Diario di Amabile Maria Broz

Tratto da: "Scritture di guerra"
Edito da: Museo storico in Trento


Amabile Maria Broz

Nasce a Pezzati, in Vallarsa il 6 febbraio 1892
Frequenta la scuola a Parrocchia fino all'età di quattordici anni.
E' la settima ed ultima figlia di Teresa Briccio e Giuseppe Broz.
Non si sposa e non ha figli.
Muore il 21 dicembre 1921 di tubercolosi polmonare contratta durante il periodo di profugato.

Il diario, anche se è più corretto parlare di memoria, racconta la vita di Amabile Broz dal 1914 al 1918

Non sono state trascritte le note che compaiono sul testo edito dal Museo Storico
in quanto ritenute per lo più inutili alla comprensione del testo.
L'unica precisazione da fare è che i puntini ... rappresentano parole mancanti
omesse nell'originale, spesso per paura di possibili rappresaglie.
E' forse anche utile ricordare che, nel periodo storico in cui il diario è ambientato,
la Vallarsa faceva parte del territorio dell'Austria
e al Passo Pian delle Fugazze era situato il confine con l'Italia.





Diario di Amabile Maria Broz

La vita di ...


Già che il tempo mi serve colgo loccasione di scrivere la mia vita incominciando dal mese di Lulio 1914 dopo di aver passato un bel giorno di festa di sagra a S. Anna di Vallarsa, essendo io ritornata a casa mia quella sera verso le 11 assieme alla mia compagnia dopo aver cenato sono andata a letto trascorsa che fù appena la mezza notte mentre io dormiva tranquilamente, tutto di balzo mi svegliai sentii sulla porta della camera una voce in tedesco che diceva guerra. Tutta spaventata mi alzai erano dei soldati che andavano incerca dei padroni che tenevano cavalli del Governo venivano a prenderli capito questo mio fratello Giuseppe si vestì e andò a guidarli nelle case di quelli che tenevano tali cavalli.


Tutti discorrevano di guerra ma noi avevamo fede che non sia vero che non succedesse niente. Ma un giorno che non si scorderà certo da nessuno il I Agosto alle ore 7 del mattino vidi appeso al muro di una casa della contrada uno scartabello il qualle chiamava sotto le armi tutti dai 21 fino ai 40 anni che anno già servito sotto le armi; ai mè! che triste notizia; tutti tre i miei fratelli ci entravano, al mattino di poi giorno 2 Agosto verso le 3 del mattino dovetti alzarmi da letto e assieme alla mamma preparare la colazione ai miei fratelli; potete immaginarvi con che appetito - appena assaggiato i cibi; sono partiti senza tutti aver forza di salutarci; sono rimasta io sola assieme ai vecchi genitori immersi nel più straziante dolore. Noi abbiamo sempre speranza in Dio che ci aiuterà e che avrà misericordia di noi. Come hò ancora. Di fatti alquni giorni dopo il fratello Albino essendo stato superbitrio da tre anni prima lo hanno l'asciato in libertà ed è rimasto a casa. Li altri miei fratelli sono andati in Innbruch sono rimasti in questa cità alcuni giorni; poi il fratello Giuseppe verso la metà di Agosto è venuto a Trento come di Guarnigione ed è rimasto fino ai 10 Ottobre. E il fr...Attilio il giorno 25 Agosto è partito per il campo in Galizia il 29 di mezza notte entrò in combatimento verso Leopoli esso combatè con tutta l'energia e corraggio di bravo soldato per ben due mesi soffrerendo e patindo di ogni sorta di cose rassegnato alla volontà di Dio, e dopo i due mesi esso ritornò amalato del collèra; lo anno ospitato in un ospitale in Calvaria Galizia in questo restò fino a ché li cessò questa malatia; potete immaginarvi quanti pensieri - e quante preghiere abbian fatto noi durante questa sua tremenda malatia. Iddio ci esaudì; una notte tutto all'impensata arrivò a casa nostra con il permesso di un anno, era vicino alle feste di Natale; vi l'ascio immaginare la consolazione che abbian provato noi tutti di famiglia. Il fratello Giuseppe gli 10 Ottobre partì per il fronte, in Serbia; esso stette là tutto l'inverno e fino la metà di Maggio 1915 di tutto questo tempo io pocco poscio dire perché io non hò più parlato con lui suoi scriti ne ricevevamo pochissimi passavano certe volte anche due mesi senza ricevere una riga; noi sempre in grandissimi pensieri per lui. Un giorno dopo la metà di Maggio con gioia abiamo ricevuto una sua cartolina nella quale ci diceva che si trovava a Trento, contentissimi noi che dopo si lungo tempo si potesse vederci, poter andarlo ritrovare ma vana fù la nostra speranza era già chiuso il passo per andare a Rovereto erano i giorni di dichiarazione di guerra della famosa Italia. Ecco che ora quì comincio il mio lungo racconto di tutto ciò che abbian provato sotto di chi pretendeva con dirito di rapirci della nostra carissima patria dicendo che viene a liberarci dagli oppressori e barbari tedeschi. I miei cari fratelli? bella questa.


