo semplicemente ad un insieme
di dettagli distinti, ma ad una complessa struttura di stimoli. Inoltre
abbiamo bisogno di percepire gli stimoli all'interno di unita' organizzate,
non in parti staccate.
La psicologia della Gestalt è classificata dalla maggior parte
degli studiosi all'interno della famiglia delle teorie del campo - secondo
le quali è l'intero sistema o campo di forze, stimoli o avvenimenti
a determinare l'apprendimento.
Altre teorie dell'apprendimento, come quelle che si sono sviluppate
nell'ambito dell'approccio fenomenologico umanistico, vedono l'apprendimento
come bisogno di crescita della personalità. In questa ottica
l'apprendimento investe la personalità non solo a livello cognitivo
ma anche a livello emotivo-affettivo (Rogers e Maslow).
" A.H.Maslow (1900-1970) - fondatore principale della nuova scuola
chiamata "Humanistic Psychology" chiamata anche "terza
forza" (indirizzo di ricerca umanistico-fenomenologico), il programma
fondamentale di questo movimento sostenere che il carattere distintivo
dell'identità sia la motivazione che si esprime come il "bisogno"
della persona; scopo quindi della vita é l'autorealizzazione,
l'autoattualizzazione, l'autocompimento. Egli chiama "peak experiences"
(esperienze apicali) momenti di distinti apprendimenti che coincidono
con cambiamenti radicali della persona, come ad esempio, diventare genitori,
iniziare l'attività lavorativa. In generale la psicologia umanistica
enfatizza le qualità tipicamente umane di una persona, specialmente
la capacità di crescere psicologicamente.
" C. Rogers (1902-1987) - La "Humanistic Psychology"
si diffuse rapidamente anche per merito di C.Rogers che fu uno dei primi
aderenti che applicò i principi della psicologia umanistica nell'ambito
della psicoterapia. C.Rogers elaborò la "terapia centrata
sul cliente", in cui si incoraggiano le persone ad esprimere e
ad accettare i sentimenti più intimi come buoni e positivi. Egli
si sofferma particolarmente sul concetto di "autorappresentazione",
livello di maturità capace di indicare il grado di sviluppo della
personalità. L'educatore o il terapeuta potranno intervenire
quando l'individuo si autorappresenta in modo "incongruente",
cioè in modo errato rispetto a ciò che il soggetto è
autenticamente.
* K. Lewin (1890-1947)- Appartiene solo in parte all'indirizzo di ricerca
umanistico-fenomenologico; egli aderisce alle indicazioni date al comportomento
umano da parte della Gestalt e anticipa alcuni concetti che saranno
espressi dalla teoria dei sistemi; elaborò una teoria che definì
esplicitamente teoria del campo. Servendosi dei concetti topologici
della geometria. Lewin considerò l'individuo immerso in uno spazio
vitale all'interno del quale operano diverse forze. Lo spazio vitale
comprende le caratteristiche ambientali a cui l'individuo reagisce:
gli oggetti con cui viene a contatto e che manipola, le persone che
incontra e i suoi pensieri, tensioni, obiettivi e fantasie personali.
Il comportamento è il prodotto dell'interazione di tali forze,
la cui direzione e la cui forza relativa sono rappresentabili mediante
la geometria dei vettori. L'apprendimento è il risultato di un
cambiamento nelle strutture cognitive. Compito fondamentale dell'educazione
degli adulti deve essere, quindi, quello di facilitare lo sviluppo dell'identità
potenziando l'articolazione del suo campo.
Altri due psicologi contemporanei, Piaget e Bruner, hanno avuto un grosso
impatto sulla riflessione teorica riguardante l'apprendimento, pur non
essendo precisamente dei teorici dell'apprendimento. La loro attenzione
è concentrata sull'attività cognitiva e sulla teoria dell'insegnamento.
" Piaget (1896 -1980) - Ha concettualizzato il processo dello sviluppo
dell'attività cognitiva e del pensiero suddividendolo in stadi
evolutivi. Per lui il comportamento dell'organismo umano inizia con
l'organizzazione delle reazioni sensoriali e diventa più intelligente
via via che la coordinazione tra le varie reazioni agli oggetti diventa
più interrelata e complessa; il pensiero si può instaurare
dopo lo sviluppo del linguaggio e di conseguenza di una nuova organizzazione
mentale. Questo sviluppo comporta i seguenti stadi evolutivi:
1. la formazione della funzione simbolica o semiotica (dai due ai sette-otto
anni di età)
- che consente all'individuo di rappresentare oggetti o eventi non immediatamente
presenti alla percezione evocandoli per mezzo di simboli o di segni
differenziali;
2. la formazione di operazioni mentali concrete (dai sette-otto anni
agli undici-dodici anni) - collegamento e dissociazione di classi di
eventi o di oggetti, gli inizi della classificazione; collegamenti di
relazioni; corrispondenze, ecc.;
3. la formazione della riflessione concettuale (dagli unidici-dodici
anni fino a tutta l'adolescenza) - Questo periodo è caratterizzato
dalla conquista di una nuova modalità di ragionamento, che non
si limita più ad avere a che fare con oggetti o realtà
direttamente rappresentabili, ma che è in grado di utilizzare
anche - ipotesi.
