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V e n t i m a g g i o

se tante persone di poco conto facessero cose di poco conto in tanti posti di poco conto,
la vita sulla terra sarebbe migliore
(J.F.K.)

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GALAPAGOS TOUR - Febbraio 2004

 

seconda parte

La mattina seguente ci svegliammo a “Darwin”, la nostra meta più a nord. Avevamo visto più volte il famoso arco di roccia fotografato in mezzo alle alte onde dell’Oceano. Rimanemmo molto sorpresi dalla calma quasi irreale che il mare ci stava offrendo.

 

 

A pochi metri di profondità ci aggrappammo alle rocce, con lo sguardo nel blu. Subito ebbe inizio la sfilata: gli Squali Martello non si contavano, intervallati da Squali Seta e Squali delle Galapagos. Il tutto quasi sempre annunciato da nugoli di argentei Carangidi. Rimanemmo li finché i nostri occhi insaziabili non furono appagati, poi ci lanciammo nel blu, accompagnati da una leggera corrente a favore. La visibilità era ottima e ci consentì di vedere gli Squali avvicinarsi e di seguirli mentre ci volteggiano intorno. Mante e tartarughe completarono il carnet degli incontri di un’immersione talmente emozionante che aveva bisogno di essere ripetuta nel pomeriggio.

 

 
Dopo una breve tappa a “Wolf” per un’ultima pinneggiata in “Avenida Tiburon”, calammo l’ancora a “Cabo Marshall”, a nord di “Isabella”, la maggiore isola dell’arcipelago, quella a forma di Cavalluccio Marino. A proposito di Cavalluccio … le Galapagos ci hanno regalato anche quello !.


Ormai sulla rotta di ritorno, ci fermammo alla fonda nei pressi dell’isola “Rabida”, poco a sud della più grande “Santiago”. Qui ci aspettavano le ultime immersioni della vacanza. E’ proprio vero che le Galapagos non finiscono mai di stupire. Sosta di sicurezza a 5 metri di profondità e chi arrivò a salutarci ?. Una fantastica Manta gigante si mise a volteggiarmi intorno mostrandosi in tutto il suo splendore. Sono sicuro che mi sentì mentre urlavo di gioia sott’acqua.



Quale migliore chiusura di una fantastica vacanza. Ebbene le sorprese non erano ancora finite.
Eravamo ormai tutti sui due gommoni di appoggio, quando qualcuno vide poco distante uno sbuffo seguito da una pinna che usciva dall’acqua. <<Delfini, Delfini>> qualcuno gridò, ma quando insieme alla grossa pinna dorsale uscì dall’acqua anche un grosso muso nero e bianco, capimmo tutti di cosa si trattava <<no no, sono due Orche !!>>. La prima cosa che pensai fu quella di tuffarmi, con pinne e maschera per fare qualche foto. Poi qualcuno disse <<una ha appena mollato dalla bocca un Leone marino>>.A quel punto ci siamo tutti guardati negli occhi è senza che nessuno dicesse nulla siamo rimasti tutti sui gommoni. Alla fine nessuno si tuffò, non si sa mai. Non rimase che provare a fare qualche foto immergendo solo la macchina e scattando a caso. Questo è il risultato.



Ogni volta però che ripenso a quei momenti mi mangio le mani all’idea di avere avuto l’occasione di essere stato in acqua con due Orche. Peccato credo che non mi ricapiterà mai più.
Il nostro viaggio sulle isole si concluse su “Santa Cruz” con la visita dedicata al Centro Scientifico dedicato a Charles Darwin. Qui vengono allevate e protette dall’estinzione le famose “Tortugas” giganti, animali simbolo di questo arcipelago.



Le incontrammo prima al Centro, poi andammo a cercarle anche nel loro ambiente naturale. Sono degli animali davvero incredibili. Personalmente avevo come riferimento quelle piccole tartarughe verdi che vediamo negli acquari. Qui invece si ha a che fare con animali dotati di un carapace che pesa quasi un quintale. Credo che la foto sotto renda bene l’idea.

 

Hanno zampe solide e corazzate che ricordano quelle degli elefanti, la testa è piccola e ricorda gli estinti dinosauri. I loro movimenti sembrano ancora più lenti del solito. Alcune di loro sono testimoni viventi di più di cento anni di storia delle Galapagos. Il loro cuore batte una volta all’ora, possono bere una volta l’anno e camminano solo in linea retta; sono dei veri e propri carri armati.

   

Anche a terra la fortuna ci assistette. Infatti sul sentiero di ritorno fummo testimoni dell’accoppiamento fra due Tartarughe. Da notare che si riproducono solo una volta l’anno e in mezzo alla vegetazione non nemmeno facile vederle. Il loro amplesso non sembrava affatto una cosa semplice viste le dimensioni. Ma chi ha disegnato il loro corpo ha pensato anche a questo. Il maschio ha la parte inferiore del carapace concava in modo da aderire meglio alla rotondità del carapace della femmina. Quello che però ci colpì ancora di più fu il verso emesso dal maschio. Si trattava di un lamento continuo e profondo, ammesso che si trattasse di un lamento.
Magari se la stava spassando (lui); la femmina non si sa.

Alla fine ritorna l’eco del messaggio delle Galapagos: <<SOPRAVVIVERE>>. Lo abbiamo riconosciuto nell’occhio color acquamarina della Sula, nella vitalità dei Lobos, nella forma degli Squali Martello, nell’imponenza dell’Orca, nella secolarità delle Tartarughe Giganti.
Esseri viventi così diversi e unici che convivono su questi lembi di terra emersa in mezzo all’Oceano Pacifico. C’è da sperare solamente che queste regole millenarie di sopravvivenza non vengano modificate dagli uomini, arrivati su queste isole da troppo poco tempo.

L’EQUADOR
La sosta in albergo a Quito prima del definitivo viaggio di ritorno ci permise di avere un’intera bella mattinata a disposizione. Molti di noi decisero di andare a visitare il caratteristico centro di Quito. Io decisi di seguire Paolo. Sapevo che la sua malizia di viaggiatore esperto mi avrebbe portato in un luogo inconsueto e unico: andammo al “Mercato di Otavalo”. Questa piccola città si trova sulle alture andine a un centinaio di chilometri a sud della capitale.
Ci si arriva in poco più di un’ora percorrendo la famosa “Pan-Americana”, quella che attraversa tutto il continente Americano. Il suo mercato è conosciuto in tutto il sud America.
Fra le tante cose che lo rendono unico vi sono i suoi colori …

.

      

… ma soprattutto è la sua gente con i suoi volti, i suoi costumi e le sue tradizioni.


      

SALUTI

Ognuno di noi non dimenticherà mai più questa incredibile esperienza. Si è trattato di uno di quei viaggi dove una volta tornati a casa ci si sente più ricchi di quando si è partiti. Ogni volta che rivedo queste foto o semplicemente ripenso a quei giorni mi sento meglio. E’ anche per questo motivo che ho messo insieme questo ricordo, sperando di far star meglio anche chi lo sfoglia.

 

Un ringraziamento a tutti gli amici e compagni di avventura. Al “Sub Center” di Parma che ha organizzato questo splendido viaggio. Una nota particolare ad Annalisa, autrice del “Diario di Viaggio” originale, da cui ho attinto a piene mani per mettere insieme questo ricordo.

Roberto

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Il deserto dell'Acacus