Ari ari ciuco mio butta denari
Lo spettacolo di burattini si ispira alla fiaba incentrata sui tre doni magici, sul loro furto e sul loro recupero. Una storia che ritroviamo nelle raccolte di Calvino e Basile, ma ne esistono altre, dai fratelli Grimm a Pitrè, una storia con la struttura e gli elementi propri del tipo attuale doveva essere già nota in Asia nel IV sec. d. C., la si trova in quasi tutte le raccolte dell'Europa e dell'Asia e attraversa l'intero continente africano.

Nella versione di Calvino e Basile la fiaba racconta di un povero sciocco, cacciato di casa dalla madre, che va a prestar servizio presso un orco. Costui lo ricompensa per i suoi servigi prima con un ciuco che butta monete d'oro e poi con una tovaglia che, a comando, si riempie cibi prelibati. Entrambi gli oggetti vengono rubati da un losco locandiere, presso il quale lo sciocco pernotta nel viaggio di ritorno verso casa. Alla fine, l'orco dona al protagonista una mazza fatata (un bastone! Cosa c'è di meglio in uno spettacolo di burattini?), che percuote il locandiere disonesto fino a quando costui non restituisce il ciuco e la tovaglia.

Abbiamo cercato di personalizzare la storia facendoci prendere come al solito dalle nostre suggestioni personali, ad esempio, sui giornali nazionali nel mese di agosto del 2013 abbiamo letto questa notizia: "Senza lavoro e senza casa, vivono in una capanna nel bosco - una famiglia aretina: marito, moglie e tre figli vive nei boschi".
A volte un'atmosfera da fiaba ritorna come un incubo nella nostra realtà quotidiana e la fiaba "Ari-ari, ciuco mio, butta denari!" inizia proprio da una situazione familiare in difficoltà.
Un elemento che ci è piaciuto molto è il fatto che la fiaba ribalti un preconcetto: quello che vuole un Orco sempre malvagio. Nanni-Orco è in realtà generoso e gentile. Noi abbiamo anche immaginato che si sentisse solo e potesse diventare un simbolo dell'emarginazione in base ai pregiudizi e all'aspetto fisico (così lo descrive Basile: "brutto, nano e trasandato, la testa più grossa di una zucca indiana, la fronte bitorzoluta, sopracciglia quasi appiccicate, occhi strabici, naso ammaccato.." e così via per altre dieci righe).
Anche la figura di Antonio l'abbiamo pensata un po' diversa da quella della fiaba.
Se per Calvino, e per Basile soprattutto, il ragazzo appare un po' come un giovane tonto, svogliato e fannullone, incapace di comprendere alcun insegnamento (per Basile: "scemo buono a nulla e pecorone"), noi lo abbiamo pensato invece come una sorta di Forrest Gump, sicuramente ingenuo ma buono nell'animo e nel cuore.
Come in tutte le favole mettiamo in scena, la figura del cattivo deve essere ben chiara ed evidente e in questo caso l'oste disonesto può svolgere egregiamente la sua parte; lo abbiamo realizzato con un aspetto vagamente vampiresco (calvo e con le orecchie leggermente a punta).
La mamma è molto povera, vuole bene ad Antonio ma a volte non riesce più a sopportare l'eccessiva ingenuità del figlio e seguirlo nei suoi ragionamenti un po' folli. In questo caso c'è una progressiva arrabbiatura rispetto ai sedicenti regali magici che Antonio le porta in dono. Abbiamo creato una mamma sicuramente più comprensiva rispetto alla figura violenta sia fisicamente che verbalmente di quella del Basile (la madre lo apostrofa: "mangiapane a tradimento, maccabeo, maialone mangialasagne a tradimento" e vedendo che non c'è speranza che metta finalmente la testa a posto, prende un matterello e lo mena di santa ragione).
Quello dell'asino dispensatore di ricchezze è un tema profondamente radicato nell'immaginario popolare e in particolare nella cultura contadina. E poi per dirla come il guarattellaro Bruno Leone, l'asino, insieme alla gallina è uno dei mastri protettori del popolo, senza l'ignoranza non si va da nessuna parte, noi siamo ignoranti della verità e gli ignoranti vogliono un mondo migliore mentre i sapientoni sono spesso i sapienti della bugia. Per lo spettacolo abbiamo realizzato un asino-burattino con la testa oscillante e che solleva la coda buttando monete d'oro dal didietro.

Il finale del nostro spettacolo prevede, oltre alla risoluzione della vicenda di Antonio con il recupero dei doni e la riconciliazione con la mamma, una "coda" dedicata a Nanni Orco. Antonio, ormai senza problemi invia una lettera al vecchio amico invitandolo a venire ad abitare con lui ("Io e la mia mamma saremmo felici se tu volessi venire a stare con noi, adesso non ci manca nulla e c'è tanto spazio anche per te. Così non sarai più solo").

Tecnica e/o linguaggi utilizzati: burattini a guanto in baracca
Regia/burattinai: Armando Casaroli e Luisa Cordima / Scene e burattini: Armando Casaroli
Durata: 50'
Età consigliata: 5 - 9 anni
Spazio scenico: Larghezza 3 m, Profondità 4 m, Altezza 2,5 m
Presa per la corrente elettrica (carico 3kw)