Sono state espresse delle riserve sulla rigida suddivisione cronologica
e sulla minimizzazione delle differenze individuali dello schema di
Piaget, ma la sua convinzione degli stadi evolutivi aggiunge una dimensione
generalmente trascurata dalle teorie dell'apprendimento vere e proprie.
" J. Bruner (1915) si è occupato del processo di crescita
intellettuale; il suo maggiore interesse è però rivolto
alla possibilità di dare una struttura e una sequenzialita' alla
conoscenza da cui deriva una teoria dell'istruzione. Ciononostante Bruner
ha una teoria di base sull'atto di apprendimento, che per lui comporta
tre processi quasi simultanei:
1) acquisizione di nuove informazioni, tali spesso da contraddire o
sostituire le precedenti conoscenze dell'individuo, o che quantomeno
costituiscono un perfezionamento della conoscenza già acquisiti;
2) trasformazioni, cioè il processo di manipolazione della conoscenza
per renderla adeguata a nuovi compiti;
3) valutazione, cioè possibilità di verificare se il modo
in cui sono state manipolate le informazioni è adeguato a quel
determinato compito.
Altri sostenitori del modello organicistico hanno però criticato
Piaget e Bruner e gli atri teorici cognitivistici per lo squilibrio
dell'enfatizzare le abilita' cognitive a detrimento dello sviluppo emotivo.
Negli ultimi anni si sono aperte nuove frontiere in ambiti di ricerca
inerenti l'apprendimento come la neurofisiologia, i modelli matematici,
i metodi di processo delle informazioni e la cibernetica, le teorie
della creatività, la psicologia ecologica.
Tutte le teorie analizzate si possono ridurre a tre grandi famiglie:
* le teorie associazionistiche (comportamentiste, stimolo-risposta);
* le teorie cognitive;
* le teorie cosiddette della terza forza (orientamento umanistico).
Il primo approccio, anche se presenta nelle varie concezioni diverse
interpretazioni, rappresenta l'apprendimento come acquisizioni di abitudini,
come un fenomeno di associazione tra stimolo e risposta (Thorndike,
Pavlov, Guthrie, Skinner e Hull);
Nel secondo approccio, della psicopedagogia cognitiva, l'apprendimento
è visto come un processo centrale conoscitivo che nasce dal bisogno
di strutturazione-costruzione del reale (io/ambiente) e non come semplice
risposta a degli stimoli. (Lewin, Tolman, Piaget, Bruner).
Altre teorie dell'apprendimento come quelle emerse nell'ambito dell'approccio
fenomenologico umanistico (Rogers, Maslow) collegano l'apprendimento
al bisogno di crescita della personalità che ristruttura se stessa
nell'atto dell'apprendimento come fatto globale. In questa ottica l'apprendimento
investe la personalità, non solo a livello cognitivo, ma anche
emotivo-affettivo.
Secondo M. Knowles, tutte e tre questi insiemi di teorie riflettono
sfaccettature della realtà umana, nessuno di essi è interamente
sbagliato o giusto.
Egli propone quindi di considerarli in un continuum di diversi tipi
di situazioni di apprendimento, infatti, secondo la complessità
del compito di apprendimento e il livello di capacità di apprendimento
individuale, si possono mettere in atto strategie di apprendimento.
Con le teorie comportamentali se si tratta di apprendere un'operazione
piuttosto semplice, come ad esempio far funzionare una macchina; le
teorie cognitiviste saranno adatte ad un compito più complesso,
come ad esempio, l'acquisizione di conoscenze che servono a capire il
funzionamento di una macchina; se il compito è altamente complesso
come ad esempio, apprendere a diventare un manager più efficace,
sono utili le teorie umanistiche con progetti di apprendimento autodiretto.
2.3. Metodologie e metodi
Anche le metodologie in campo didattico si sono sviluppate, e dall'impiego
di metodologie chiuse in questi ultimi trent'anni si è potuto
assistere al passaggio della messa a punto di strategie di apprendimento
aperte e flessibili.
1) - In una prima fase vengono presi in considerazione gli sviluppi
della psicologia del comportamento, in particolare le relazioni stimolo-risposta,
con l'associazione di strumentazioni opportunamente programmate che
consente la messa a punto di vere e proprie procedure di istruzione
programmata, es: libri mischiati, particolari mezzi audiovisivi o apposite
macchine, le cosiddette "macchine per insegnare" (procedura
chiusa).
2) - la seconda fase di ricerca è caratterizzata da una pluralità
di mezzi di interazione docente- discenti. Il passaggio dall'uso di
un solo mezzo, le macchine per insegnare, ad una pluralità di
mezzi e soprattutto quello dal "lavoro" in certo senso passivo
dell'allievo, ad un coinvolgimento attivo dello stesso, viene presa
in maggiore considerazione la specificità delle caratteristiche
cognitive, ma soprattutto affettive-motivazionali degli allievi, attraverso
l'arricchimento di programmi preventivamente strutturati.
4) - L'operazione di integrazione, ancora in corso, viene avviata dalla
"tecnologia dell'educazione" intesa come autonomo campo di
indagine conoscitiva applicata e organizzata dei processi di insegnamento/apprendimento
in situazione scolastiche, ma anche in nuovi e diversi contesti. Numerose
sono le proposte didattiche in questo ambito; riveste però particolare
rilievo quella che va sotto il nome di: Mastery learning. (Mastery learning
ovvero "apprendimento per padronanza").
