200 anni fà nacque Giuseppe Bartolomeo Stoffella dalla Croce. Ma chi era questo nostro illustre compaesano vallarsese, scomparso precocemente all'età di 33 anni e ricordato da una lapide nell'atrio del vecchio ginnasio in corso Bettini, da una piccola lapide in via della Terra e cui è intestata la piazza antistante la chiesa di Camposilvano?
Proviamo a tracciare insieme le più importanti vicende della sua breve vita.
Lo Stoffella nacque il 23 giugno 1799 a Camposilvano, nella casa adiacente alla chiesa. Compiuti gli studi di Grammatica di Umanità presso il Ginnasio di Rovereto, si recò a Bolzano per impararvi il tedesco e nel 1816 intraprese gli studi di filosofia, teologia e lingue straniere presso l'Università di Padova.
Rientrato nel 1821, divenne, all'età di soli 22 anni, professore di Umanità presso il Ginnasio di Rovereto. Già dal 1820 è socio dell'"Accademia degli Agiati", alla cui vita partecipò attivamente. Lo Stoffella era inoltre socio nonchè iniziatore dell'Accademia d'Arti di Verona e dell'Ateneo di Treviso. Sempre nel 1820 aveva anche ricevuto gli ordini minori, per cui gli rimase poi fin che visse il titolo di "abate".
Divenne quindi compilatore di un'appendice con finalità culturali al "Messaggiere Tirolese" (un bisettimanale di carattere politico edito allora a Rovereto) che iniziò a pubblicare a partire dal 1823. Egli riuscì a portare l'Appendice ad un tale livello che dal luglio 1827 essa uscì in un foglio separato col titolo "Appendice di storia e letteratura patria al Messaggiere Tirolese". Dopo la sua morte il foglio scomparve.
Lo Stoffella era un caro amico di Antonio Rosmini che dava di lui un giudizio veramente lusinghiero. Egli era un eccezionale figura di poliglotta (padroneggiava ben dieci lingue) e infaticabile promotore di iniziative culturali. Nel 1821 pubblicò pure una raccolta di versi dedicati a Margherita, la sorella del Rosmini.
Benché la sua salute andasse sempre più peggiorando, lo Stoffella entrò in rapporto con diversi studiosi di fama sia italiani che stranieri. Ebbe corrispondenza con eminenti ingegni e fu amico tra l'altro dello scrittore Niccolò Tommaseo, autore del "Dizionario della lingua italiana", dello scrittore e filosofo fiorentino Gian Pietro Vieusseux, editore della famosa rivista "Antologia", del marchese piemontese Cesare Tapparelli D'Azeglio (il padre di Massimo, futuro presidente del consiglio dei ministri del regno di Sardegna) e dello svizzero Carl Ludwig von Haller, il più importante giurista di diritto pubblico di quel tempo, per citare qualche esempio.
Il D'Azeglio lo incitava a preparare estratti riassuntivi tradotti in italiano della maggior opera dello Haller da pubblicare nel giornale "l'Amico d'Italia" che il marchese piemontese dirigeva, mentre il Vieusseux lo desiderava come collaboratore alla sua "Antologia". Il 14 gennaio del 1831 il Vieusseux invitava lo Stoffella a mandare suoi articoli per quella apprezzatissima rivista, ma la collaborazione fu precocemente troncata dalla morte dello Stoffella.
Benché di salute cagionevole intraprese un'intensa attività di studio e ricerca. Nel breve volgere di alcuni anni lo Stoffella produsse un consistente numero di scritti, alcuni dei quali dedicati al suo fratello, Domenico Antonio, uno dei più grandi imprenditori di seta dell'impero austro-ungarico, con fabbriche a Rovereto ed a Vienna.
In primo tempo lo Stoffella si dedicò allo studio della storia locale. Ne sono testimonianze gli scritti "Cenni storici intorno alla famiglia di Castelbarco" "Sulla strada nuova di Vallarsa".
Quindi iniziò ad occuparsi di archeologia. Fra i suoi studi in questo campo ricordiamo in particolare: "Sopra i sepolcri romani scoperti in Rovereto l'anno 1819", "Viaggio antiquario per la valle di Non", "Sopra una statuetta di bronzo trovata in Cavedine", "Il saggio sopra i confini del territorio veronese e trentino ai tempi dei romani".