Per primo accaggione di questa nuova fronte di guerra a dovuto consegnarsi sotto le armi il mio fratello Albino, avvendo esso lobligo di diffendere il Tirolo essendo esso un ... che senza di questo esso sarebbe sempre stato libero. Per caggione di questa genia nel mese di maggio a dovuto indossare la divisa militare e venire di posto a Camposilvano e andare di patulia verso il confine per vedere se i vien. Quando il giorno 24 Maggio il perfido traditore ci inviò i suoi primi saluti i suoi primi auguri colla bocca del cannone il mio fratello dovette partire assieme ai suoi compagni son passati vicino a casa mia senza aver il tempo di venire a salutarci, sono andati a Matassone e colà sono rimasti alcun tempo, e fra questo tempo io sono andata a ritrovarlo in quel paese, colà gli diedi i miei ultimi saluti poi sono ritornata a casa con il cuore straziante del dolore pensando alla nostra sorte, pensava molto alla famiglia altrimenti io avrei proseguito il viaggio sarei rimasta di fuori e quallora che la forza e lo spirito mio fosse stato capace sarei entrata nella croce rossa ad assistere i feriti; ma il mio desiderio non hò potuto appagare. Sono ritornata a casa quella sera i manigoldi erano in monte di mezzo stando di lontano se gli vedeva messi in fila in quel prato, essi stettero la sù 8 o 9 giorni avevano paura a venire avanti un giorno alcuni uomini di Camposilvano con una bandiera biancha andò ad incontrarli questa gente avevano paura che gli bombardassero il paese e per questo anno fatto ciò, essendossi l'esercito di questi assicurato che per un bel tratto di strada non si trovava nessuna resistenza si fidò a venire a basso una mattina verso le sette arrivò nel nostro paese le prime patuglie Itale non avvendo noi mai veduto di quella sorta di divise ai nostri occhi ci sembravano quelli che anno messo in croce il nostro Signore; essi tacevano andavano a guardare in ogni cantuccio con larma in mano baionetta in'astata ci faccevano una paura di non dire, ritornarono a Camposilvano, nei giorni seguenti nè venivano patulie sempre di più ci dimandavano dove sono i tedeschi? noi gli rispondevamo non sò. Dicevano gli pescheremo noi. Ci dimandavano se abbiamo fame essi credevano che noi fossimo proprio zitti affamati che il governo non avesse più avuto niente di darci da mangiare, noi gli abbiamo risposto e detto il vero noi non sappiamo né pure cosa sia fame, essi restavano impietriti sentendo ciò, perché credevano che l'Austria non avesse più da mangiare credevano che la dovesse rendersi per la fame. Ma io credo che l'Austria abbia sempre mangiato e mangi tuttora meglio che in Italia.


Una mattina mi incontrai con una patulia. L'uficiale che guidava la compagnia mi fermò e mi domandò di dove viene signora. Dalla Parrocchia li risposi. C'è il parocco? mi chiese; sì. Ah! disse quello è un tedesco: perche dell'Austria riceve un bel salario, ma oggi nò ma domani andremo ben noi a trovarlo noi lo metteremo a posto. Signore gli risposi lui si sbaglia. Poi mi chiese perché lei così pure tutti gli altri non ci fatte nessuna accolienza nessun entusiasmo al nostro arrivo? ed io gli risposi signor lui a un bel dire ma per noi il tempo che traversiamo e i saluti che pocchi giorni prima ci hanno inviato non ci dà nessuna allegrezza. Mi disse: che dice mai? voglio dire che miei fratelli, i miei parenti ed amici sono al di fuori, e loro cercano di farli del male - e poi le palle del canone son cadute pocchi metri distante di quì. Lui si scuso dicendo che non anno fatto così per farci del male essi credevano che non ci fosse nessuno, e se ne andò.


Pocchi giorni dopo sono andati dal parocco lo arrestò e lo condussero in Piemonte dove si ritrova ancora.
Dei miei due fratelli e delle mie sorelle non sò più niente dacché sono entrati i Italiani in Vallarsa non hò più ricevuto una riga, così pure di tutti i miei parenti e di tutti chi amo son già trascorsi 14 mesi che non hò nessuna notizia. Lascio immaginare ad ognuno di chi legge quanto noi abbiam patito e pensato per i nostri carissimi in tutto questo tempo.


Se volessi scrivere tutto quello che abbiamo passato sotto questa bruta raza in Vallarsa mi occorerebbe un gran libro, dico in breve alcune cose, prima di tutto appena essi sono arrivati ai Raossi non si poteva più andar senza permesso, noi dai Speccheri siccome non vi era nessuna autorità nel nostro paese ci l'asciavano andar ai Raossi senza permesso, ma invece ce lo voleva per ritornare a casa altrimenti alla Piazza ci fermavano, questo durò lungo tempo per i Raossi poi lasciò libertà ma dai Raossi in fuori durò per sempre. Poi ci davano la farina a buon prezzo ma noi ce la guadagnavamo a forza di viaggi per andar a prenderla io ò fatto anche 7 viaggi ai Raossi e ancor sono ritornata senza quel magazinere pativa tanto la luna per quello gli occoreva le belle donne di quelle che ama li italiani, se si presentava qualche vecchierella la nè sentiva di ogni genere, ne hò veduto io coi miei occhi prenderle la carta di mano fargliela a pezzi in faccia a tutti e la povera vecchia piangendo dovette andarsene dovette farsi fare un'altra carta dal commissario. Ai 26 del mese di Lulio 1915 appesero un manifesto su di una cantonata di casa ai Speccheri, ci annunziava lo sgombero della contrada entro 48 ore che sia messa in libertà di tutta la gente i mobili delle stanze di tutta la contrada, fortuna per la mia famiglia che abbiamo avuto un'altra casa ai ... altrimenti saressimo costretti di ritirarsi nelle case altrui come e stato degli altri di contrada; ci an promesso l'affito ma per conto di questo noi sapressimo neppure come sono fatti i franchi. Le case non furono adoperate da nessuno per alcun tempo avevano metuto 3 soldati di guardia e noi per entrare dentro a prendere qualche cosa sulla teza ci voleva il permesso del commissario e si doveva venire ai Raossi a farlo fare tre quarti d'ora di distanza.