Due possibili modelli metodologici
I grandi maestri dell'antichità insegnavano soprattutto agli
adulti (Gesù, Confucio, Socrate, Platone, Aristotele, Cicerone...).
Verso il VII secolo dopo Cristo cominciarono ad organizzarsi dove s'insegnava
ai bambini soprattutto per la preparazione al sacerdozio. Questo modello
d'istruzione si è mantenuto costantemente nei secoli succcessivi
fino ad arrivare al '900, ed è la base di tutti i nostri sistemi
scolastici.
Qualcosa è cominciato ad emergere dopo la fine della prima guerra
mondiale in Europa e negli Stati Uniti, quando alcuni ricercatori nel
campo delle scienze dell'educazione hanno evidenziato, attraverso i
loro studi, la presenza di caratteristiche particolari che gli adulti
presentano come discenti. Ma soltanto negli ultimi due decenni queste
nozioni si sono sviluppate dando luogo ad una teoria esauriente dell'apprendimento
degli adulti. Per tale teoria unitaria dell'apprendimento degli adulti
è stata coniata l'etichetta di "andragogia" (M.Knowles)
per distinguerla dalla teoria dell'apprendimento dei bambini, la "pedagogia".
Andragogia, cioè "l'arte e la scienza di aiutare gli adulti
ad apprendere".
La distinzione tra andragogia e pedagogia è fondamentale se si
considera che l'adulto apprende meglio in situazioni informali, confortevoli,
flessibili.
IL modello pedagogico attribuisce all'insegnante la piena responsabilità
di prendere tutte le decisioni su quello, come e quando verrà
appreso e se è stato appreso. L'allievo deve solo seguire le
istruzioni dell'insegnante. (situazione passiva dell'allievo).
In realtà, però, l'individuo durante il suo sviluppo matura
un crescente bisogno di autonomia, che lo porta ad utilizzare le proprie
esperienze di apprendimento intorno ai problemi reali della vita.
Nel modello andragogico l'insegnante diventa un "facilitatore "
di apprendimento, nel senso che aiuta i discenti a prendere coscienza
del "bisogno di conoscere". Per l'adulto sono più efficaci
tecniche di insegnamento esperienziali - cioè tecniche che si
rivolgono alle esperienze dei discenti, come le discussioni di gruppo,
gli esercizi di simulazione, le attività di "problem solving",
i metodi dei casi, i metodi di laboratorio - rispetto alla tecniche
trasmissive.
Il modello andragogico è quindi un modello di processo a differenza
dei modelli di tipo contenutistico impiegati dalla maggior parte dei
formatori tradizionali. Nell'istruzione tradizionale l'insegnante decide
in anticipo quali conoscenze o abilità devono essere trasmesse,
divide questo complesso di contenuti in unità didattiche, logiche,
sceglie i mezzi più efficaci per trasmettere questi contenuti
(lezioni tradizionali, letture, esercizi di laboratorio, film, cassette...)
e poi sviluppa un piano per presentare queste unità di contenuto
in qualche genere di sequenza: questo e un modello (o progetto) di contenuto.
Ambedue i modelli hanno la loro validità secondo le circostanze
in cui vengono utilizzate: ad esempio, è utile applicare il modello
pedagogico nei casi in cui si debbano somministrare contenuti di un'area
tematica a discenti che non ne hanno mai avuto nessuna precedente esperienza,
o per raggiungere una determinata performance; negli altri casi è
preferibile utilizzare il modello andragogico.
Scelta del metodo.
La scelta di un modello di progettazione formativa si caratterizza,
tra l'altro, secondo la decisione del metodo prescelto e dei mezzi che
verranno utilizzati nel processo di insegnamento-apprendimento.
Si possono individuare una serie di criteri per la scelta di un metodo
che possono riguardare: gli obiettivi che si vogliono raggiungere, il
tipo di comunicazione che si vuol privilegiare, le strutture e le istituzioni
in cui si opera, il tipo di interazione docente-allievo, alla scelta
del tipo d'insegnamento che si vuol mettere in atto. In termini pedagogici
la scelta di metodologie attive, significa tener conto del processo
interno dell'allievo, cioè di mettere in atto strategie che lavorano
e puntano sullo sviluppo di modelli decisionali e di analisi della realtà.
Nella scelta di un metodo occorre prioritariamente tenere presenti le
caratteristiche dell'obiettivo che si vuole raggiungere. Questo elemento
è fondamentale nella pratica progettuale e tende, insieme alla
scelta del metodo e degli strumenti adatti, ad identificare un piano
di sistema didattico.
Una volta precisati questi dati, si passa alla scelta del metodo più
congeniale tenendo presente che possiamo ricondurre i metodi esistenti
in due grosse famiglie:
" metodi espositivi collegati alla trasmissione di informazione,
es.: le lezioni, la conferenza, la tavola rotonda);
" metodi esperenziali (o per scoperta) centrati sull'induzione:
realizzano un apprendimento attraverso la partecipazione attiva degli
allievi. Questi metodi si distinguono in due grossi gruppi:
- esercitazioni e casi (esercitazioni nozionistiche, esercitazioni addestrative,
esercitazioni problem solving, casi, incident o caso a più fasi,
autocasi);
- simulazioni (simulazioni addestrative, simulazioni su casi, simulazioni
addestrative o esercitazioni "analogiche", simulazioni di
analisi o esercitazioni psicosociali).
