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LA
LANTERNA MAGICA EL CHONCHON |
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Il
Chonchòn è una sorta di lanterna
fatta con una scatola di pelati al cui interno è
posta una candela con cui giocavano i bambini cileni,
un chonchòn illumina il cammino di Carlos
Piñero e Miguel Oyarzùn
su è giù per Cile, Argentina e resto
del mondo. Il Chonchon usa burattini piuttosto grandi
(non a caso sono grandi ammiratori dei Muppets di
Jim Henson) con la testa dalla forma alquanto stilizzata
realizzata in cartapesta e il corpo di stoffa con
mani morbide e flessibili; la particolarità
più importante si trova nella testa che viene
manovrata con due dita, indice e medio, con le quali
è possibile farla girare a destra e a sinistra
mantenendo il corpo fermo, indubbiamente una possibilità
espressiva in più, pensate ad una camminata,
il burattino si muove in avanti ma contemporaneamente
si guarda anche intorno. Oppure il burattino uomo
esce di scena con un braccio sulle spalle di un
burattino donna ma all'ultimo momento volta la testa
e ammicca maliziosamente al pubblico. |
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Verticalidad,
Neutralidad, Mirada Y Piso: |
La
formula magica per manipolare i burattini? Forse,
o piuttosto una sintesi di ciò che occorre,
il bagaglio indispensabile che ogni burattinaio deve
costantemente portare con sè.
Verticalità: sembra scontato ma un burattino
deve sempre mantenere un assetto costante, non deve
inclinarsi se non per una ragione drammaturgica. Questo
non vuol dire che debba rimanere fisso e rigido come
un baccalà, anzi, dovrà muoversi con
il tipico ondeggiamento di chi cammina, guardarsi
intorno proprio come facciamo quando camminiamo per
strada, ma in ogni caso mantenere la verticalità
che tutti noi abbiamo nei nostri movimenti.
La
neutralità: E' un elemento che aiuta la
presenza scenica. Il burattino deve mantenere una
posizione il più possibile neutrale, con le
mani incrociate davanti al corpo, più la posizione
è neutrale più sarà evidente
il movimento successivo delle braccia realizzato per
evidenziare una certa intenzione o uno stato d'animo.
Se le braccia sono già aperte nel momento in
cui si entra in scena, il successivo movimento sarà
notevolmente meno evidente, al limite potrebbe essere
invisibile al pubblico. Allo stesso modo le braccia
già aperte possono suggerire al pubblico delle
emozioni che in realtà in quel determinato
momento il burattino non vuole esprimere.
Lo sguardo: Per un burattino è fondamentale,
potentissimo se usato bene, occorre sempre sapere
dove guarda il proprio burattino e usarlo di conseguenza.
Un burattino che guarda in un posto imprecisato o
comunque sbagliato perde la sua espressività.
Pavimento: Si associa alla verticalità,
un burattino non ha le gambe ma deve dare l'illusione
di camminare su una determinata superficie che in
baracca è generalmente piatta e uniforme. Una
volta stabilita la regola poi occorre sempre mantenerla,
se stabiliamo che il burattino cadrà in un
buco posto sul suo percorso, quel buco sarà
sempre lì e ci potrà cadere magari un
altro personaggio arrivato successivamente oppure
questo burattino dovrà astutamente aggirarlo,
o saltarlo, evidenziando opportunamente al pubblico
questa manovra. Un burattino che lentamente affonda
come
fosse capitato sulle sabbie mobili ci disturba, o
meglio ci dà degli stimoli inutili alla drammaturgia
(Ci possiamo chiedere: perché sta sprofondando?
Ci sono veramente le sabbie mobili?) e ci distrae
dalla comprensione dello spettacolo.
Questi quattro elementi già di per sé
impegnativi da mantenere su un unico burattino lo
diventano ancora di più quando i burattini
da manipolare diventano due, la difficoltà
è allora di mantenere vivi e credibili due
personaggi senza far "morire" un burattino
mentre si anima l'altro. In altre parole occorre seguire
l'idea senza mai abbandonare la tecnica.