Poi ai primi di Agosto per forza son venuti i soldati con il carro ci anno tolto un carro di legname - tavole, travi, cantinelle ecc. però ci anno fatto il buono, e ciano detto che con questo si vadi del commissario che subito ci pagherà; il giorno di poi io sono andata del ... con questo credendo di ricever subito l'importo, ma invece mia tenuto anche il buono promettendomi che otto giorni dopo mi pagherà. trascorsi che furono io mi presentai mia detto che ritorna il giorno dopo, ma invano anche quello, e così di seguito di quando in quando io doveva presentarmi per questo affare ma sempre inutilmente aveva già stracciato un paio di scarpe. Poi hanno cambiato commissario il mio buono era già perduto, ed io eccomi da capo un'altra volta; dico in breve che dopo batter e ribatter a quelle porte dopo 7 mesi mi hanno pagata. In somma è impossibile che mi metta a memoria tutte quelle frivole petegolezze perché quasi ogni giorno cen'èra una più stravagante dell'altra; ci occoreva per fino il permesso di andare a lavorare la propria terra, per andar a prendere un fascio di legna nel proprio bosco, ne' nel bosco comunale; soltanto di autunno e nei giorni prescriti. Non si poteva andar fuori di casa dopo le ore 8 di sera all'inverno e alle 9 destate; coloro che trovavano fuori dopo le date ore gli arestavano gli conducevano diretti in priggione e dopo gli internavano. Anno tirato giù un pò di sussidio a tutti quelli che né ricevevano quasi subito poi andando avanti calavano sempre più. Di buono c'era solo che la farina celadavano a 90 cent... al chilo il riso a 36 la pasta a 50, e a quelli sgombrati delle sue case e che erano senza sussidio a tanti altri di questi li davano la sua data dose dei generi suindicati gratuiti. Per questa'buonamento sono state internate diverse persone perché si parlava molto di questo si diceva che ce lo manda l'Austria che sono benevolenze di Francesco Giuseppe, noi assolutamente non abbiamo creduto che sia roba d'Italia. Eravamo proprio come i schiavi, non si poteva parlare di niente, nepure far valere le proprie raggioni si doveva sempre tacere senza far valere le proprie raggioni abbiamo dovuto fare proprio da mamaluchi altrimenti ci tenevano per spie per partitanti dell'Austria e ci internavano facendoci patire d'ogni sorta di patimenti. Non mi allungo più nel mio racconto durante la mia dimora in Vallarsa ma incomincio la storia dopo che i nostri carnefici anno preso maggiore vigor nel vendicarsi contro di noi. Dopo la metà di maggio i canoni tuonavano incessamente, noi contenti dicevamo l'ora è prossima forse alla nostra resurezione; ma un pensiero ci anuvolava la mente, chi sà ci l'asciano alle nostre case. Di lavorare non si aveva più volontà, si discoreva un momento ad un verso poi ad un'altro, ognuno si può immaginare in tempo di guerra. Ai 20 di maggio verso le 7 di sera due guardie di finanza andarono da per tutte le contrade portando l'ordine dello sgombero imediato dai nostri paesi, appena che queste guardie sono arrivate nella mia contrada e ciano dato quest'ordine scopiò un dirotissimo pianto ad alta voce di tutte le persone io mi feci avanti e gli dissi io non ci vado noi non ci andiamo, le guardie si arrabiarono me nè anno deto d'ogni qualità maledissero il sangue nostro ci dissero veri austriacanti e continuarono a mille inguramenti che noi tra i singhiozzi non abbian potuto capire. Poco dopo si videro venir giù per la strada che conduce ai Speccheri la gente e le bestie dalla Parocchia e del Piano e alqualti dai Raossi Corte Piazza Bruni e Riva; era un grande scornpilio la gente piangeva le bestie urlavano ramingo per le strade, non si voleva partire ad ogni costo, alora arivano giù nella Valle tutti quelli di Obra con dietro dei soldati che gli obligavano di proseguire il camino altrimenti gli minaciavano la fucilazione, ci volevano via anche noi, io aveva il padre mio vecchio ed impotente; ognuno che veniva per pararci via io gridava io non vado ho il padre vecchio non è capace di camminare io non vado e difatti quella sera non sono partita, ma dovette partire la madre mia e mio fratello sono andati fino a Camposilvano. La mattina di poi ci dicevano chi vuol andar vada chi non vuol resti, allora molti ritornarono a casa anche i miei. Qualche duno dai Bruni e di Corte sono andati pur essi a casa sua, questi io gli pregai che in qualche modo passassero parola coi paesi più infuori e che facessero sapere ai tedeschi che per amor di Dio facessero fuocco celerato al confine in modo che se gli saltasse ancora quei cinque minuti di pararci via, fossero costretti di dover l'asciarci alle nostre case; era il sabato 20 maggio nella mia eravamo ancora tutti a casa, in sulla sera mezzoretta dopo notte arrivò un tenente rabbioso come un serpente ci voleva via tutti, me pure mi aveva per un braccio e voleva strascinarmi via mi misi a gridare mio padre amalato non lo l'ascio, lui mi disse l'ascialo, viene poi la croce rossa a prenderlo, gli risposi non lo l'ascio non mi fido, mi l'asciò e quella notte siamo ancor restati alle nostre case, ma il tenente cattivo non vole andar via quella sera senza aver davanti qualche duno, ma per forza minaciando la fucilazione fece mettere in mezzo ai soldati due ragazzi da 19 anni senza l'asciarli prendersi nepure una camicia per cambiarsi, gli fecero partire; il giorni di poi domenica 21 maggio erano tutti li italiani cattivissimi alla mattina vennero tanti soldati e fecero partire la maggior parte di persone, minaciando il bombardamento di tutto il paese, mio fratello ... che fino allora si era sempre tenuto nascosto dovendo partire la madre nostra e colle bestie dovete pur esso forzatamente partire l'ascio immaginare ad ognuno il giorno più triste di tutta la nostra vita, essi come tutti gli altri son partiti a malinquore e piangendo l'asciando me e il vecchio padre nostro e una sorella che era già sposata fuori di casa ma questo momento si trovava con noi amalata restò pure alcuni altri che non potevano mettersi in viaggio per malatia per vecchiezza o per aver tanti bambini che non potevano portarli tutti perché si aveva una lunga e faticosa strada da fare dai Speccheri a Camposilvano e fino ai Dolomiti sempre a piedi e senza nessun aiuto. Noi tutti che eravamo rimasti ci avevano proibiti severissimamente che guai a noi se ci l'asciamo vedere di fuori delle case noi ci abbiamo riuniti e ritirati tutti assieme in un volto sotterraneo siamo restati tutta la notte la mattina del giorno seguente lunedì 22 maggio venero i carabinieri e i soldati a trovarci anche in quel luogo e con bella maniera per lusinghiarci ciàn detto; su tutti da bravi forzatevi andate tutti alla Canova là ci sono anche degli altri amalati è fuori sulla casa la croce rossa voi tutti assieme a quelli rimanerete là come ospitale e vi l'ascieremo restare. Tutti siamo andati, là che siamo stati io e due mie compatriote subito siamo ritornate nella nostra contrada per prenderci qualche cosa da mangiare sono entrata a casa mia era già tutta sottosopra armadi cassa-banchi casse bauli tavole tutto era aperto tirato fuori tutta la mobilia, così pure nelle altre case anno forzato le porte sono entrati da per tutto facendo mille malani, ucidevano tutte le galine che potevano piliare, capre capretti si menavano con loro nei boschi; le vacche e i vitelli che trovavano per le strade ed anche andavano nelle stalle a veder se cen'erano tutto piliavano davanti i soldati e le parava su da Camposilvano e via in Italia era prprio un gazèr' del diavolo. Quando noi siamo ritornate alla Canova ecco subito un' altro scompilio, son venuti i carrabinieri ed un tenente parevano proprio i demoni scatenati dal l'inferno erano rabbiosissimi avevano la rivoltella in mano andavano dietro di tutti gridando vià di quà via di quà noi tutti spaventati piangendo gli dicevamo; non andiamo; essi gridavano facciamo fuocco via di quà e improntavano il revolver nella schiena alle persone costrettissimi tutti coloro che potevano stare in piedi fra tanta disperazione dovettero partire abbandonando i loro vecchi ed li amalati anche mè volevano pararmi via proprio con la forza minaciandomi la fucilazione ma io disperata gridava se vogliono ucidermi io sono qui ma non sarà mai vero ch'io l'ascia mio padre morta sì ma l'asciarlo no a forza di piante e supliche mi anno l'asciata io sola di sani con undici amalati. Ma in sulla sera di lunedì 22 maggio alle ore 3 arrivarono una ventina di soldati ci vollero via tutti questi anno preso questi poveri vecchi e col loro aiuto gli strascinarono a qualche maniera su per il roe dai Speccheri al Piano; alla Canova ne sono rimaste ancora tre dal tiffo incapace di camminare e queste anno duvuto poi andare a prenderle colla portantina che portano i feriti, io dovetti lasciarle: queste tre nel suo viaggio né anno dovuto passare di ogni qualità, una a dovuto morire per strada. Io assieme a li altri otto amalati alle 4 siamo arrivati al Piano il canone tuonava incessantemente era tutto un crich crach di fucili e ghevermascin sopra le case, si vedeva le granate a scoppiare dalle parti di Obra e Camposilvano ma neppur una andava in un paese a colpire sicché si vedeva che non c'era pericolo tutta la gente poteva restare alle proprie case ma i perfidi nostri traditori vedendo che a viceversa andavano a Trento vole vendicarsi contro di noi a voluto proprio farci vedere la libertà che ci veniva portando: Libertà di venire a rapirci a rubarci tutto quanto noi possedevamo metendoci sulla strada del tutto cole sole braccia e senza lavoro anche queste. Ecco la libertà che portò a noi l'Italia, vera libertà perché noi non abbiamo più niente.