Un'interessante classificazione dei metodi tradizionali ed emergenti.
Secondo G.P.Quaglino, il forte interesse di questi ultimi anni verso
la formazione ha determinato un processo di profonda e radicale innovazione
dei metodi formativi:
"Questo cambiamento in atto che si sviluppa fin dagli anni settanta
si può sintetizzare nelle tre opposizioni seguenti:
" accademismo contro attivismo;
" contenuti contro processi;
" strutturazione contro destrutturazione
Accademismo significa distanza tra docente ed allievo, la cosidetta
"comunicazione ad una via"; Attivismo significa coinvolgimento
diretto dell'allievo, riferimento al gruppo, imparare facendo esercizi,,
sperimentando, risolvendo problemi, la cosidetta "comunicazione
a due vie".
Contenuti vincolati a temi specialistici; invece processi, ossia traguardi
educativi connessi ad un sapere aspecialistico ed "universali",
quello dei comportamenti di lavoro e delle relazioni interpersonali,
cioè di processi in relazione con gli altri.
Strutturazione, cioè metodi didattici in presenza di una formazione
programmata nei dettagli, rigorosamente strutturata; destrutturazione
una formazione contenitore di eventi, pensata e costruita momento per
momento durante il percorso stesso (concetto lewiniano dell'apprendere
dal qui e ora).
4.1. Il modello andragogico di M. Knowles.
In questa sezione, viene analizzata la "teoria-prassi" di
M. Knowles, una delle massime autorità negli Stati Uniti nel
campo dell'educazione degli adulti. I punti focali messi in evidenzati
dall'autore sono:
* l'efficacia della formazione si misura sui risultati dell'apprendimento;
* protagonista del processo di apprendimento è colui che apprende.
Ma come e cosa apprende la persona in formazione?
Secondo M.Knowles, tra le varie classificazioni e sistematizzazioni
delle teorie di apprendimento, sicuramente degna di rispetto, è
quella di W.Reese e WIlls F.Overton (psicologi) i quali, come già
accennato nella precedente sezione, partono dal presupposto che: "Ogni
teoria presuppone un modello più generale, secondo il quale sono
formulati i concetti teorici"
Due sono i sistemi su cui si è sempre partiti per concettualizzare
sia nel campo delle scienze fisiche che umanistiche:
* la visione del mondo meccanicistica, la cui metafora fondamentale
è la macchina;
* e la visione del mondo organicistica, la cui metafora é l'organismo.
Se ci riferiamo all'uomo il modello meccanicista lo mostra come un essere
reattivo, come un organismo vuoto, robotizzato.(Le teorie che fanno
capo a tale modello sono quelle di: Thorndike, Pavlov, Watson, Guthrie,
Skinner, Hull.) Nel modello organicistico l'uomo è rappresentato
come organismo attivo, come un'entità organizzata.(A questo modello
fanno capo le teorie di Dewey, funzionalismo, Tolman, le teorie delle
Gestalt, all'interno delle Teorie del campo, Piaget, Bruner,Rogers,
Maslow.)
M. Knowles nel formulare la sua teoria parte dal modello organicistico
e definisce "andragogia" la sua teoria per riferirsi a quel
corpo di conoscenze che riguardano i discenti adulti. Inizialmente il
termine "andragogico" doveva contrapporsi al modello "pedagogico"
riferito ad allievi non adulti; tale contrapposizione si riferiva anche
alla distinzione tra il metodo tradizionale di somministrare conoscenze,
rispetto a quello andragogico che pone al centro dell'intervento formativo
il discente. In seguito Knowles corresse il suo pensiero e alla contrapposizione
dei due modelli riconobbe l'interscambiabilità degli stessi,
da utilizzare sia per i bambini che per gli adulti secondo il livello
del corso. Sono applicabili infatti strategie pedagogiche nei casi in
cui il discente adulto o bambino affronti per la prima volta un campo
del sapere nuovo, mentre saranno utilizzate strategie andragogiche quando
i discenti abbiano già strutturato una base di conoscenza, tale
da renderli fiduciosi nella possibilità di pianificare e portare
avanti responsabilmente un progetto di apprendimento. Naturalmente il
modello andragogico nasce soprattutto per gli adulti.
Ma quali sono i presupposti fondamentali del modello pedagogico e del
modello andragogico?
M.Knowles considera il suo modello di apprendimento un modello di processo
differenziandolo rispetto ai modelli contenutistici utilizzati da formatori
tradizionali.
Nell'istruzione tradizionale l'insegnante decide in anticipo quali contenuti,
quali conoscenze deve somministrare attraverso lezioni, letture, esercizi
di laboratorio, film, e poi sviluppa una programmazione per presentare
le unità didattiche in una possibile sequenza: questo modello
viene definito da M. Knowles di contenuto.
La differenza sostanziale tra i due modelli non consiste nel fatto che
il modello contenutistico si occupa di trasmettere contenuti e l'altro
no, in quanto il primo si occupa di far acquisire al discente informazioni
ed abilità, un sistema quindi orientato all'acquisizione di performances,
mentre il modello di processo o andragogico si occupa di fornire procedure
e risorse per aiutare i discenti ad acquisire informazioni e abilità,
è cioè un sistema orientato alle competenze.
