LETTERATURA
E allora bevo ... Dint'
'a butteglia |
... «Ha assaggiata la fondue alla vietnamita?» «No» «Oggi l'abbiamo. Ma forse l'ha assaggiata in qualche ristorante vietnamita di New York o di San Francisco.» «Non sono americano.» «Francese?.» Non gli dette il tempo di rispondere. Dalle sue labbra uscì un fiume di francese ... ...La fondue vietnamita consisteva in un'equivalente della fondue bourguignonne, ma invece di friggere carne nell'olio, si cuocevano dei pezzetti di pollo, maiale, gambero e calamaro in un brodo leggero nel quale si buttavano anche spaghetti di riso e cavolo. Ciascun pezzetto di carne o di pesce veniva insaporito in potenti salse piccanti e alla fine si mangiava il brodo con cavoli e spaghetti con l'aiuto di un cucchiaio. Avrebbe potuto essere un piatto allegro e stuzzicante se il locale fosse stato più illuminato, se ... |
... «Anche se per lei sarà difficile capirlo, preparerò un piatto che si chiama fideuá, piatto di moda nella Valencia attuale, in competizione ìmpari con la tradizionale paella e che, nelle mie manie con questi ingredienti, sta per trasformarsi in una variante universale, in una prima mondiale, perché mai è stato realizzato utilizzando i sottili fidelini di farina di riso.» Carvalho parlava in castigliano, ma gesticolava come se quello che diceva fosse comprensibile dalla sua compagna. Lei rideva come se stesse assistendo ad uno show di Jerry Lewis e, per la prima volta nella sua vita, a Carvalho piacque che si ridesse di lui e interpretò il ruolo di pagliaccio culinario fino alle estreme conseguenze. «Prima di tutto bisogna soffriggere bene le carni e nell'olio fare un soffritto denso, disidrattato, secondo i canoni perfettamente spiegati da Josep Pla, un grande scrittore catalano che suppongo sia stato tradotto in tailandese: Una volta pronto il soffritto vegetale di cipolla, pomodoro e peperone, si aggiungono le carni di maiale, pollo e calamari e si tengono da parte i gamberi per buttarli all'ultimo momento. In questo umido si devono stufare i tagliolini normali, però, per riguardo alla fragilità di questi tagliolini di riso che lei mi ha procurato, li terrò a parte per l'ultimo momento e verserò il brodo sul soffritto fino a rompere il bollore e avanti così perché si mescolino i sapori. Poi i fidelini e i gamberi spellati e, due o tre minuti prima di toglierlo dal fuoco, un trito di aglio con olio e poi si lascia riposare lo zuppone e vediamo cosa viene fuori.» Il miracolo ceramico si produsse e nella padella si formò una fideuá sottile in cui i tenui fidelini di farina di riso promettevano una consistenza quasi vegetale. Dalle risate lacrimanti la ragazza era passata alla curiosità e ... |
... Costeggiò i palmizi di Alicante, Santa Pola, Guardamar e quando il sole, appena arrivato da Koh Samui, stagliò la torre del moro di Torreveja, Carvalho aveva vinto la sua depressione e faceva progetti per l'avvenire. Prenotare un buon caldero in una delle trattorie all'entrata di Palos, dare quello che si meritava a Teresa e concludere il viaggio attuato di caldero e di litri di Jumilla nella stanza di un qualunque albergo. A partire da San Javier cominciò a costeggiare la riva inferiore del Mar Menor ... Fermò la macchina vicino al mare addormentato , si tolse le scarpe, le calze, si tirò su i pantaloni, entrò nel mare fino a che le acque non gli arrivarono alle ginocchia e verificò che era arrivato l'inverno vero ...Poi girò intorno al molo e andò alla ricerca della prima trattoria in cui si stavano sgranchendo le sedie pieghevoli e le figlie del padrone con le scope in mano. Il padre era all'incanto del pesce di Palos e loro il massimo che potevano fare per Carvalho era arrostirgli delle sardine fresche e aprirgli una bottiglia di Jumilla rosso freddo, quindici gradi di temperatura metafisica... Arrivò il padrone della trattoria con una cassetta di pesci tuttifrutti e Carvalho gli prenotò un caldero per le due con la condizione che non abusasse di muggine e lo combinasse con scorfano, granchio, e pagello semmai, perché il muggine era troppo grasso. «Sarà anche grasso, ma non c'è che il muggine per il caldero. Adesso i signorini si sono inventati un caldero da ricchi in cui si può ficcare persino l'aragosta, ma in origine il caldero si faceva con la minutaglia, peperoncino, pomodori e molto aglio, e che buono che era, e costava poco.» «Lo faccia come vuole o come sa farlo, ma che non sia tutto muggine.» «Come le pare.» ... |