La straordinaria tecnica manipolatoria del Chonchon
valorizza tutti questi elementi fino a farci pensare
che le possibilità di movimento di un burattino
siano infinite, cosa a cui loro peraltro credono fermamente
(i loro burattini vanno sullo skateboard, nuotano,
vanno a pescare, salgono e scendono scale mobili e
scale a chiocciola, guidano l'automobile, si siedono,
fluttuano nell'aria e molto altro ancora). Poi, come
sottolinea più o meno scherzosamente Carlos
Piñero: "si può fare anche
diversamente, allora però il cachet è
più basso!".
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Mi
fermo per un tè |
La
corte della Carta, Sandro Solfrizzo e Anna Penone |
Spettacolo
presentato alla Festa dei grandi burattinai al Castello di Sorrivoli
- 24° edizione, agosto 2011 |
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Sandro
proviene dal teatro, con la figura è forse solo in prestito
d'uso e non è un caso se lui sta fuori e Anna dentro
la "baracca". La matrice attoriale si sente ed è
piuttosto evidente, tanto è vero che da semplice (si
fa per dire) burattinaio e manipolatore Sandro diventa progressivamente
protagonista insieme al mite omino in giacca e pantaloni. |
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Interessante
l'inizio dello spettacolo con Sandro e l'omino che attraversano
il pubblico spostando con grande sforzo una valigia fino
ad arrivare sul palco dove si trova un anonimo porto,
lo avverti dal rumore del mare e dei gabbiani, il luogo
archetipico di approdo di migranti. Insieme allestiscono
un piccolo bivacco, dalla valigia spuntano vari oggetti,
indumenti, stoviglie, si prepara la tavola, l'acqua per
tè si scalda sopra un piccolo fornello, da una
radio si sente una vecchia melodia. |
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Ci
lasciamo trasportare dalla magia del teatro di figura quando
Sandro si sdraia supino con le ginocchia piegate accanto all'omino
ed insieme ascoltano la musica battendo entrambi a tempo il
piede, lo sguardo ammicante tra loro, un desiderio di condivisione,
di chi al di là di tutto cerca solo un attimo di serenità.
E
poi c'è il grande scatolone che incomincia a muoversi
ed a interagire coi due personaggi, qualcosa di enigmatico ed
incomprensibile in cui vive uno strano personaggio vestito di
rosso, quasi un diavoletto (in realtà un burattino di
origine africana). Porte e finestrine si aprono e si chiudono,
domande a cui rispondere, test di intelligenza da risolvere,
ma in definitiva è il luogo del rifiuto, della non accettazione,
perché in questo work in progress decisamente molto originale
per ora non c'è lieto fine. |
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Paolo
Sette - L'anatra e la morte |
Spettacolo
vincitore del Premio Teatro Silvano 2009 |
"La
lunga storia delle marionette prova che possono rappresentare
qualsiasi cosa, e che, fino a un certo punto, questi esseri
fittizi, mossi dalla volontà dell'uomo che li fa agire
e parlare, divengono degli esseri umani più o meno ispirati
per commuoverci o divertirci."
La frase è tratta da "Il Teatro dei Burattini di
Nohant" di George Sand, testo datato 1876 che guarda caso
è stato tradotto proprio dal nostro Paolo Sette
ed ha indubbiamente molta affinità con la messa in scena
dello spettacolo "L'anatra e la morte". |
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Solo
un anima sensibile come Paolo poteva vincere questa scommessa,
realizzare uno spettacolo di burattini superando in poeticità
e delicatezza il difficile testo dal quale prende corpo
utilizzando sapientemente la potenza narrativa delle figure
in movimento. I due personaggi protagonisti dello spettacolo
sono molto simili a quelli contenuti nell'illustrazione
cartacea perché non c'era bisogno di cambiarli
per forza, già funzionano così, piuttosto
Paolo ha dato loro vita e tridimensionalità. |
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La
semplicità e la scorrevolezza con cui procede lo spettacolo
non ci deve ingannare, dietro c'è un lungo lavoro di
messa in scena. |
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Il
testo di partenza è L'anatra, la morte e
il tulipano di Wolf Erlbuch, un protagonista
dell'illustrazione contemporanea, autore insignito del
prestigioso Premio Andersen e di tanti altri riconoscimenti.