Un aspetto centrale del modello di processo consiste nel far raggiungere
al discente un apprendimento autodiretto attraverso uno strumento,il
cosidetto "contratto di apprendimento" . L'apprendimento autodiretto
è quindi l'obiettivo primario che il formatore dovrebbe raggiungere,
rispetto al bisogno dell'adulto di sottoporsi a nuovi apprendimenti.
Questo scopo viene raggiunto naturalmente dopo che i discenti adulti
verranno orientati su che cosa, come e quando apprenderanno.
Ad esempio, il formatore - o meglio il "facilitatore", come
lo chiama Knowles - costituisce piccoli gruppi, per riflettere, proporre
ed eventualmente condividere il percorso formativo, fa acquisire agli
stessi la consapevolezza delle caratteristiche peculiari di un adulto
che affronta un percorso formativo, incoraggia gli stessi ad esprimere
i loro bisogni di apprendimento, ed infine propone il suddetto "contratto
di apprendimento" .
Per la costruzione di un simile contratto il discente dovrà diagnosticare
i propri bisogni di apprendimento; ad esempio, migliorare la propria
competenza lavorativa, in questo caso si dovrà tener conto delle
aspettative delle organizzazioni nelle quali espletare le abilità
acquisite. Specificare gli obiettivi di apprendimento. Ognuno dei bisogni
di apprendimento diagnosticati precedentemente dovrebbero corrispondere
a tali obiettivi.
A questo punto dovranno essere specificate le risorse e le strategie
di apprendimento, cioè identificare le risorse umane e materiali
e le strategie tecniche e strumentali per raggiungere gli obiettivi
prefissati (libri, pubblicazioni, interviste a dirigenti...); stabilire
e descrivere quali prove fare che evidenzino l'obiettivo raggiunto;
stabilire i criteri e mezzi per convalidare le prove formative e la
prova finale.
In questi percorsi formativi assumono una grande valenza i piccoli gruppi
nei quali confrontarsi e favorire apprendimenti individuali e collettivi.
Il "contratto di apprendimento" è quindi, il dispositivo
che Knowles ha attivato per aiutare gli allievi ad organizzare il proprio
apprendimento in modo sistematico, individualizzato, costruito sui loro
ritmi, strutturato in maniera processuale. Questo strumento viene utilizzato
ampiamente nelle istituzioni educative, negli affari e nell'industria,
nelle organizzazioni statali e private.
Un esempio dell'utilizzo di uno strumento simile al "contratto
di apprendimento", ci viene dalla Francia dove, all'interno della
"Formazione in situazione simulata di lavoro", si applica
per ciascun allievo un "contratto pedagogico" con la finalità
primaria di far stabilire dall'allievo stesso i suoi bisogni formativi
calibrati sulle sue esperienze pregresse, in un percorso quindi individualizzato.
Questa metodologia chiamata "simulimpresa" fa parte in Francia
solo marginalmente del sistema di istruzione professionale, mentre viene
applicata pienamente nella formazione continua. Il modello didattico
è orientato all'acquisizione di competenze.
L'obiettivo principale non è il rilascio di un diploma ma l'acquisizione
di competenze, che vengono misurate dalle esigenze degli allievi; si
procederà alla stesura in una prima fase di un dossier del candidato
e poi del bilancio delle competenze da acquisire, tutto questo con l'aiuto
di un tutor.
Sulla base di tali informazioni il responsabile dell'impresa, dopo aver
individuato il posto di lavoro che l'allievo dovrà occupare all'interno
della impresa simulata, stipula un "contratto pedagogico"
dove, sulla base delle competenze pregresse da una parte e delle aspirazioni
professionali dall'altra, vengono definiti gli obiettivi formativi.
Periodicamente gli allievi saranno sottoposti a verifica, con una prova
finale molto articolata.
In simili contesti il formatore, facilitatore o mediatore, si dovrà
occupare di predisporre l'atmosfera o il clima iniziale dell'esperienza
formativa; aiutare a stabilire i bisogni di apprendimento del discente,
tenendo presenti le motivazioni sottese ad un apprendimento significativo,
dovrà predisporre i supporti per rendere possibile l'apprendimento.
Egli dovrà inoltre rendersi disponibile come risorsa flessibile
per il gruppo e per il singolo discente, poiché il suo scopo
principale sarà di condurli individualmente ad un apprendimento
autodiretto. In questa fase partecipa nel gruppo come qualsiasi altro
membro, condividendo l'esperienza formativa che si va sviluppando, il
che non lo esenta naturalmente dall'essere sempre attento alle necessità
di ogni tipo che possano scaturire dal gruppo che siano però
funzionali al raggiungimento degli obiettivi predisposti.
4.2. Learning organization.
I principi a cui
attenersi posti da M. Knowles nel suo modello di apprendimento autodiretto
per gli adulti, rispondono sia a necessità in generale di crescita
delle persone, ma anche alla formazione delle risorse umane in ambito
aziendale o in qualsiasi altra istituzione.
Volendo analizzare più nello specifico la formazione continua
degli adulti nelle imprese, può essere interessante riferirci
alla "Learning organization", quel complesso di conoscenze
teoriche e pratiche scaturite dalla ricerca e dalla sperimentazione
di studiosi di vari campi disciplinari delle scienze umane e da nuovi
studi sul management.