Più che una nuova ricetta
per cucinare i polipetti, l'invenzione della signora Elisa, la moglie del questore,
sembrò al palato di Montalbano una vera ispirazione divina. Se ne pigliò una seconda
abbondante porzione e quando vide che anche questa stava per finire, rallentò il ritmo
della masticazione, a prolungare, sia pure per poco, il piacere che il piatto gli
procurava. La signora Elisa lo taliava felice : come ogni buona cuoca, godeva
dell'estatica espressione che si formava sulla faccia dei commensali mentre gustavano una
sua portata. E Montalbano, per l'espressività del volto, era tra gli invitiati preferiti. "Grazie, veramente grazie" le disse il commissario alla fine, e sospirò. I purpiteddri avevano in parte operato una sorta di miracolo; in parte, perchè se era vero che Montalbano adesso si sentiva in pace con gli uomini e con Dio, era pur vero che continuava ad essere assai poco pacificato con se stesso. Alla fine della cena la signora sparecchiò, saggiamente mettendo sul tavolo una bottiglia di whisky per il commissario e una di amaro per il marito. "Voi ora mettetevi a parlare dei vostri morti ammazzati veri, io me ne vado di là a guardare in televisione i morti finti, li preferisco". Era un rito che si ripeteva almeno una volta ogni quindici giorni, a Montalbano il questore e sua moglie reano simpatici e quella simpatia, da parte dei coniugi, era ampiamente ricambiata. Il questore era un uomo fine, colto e riservato, quasi una figura d'altri tempi. Parlarono della disastrosa situazione politica ... |
... Nel frigorifero trovò pasta fredda con pomodoro, vasalicò e passuluna, olive nere, che mandava un profumo d'arrisbigliare un morto, e un secondo piatto d'alici con cipolla e aceto : Montalbano usava affidarsi interamente alla fantasia culinaria ma gustosamente popolare di Adelina, la cammarera, la fimmina di casa che una volta al giorno veniva a dargli adenzia, madre di due figli irrimediabilmente delinquenti, uno dei quali stava ancora in galera per merito suo. Magari questo giorno Adelina dunque non l'aveva deluso, ogni volta che stava per raprire il forno o il frigo gli si riformava dintra la stessa trepidazione di quando, picciriddro, alla matina presto del due novembre cercava il canestro di vimini nel quale durante la notte i morti avevano deposto i loro regali. Festa ormai persa, cancellata dalla banalità dei doni sotto l'albero di Natale, così come facilmente adesso si cancellava la memoria dei morti. Gli unici a non scordarseli, i morti, anzi a tenacemente tenerne acceso il ricordo, restavano i mafiosi, ma i doni che inviavano in loro memoria non erano certo trenini di latta o frutti di martorana. La sorpresa era insomma un pimento indispensabile ai piatti di Adelina. Pigliò le pietanze, una bottiglia di vino, il pane, addrumò il televisore, s'assistimò a tavola. Gli piaceva mangiare da solo, godersi i bocconi in silenzio, fra i tanti legami che lo tenevano a Livia c'era magari questo, che quando mangiava non rapriva bocca. Pensò che in fatto di gusti egli era più vicino a Maigret che a Pepe Carvalho, il protagonista dei romanzi di Montalban, che si abbuffava di piatti che avrebbero dato foco alla panza di uno squalo. Tirava, a sentire le televisioni nazionali, una laida aria di malessere ... |
Davanti all'osteria
"San Calogero" restò indeciso : s'era fatta l'ora di mangiare, certo, e lo
stimolo se lo sentiva, d'altra parte l'idea che gli era venuta vedendo il filmato e che
doveva essere verificata, lo spingeva a proseguire verso il crasticeddu. Il sciauru di
