Gomorra: trecentotrentuno pagine di camorra, l'organizzazione criminale diffusa nel napoletano
ed in tutta la Campania. Il titolo, che ricorda le bibliche città di Sodoma e Gomorra distrutte
dal Padreterno, si riferisce
anche ad una predica del coraggioso sacerdote don Peppino Diana, che invitava dal pulpito a reagire alla
logica della criminalità diffusa e che terminava dicendo: "È ora che smettiamo di essere una
Gomorra!". |
Alcuni brani:
Tutto quello che esiste passa di qui. Qui, dal porto di Napoli. Non v'è manufatto, stoffa, pezzo di plastica, giocattolo, martello, scarpa cacciavite, bullone, videogioco, giacca, pantalone, trapano, orologio che non passi per il porto. Il porto di Napoli è una ferita. Larga. Punto finale dei viaggi interminabili delle merci. Il solo porto di Napoli movimenta il 20 per cento del valore dell'import tessile dalla Cina, ma oltre il 70 per cento della quantità del prodotto passa di qui. E' una stranezza complicata da comprendere, però le merci portano con sé magie rare, riescono a essere non essendoci, ad arrivare pur non giungendo mai, a essere costose al cliente pur essendo scadenti, a risultare di poco valore al fisco pur essendo preziose. Nel porto di Napoli opera il più grande armatore di Stato cinese, la COSCO, che possiede la terza flotta più grande al mondo e ha preso in gestione il più grande terminal per container, consorziandosi con la MSC, che possiede la seconda flotta più grande al mondo con sede a Ginevra. Svizzeri e cinesi si sono consorziati e a Napoli hanno deciso di investire la maggior parte dei loro affari. Qui dispongono di oltre novecentocinquanta metri di banchina, centrotrentamila metri quadri di terminal container e trentamila metri quadri esterni, assorbendo la quasi totalità del traffico in transito a Napoli. "Euro, dollaro, yüan. Ecco la mia triade." Palazzi essenziali, bigi. Qui c'è in un angolo una cappelletta minuscola. Quasi impercettibile. Non è però sempre stata così. Prima c'era una cappella. Grande, bianca. Un vero e proprio mausoleo dedicato a un ragazzo, Emanuele, morto sul lavoro. Un lavoro che in certe zone è persino peggio del lavoro nero in fabbrica. Ma è un mestiere. Emanuele faceva rapine. Un'auto si fermò nel cortile della scuola. Entrarono tre persone. Due uomini e una donna.
La donna aveva una gonna di pelle, tacchi alti, scarpe di vernice. Si alzarono tutti a salutarla.
I tre presero posto e iniziarono l'asta. Uno degli uomini tirò tre linee verticali sulla lavagna.
Iniziò a scrivere sotto dettatura della donna. La prima colonna: Era il Sistema ad aver alimentato il grande mercato internazionale dei vestiti. L'enorme arcipelago dell'eleganza italiana. Ogni angolo del globo era stato raggiunto dalle aziende, dagli uomini, dai prodotti del Sistema. Sistema, un termine qui a tutti noto, ma che altrove resta ancora da decifrare, uno sconosciuto riferimento per chi non conosce le dinamiche del potere dell'economia criminale. Camorra è una parola inesistente, da sbirro. Usata dai magistrati e dai giornalisti, dagli sceneggiatori. E' una parola che fa sorridere gli affiliati, è un'indicazione generica, un termine da studiosi, relegato alla dimensione storica. Il termine con cui si definiscono gli appartenenti a un clan è Sistema: "Appartengo al Sistema di Secondigliano". Un termine eloquente, un meccanismo piuttosto che una struttura. L'organizzazione criminale coincide direttamente con l'economia, la dialettica commerciale è l'ossatura del clan. Facevano parte del Direttorio i clan afferenti all'Alleanza di Secondigliano, il cartello camorristico che raccoglieva diverse famiglie: Licciardi, Contini, Mallardo, Lo Russo, Bocchetti, Stabile, Prestieri, Bosti, e poi, a un livello di maggiore autonomia, i Samo e i Di Lauro. [...] Per la parte produttiva, nel Direttorio sedevano imprenditori di diverse aziende come la Valent, la Vip Moda, la Vocos, la Vitec, che confezionavano a Casoria, Arzano, Melito, i falsi prodotti di Valentino, Ferré, Versace, Armani, poi rivenduti in ogni angolo della terra. I Nuvoletta sono l'unica famiglia esterna alla Sicilia che siede nella cupola di Cosa Nostra, non semplici alleati o affiliati, ma strutturalmente legati ai Corleonesi, uno dei gruppi più potenti in seno alla mafia. Quasi tutti i boss hanno un contronome: è in assoluto il tratto unico, identificatore. Il soprannome per il boss è come le stimmate per un santo. La dimostrazione dell'appartenenza al Sistema. Tutti possono essere Francesco Schiavone, ma solo uno sarà Sandokan, tutti possono chiamarsi Carmine Alfieri, ma uno solo si girerà quando verrà chiamato "'o 'ntufato", chiunque può chiamarsi Francesco Verde, solo uno risponderà al nome di "'o negus", tutti possono essere stati iscritti all'anagrafe come Paolo Di Lauro, uno solo sarà "Ciruzzo 'o milionario". Il clan Di Lauro è stato sempre un'impresa perfettamente organizzata. Il boss lo ha strutturato con un disegno d'azienda multilevel. L'organizzazione è composta da un primo livello di finanziatori e promotori, costituito dai dirigenti del clan che provvedono a controllare l'attività di traffico e spaccio tramite i loro affiliati diretti, e formato, secondo la Procura Antimafia di Napoli, da Rosario Pariante, Raffaele Abbinante, Enrico D'Avanzo e Arcangelo Valentino. Il furgoncino acchiappamorti gira continuamente, lo si vede da Scampia a Torre Annunziata. Raccoglie, accumula, preleva cadaveri di gente morta sparata. La Campania è il territorio con più morti ammazzati d'Italia, tra i primi posti al mondo. A Napoli quel giorno arriva il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a chiedere alla città di reagire, a lanciare parole di coraggio istituzionale, di vicinanza dello Stato. Avvengono tre agguati solo nelle ore del suo intervento. Li arruolano appena diventano capaci di essere fedeli al clan. Hanno dai dodici ai diciassette anni, molti sono figli o fratelli di affiliati, molti altri invece provengono da famiglie di precari. Questa coscienza da samurai liberisti, i quali sanno che il potere, quello assoluto, per
averlo si paga, la trovai sintetizzata in una lettera di un ragazzino rinchiuso in un carcere
minorile, una lettera che consegnò a un prete e che fu letta durante un convegno. La ricordo
ancora. A memoria:
Tutti quelli che conosco o sono morti o sono in galera.