Alle 4 e mezza arrivò un automobile e di su questo noi siamo partiti l'automobile andava come il fulmine non si poteva vedere fuori ma si sentiva i colpi del canone e granate che si scoppiava vicino a noi ma però noi non abbiamo avuto nessuna paura eravamo molti più contenti noi che un colpo avessi preso l'automobile che noi fossimo pur morti prima di varcare il confine più tosto di venire quà giù. Alle 6 e mezza siamo arrivati a Schio ci anno condoti in un locale scolastico dove vi era sparsa per terra della paglia e li abbiamo dovuto rimanere tutta la notte, da mangiare ci anno dato una pagnoca una tazza di late fredo e crudo e una conserva, alla mattina invece che darci la colazione ci anno condoti alla stazione e lì abbiamo avuto di aspettare fino a meza matina, siamo montati in treno senza mangiare, io e diversi altri ci avevamo comperato una bottiglia di vino, fortuna per noi che abbiamo potuto comperarci questo perché con questo abbiamo pututo tenerci un pò di forza, da Schio a Vicenza il treno impiegò tra avanti e indietro 13 ore durante questo ci hanno dato un paio d'uova per persona, siamo arrivati a Vicenza fuori per la notte verso le 11 deboli ed affamati come i lupi; pareva che lì ci dassero qualche cosa da cena ma niente non abbiamo ricevuto, tutte le boteghe erano chiuse non si poteva mandarsi a prendere niente, ci anno messi rinchiusi in una piazza di dietro alla stazione, era una notte buia e piovvigginosa ma noi stanchi, deboli ed affamati (Coi soldi in tasca) abbiamo dovuto sdraiarci per terra e così rimanere quasi tutta la notte. Quì nessuno può immaginarsi benché io non sia di quelle che per poco si lamentano e spropositano, ma io dico la verità che non gliene ò mai dito tante a questa genia come in quella notte, vedere mio padre vecchio impotente giacere per terra al cielo aperto aveva disteso sotto solo una coperta che avevamo presa da casa, il mio caro padre stratolto com'era dormiva in questo stato, io lo guardava contemplandolo in tale stato sdraiata a canto a lui mi strugeva in dirroto pianto. Chi non a veduto in quella piazza quella notte non possono immaginarsi com'erà chiunque ci avessero veduti che avessero avuto un pò di cuore e umanità sarebbero stati incapaci di trattenere il pianto; non dico degli italiani perché questi non anno né cuore né umanità, (parlo di gente nostra) in questa piazza vi era anche dei profughi italiani, di Asiago, ma questi gli trattavano più bene di noi questi gli anno messi al coperto benché sono stati fermi pocche ore perché coi primi treni sono partiti. Noi siamo stati tutta la notte in piazza senza ricevere nepur una tazza di acqua, i bambini piangevano di fame ma nessuno a potuto avere un pò di latte neppure pagando, sul far del giorno ci anno fatti montare in treno quel treno era abbastanza comodo al confronto di quello che da Schio cià condoti a Vicenza che era un treno delle bestie che puzzava come una sfondra senza avere nei vagoni neppure una banca per sedersi vi era solo sparsa un pò di paglia e sù di quella noi abbiamo dovuto sdraiarci, abbiamo avuti tanto gli ossi frantumati che eravamo quasi quasi incapaci di camminare dalla piazza al treno.