triglie fritte che veniva dall'osteria vinse il duello. Mangiò un antipasto speciale di
frutti di mare, poi si fece portare due spigole così fresche che pareva stessero ancora
in acqua a nuotare. "Vossia sta mangiando senza intinzioni". "Vero è, il fatto è che ho un pinsero". "I pinseri bisogna scordarseli davanti alla grazia che u Signuri le sta facendo con queste spigole" disse solenne Calogero allontanandosi. Passò dall'ufficio per vedere ... |
..."Le sono veramente
grato d'avermi voluto ricevere subito" fece Montalbano al preside che era venuto ad
aprirgli la porta ... "Mi permetta di presentarle Angelina, mia moglie". Montalbano le fece un inchino ammirativo, sinceramente gli piacevano le fimmine anziane che magari in casa tenevano alle apparenze. "Vorrà perdonarmi se le ho portato scompiglio all'ora di cena". "Ma quale scompiglio! Anzi, commissario, ha qualche impegno?". "Nessuno". "Perché non resta a mangiare con noi? Abbiamo cose da vecchi, dobbiamo tenerci leggeri : tinnirume e triglie di scoglio a oglio e limone". "Mi invita a nozze". La signora se n'uscì felice. ... Trasì la signora Angelina. "E' pronto". Il tinnirume, foglie e cime di cucuzzeddra siciliana, quella lunga, liscia, di un bianco lordato di verde, era stato cotto a puntino, era diventato di una tenerezza, di una delicatezza che Montalbano trovò addirittura struggente. Ad ogni boccone sentiva che il suo stomaco si puliziava, diventava specchiato come aveva visto fare a certi fachiri in televisione. "Come lo trova?" spiò la signora Angelina. "Leggiadro" disse Montalbano. E alla sorpresa dei due vecchi arrossì, si spiegò. "Mi perdonino, certe volte patisco di aggettivazione imperfetta". Le triglie di scoglio, bollite e condite con oglio, limone e pitrosino, avevano la stessa leggerezza del tinnirume. Solo alla frutta il preside ripigliò la questione che gli aveva posto Montalbano ... |
...Scese dalla macchina.
Marianna, la sorella di Gegè che era stata sua maestra di scuola, stava assittata su una
seggia di paglia allato alla porta e aggiustava un canistro. Appena vide il commissario,
gli andò incontro. "Salvù, io lo sapiva che saresti venuto a trovarmi". "Vossia è la prima visita che faccio dopo lo spitali" disse Montalbano abbracciandola. Mariannina principiò a chiangiri adasciu, senza lamenti, solo lacrime, e a Montalbano s'inumidirono gli occhi. "Pigliati una seggia" disse Mariannina. Montalbano s'assittò vicino alla alla donna e lei pigliò una mano, gliela carezzò. "Soffrì?". "No. L'ho capito mentre ancora stavano a sparare che a Gegè l'avevano astutato sul colpo. Poi me l'hanno confirmato. Io credo che manco capì quello che stava succedendo". ... Per circa due ore parlarono di Gegè e delle sue imprese, fermandosi sempre a episodi che risalivano al massimo all'adolescenza."Si fece tardo, me ne vado" disse Montalbano."T'avissi detto di restare a mangiare cu mia, ma haiu cosi che forsi pi tia sono pesanti"."Che preparò?"."Attuppateddri al suco".Attuppateddri, cioè quelle piccole chiocciole marrone chiaro che quando cadevano in letargo secernevano un umore che solidificava diventando una sfoglia bianca che serviva a chiudere, attuppare appunto, l'entrata del guscio. Il primo impulso di Montalbano fu di rifiutare nauseato. Fino a quando sarebbe stato perseguitato da quell'ossessione? Poi, freddamente, decise d'accettare per una doppia sfida alla panza e alla psiche. Davanti al piatto, che mandava un odore finissimo di colore ocra, dovette farsi forza, ma dopo aver estratto il primo attuppateddru con una spilla e averlo gustato, di colpo si sentì liberato : scomparsa l'ossessione, esorcizzata la malinconia, non c'era dubbio che magari la panza si sarebbe adeguata. |
...Fece una grande sciarra
con Adelina. La cammarera era da poco trasuta nella cucina che la sentì fare voci. Poi se