La "Learning organization", cioè "l'organizzazione
che apprende", è un concetto abbastanza recente di un fenomeno
che investe sia gli individui che lavorano in azienda che l'azienda
stessa; esso dimostra come lo sviluppo cognitivo, determinato da nuovi
modi di proporre e facilitare l'apprendimento delle persone che lavorano
nelle organizzazioni, produca il cambiamento delle aziende stesse che,
nel modificarsi, riescono a riflettere a loro interno nuove conoscenze
ed interpretazioni del loro ambiente esterno. Si può capire facilmente
l'interesse sempre più diffuso verso questo nuovo modo di concepire
la formazione in azienda, se si pensa alla complessità del mercato
che è e sarà, più che in passato, fortemente caratterizzato
dalla rilevanza del fattore lavoro e delle politiche aziendali.
L'impresa ha acquisito la consapevolezza che la possibilità di
crescere e svilupparsi è condizionata prioritariamente dal fattore
umano quale risorsa in grado di dare un vantaggio competitivo rispetto
alle risorse finanziarie e tecnologiche sempre più accessibili
e analoghe ai diversi sistemi economici, per cui il potenziale umano,
differenziandosi, può innescare il cambiamento e diventare il
fattore determinante di successo.
Per questa ragione, sempre più numerose imprese coinvolgono per
il proprio sviluppo l'intero contesto sistemico (lavoratori, clienti,
fornitori) in un processo di apprendimento strategico più adeguato
alla complessità dei mercati e ai nuovi codici imposti dalla
rapidità dello sviluppo.
Fattori cruciali per la crescita dell'azienda saranno, dunque, la circolazione
delle informazioni, l'apprendimento di nuove conoscenze, la condivisione
della risoluzione di problemi, per i quali risulta indispensabile lo
strumento della formazione.
Ma quali sono gli studi più significativi che sottendono il modello
di apprendimento che va sotto il nome di "Learning organization"?
Un primo approccio ad una teoria dell'apprendimento nelle organizzazioni
risale agli anni '70 ed è formulata da Argyris e Schon, i quali
concepiscono l'organizzazione come un "costrutto organizzativo"
cioè, una struttura dove i soggetti, non sono soltanto agenti
di azione, ma anche agenti di apprendimento organizzativo, ossia concorrono
attivamente a modificare il modo di vedere la realtà utilizzato
nell'organizzazione.
Secondo K. Weick il soggetto è un generatore di senso attraverso
rappresentazioni cognitive della realtà. Tali rappresentazioni
che sono le "mappe cognitive" condizionano i comportamenti,
questi ultimi a loro volta sono però condizionati dall'esperienza
- Weick vede anche le realtà organizzative, come flussi di esperienza,
che secondo questa visione sono realtà determinate dall'esperienza
dei soggetti al loro interno.
In questa prospettiva è utile distinguere l'apprendimento individuale
dall'apprendimento organizzativo. Nel primo caso il cambiamento, la
correzione di errori resta esperienza del singolo e non si trasferisce
nell'organizzazione; nel secondo caso invece la scoperta o la correzione
di un errore diventa oggetto di apprendimento collettivo con la modifica
della cultura aziendale e della mappa cognitiva utilizzata nell'organizzazione.
Gli stessi autori (Argyris e Schon), con riferimento alla loro teoria
dell'apprendimento organizzativo, distinguono tre tipi di apprendimento:
" Apprendimento
a giro semplice (Single- loop learning)
si verifica quando l'individuazione e la correzione dell'errore consentono
di mantenere gli aspetti centrali della mappa cognitiva usata dall'organizzazione;
" Apprendimento a giro doppio (Double-loop learning) si verifica,
quando la scoperta e la correzione dell'errore inducono a modificare
la mappa cognitiva;
" Apprendere ad apprendere (Deutero-learning)
che si caratterizza da meccanismi che permettano agli attori aziendali
di valutare ed eventualmente migliorarsi nella risoluzione di problemi
con cui si confronta.
Il cambiamento avviene naturalmente nel passaggio evolutivo degli stati
indicati. S'incontrano diverse difficoltà in questo auspicabile
percorso; le "teorie dichiarate" e "le teorie praticate",
presenti nelle organizzazioni e messe in atto dai membri delle stesse,
ne sono una prova tangibile. Nelle prime sono presenti gli schemi mentali
a cui i soggetti dicono di riferirsi, le seconde sono gli schemi di
azioni effettivamente usati. Quando questi comportamenti non vengono
corretti, tramite nuovi apprendimenti, creano ambiguità.
Un altro ostacolo è rappresentato da ciò che gli autori
definiscono "barriere difensive", che sono presenti non solo
nelle organizzazioni stesse ma anche nei modelli mentali individuali
presenti nei suoi membri, molte volte inconsapevolmente, altre volte
si mettono in atto involontariamente a livello individuale ma anche
collettivo quando si percepisce un eventuale pericolo. I messaggi ambigui
sono un esempio di pratiche difensive che si concretizzano in pensieri
e sentimenti non comunicati a fronte di una comunicazione reale. Naturalmente
i meccanismi di difesa producono informazioni errate su ciò che
realmente sta accadendo; s'instaurano nelle organizzazioni in maniera
stabile, con ovvie conseguenze negative. E' chiaro quindi che per lo
sviluppo organizzativo occorre abbassare o neutralizzare tali difese.