Quest'ultima opera lo portò a polemizzare con l'allora Podestà di Trento, Conte Benedetto Giovanelli. Theodor Mommsen, il più grande studioso di storia romana del secolo scorso, ha espresso questo giudizio sull'archeologo roveretano "Lo Stoffella è il primo di tutti i Trentini che scrissero di antichità romane, che sarebbe riuscito a condurre la scienza italiana a una fioritura straordinaria; nelle sue dispute col Giovanelli questo ha sempre torto e il primo sempre ragione così profonda e incontrastabile che assomiglia a un trionfo".
Lo Stoffella studiò anche le antichità romane di Trento. Un'opera su questo argomento era stata anche intrapresa da Girolamo Tartarotti: costui però la interruppe. Fu ripresa poi dallo Stoffella che la portò a termine. È un'opera importantissima per chi voglia far degli studi su Trento nell'età romana. La collezione dei reperti archeologici dello Stoffella venne acquistata nel 1830, dal Museo "Ferdinandeum" di Innsbruck, dove si trova tuttora.
Giuseppe Bartolomeo Stoffella dalla Croce si spense a Rovereto il 14 gennaio 1833, "per cronica malattia polmonare", alla giovane età di 33 anni. "Un grande ingegno si è perduto nel mondo!" Così scrisse Antonio Rosmini il 4 febbraio 1833.
Nacque a Camposilvano di Vallarsa, nel 1799. Dopo le scuole di Rovereto si recò all'Università di Padova dove si trovò col Rosmini, suo amico e benefattore, e dove ebbe amico il Tommaseo. Oltre alla filosofia e alla teologia, studiò il greco e le lingue orientali, coltivando pure il tedesco, il francese e l'inglese.
Abbandonata l'idea di farsi sacerdote e ritornato, nel 1821 in patria, insegnò umanità nel patrio ginnasio. Anima gentile coltivò la poesia e molti sono i suoi versi d'occasione. Pubblicò alcune canzoni - Venezia 1821 e nel 1887 furono pubblicate, postume, "Alcune poesie inedite per le nozze Pueccher - Bombieri". Varie sono le sue poesie di occasione specie per A. Rosmini.
Se nella poesia difetta il vero genio poetico, non manca però una certa buona disposizione, proveniente da una soda cultura. Il suo nome invece va legato a " Messaggero Tirolese" per buoni articoli e specialmente alle sue "Appendici di storia e di letteratura" da lui redatte. Qui si rivela il suo spirito di storico e di archeologo, e per quei tempi fu certo una grande promessa per i nostri studi.
Quasi tutti i suoi lavori apparvero nel "Messaggero" come:
"Cenni intorno alla famiglia Castelbarco (1824)"
"Sopra i sepolcri romani scoperti a Rovereto nel 1819 (1824)"
"Il tempietto dell'Armonia, nel giardino suburbano del signor Bridi (1826)"
"Sopra una statuetta di bronzo trovata a Cavedine - Rovereto 1825"
"Il poggiolo delle streghe (1829)"
Pubblicò inoltre "Supplemento all'illustrazione del monumento eretto da Trento a C. V. Mariano - Rovereto 1824".
Questo lavoro lasciato inedito dal Tartarotti, che pubblicò lui, corredandolo di note e osservazioni, che sollevarono un'aspra polemica col col. Giovannelli, fonte di lunghe e dure discordie tra i due insigni letterati. In seguito alle osservazioni del Giovanelli pubblicò: "Saggio sopra i confini veronesi e trentini ai tempi dei romani - Milano, 1826, pag. 87", indi "l'Esame di alcuni scritti archeologici del col. B. Giovanelli. Cento osservazioni - Verona, 1827."
Notevoli le sue monografie:
"Necrologia di Gaetano Tacchi - Rovereto, 1828"
"Vita di Bartolomeo Tacchello, in "Messagg. Tir. 1828 N. 27"
"Sugli scritti di L. B. Pompeoli - Rovereto, 1830, pag. 63."
Morì a Rovereto il 14-1-1833.