Siamo partiti da Vicenza diggiuni ancora, nei vagoni eravamo messi come le sardele che tanti doveva stare in piedi.
Siamo arrivati a Verona gli ci anno fatti smontare a cambiar treno poi subito siamo partiti senza ricevere neppur una goccia d'acqua. Verso le 10 del mattino del giorno 24 maggio siamo arrivati alla stazione di Legnago ci anno fatti discendere e ci anno dato due dita di marsala in una bicchiera e un pò di pane; ci dissero in questo paese si rimane, ora andiamo dove ci sono anche gli altri che sono arrivati prima, ci anno messi tutti in fila e ci anno condoti giù credevamo noi di entrare in qualche casa che ci avessero già preparato il posto, ma allora è! noi si possiam cantare, le case d'Italia non son fate per noi-


Cian condoti in un piazzale grande dove ci sono dei grossi alberi che sembra di essere in un bosco ed intorno a questo vi sono delle alte mura, si può entrare solo di tre parti dove ci sono i restelli di ferro, i nostri patrioti prima di noi arrivati non in una casa ma in questo luogo ci aspettavano. Quando noi siamo arrivati al rastello tutti i nostri sono corsi ad incontrarci, ma ai cosa si vede; son tutti rinchiusi di dentro come in una gabbia così pure noi ci fano pasare di dentro poi rinchiudono i rastelli ci mettono i soldati di guardia e per quanto si avesse di bisogno di qualche cosa non ci l'asciano passare nessuno, come noi fossimo i primi malfattori del mondo; uno sguardo dintomo, cosa si vede? un gran numero di tende che addoperano i soldati sul campo, ecco la nostra abbitazione e se cenefossero per tutti; molti e molti dovettero restare per molto tempo all'aria aperta e sotto il volto delle stelle, io appena arrivata dopo tante sofferenze durante i giorni scorsi lo sfracellamento delli ossi l'avvilimento di vederci in questo stato era tutta sfinita, mi anno loggiata assieme al padre mio sotto una tenda io non era più capace di frenare il pianto di subito mi saltò la febbre era amalata, ma qui sulla paglia mi anno sempre l'asciata, così pure di tanti altri che erano amalati dovettero rimanere in questo modo, nessuno non si prendono cura di noi, vecchi bambini amalati tutti tutti abbiam dovuto dormire su un pò di paglia sparsa sulla terra e molti come i martiri morire. Quì da mangiare ci danno alla mattina un pò di caffè nero lungo e quasi amaro e un pò di pagnoca, a pranzo un pò di brodo che si può dire acqua calda e un pezzettino di carne che un ucelletto la mangerebbe in un pasto, e alla sera maccaroni; (il cibo prediletto degli italiani) cucinati malissimo, un cibo che noi lo daressimo ai porci; pare proprio che facessero aposta per farci fare una forte indigestione e in questo modo e con tutte le altre deliberci ancor noi tutti di questo mondo. (Ma noi fidenti in Dio speriamo.) Nei giorni di mercoledì e venerdì ci danno un pò di farina, ma i più tanti se vogliono far la polenta devono andar alla bottega e aggiungere a quella di companatico un pò di formaggio magro e poco, oppure un pò di salame di carne di cavallo e ranzo anche quello siché coloro che lo mangiano subito dopo anno mal di ventre. Qualche volta fanno il riso, e anche meno male ma ce nè danno pochissimo, i cucinieri sono soldati tutti trufattori (ladri) la meglior carne se la nascondono per loro così pure fano col zucchero e caffè lo vendono una quantità fuori in paese e poi fra di loro spartiscono le lire. Le porzioni che ci danno sono piccolissime fano apositamente per averne un bel pò di avanzo, e poi dopo notte le danno fuori a quelle donne che amano che gli piace gli italiani. Noi farci intendere o tacere è tanto istesso (anzi peggio) a dirla in pocche parole, siamo trattati malissimo.
Sibbene in così triste condizioni mio padre grazie a Dio si trovava abbastanza bene di salute, ma il diavolo e venuto a turbare anche qui; un giorno dopo che son trascorsi 15 o 20 giorni che eravamo quì vene il dottor Martinelli e il capo comune Polli col ordine del Comune e dissero al padre mio, voi che siete vecchio che non siete capace di stironarvi in questa maniera se siete contento vi mettiamo quì poco distante in una casa dove avrete un buon letto con biancheria e spesa buona e sarete assieme tutti i vecchi che si trovano quì. Noi eravamo ben contenti che fosse trattato un pò meglio di quì e abbiamo acconsentito a ciò; ma essendo noi stati inganati quasi sempre, gli abbiamo detto se quella casa è quì fuori in paese oppure poco distante allora si e senò nò; essi ci dissero potete andar a ritrovarlo tutti i giorni; passarono alquni giorni, tutti tacquero, una mattina 20 giugno vene le guardie di finanza e il Polli e dissero preparatevi che andate e così pure dissero agli altri che dovevano partire io gli chiesi dove và? dove vogliono condurlo? Io voglio sapere, essi mi risposero noi non lo sappiamo; a canaglie io gridai vogliono inganarci anche in questo modo allora mi dissero vanno un'ora distante di quà: io tacqui ma vidi l'ingano; tutti si prepararono non cèra più che dire il padre mio doveva partire, al cancello vi era l'automobile della croce rossa che aspettava