Una strategia importante può essere rappresentata dagli interventi
formativi dove si attivano processi di apprendimenti tra cui quelli
per scoperta e di correzione dell'errore.
Un altro interessante approccio è il recente studio fatto sull'apprendimento
organizzativo da I. Nonaka incentrato sulla condivisione della conoscenza
nelle organizzazioni e come di fatto si realizza.
Un punto focale di questa ricerca nasce dal concetto, già espresso
da Polany, che la conoscenza si presenta in un duplice aspetto, attraverso
la conoscenza implicita e conoscenza tacita.
Noi conosciamo molto di più di quello che sappiamo esprimere
con le parole che sono una minima parte di ciò che in realtà
conosciamo. La conoscenza esplicita o codificata, è quella trasmessa
in un linguaggio formale e sistematico, mentre la conoscenza tacita
è di natura personale difficile da trasmettere. Ed è proprio
nella conoscenza "tacita" che si può introdurre il
cambiamento, cioè nelle credenze radicate nella mente dei singoli
soggetti.
Le due forme di conoscenza determinano il modello della conoscenza che
Nonaka articola in quattro fasi:
" da conoscenza tacita a conoscenza tacita - avviene con il trasferimento
della conoscenza tra gli individui tramite l'osservazione, imitazione,
esercitazione, cioè tramite la formazione sul lavoro (socializzazione);
" da conoscenza implicita a conoscenza esplicita - che si realizza
dallo scambio di conoscenza esplicita tra individui (combinazione);
" da conoscenza tacita a conoscenza esplicita - che avviene ad
esempio attraverso dialoghi che con l'ausilio delle metafore può
essere di valido aiuto per i membri di un gruppo ad esprimersi su fatti
ed opinioni e rilevare ciò che altrimenti per loro sarebbe non
facile da comunicare (esternalizzazione);
" da conoscenza esplicita a conoscenza tacita - la conoscenza esternalizzata
viene incorporata da persone e gruppi. Le conoscenze esplicite sono
quindi riapprese e ricontestualizzate riproducendo conoscenze tacite.
Ognuno di questi processi non è fine a se stesso, ma essi debbono
integrarsi in quanto complementari. In questo modo la conoscenza si
crea formando la cosidetta "spirale della conoscenza".
La teoria della "creazione di conoscenza" indicata da I. Nonaka,
è secondo l'autore praticabile in ogni organizzazione economica
e sociale.
L'approccio della "learning oraganization" enfatizza il ruolo
del formatore. Egli infatti può generare motivazioni e sviluppare
una visione mentale condivisa tra i membri di un'organizzazione, che
sono fattori fondamentali per lo sviluppo delle stesse.
Gli autori citati hanno contribuito a creare questo corpo di concetti
e di esperienze pratiche che nel loro insieme caratterizzano la scuola
di pensiero della "learning oranization".
2.6. Come mettere in atto una ricerca-azione nell'attività
didattica del formatore.
2.6.1 ruolo del formatore.
Dall'analisi finora fatta sono emersi, probabilmente, diversi spunti
utili ed interessanti per un Formatore, ma sicuramente due sono i criteri
da tenere presenti nell'affrontare un percorso formativo:
" porre il discente al centro del percorso formativo, considerando
in primo luogo i suoi bisogni formativi, mettendo in atto strategie
didattiche, tecniche e metodi per facilitare il raggiungimento degli
obiettivi formativi che ne scaturiscono;
" accertarsi che la comunicazione con i discenti sia avvenuta concretamente;
questo controllo è legato ovviamente al primo punto evidenziato,
ma anche alla valutazione riferita sia al raggiungimento degli apprendimenti
realizzati dai discenti e sopratutto alla qualità e l'efficacia
dell'insegnamento realizzato. Questa valutazione è di fondamentale
importanza, sia per porre dei correttivi didattici in riferimento ai
discenti, del tipo, ad esempio, di formazione individualizzata (Mastery
learning), come anche per l'insegnante, che potrà così
accertare se il suo intervento ha avuto l'esito previsto ed eventualmente
migliorarsi nei futuri percorsi formativi da attuare.
Un formatore inoltre dovrebbe costruirsi una propria mappa teorica utilizzando
le teorie e le metodologie descritte nel campo dell'apprendimento, tenendo
sempre presente che ogni insegnante deve essere un autonomo regista
del corso formativo che mette in atto, creandosi quindi una propria
teoria d'insegnamento.
2.6.2. Una possibile ricerca-azione nel gruppo formatori.
Generalmente, un percorso formativo viene attuato da più docenti,
per questo è importante che essi si confrontino continuamente
tra loro per meglio realizzare e facilitare gli apprendimenti dei propri
discenti, allo scopo di trovare i modi migliori di formulare una lezione,
per instaurare buone relazioni con gli allievi, per trasmettere infine
i contenuti disciplinari sì da renderli facilmente comprensibili.
Ed infatti, le organizzazioni, le istituzioni scolastico-formative,
avvertono sempre più la necessità di realizzare un processo
dinamico delle loro attività atto a migliorare la qualità
dell'istruzione, attraverso pratiche didattiche che assicurino ad ogni
allievo un percorso formativo più vicino possibile alle sue potenzialità,
che consenta al docente di "misurare" fra l'altro a quale
grado il discente abbia conseguito gli obiettivi programmati.
