Ossola |
La
famigiia Ossola era conosciuta, in Varese, come una tra le famigiie più
fortunate; e meritatamente fortunate. Ben avviato il negozio del padre,
ecco che il figlio Franco, arrivando tanto ad eccellere nell'arte del calcio,
veniva a dare le più eccellenti soddisfazioni. Poi la sciagura volle
la sua parte: ed iniziò tre mesi or sono quando i genitori di Ossola,
reduci dall'aver assistito ad una partita di campionato dove era impegnato
il figlio, avevano un incidente sull'autostrada Milano-Varese: e papà
Ossola decedeva, mentre la madre del giocatore rimaneva per pochi giorni
tra la vita e la morte. Ora il destino ha compiuto la sua opera falciando
anche l'esistenza di Franco. Nel volgere di poche settimane un fortunato
complesso familiare si è trovato distrutto, annienteto... Franco Ossola aveva appena cominciato ad impressionare favorevolmente gil appassionati di calcio delle divisioni inferiori giocando nel suo «Varese», quando - nel fiuto che Ii ha distinti in questi ultimi anni - i dirigenti del «Torino» lo decidevano ad accettare le loro offerte, invece di quelle che già da qualche tempo gli andava facendo la milanese «Internazionale». I torinesi plasmarono per conto loro stile e gioco di Ossola, lo adusarono un po' a tutti i ruoli dell'attacco, e quando lo posero in campo presentarono un campione autentico. Si può ben dire, sicuri di non dire cose banali, che se finora Ossola non aveva trovato posto in nazionale... ciò non era perchè lui non lo meritasse; ma solo perchè in azzurro c'era già troppo Torino per poter fare, subito, luogo anche ad Ossola. Pazientasse, e l'occasione non gli sarebbe certamente mancata. Cosi, in fatto di rappresentative Franco Ossola fu chiamato una sola volta a giocare per la nazionale dei giovani. A Varese, Franco Ossola ebbe a nascere il 23 agosto 1921; da ragazzo aveva una passione che sovrastava quella stessa del gioco del calcio: era infatti eccanito collezionista di francobolli. E tale era tuttora... sia pure con minor accanimento, ma sempre disposto a prendere in esame collezioni ed a rifornirsi di «pezzi speciali» ogni qual volta aveva occasione di recarsi all'estero. Al Torino dov'era giunto con Ta stagione 1939-40, collaborò alla conquista di tutt'e cinque i titoli ultimi. S'era fatto voler bene negli ambienti Torinesi, ciò che gli era dimostrato non solo sul campo di gioco, ma anche attraverso l'affollamento del bar sportivo che in una via principale di Torino aveva aperto in società con Gabetto. Seguiva con attenzione lo sviluppo di questo suo commercio, in quanto pensava che la professione del calciatore non poteva bastare per tutta ia vita, e giorno sarebbe venuto in cui avrebbe dovuto abbandonare i terreni da gioco; e Ii ha abbandonati per sempre. |
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Il Grande Torino 2003
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