per menarli alla stazione, noi eravamo molto pensierosi, a mè mi saltò una rabbia tremenda ma benché era ancora un pò amalata pure mi preparai dicendo voglio andar con lui fino al posto dove lo conducono perché degli italiani non mi fido chi sà dove lo conducono: si sono uniti tutti al cancello montarono alquanti in automobile io mi presentai al Dottor ... e gli chiesi se poscio se mi l'asciano andar ad accompagnarlo fino dove va; mi rispose di si: Loro in automobile ed io a piedi siamo andati alla stazione di Legnago, il treno era pronto tutti questi poveri vecchi gli anno fatti montare, così pure io sono salita nel vagone assieme a mio padre, quando il treno era quasi per partire si presentò a mè il brigadiere di finanza e mi chiese dove và lei? ad accompagnare mio padre li risposi io, hà le carte? mi disse. Che carte gli risposi, anno detto che gli conducono un'ora di distanza io credo che non occora carte; guardi bene mi disse lei quando arriva in qualche città verrà forse arrestata, ma io non aveva paura stava ferma al posto lo stesso il brigadiere lo disse a Commisario che era gli in stazione e col l'ordine di quello venne da mè e mi fecci discendere dal treno. Se nelle mie mani avessi avuto alcun potere io non sò cosa avria fatto quella mattina, il treno se nè andò portando via il padre mio in pianto sconsolato, l'asciando io e la famiglia pure in desolazione, a me mi pareva che mi si rompa il cuore dai singhiozzi ancor alla stazione ma pietà in Italia non ce nè dovetti andar ancora nel serraglio e colà sfogare per tutto quel giorno il pianto mio, pensava quanto aveva fatto in Vallarsa per non l'asciarlo mai a costo di morire, più una volta hò detto latto di dolore in quei giorni di lassù, no per la paura dei Tedeschi, perché era un'anno che aveva passato in angoscie per loro, gli aspettava colle braccia aperte; ma aveva paura degli Italiani che ci minacciava ogni momento la vita. Pocchi giorni dopo mio padre cià scrito una cartolina nella quale ci disse che lui si ritrova a Imola, nella prov. di Bologna in un Civico ricovero. Ecco scoperto il tradimento, non poterlo vedere ogni giorno, non un'ora di distanza, ma ben 12 ore di treno: L'ascio immaginare ad ognuno quanto noi soffriamo. In seguito cià sempre scrito e pian piano cià fatto conoscere come si trova; in una sola parola vi dico la verità poco bene; cià manifestato il grande desiderio di venire ancora con noi; Alcuni anno dimandato al Signor Commissario, che ci facesse un grande piacere a l'asciarli venire ancor quì con noi; cosa an ricevuto in risposta? anno ricevuto una strappazada (ecco tutto). Il sussidio militare ce l'anno dato fino al mese di Giugno 1916 e poi basta. Ci anno passato dopo incominciando di settembre 30 cent. ai giorno a tutti quelli sopra i 15 anni, e a quelli di sotto 15 cent. al giorno. E ai poveri vecchi che sono a lmola non gli passano neppure un centesimo; ecco come sono trattati i vecchi in questi paesi, essi bisognosi non ricevono niente, ed i giovani che sono sul lavoro e che ricevono la paga, pure gli passano i 30 cent. come gli altri. Io come pure la mia famiglia siamo stati sul campo della fiera sotto alla tenda dal 24 maggio 1916 fino ai 2 Ottobre 1916, in questo tempo abbiamo passato una vita da martiri: mangiare cattivo e poco, del resto raccomandarsi al proprio portafoglio, dormire sempre sul terreno su di un pagliericcio con un pò di paglia ricevuta sin dai primi giorni, animaletti e insetti d'ogni qualità; voglio fare anche il nome, vermi, sorci, scarpioni, rospi, vipere, ragni, e formiche, ce n'era una grandissima quantità, siché ci è passato tante e tante notte che non abbiamo potuto dormire niente dal tormento il Signore e la Beata Vergine ci guardava siccuro, perché si ben ci era tante persone in mezzo a tanti animaletti velenosi di morsicati ne sono stati solo due e sono guariti anche quelli, pulci e pidocchi grossi non si parla. In tutto il tempo trascorso in fiera salute non nè godevamo niente, io sono stata amalata sei volte in questo tempo mia madre sempre si può dire, sinché ai 18 agosto dovete andare al Lazzaretto aveva la febre del tifo, ritornò dall'ospitali li 8 Ottobre mio fratello 7 settimane male un piede. Allora noi eravamo fuori di quartiere e ci toccava pagare 7 lire al mese di affito e benché siamo stati scacciati a fucile e baionetta da casa nostra, pure ci tocca o dormire e stare in fiera sulla terra o pagarsi il quartiere di propria saccoccia. Di tutti gli animali bestiame che ci anno tolto in Vallarsa e durante il viaggio nessuno finora an ricevuto un centesimo neppure un buono per farsi intendere per l'avvenire, per quanto si capisce non c'è speranza di ricevere neppur grazie. Ecco i benefici che noi riceviamo di questa gente. Nel tempo che eravamo in fiera venivano al di fuori dei cancelli una manegha di raggazzaci e per farci rabbia ci cantavano insolenti canzoni ci gridavano tedeschi tedesconi vi abiam presi si questa volta, vi abbiamo messi in gabia si a a a. Ai 21 dicembre si sente la notizia della morte di Francesco Giuseppe.


