Die Singphoniker

 

I Die Singphoniker si sono costituiti nel 1980 a Monaco, e da allora hanno occupato un posto di sempre maggior rilevanza nella musica da camera vocale internazionale.

Nello stesso modo in cui Nikolaus Harnoncourt, per esempio, gioca un ruolo fondamentale nella ricerca di interpretazioni filologiche di musica strumentale, i Singphoniker si riconoscono come i nuovi interpreti di una ritrovata tradizione di musica vocale del XIX secolo.

Il successo dei Die Singphoniker è facilmente riconoscibile dal fatto che abbiano già pubblicato più di 20 CD, molti dei quali hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti internazionali di critica e stampa specializzata.

La prima e la più importante ragione di questo successo è da ricercarsi nell’inconfondibile qualità sonora della loro vocalità. Essa si differenzia dalle altre formazioni, di paragonabile “strumentalità”, per la sua differente, calda e fisica vocalità. Inoltre, il loro vastissimo repertorio, che va dal Canto Gregoriano alla musica contemporanea, non manca mai di affascinare il pubblico che li ricompensa con entusiasmo e partecipazione.

Una copertina di uno dei loro CD è rappresentata da sei leggii vuoti. I primi due leggii a sinistra appartengono ai due tenori: Alfons Brandl, piccolo ed agile, sembra rievocare col suo fisico il suo registro estremamente alto; vicino a lui sta Hubert Nettinger, impulsivo e dotato di una straordinaria voce naturale; i suoi colleghi insinuano, non senza una leggera punta d’invidia, che Dio deve aver messo con le sue stesse mani quelle grosse corde vocali nella sua gola.

Più a destra, quasi come un contrappeso, le voci profonde: il basso Christian Schmidt, la cui voce evoca il sapore nobile e ben temprato di un vino rosso, e il baritono Michael Mantaj, l’ultimo ad essere entrato a far parte del gruppo, eppure perfettamente inserito, come se lui ne facesse parte già da vent’anni. Al centro troviamo il baritono Ludwig Thomas, che con la sua voce leggera e fluttuante – proprio come il suono di una viola di un quartetto d’archi – si mescola tra le altre a raggiungere una perfetta omogeneità.

Il compito di accompagnare i cinque al pianoforte spetta a Berno Scharpf, alternandosi come secondo baritono nella realizzazione delle armonie a sei voci tipiche di certo repertorio a cappella.

La riuscita di ogni prova e di ogni esibizione sta proprio nel fondere queste sei voci in una unica, in un inconfondibile corpo sonoro trascinato da un solo respiro, da una chiarezza verbale ottenuta da un preciso sincronismo di movimenti labiali e da una incorruttibile intonazione.

La stampa li ha definiti con espressioni quali «fine magia vocale», «supremo suono vocale», «magistrale interpretazione» e «unica omogeneità».