la vide comparire in cammara da letto. "Vossia non mangiò nè aieri a mezzujorno nè aieri sira!". "Non avevo pititto, Adelì". "Io m'ammazzo di travaglio a faricci cose 'nguliate e vossia le sdegna!". "Non le sdegno, ma te l'ho detto : mi faglia il pititto". "E po' chista casa diventò un purcile! Vossia 'un voli ca lavo 'n terra, 'un voli ca lavo i robbi! Havi cinco jorna ca si teni la stissa cammisa e li stessi mutanni! Vossia feti!". "Scusami, Adelina, vedrai ca mi passa". "E allura mi lu fa sapiri quannu ci passa, e iu tornu. Iu pedi ccà 'un cinni mettu chiù. Quannu si senti bonu, mi cchiama". ... |
"Che le posso servire
oggi?"."Che hai?". "Quello che vuole, per primo". "Primo niente, ho intenzione di tenermi leggero". "Per secondo ho preparato alalonga in agrodolce e nasello in sarsa d'acciughi". "Ti sei dato alla grande cucina, Calò?". "Certe volte mi spercia, mi viene il capriccio". "Portami una porzione abbondante di nasello. Ah, dammi, intanto che aspetto, un bel piatto di antipasto di mare". Ebbe un dubbio. Si trattava di un pasto leggero? Lasciò perdere la risposta e raprì il giornale ... "Ecco l'antipasto".Montalbano gli fu grato, ancora qualche notizia e gli sarebbe passato il pittito. Poi arrivarono gli otto pezzi di nasello, la loro gioia per essere stati cucinati come Dio comanda. A nasata, il piatto faceva sentire la sua perfezione, ottenuta con la giusta quantità di pangrattato, col delicato equilibrio tra acciuga e uovo battuto. Portò alla bocca il primo boccone, non l'ingoiò subito. Lasciò che il gusto si diffondesse dolcemente e uniformemente su lingua e palato, che lingua e palato si rendessero pienamente conto del dono che veniva loro offerto. Ingoiò il boccone e davanti al tavolo si materializzò Mimì Augello. "Assettati". Mimì Augello s'assittò. "Mangerei anch'io" disse. "Fai quello che vuoi. Ma non parlare, te lo dico come un fratello e nel tuo stesso interesse, non parlare per nessuna ragione al mondo. Se m'interrompi mentre sto mangiando questo nasello, sono capace di scannarti". "Mi porti spaghetti alle vongole" fece, per niente scantato, Mimì a Calogero che stava passando. "In bianco o col sugo?". "In bianco". In attesa Augello s'impadronì del giornale del commissario e si mise a leggere. Gli spaghetti arrivarono quando per fortuna Montalbano aveva finito il nasello, perchè Mimì cosparse abbondantemente il suo piatto di parmigiano. Gesù! Persino una jena che è una jena e si nutre di carogne avrebbe dato di stomaco all'idea di un piatto di pasta alle vongole col parmigiano sopra! ... |
Era in anticipo per l'appuntamento con Valente. Fermò davanti al ristorante dove era già stato la volta precedente. Si sbafò un sautè di vongole col pangrattato, una porzione abbondante di spaghetti in bianco con le vongole, un rombo al forno con origano e limone caramellato. Completò con uno sformatino di cioccolato amaro con salsa all'arancia. Alla fine si susì, andò in cucina e strinse commosso la mano al cuoco, senza dire parola. In macchina, verso l'ufficio di Valente, cantò a gola spiegata. "Guarda come dondolo, guarda come dondolo, col twist ..." |
"Ho preparato di
qua" disse il trattore appena vide Montalbano comparire per la cena e lo guidò in
una cammaruzza capace di due soli tavoli. Il commissario gli fu grato, la sala grande
rimbombava delle voci e delle risate di una comitiva rumorosa. "Ho apparecchiato per due" preseguì il trattore. "Ha niente in contrario se il cavaliere Pintacuda mangia con lei?". Qualcosa in contrario l'aveva, temeva sempre di dover parlare mentre stava mangiando. Poco dopo, il settantino segaligno si presentò con un mezzo inchino. "Liborio Pintacuda e non sono cavaliere". "La devo preavvertire di una cosa a costo d'apparire vastato" continuò il non cavaliere appena assittatosi. "Io, quando parlo, non mangio. Di conseguenza, se mangio, non parlo". "Benvenuto al club" disse Montalbano tirando un sospiro di sollievo. La pasta ai granchi di mare aveva la grazia di un ballerino di gran classe, ma la spigola farcita con salsa di zafferano lo lasciò senza fiato, quasi spaventato. "Lei pensa che potrà ripetersi un miracolo così?" spiò a