Ai ... dicembre tutti quelli del campo della fiera sono partiti per Celle Ligure. Ai ... Gennaio sono partiti tutti i profughi di Vallarsa che si trovavano a Bevilacqua e nei boschi di S. Anna pochi giorni dopo riceviamo lettere, raccontano miserie. Ai 26 Gennaio ad ore 3 pomeridiane siamo partiti tutti noi che eravamo a quartiere a Legnago e Porto. Durante il nostro viaggio abbiamo sofferto molto freddo eravamo messi in vagoni niente riscaldati, alla stazione di Legnago ci anno dato una pagnoca ed una conserva a testa, e poi altro fino a S. Pier d'arena in questa città siamo arrivati alla mattina alle ore 7 1/2 abbiamo ricevuto il caffè e una pagnoca in stazione, poi siamo partiti il treno andava velocemente sempre dietro la spiaggia del mare alle 11 siamo arrivati ai palazzi di nostra abbitazione, siamo smontati dal treno sull'imbocco di una galleria, e col direttore davanti siamo caminati un pò in sù, fino al palazzo Milanese il tempo era cattivo vi era un forte vento che a stento si poteva camminare ci anno fatti tutti passare in due sale poi ci anno distribuito il manaio, una tazza di minestra spaghetti e un pezzo di pagnoca. Poi dopo ci anno fatti andare tutti al bagno, e gli uomini an dovuto passare dal barbiere a farsi pulire, benché fossero anche puliti. Poi a tutti ci avevano già preparato le brande o letti siamo andati tutti nelle camerate già destinate per noi. Io e mia famiglia ci troviamo nel palazzo Ospizio Torinese dove vi sono tutti quelli di Obra, gli altri di mia frazione sono tutti nei palazzi Milanesi. Quì alle sei dei mattino suona il campanello (svelia) ore 7 prima campana del caffè 7 1/2 seconda campana correre in refettorio si prende il caffè e pagnoca a ore 11 prima campana 11 1/2 seconda scendere in refettorio, si prende il pranzo (però qualche volta magro) 5 pomeridiane prima campana 5 1/2 seconda tutti in refettorio si riceve la cena, a me qualche volta, o perché non mi piace o perché mi fà male sono costretta a fare il digiuno, ore 8 ultima campana silenzio (ritirata); di camera e di letto si può dire veramente che si stà bene, grande sorveglianza, grande pulizia. Pocchi giorni dopo che siamo arrivati quì mio padre ci scrive un pò disturbato a la febre, noi dolenti non poterli essere vicini, poi presto ci scrive che stà meglio e che a molta speranza di venire anche lui con noi, noi contentissimi. Di più contentissìmi che abbiamo avuto la grazia ricevere una cart. ai 2 febraio della nostra Enrica avvendo ciò notizia anche dei nostri fratelli dopo 20 mesi di lungo e penoso silenzio; avvendo da partecipare al nostro caro padre questa notizia siamo esultanti, l'ascio immaginare ad ognuno. Quì fà freddo, ma si deve soffrirlo, fuocco non se lo vede mai, stanze riscaldate nemeno. Io incominciando dai primi di febraio e da ché scrive oggi 13 maggio hò sempre avuto male un piede, (una grande infezione. Oh dovuto soffrire grandi dolori) ora stò meglio possio camminare bene. In questi mesi dacché siamo a Celle abbiamo ricevuto ognuno un vestito e un paio di scarpe 2 camicie gli uomini 2 paia mutande e 2 calzetti, ebbene ieri e oggi i nostri ... ci fanno fare a tutti una firma sù di un foglio di carta senza spiegarci veramente il perché noi tutti dubitiamo essere traditi, ma ci dicono che è un omaggio che fanno a un cavalier per i doni a noi fatti, ma noi dubitiamo ancora (perche noi siamo scotati dell'acqua calda ed abbiamo paura anche di quella fredda) suspettiamo che sia un tradimento che ci fano per farci cittadini ... abbiamo preso informazioni dicono che non possono fare questo tanto, ma noi abbiamo paura perché ci sforzano che firmiamo, farci proprio intendere e battere le nostre raggioni non possiamo perché non abbiamo nessuno dalla nostra parte, perché per semplice parola detta contro ... c'incarcerano ci fanno soffrire e forse anche morire perciò in questi giorni noi passiamo una vita ancor più dolorosissima della solita. Io per mia disgrazia ho dovuto oggi andar a prender il sussidio di 20 c. al giorno che ci danno dopo del mese di febbrai, intanto che firmai le carte del sussidio, senza sapere ne tre ne sei firmai anche la carta per noi in sospetto da quel momento in poi non trovo più pace, voglio sperare che non sarà niente in tutto; ma quallora fosse anche il tradimento che noi suspettiamo; Oh mio lettore tu sapi pure che io sono innocente ch'io sono e sarò sempre fedele alla mia cara patria ... nella cui bramo ardentemente di presto ritornare. Col mangiare qui è sempre più magro. Il mio caro padre è ancora a Imola, benché ci continuano a dire che li fano venire ma quì non se li vede, poveri vecchi. Bisogna che dica anche che quelli che non volevano fare la firma ve né stato anche che anno sentito grandi rimproveri e per fino a scolari anche dato delle botte ed agli altri gli dicevano che quando che verà il direttore gli farano chiamare alla sua presenza e fra mezzo a tanta vergogna per forza dovrano firmare, dico anche quali erano che ci voleva forzare, il primo di tutti era il maestro Virgilo Stoffella, il famoso venuto dalla Russia con tante imprecazioni per l'austria; ed il s. D. Giacomo Martinelli suo colega e la sig.na Robol Angelina maestra dei Raossi una volta; ma certo non la verà più, e poi la moglie del Virgilio ora maestra è stata quella che a dato delle botte a suoi scolari. Il Direttore alcuni giorni dopo è venuto, ma niente è sucesso sappiamo solo che a detto che ci l'asciano stare che tanto pottrebero batterci via anche la testa ma noi saremo sempre quelli. Bene si vede proprio che era proprio tale e quale noi abbiamo suspettato; ma per quanto si crede deveno aver distruto tutto. (E per noi grande piacere). Qui siamo in una posizione che viè tanti fiori ma se per caso uno nè accoliesse e che sia veduto, subito gli levano il sussidio dei 20 cent di tutto il mese; così pure fanno se qualche ragazza o donna parlasse con qualche soldato o uomo qualuncue che sia veduta da qualche d'uno, via il sussidio se occore anche per sempre ma per questo a me non mi fano nessun dispiacere perché con manco né vedo ... meglio stago.
Tutti anche i ragazzi e uomini nostri devono stare coi piedi nelle scarpe tanto nel parlare che nel trattare con qualunque e se nò via il sussidio e anche di più.
Liberta ne anno solo quelli che abbiamo davanti medico maestre e quelli che sono venuti dalla Russia e desertori, e sù tutti gli altri dai che le tardi. Speriamo in Dio che ci libererà presto se nò poveri noi.
Il sussidio militare ce l'anno dato l'ultimo l'anno scorso fino Giugno 1916: e poi basta. Adesso maggio 1917 ci anno dato 15 lire per soldati in Austria o Russia, non si sà se continuano. Il mio padre ancora a Imola e obligato a letto da più di un mese, poverino chi sà se lo potremo ancora vedere, tutti viviamo con dolore non poterlo assistere e neppur vedere. Solo si vede che Iddio con tutti i bastoni non ci bastona, siamo un pò consolati nel ricevere anche in questi giorni notizie dei nostri cari in Austria, speriamo ci aiuterà anche per lavenire, ci darà forza di sopportare, e grazia di poterci presto tutti abbraciare.
Oggi che scrivo è il primo luglio 1917, giorno della della sagra della Parocchia di Vallarsa, l'anno scorso in questo giorno stata al bagno nel ladige a Legnago, quest'anno potrei andare nel mare ma è in burasca. Speriamo che l'anno venturo 1918 lo passeremo in Vallarsa se viviamo questo giorno, altrimenti poveri noi. Tutto il mese di luglio e pure agosto ci è passato così così né ben nè proprio male settembre pure, ma io e la mia famiglia siamo sempre vissuti in tristezza pensando a tutti i nostri cari ma più ancora nel ricevere sempre le notizie del nostro caro padre una volta ci dicono che si trova benino un'altra che stà male e con pocca servitù mentre noi siamo qui in quatro senza far niente e dover l'asciar così abbandonato il nostro padre nella tarda età di ottanta anni, ci si straccia il cuore dal dolore, ma pure dobbiamo rassegnarci e beverla, non poter assisterlo e nepur vedere ben 397 chilometri di ferrovia ci separa e inutile dimanndare permesso. Ai 8 ottobre io mi reccai assieme a mie compagne al Santuario della madona della misericordia presso Savona comperai ricordi e cart., ne scrissi pure una a mio padre inviandoli la benedizione di Maria ritornai alli Ospizi; il giorno 11 ottobre venni io chiamata dal Sig.r capelano D.F.F. esso mi diede una cart. a mè diretta dal direttore del ricovero d'Imola, mi dava il triste annuncio della morte del mio buon padre avvenuto ai 8 ottobre alle 2 pomeridiane proprio nell'ora in cui io gli inviava la benedizione di Maria lui volò a vederla nel Cielo.
Devo pure segnalare li 10 ottobre alle 2 1/2: quì nel mare vicino agli Ospizi scopiò una grande balla gallegiante anche qui si vede che Maria ci aiutò perché questa bomba a fatto un gran fracasso fecce cadere quasi tutti i vetri delli Ospizi anche scuri e soglie a abbatuto e fracassato à increspato pavimenti ed a sconcuasato anche i coperti dei palazzi per il danno di 15 milla lire sopra di noi è stato tutto una fumana i tòcchi di bomba an piovuto per più di mille metri di terreno anche di sopra di noi eppure con tutto questo nelle persone di Vallarsa a reccato spavento sì ma neppure una goccia di sangue a fatto.


