Una legge irachena consegnerà alle società petrolifere americane il 75% dei proventi del petrolio
Il governo fantoccio iracheno si
appresta a regalare la principale ricchezza del paese, il petrolio,
alle multinazionali, quelle americane in particolare. Lo farà in base
al testo di una legge preparata da una società di consulenza Usa,
visionata alla Casa Bianca, presentata alle società petrolifere e al
Fondo Monetario Internazionale. Una legge che secondo il settimanale
inglese The Indipendent on Sunday permetterà entro breve tempo
al cartello delle principali compagnie petrolifere di mettere per
trenta anni le mani sul petrolio iracheno.
L'Iraq è considerato il terzo paese al mondo quanto a giacimenti
petroliferi, dopo l'Arabia Saudita e l'Iran; le stime ufficiali
assegnano all'Iraq riserve per 115 miliardi di barili di petrolio, il
10% del totale mondiale, che però non tengono conto dei giacimenti
ancora non esplorati nella parte desertica occidentale. I giacimenti si
trovano a poca profondità per cui l'estrazione è molto facile e poco
costosa; il greggio iracheno è inoltre di ottima qualità.
Il pieno sfruttamento di tale ricchezza era stato tolto dalle mani
delle multinazionali nel 1972 con la nazionalizzazione del settore
decisa dall'allora presidente iracheno Hassan al Bakr; con
l'aggressione del 2003 l'imperialismo americano ha ripreso il controllo
anche dei pozzi petroliferi e li vuole riconsegnare nelle mani delle
multinazionali come le americane Exxon e Chevron o le inglesi Bp e
Shell. Chissà se qualche briciola toccherà anche all'italiana Eni,
magari ricavata dai pozzi già esplorati nella zona di Nassiriya dove
non a caso si era schierato il contingente di occupazione italiano.
La legge che a breve sarà discussa dal parlamento di Baghdad è molto
diversa da quelle in genere varate dai paesi produttori che assegnano
alle società petrolifere straniere l'estrazione e la vendita del
greggio perché prevede l'applicazione di un sistema chiamato
"Production-Sharing Agreements" (Psa); tale sistema permette alle
società petrolifere di mettersi in tasca il 75% dei profitti della
vendita del greggio fino a quando non dichiareranno di aver recuperato
i costi sostenuti e solo allora la loro quota "scenderà" ad un ancora
sostanzioso 20%.
La legge prevede che i contratti abbiano una durata trentennale
sottraendo di fatto le risorse di greggio alla sovranità irachena che
mantiene solo la proprietà dei giacimenti; i profitti vanno alle
multinazionali che investono nelle infrastrutture e nella gestione dei
pozzi, degli oleodotti e delle raffinerie.
La sovranità irachena non ha valore anche nel caso di controversie tra
lo Stato e le società petrolifere in quanto le parti dovranno ricorrere
ad un arbitrato internazionale. Le società petrolifere, secondo il
documento analizzato dal settimanale inglese, potranno infine esportare
i loro profitti, che sono esentasse, senza restrizioni.
Il testo della legge è stato elaborato dalla "Bearing Point", una
società americana incaricata dall'amministrazione Bush di assistere il
governo iracheno con propri "consiglieri", di stanza presso
l'ambasciata Usa a Baghdad. Nel giugno del 2003 la "Bearing Point" ebbe
l'incarico di "facilitare la ripresa economica irachena" con lo
svolgimento di compiti quali stesura del budget statale iracheno, la
scrittura del testo di leggi sugli investimenti nel paese, sulle regole
neoliberiste per il commercio e le dogane, sulla privatizzazione delle
aziende irachene; tra gli altri impegni della società quello di
organizzare la raccolta delle tasse, creare una nuova valuta e fissare
i tassi di cambio. Buon ultimo il compito della stesura della legge che
regala il petrolio alle multinazionali, col testo passato prima dalla
Casa Bianca, dalle società petrolifere americane, dal Fondo monetario
prima della formale ratifica del governo e del parlamento di Baghdad.
17 gennaio 2007
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