Graficamente si tratta di quel genere di libri che non
sono i classici libri per bambini, le immagini di alta
qualità artistica sono realizzate con stile molto
personale, in questo caso con colori per niente vivaci
e con citazioni pittoriche abbastanza esplicite verso
la natura morta in stile vanitas e danza macabra. E poi,
come si evince dal titolo, il tema principale è
proprio la morte, anzi la morte è proprio uno dei
personaggi e il primo pensiero è stato: ma è
possibile parlare della morte ai bambini e soprattutto
con il teatro dei burattini?
Erlbruch e Sette ci dicono di si. |
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La
baracca è realizzata in stile guarrattelle, qui
però non ci sono mazzate, non c'è Pulcinella
che alla fine risolve tutto, non ci sono colpi di scena
ma solo una delicata narrazione per immagini in movimento,
certo, qualche gag clownesca e battuta comica c'è
e Paolo pare un equilibrista che cammina sul filo, sempre
attento a non precipitare.
I personaggi utilizzano pienamente lo spazio a loro disposizione,
nuotano in uno stagno, salgono sopra un albero per contemplare
le meraviglie del mondo, si raccontano storie con voci,
movimenti, sguardi e silenzi direi perfetti. |
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Pochi elementi scenografici genialmente utilizzati aiutano
la narrazione. La baracca è molto semplice e spartana
ed è realizzata interamente in legno e ricoperta
da tessuti color pastello in cui domina il blu, un colore
che evoca serenità e pace. L'illuminazione è
anch'essa delicata, due lampade pendono dall'alto ai lati
della scena fornendo una luce diffusa, intima e poco invadente.
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Tornando
alle parole della Sand, Paolo Sette ci ha dimostrato ampiamente
che coi burattini si può veramente "rappresentare
qualsiasi cosa" e i suoi "esseri fittizi" sanno
commuoverci (davvero!) al punto giusto. |
un
video su Facebook con i primi cinque minuti dello spettacolo |
Paolo
Sette 338.1824712
Teatro del Secchio 334.3333943 |
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Le
avventure del Gallo |
LupLatrup
- Laura
Rocco e Agostino
Corioni |
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La baracca dei Luplatrup è costruita intorno ad
una vecchia carrozzella per bambini, quindi perfettamente
semovente e adatta agli spettacoli di strada, tuttavia
mantiene il suo delicato fascino anche in spazi tradizionali.
La parte superiore si ispira alla struttura per guarattelle,
leggera ed essenziale, poi un telo rosso ricopre il tutto
lasciando visibili solo le ruote cromate vintage della
carrozzella. |
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E
la guarattella emerge come linea ispiratrice: il Gallo, protagonista
dello spettacolo, è una sorta di simpatico Pulcinella
dall'accento barese, una strana bestiaccia che si ciba di burattini
evoca il Cane, la guardia del re con tanto di pistolone ricorda
il Carabiniere. Lo spettacolo rivendica ed ottiene poi la sua
originalità seguendo il protagonista alla conquista della
libertà tra vari pericoli da affrontare tra i quali una
prigione con contorno di mazzate e un pentolone con verdure
cammuffato da vasca da bagno. |
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Irresistibili i dialoghi tra burattino e il musicista
a vista, Agostino Corioni con fisarmonica e bombetta,
battute tra clown bianco e augusto in salsa cabaret milanese
di altri tempi. Con ottima presenza scenica il musicista
è spesso impegnato a richiamare all'ordine i burattini
ribelli che non rispettano il copione, oltre al nostro
Gallo c'è pure Severino, è l'uomo delle
pulizie ma coltiva grandi velleità artistiche e
poi un simpatico cuoco troppo ubriaco per cucinare. |
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Molto
ben fatti i burattini realizzati e animati da Laura Rocco,
semplici, essenziali ma ricchi di fascino, un discorso a parte
per il Re, più articolato e capace di un'inaspettata
performance. Uno spettacolo sulla libertà di espressione,
lo hanno giustamente definito i loro autori, "Le avventure
del Gallo" ha vinto il Premio Teatro Silvano 2007 ed è
stato presentato con successo in occasione di rassegne e festival
di teatro di figura, fra cui il Festival dei Grandi Burattinai
di Sorrivoli. |
http://luplatrup.blogspot.com/ |
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