Pintacuda indicando il piatto ormai vacante. Avevano finito e perciò potevano ripigliare l'uso della parola. "Si ripeterà, stia tranquillo, come il miracolo del sangue di S. Gennaro" fece Pintacuda. "Sono anni che vengo qua e mai, dico mai, ho avuto una delusione dalla cucina di Tanino". "In un grande ristorante un cuoco come Tanino lo pagherebbero a peso d'oro" commentò il commissario. "Eh già. L'anno scorso passò da qua un francese, era il proprietario di un famoso ristorante parigino, quasi s'inginocchiò davanti a Tanino per portarselo a Parigi. Non ci fu verso. Tanino dice che lui è di qua e qua deve morire". "Qualcuno gli ha insegnato certamente a cucinare così, non può essere un dono naturale". "Guardi, fino a dieci anni fa Tanino era un piccolo delinquente, furterelli, spaccio. Entrava e usciva dal carcere. Poi, una notte, gli spuntò la Madonna". "Sta scherzando?". "Me ne guardo bene. Lui conta che la Madonna gli pigliò le mani tra le sue, lo taliò negli occhi e gli comunicò che dal giorno appresso sarebbe diventato un grande cuoco". "Ma via!". "Lei questo fatto della Madonna non lo sapeva, eppure davanti alla spigola ha usato una precisa parola: miracolo. Vedo però che lei non crede nel soprannaturale e perciò cangio discorso. Che fa da queste parti, commissario?". Montalbano sobbalzò. Lì non aveva detto a nessuno il lavoro che faceva. ... |
Mentre scendeva le scale
per andare a cena, decise che la mattina appresso sarebbe ripartito per Vigàta, era sto
lontano cinque giorni. Luicino aveva apparecchiato nella solita cammaruzza., Pintacuda era
già assittato al suo posto e l'aspettava. "Domani vado via" annunziò Montalbano. "Io no, ho bisogno di una simana ancora di disintossicazione". Luicino portò subito il primo e perciò le loro bocche servirono solamente per mangiare. Arrivato il secondo, ebbero una sorpresa. "Polpette!" esclamò indignato il professore. "Le polpette si danno ai cani!". Il commissario non si sbilanciò, il sciauro che dal piatto acchianava al suo naso era ricco e denso. "Tanino che è, malato?" s'informò squieto Pintacuda. "Nossignore, è in cucina" rispose Luicino. Solo allora il professore con la forchetta a metà una polpetta e se la portò alla bocca. Montalbano ancora non aveva fatto un gesto. Pintacuda masticò lentamente, socchiuse gli occhi, emise una specie di gemito. "Se uno se la mangia in punto di morte, è contento macari di andare all'inferno" disse piano. Il commissario mise in bocca mezza polpetta e con la linga e con il palato principiò un'analisi scientifica che Jacomuzzi poteva andare ad ammucciarsi. Dunque: pesce, e non c'era dubbio, cipolla, peperoncino, uovo sbattuto, sale, pepe, pangrattato. Ma all'appello mancavano ancora due sapori da cercare sotto il gusto del burro ch'era servito per friggere. Al secondo boccone, individuò quello che non aveva scoperto prima: cumino e coriandolo. "Koftas!" esclamò stupefatto. "Che ha detto?" spiò Pintacuda. "Stiamo mangiando un piatto indiano fatto alla perfezione". "Me ne fotto di dov'è" fece il professore. "So solo che è un sogno. E la prego di non rivolgermi più la parola sino alla fine della cena". ... "Mi scusi, ma prima vorrei salutare Tanino". "L'accompagno". Il cuoco stava facendo un grandissimo liscebusso all'aiutante che non aveva puliziato bene le padelle. "Accussì il giorno appresso si portano il sciauro del giorno avanti e uno non capisce più quello che sta mangiando" spegò ai visitatori. "Sentà" spiò Montalbano "è vero che lei non è mai uscito dalla Sicilia?". Inavvertitamente doveva avere assunto il tono dello sbirro, perchè Tanino parse tornare ai tempi di quando faceva il delinquente. "Mai, glielo giuro, commissario! Ci ho i testimoni!". Quindi non poteva avere imparato quel piatto da qualche ristorante di cucina straniera. "Ha mai frequentato indiani?". "Quelli del cinema? I pellirossa?". "Lasciamo perdere" disse Montalbano. E salutò il cuoco miracolato abbracciandolo. ... |
La sgradevolezza