Il primo novembre giorno dei Santi noi tutti abbian dovuto cambiare palazzo unirci tutti in uno nel Milanese femminile, tutto questo è stato fatto fare in fretta per dar posto ad altri profughi che erano per strada che venivano, pocchi giorni dopo arrivò i Friulani.
Sono rimasti con noi tutto l'inverno, in primavera gli fecero andare a Stella e a Celle; con noi venero quelli di Vallagarina che prima si trovavano a Genova. Durante l'inverno abbiam patito tantissimo freddo ed anche fame se si vuò ristorarzi un pò dobbiam bevere vino oh pure liquori e a carissimo prezzo, ma da mangiare non se ne trovano a quallunque prezzo. / Ai ... di maggio anno messo sulla porta delli Ospizi un manifesto che ci diceva che vista una lettera venuta dall'Austria la quale ci indicava il modo per venire rimpatriati il quale la maggioranza di noi da tanto tempo desideriamo; pure avendo noi davanti tutto disertori traditori di patria capaci di qualunque azione pur di reccar del male a tutti e in tutto dove possono hanno fatto espore questo manifesto, in fondo minaciando anti italiani e rei di mille guai a coloro che ardissero di chiedere ciò, anno fatto publicare perfino in chiesa guai a coloro che se per caso qualcheduno ci chiedesse una firma e che noi la facessimo saressimo subito internati, e bene niente è sucesso.
Ai ... di ... sono arrivati i vecchiotti che ci avevano rapito a Legnago i 20 giugno 1916 con il cuore strazziato andai a salutare la mia zia Catterina pensando anche il buon padre assieme ad essa ci dovrebbe essere! ma innutilmente io, noi, guardiamo aspettiamo ma in questo mondo non lo vedremo mai più.
Lui dal Cielo ci guarderà ci prettegerà e benedirà un giorno a lui ci uniremo la sù. /
Pur troppo anche quest'anno 1918 giorno di sagra di mia parrocchia disgraziatamente mi trovo ancora in Liguria, andai al bagno in mare; ma ancor voglio sperare che non sarà mica l'eternità questa no. Torno ancora colle firme in questi giorni i nostri magnaldi ci vogliono farci fare la nostra firma per ommaggiare festegiare il secondo anniversario di Cesare Batisti bella anche questa omaggiare questo noi? tanto direi ma devo tratenermi per paura che questo mio scrito vadi in mano di qualcuno.
In ogni modo questa non labbiamo fata per quanto cian fatto e detto ci anno tratati di ingrati, di diffidenti come del resto vero non ci fidiamo noi nò di tali persone, io e le mie compagne di lavorattorio ci anno castigate di più che gli altri e ci fanno broncio ma per questo niente paura la ghe paserà.


Broz Amabile
Broz Albino
Pezzati
Broz Amabile




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