In altre parole, i docenti, i gruppi docenti dovrebbero mettere in discussione
i loro metodi per valutarli ed eventualmente modificarli.
Per il raggiungimento di questo non facile obiettivo potrebbe essere
utilizzato un tipo di ricerca, che coinvolga, in una partecipazione
attiva, tutti gli operatori sul campo, che sono interessati a migliorare
e modificare alcune condizioni già applicate nella propria organizzazione.
Importante è costituire un "gruppo ristretto", che
assumerà il ruolo di Commissione ad esempio, di: "Progettazione
di un modello metodologico-didattico", che predisponga il materiale
su cui confrontarsi e che poi elabori il modello metodologico e didattico
prescelto.
L'intero percorso potrebbe essere realizzato in senso temporale in quattro
fasi:
" una prima fase potrebbe svolgersi in alcune riunioni, nelle quali
tutti i Formatori, saranno impegnati intorno alle tematiche generali
dell'apprendimento, delle teorie, dei metodi e delle tecniche didattiche.
Alcuni giorni prima delle riunioni, sarà fornito ai docenti uno
schema che sintetizzi l'argomento da trattare (compito della Commissione
incaricata del progetto). I chiarimenti intorno al tema specifico possono
essere affrontati utilizzando la tecnica del "brainstorming".
Con tale tecnica ogni partecipante, presa visione della definizione
e analisi del problema, esprimerà la sua idea; alla fine della
seduta dovrà essere prodotta la soluzione più idonea.
La conclusione di questa fase dovrebbe tracciare la base operativa della
fase successiva, indicando il modello didattico prescelto.
Tutto ciò è fondamentale in ordine a due punti:
a) questo lavoro di ricerca comune dovrebbe fornire quella sistematizzazione
delle molte conoscenze didattiche che ciascun docente avrà acquisito
nella propria esperienza;
b) la presa d'atto del lavoro che nella fase operativa dovrà
coinvolgere i componenti della Commissione insieme a tutti i docenti
allorché, studiato ed accettato il modello di valutazione ricercato,
dovranno lavorare alla preparazione dei tests, questionari, griglie
di valutazione o quant'altro - strumento o mezzo didattico - si voglia
applicare alle singole discipline;
" la seconda fase - quella della messa a punto del "modello
metodologico-didattico" - potrà essere messa in atto dalla
Commissione, che studierà i modi e le tecniche per la possibile
realizzazione del modello stesso;
" la terza fase dovrebbe coinvolgere tutti gli insegnanti per preparare,
insieme alla Commissione - i tests, questionari, griglie di valutazione
ecc..., o altri mezzi didattici concordati e studiati nelle fasi precedenti;
" nella quarta fase si dovrebbe attivare la sperimentazione vera
e propria del modello ricercato, da realizzare nel corso o nei corsi
successivi. In questa fase si potrebbe praticare agli utenti, una valutazione
ex ante, in itinere ed ex post. Solo in questa fase si potrà
dare una prima valutazione dell'efficacia e dell'efficienza dei percorsi
formativi proposti.
La scheda che segue può essere utile a chi voglia stabilire i
passi da compiere per la realizzazione di un progetto didattico relativo
a percorsi formativi all'interno di C.F.P. (Centro di formazione Professionale)
o di una Scuola, nel quale valutare tra l'altro l'efficacia dell'insegnamento.
CONTENUTI GENERALI DI UN PROGETTO
DIDATTICO DI "Valutazione dell'azione formativa di un .C.F.P."
A) CENNI GENERALI:
" Teorie dell'apprendimento;
" Metodologie didattiche (Tecnologie dell'istruzione: Mastery learning,
DIVA...);
" Metodi (espositivi, esperenziali);
" Fasi della programmazione (Analisi delle situazioni, scelta degli
obiettivi, selezione dei contenuti, scelta e organizzazione dei metodi,
scelta e organizzazione dei materiali e degli strumenti, strutturazione
delle sequenze di apprendimento, Valutazione);
" Classificazione degli obiettivi (tassonomia degli obiettivi educativi:
Bloom, Cagné, Guilford.);
" Programmazione curricolare (Ciclo, Modulo, Unità didattiche).
B) VALUTAZIONE:
1) Valutazione tradizionale:
" Valutazione del processo formativo (d'ingresso, formativa, sommativa);
" Le fasi fondamentali (che cosa valutare, come valutare, come
interpretare, quale grandezza esprimere, come utilizzare il giudizio);
" Valutazione e misurazione (docimologia);
" Principali caratteristiche richieste per qualunque strumento
di misura (validità, affidabilità, oggettività,
pertinenza);
" Prove oggettive di profitto ( tests, questionari, griglie di
valutazione, ecc.);
2) Valutazione dell'efficacia
dell'insegnamento (Valutazione autodiagnosi):
" Valutare l'efficacia del percorso formativo attraverso il processo
di evoluzione dell'allievo;
" autosservazione del docente dei contenuti somministrati, ma anche:
- dei metodi adottati;
- della comprensibilità del linguaggio;
- dell'interazione con gli allievi.
3) Valutazione dell'azione
formativa in un C.F.P. (Centro di Formazione Professionale)
" Efficacia efficienza dei percorsi formativi proposti;
" Valutazione degli inserimenti di lavoro dopo il percorso formativo
proposto sia qualitativamente che quantitativamente.
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