dell'incontro con il Questore andava indubbiamente cancellata con una mangiata solenne. La
trattoria < "Che comanda?". "Mi porti quello che vuole". Il Re galantuomo sorrise apprezzando la fiducia. Per primo gli servì un gran piatto di maccheroni con una salsetta chiamata < "Mi perdoni, chi è il cuoco?". "La mia signora". "Le faccia i miei complimenti". "Presenterò". |
Prima di partire,
Montalbano era passato al caffè Albanese, dove facevano i migliori dolci di tutta Vigàta
e aveva accattato venti cannolla appena fatti, dieci chili tra tetù, taralli, viscotti
regina, mostazzoli di Palermo, dolci di riposto, frutti di martorana e, a coronamento, una
coloratissima cassata di cinque chili. Arrivò a mezzogiorno passato, ... |
..."Dopo, dopo"
disse sbrigativa Franca. "Hai pititto?". "Beh, sì". "Vuoi mangiarti tanticchia di pane di frumento? L'ho sfornato manco un'ora fa. Te lo conzo?". Senza aspettare la risposta, tagliò due fette da una scanata, le condì con olio d'oliva, sale, pepe nero e pecorino, le sovrappose, gliele diede. Montalbano niscì fora, s'assittò su una panca allato della porta e al primo boccone si sentì ringiovanire di quarant'anni, tornò picciriddro, era il pane come glielo conzava sua nonna. Andava mangiato sotto quel sole, senza pinsare a niente, solo godendo d'essere in armonia col corpo, con la terra, con l'odore d'erba. Poco dopo sentì un vocìo e vide arrivare tre bambini che si rincorrevano, ... |
... Tornato a casa a Marinella, trovò sul tavolino della cucina un biglietto della cammarèra Adelina. "Mi ascusasi se mi primeto che dumani sira esento che è capo di lanno e esento che i me dui fighli sunnu ambitui in libbbirtà priparo ghli arancini chi ci piacinno. Se vosia mi voli fari l'onori di pasare a mangiare la intirizo lo sapi." Adelina aveva due figli delinquenti che trasivano e niscivano da lo carzaro : una felice combinazione, rara come la comparsa della cometa di Halley, che si trovassero tutti e due contemporaneamente in libertà. E dunque da festeggiare sulennemente con gli arancini. Gesù, gli arancini di Adelina! Li aveva assaggiati solo una volta : un ricordo che sicuramente gli era trasuto nel Dna, nel patrimonio genetico. Adelina ci metteva due jornate sane a pripararli. ne sapeva a memoria la ricetta. Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve cociri a foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto, quello che chiamano alla milanisa (senza zafferano, pi carità!), lo si versa sopra una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa rifriddare. Intanto si cocino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini 'na poco di fette di salame e si fa una composta con la carne aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!). Il suco della carne s'ammisca col risotto. A questo punto si piglia tanticchia di risotto, s'assistema nel palmo d'una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e si copre con dell'altro riso a formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco d'ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s'infilano in una padeddra d'oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d'oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine, ringraziannu u Signuruzzu, si mangiano! Montalbano non ebbe dubbio con chi cenare la notte di capodanno. Solo una domanda l'angustiò prima di pigliare sonno : i due delinquenti figli di Adelina ce l'avrebbero fatta a restare in libertà fino al giorno appresso? ... |
... Assittato nella verandina, si era goduta la pappanozza che da tempo desiderava. Piatto povero, patate e cipolle messe a bollire a lungo, ridotte a poltiglia col lato convesso della forchetta, abbondantemente condite con oglio, aceto forte, pepe nero macinato al momento, sale. Da mangiare usando preferibilmente una forchetta di latta (ne aveva un paio che conservava gelosamente), scottandosi lingua e palato e di conseguenza santiando ad ogni boccone. Col notiziario delle ventuno ... |
<<Barolo, Barbaresco,
