Me ne accorgo ogni volta che accade qualche episodio di criminalità "singola" (aggressioni in ville, infanticidi, rapine, stupri ...) soprattutto se coinvolti sono extracomunitari; perchè è quella che interessa oggi: dà il destro a chi è al potere di non far sentire la presenza di una criminalità (cioè un disagio sociale) diffusa o sfuggita di mano, ci fa sentire meno colpevoli perchè in fondo rappresentano una "eccezione", i coinvolti sono altri, e non mettono in discussione il nostro modello di vita e la nostra concezione di legalità , come nel caso della criminalità organizzata.
Al massimo ci si imbastiscono cinici talk show.
La leggi negli occhi della gente, di coloro che non hanno il coraggio di dirlo.
La ascolti da chi urla a gran voce nei microfoni della televisione cinica e opportunista che abbiamo.
La sbirci nei titoloni dei "soliti" giornali.
Purtroppo la senti ripetere da forze politiche che demagogicamente ci speculano per un pugno di voti ("i serbi sono geneticamente criminali", "ci vorrebbe la pena di morte": ma chi sono i veri mostri?) o addirittura organizzano fiaccolate contro gli immigrati (e contro chi sennò?).
Angoscia e odio, ecco cosa leggo.
Durante la peste di Londra nella prima metà del seicento si sparse la voce che erano responsabili dell'epidemia streghe e untori. Si diede loro la caccia, li si acchiappò, si fecero processi pubblici e li si giustiziò pubblicamente. E ogni volta che si tenevano queste adunanze a base di decapitazioni, migliaia di persone accorrevano e le pulci dei topi, responsabili della diffusione del virus, ne approfittavano per saltare su persone sane e infettarle.
Anche oggi davanti alla criminalità vera o presunta si invoca la giustizia sommaria, soprattutto verso gli immigrati. Così facendo si ignorano le vere cause della delinquenza e si aumenta il pericolo invece di contrastarlo.
Non per fare sociologia: ma è da aspettarsi che una società che lascia dormire per strada migliaia di esseri umani non può pretendere di dormire sonni tranquilli. Questi esclusi sanno che nessuno gli dà una mano. E ovvio che tra questi qualcuno scelga di aprirsi un varco con la forza, nella società dei consumi. Come li fermi?
Angoscia: quella che leggi negli occhi degli intervistati, che trapela dalle grida della gente, dai titoli dei giornali, magari fatti ad arte per aumentarla e non per capire.
E la mancata individuazione delle cause rende illeggibile il fenomeno e non credibile il rimedio (la pena di morte, le ronde, 500 chilometri di filo spinato).
Ciò non aumenta la paura, ma l'angoscia che è un'ansia che investe chi si sente in pericolo (vero o falso) ma non sapendolo individuare non è in grado di organizzare una difesa.
E' un'ansia da insicurezza, che intuisce che là dove vige la legge del denaro e del consumo, il territorio - depositario del tessuto sociale che solo può far fronte a questi episodi, che rende fiduciario il rapporto tra gli uomini - si sfalda. E non perchè sono arrivati curdi o albanesi, ma perchè un risvolto della globalizzazione è la deterritorializzazione che concepisce le città come semplici luoghi di scambio e non di abitazione e radicamento: agglomerati di sconosciuti consumatori.
Pensiamo a quel che sta accadendo a Parigi in questi giorni.
E quando poi il denaro legale o illegale diventa l'unico vincolo di convivenza di quegli agglomerati di varia umanità chiamati città, senza usi, tradizioni, costumi, allora l'azione criminale diventa frequente. E il territorio non lo si garantisce con il controllo delle forze dell'ordine, ma rinsaldando il tessuto sociale (specie nelle periferie).
L'insicurezza è un luogo comune che serve a ridefinire i confini della propria identità. Fa paura il diverso da noi e noi reagiamo creandoci nemici immaginari, puntando il dito senza capire le cause, indicando come capri espiatori intere categorie di persone, invocando un ordine astratto che non ci riguarda in qualche modo anche da vicino, ma che ci può rassicurare delle nostre incertezze.
Chiedendo o avendo reazioni violente.
Come società, per esempio con la pena di morte.
Oltre a essere immorale è inutile: studi hanno dimostrato che in America gli errori sono frequenti e che il tasso medio di omicidi è più basso proprio negli stati che non prevedono la pena di morte (le cause dei quali semmai vanno ricercati nella diffusione delle armi: la Finlandia che ha il maggior numero di proprietari di armi ha il doppio di omicidi che l'Italia).
E poi chi è contro la condanna a morte non lo fa per salvare gli innocenti, lo fa per salvare i colpevoli: questa è una battaglia che va combattuta.
Come singoli, anche con l'autodifesa: sparando se occorre (ma allora chi aggredisce e chi è aggredito hanno in comune la convinzione che la borsa vale più della vita). E del resto noi siamo aggrediti da una cultura soprattutto televisiva aggressiva, veloce e ricca (conta l'auditel) che non abitua a riflettere e che trasforma la "società" in una "folla solitaria" e irresponsabile.
E allora il gesto di estrarre la pistola viene naturale (senza tenere conto che probabilmente chi è di fronte a noi è più veloce...).
E il rimedio non è nei dispositivi di sicurezza delle pistole che si tengono in casa, ma in una cultura che deve chiedersi perchè in ogni casa si devono o vogliono tenere pistole.
Due sono gli aspetti del problema: le cause e le complicità della società nella violenza.
Come sempre i due piani (quello generale e quello personale) si intrecciano, e la risposta al problema non può essere il semplice ed emotivo "impicchiamoli tutti".
Piuttosto dobbiamo chiederci quanta responsabilità è in ciascuno di noi, farci domande sulle responsabilità della società in questa drammatica situazione sociale.
Responsabilità grandi: globalizzazione, povertà diffusa.
Responsabilità piccole, di ciascuno di noi: siamo irosi, ingiusti, chiusi verso i bisogni degli altri, indifferenti alle disgrazie altrui, chiusi nell'accoglienza, offensivi nel parlare: sono tutti semi di violenza gettati nel terreno sociale delle nostre città .
Soprattutto nel caso (frequente) in cui siano coinvolti giovani.
Questi ragazzi soli, affidati alla TV, figli del benessere, privi di attenzioni che spesso non arrivano neanche da fuori; allora la noia, lo sballo per fare gruppo, qualche volta l'esplosione, il corto circuito tra la ragione e il sentimento, compressi nella razionalità (perchè sennò tanto successo per i programmi della De Filippi?).
Gli assassini insomma siamo noi.
Il peggiore errore dei vari comitati, delle varie ronde, di chi vorrebbe risolvere il problema con chilometri di filo spinato, è credere che il male sia fuori, sia uno straniero da cacciare, un ebreo da isolare, un omosessuale da accoltellare.
Si sputa contro il nemico (o chi ci fanno credere che lo sia) fino a quando, (con sgomento, chiedendoci perchè quei bravi ragazzi...), fino a quando questo nemico non lo si incontra guardandosi allo specchio.
Riflessione a proposito della legge sulla legittima difesa voluta dalla Lega e approvata in commissione: si potrà sparare e uccidere chiunque minacci la propria persona o i propri beni senza il rischio di incappare nella giustizia.
Non esisterà più l'eccesso di legittima difesa, norma per la quale si veniva condannati.
Conterà solo chi estrarrà più velocemente la pistola dalla fondina.
Come nel far west.
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