Io voglio diventare un boss. Voglio avere supermercati, negozi, fabbriche, voglio avere donne.
Voglio tre macchine, voglio che quando entro in un negozio mi devono rispettare, voglio avere
magazzini in tutto il mondo. E poi voglio morire. Ma come muore uno vero, uno che comanda
veramente. Voglio morire ammazzato.
Tremilaseicento morti da quando sono nato. La camorra ha ucciso più della mafia siciliana, più della 'ndrangheta, più della mafia russa, più delle famiglie albanesi, più della somma dei morti fatti dall'ETA in Spagna e dall'IRA in Irlanda, più delle Brigate Rosse, dei NAR e più di tutte le stragi di Stato avvenute in Italia. La camorra ha ucciso più di tutti. Una figura storica di dirigente camorrista è sicuramente Anna Mazza [...] Una sua "dama di compagnia", Immacolata Capone, nel corso degli anni fece fortuna all'interno del clan. [...] Secondo le indagini della DDA di Napoli, Immacolata Capone fu l'imprenditrice capace di riportare le ditte dei Moccia a conquistare nuovamente la leadership nel campo dell'edilizia. [...] Le sue guardaspalle erano due ragazze. La scortavano seguendola con una Smart, la piccola auto biposto che ogni donna di camorra possiede. Dallo spessore delle porte, però, quella Smart sembrava blindata. [...] Mi colpì l'abbigliamento curatissimo, entrambe avevano qualcosa che ricordava i colori della Smart, giallo fuorescente. [...] La stessa tonalità di giallo della tuta da motociclista che Uma Thurman indossa in Kill Bill di Quentin Tarantino, un film dove per la prima volta donne sono protagoniste criminali di prim'ordine. Così negli anni, nonostante gli avvicendamenti delle dirigenze, le faide interne e le crisi, i boss hanno avuto come riferimento non il mercato nero delle armi, ma i depositi degli eserciti dell'est a loro completa disposizione. La questione delle armi è tenuta nascosta nel budello dell'economia, chiusa in un pancreas di silenzio. L'Italia spende in armi ventisette miliardi di dollari. Più soldi della Russia, il doppio di Israele. La classifica l'ha stesa l'Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace, il SIPRI. Francesco Schiavone Sandokan, Michele Zagaria e il clan Moccia erano i più importanti soci di Cirio e Parmalat in Campania. Don Peppino [Diana] aveva come priorità ricordare che bisognava, dinanzi all'ondata del potere
dei clan, non più contenere l'attività nel silenzio del confessionale. Setacciò così la voce
dei profeti per sostenere la necessità prioritaria di scendere per le strade, di denunciare, di agire
come condizione assoluta per dare ancora un senso al proprio essere. Si racconta a Casal di Principe che il boss aveva chiesto al suo architetto di costruirgli una villa identica a quella del gangster cubano di Miami, Tony Montana, in Scarface. Antonio La Torre è stato arrestato ad Aberdeen nel marzo 2005, su di lui pendeva un mandato d'arresto italiano per associazione a delinquere di stampo camorristico ed estorsione. Per anni aveva evitato sia l'arresto che l'estradizione [...] La Scozia non voleva perdere uno dei suoi imprenditori più brillanti. La zona più colpita dal cancro del traffico di veleni si trova tra i comuni di Grazzanise, Cancello Arnone, Santa Maria La Fossa, Castelvolturno, Casal di Principe - quasi trecento chilometri quadrati di estensione - e nel perimetro napoletano di Giugliano, Qualiano, Villaricca, Nola, Acerra e Marigliano. Nessun'altra terra nel mondo occidentale ha avuto un carico maggiore di rifiuti, tossici e non tossici, sversati illegalmente. Grazie a questo business, il fatturato piovuto nelle tasche dei clan e dei loro mediatori ha raggiunto in quattro anni quarantaquattro miliardi di euro. |
Il regista Matteo Garrone ha girato il film "Gomorra", ispirato ad alcune storie raccontate nel libro omonimo. Qui sotto trovate alcuni filmati trovati sul solito YouTube.