Brunello: sono un purista, dottor Zen. Posso anche permettermi un'austerità classica,
lusso estremo di coloro che possono avere tutto quello che desiderano. Nel vino, così
come nella musica, le tre B mi bastano>>. ... <<Il Barolo è il Bach dei vini - continuò il suo ospite -. Forte, supremamente strutturato, un tantino austero, ma assolutamente fondamentale; il Barbaresco invece è Beethoven, che prende queste qualità e le innalza ad altezze di passione e dolore mai toccate; mentre il Brunello è Brahms, il più morbido, pieno e romantico bagliore del tramonto dopo un eccesso così estenuante>>. ... |
... <<Andrea ed io ci siamo baloccati con l'idea di vendere tutto e trasferirci in Cile. Di questi tempi è un posto stimolante per il vino, e lei conosce un sacco di gente laggiù. Abbiamo un'opzione su un terreno nella valle di Maipo, che è il loro equivalente della Napa Valley. La mia idea è di tenermi qualche vigna non DOC qui in Piemonte e piantarci Cabernet, Merlot e Shyraz, dai quali ricaverei un vino 'firmato' che potrei vendere ai collezionisti di vedute meno ristrette del suo intenditore romano, ricavandone una fortuna>>. ... |
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SAGGISTICA
Nico Orengo | Il salto dell'acciuga (1999) | C'è un
punto nella storia... Qui ai Pesci vivi le acciughe... Nelle Langhe, nel Monferrato, nel ... |
Wolfgang Schivelbush | Storia dei generi voluttuari | Le
spezie, ovvero l'inizio dell'era moderna Cioccolata, cattolicesimo e Ancien Régime |
...C'è un punto nella storia in cui le acciughe cominciano a viaggiare verso l'entroterra, a inerpicarsi per le valli, a scavalcare piccole Alpi. Quando e perché? Chi furono i primi contrabbandieri che nascosero il sale sotto le acciughe. Quelli che volevano ingannare i gabellieri di Genova prima, di Savoia dopo. O quelli che speravano di turlupinare le streghe? Le streghe non odiavano soltanto il sale ma anche le acciughe. E dunque se quel trucco fu messo in atto non serví a far volare l'acciuga oltre i monti né ad aprire vie del sale. Il volo dell'acciuga comincia molto príma delle notti delle streghe. Molto prima. |
...Qui ai Pesci
vivi le acciughe le portano al verde, con un bagnetto rosso con peperoncino e
sott'olio. Mentre mangiamo, come quasi sempre si fa a tavola, parliamo di mangiare.
Dobbiamo mettere in programma una serata di funghi, una di lumache, una di tartufi, una di
polenta. E una grande bagna caoda. Prima dell'estate con Nicoletta, Chiara, i Mutus, siamo
saliti a Marmora sulla strada per Canasio dove Nicoletta ha un cavallo in una margheria.
Abbiamo preso burro e castelmagno fresco, abbiamo fatto un picnic sotto un temporale
improvviso e azzurro. Sotto quell'acqua giá parlavamo di bagna caoda e polenta. Io dicevo, come provcazione: - La bagn caoda l'hanno inventata i liguri con l'aiuto del garum romano. Avevamo acciughe, sale, olio, cardi che venivano da Nizza, finocchi, cipolle, carciofi. Nicoletta ride. Dice: - Dillo a un piemotese. Allora avevo chiesto a Ugo: - Secodo te qui era più importante l'acciuga o il sale? - Certamente il sale, l'acciuga era il companatico. Ma l'acciuga poteva nascondere il sale o diventare importante quanto e forse piú del sale. A Moschiéres è andata cosi. |
...Nelle
Langhe, nel Monferrato, nel Saluzzese o nel Vercellese, in Brianza, a Pavia come a Milano,
le acciughe piacciono, è cibo povero, per povera gente. E pesce che dà gusto e dura, non
va mai a male. Gli acciugai raccontano di certi barili mai toccati, rimasti fermi anche
trent'anni, che davano filetti di Nazarès e Combados, di Malaga e Setúbal di un gusto
straordinario. Non c'era domenica o Natale per gli acciugai, le feste sono per chi compra e chi vende. E bisogna lottare con la concorrenza, con il nuovo acciugaio che per farsi clientela abbassa i prezzi, o con chi cerca di prenderti il posto che ti sei conquistato. Anche se regole corporative dicono di non pestarsi i piedi, di rispettare percorsi e luoghi assegnati. Ma questa legge non scritta può valere in campagna, in città è piú difficile da rispettare. Qualcuno ricorreva anche a colpi bassi, offrendo vino, buttando un'acciuga <<passata>> sui barilotti dei colleghi. Anche le donne, di tanto in tanto, seguivano i mariti. Quando era cosí cucivano insieme due sacchi, per dormire insieme, tenendo in mezzo il portafoglio in pelle di gatto. |
Le spezie,
ovvero l'inizio dell'era moderna Nulla è più normale del sale e pepe a tavola... |
Cioccolata,
cattolicesimo e Ancien Régime ...Se il caffè passa per una bevanda nordica e
protestante, la cioccolata va considerata come il suo contrapposto cattolico e
meridionale... |
CINEMA
Gabriel Axel | Il Pranzo di Babette (1988) | Trama Il menù di Babette |
Campbell Scott & Stanley Tucci |
Big Night (1996) | Trama Il menù di Big Night |
Pedro Almodòvar | Il fiore del mio segreto (1996) | Trama |
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"Il Pranzo di Babette" di Gabriel Axel In Danimarca, in un piccolo villaggio in riva al mare vivevano due signorine attempate, Martina e Filippa, dedite alla preghiera e ad onorare la memoria del pastore decano, loro padre. La loro vita semplice e puritana viene interrotta dallarrivo di una profuga francese, costretta all'esilio come partecipante ai moti rivoluzionari della "Comune" di Parigi, mandata da un amico lontano. Babette senza alcun compenso in cambio dellospitalità le aiuta in casa. Un giorno ella vince una grossa somma di denaro alla lotteria, ma anziché tornare in Francia decide di offrire e cucinare un vero pranzo francese per festeggiare il centenario della nascita del decano, il 15 di dicembre. Le due sorelle, anche se lusingate, vedono il banchetto come una minaccia alla loro vita tranquilla. I dodici invitati arrivano e con loro un generale che capisce subito, che quello sarebbe stato un pranzo speciale. Aiutati dalla bontà del cibo, dallatmosfera e dallamore con cui i piatti erano stati cucinati da Babette, tutti diventano gioviali e felici. Mentre i ricordi passati riaffiorano, arrivano le splendide cailles en sarcophage. Il generale racconta di un ristorante a Parigi, dove cucinava uno chef donna poi scomparsa (naturalmnente si trattava di Babette), che riusciva con la sua cucina sublime a trasformare un banchetto in una avventura amorosa. Babette nuovamente povera rimane in Danimarca, ma, come dice il generale durante il brindisi, a quel pranzo Rettitudine e felicità si erano baciate. |
Zuppa di tartaruga | Amontillado Sherry |
Blinis Demidoff al caviale |
Veuve Clicquot Ponsardin Brut |
Quaglie
en Sarcophage |
Clos de Vougeot Grand Cru |
Insalata di indivia | Pelligrino |
Selezione di formaggi |
Warre's 20 Year Old Tawny Port |
Babà al Rhum con frutta candita |
Caffè |
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"Big Night" "Chi mangia bene sta molto vicino a Dio." In
questa frase è racchiusa tutta l'arte di Primo Pelaggi (Tony Shalhoub) che assieme al
fratello Secondo (Stanley Tucci), in cerca di fortuna, hanno lasciato la natia Calabria
per aprire un ristorante in America. |
Consommé
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"Il fiore del mio
desiderio" (1996) Due dottori tentano di far capire ad una madre affranta che il figlio, vittima di un
incidente motociclistico è morto, anche se sembra ancora respirare. Non è facile
spiegare una morte cerebrale, e la goffaggine dei dottori non fa altro che alimentare
false speranze nella madre. Alla fine di questa scena sconcertante, si scopre che la
situazione non è reale, ma si tratta soltanto della rappresentazione di un caso tipico,
che i dottori si trovano ad affrontare tutti i giorni. La scena è parte di un seminario
organizzato dal Piano Nazionale per la Donazione degli Organi, il cui scopo è di
insegnare ai dottori il modo più umano e chiaro per comunicare la tragica notizia di una
morte improvvisa ai parenti della vittima, seguita dalla richiesta della donazione degli
organi della vittima stessa. Questi seminari sono diretti da Betty (Carmen Elias),
un'apprezzata psicologa. |