Ripercorrere l’evoluzione della scuola in Vallarsa è un po’ come riviverne la storia stessa. Uno stretto legame ha infatti da sempre accomunato l’istituzione scolastica e la comunità che sta alle sue spalle.
Dai primi sviluppi della comunità montana, alla dignitosa esistenza dell’inizio del Novecento, dall’estrema povertà del primo dopoguerra, agli sforzi per la ricostruzione; la scuola rappresenta uno specchio attraverso cui è possibile rivedere la vita della valle durante gli anni del fascismo, del secondo conflitto mondiale, dei cambiamenti economici e sociali avvenuti dalla seconda metà del XX secolo. Essa è sempre stata presente: in una stanza adiacente alla
chiesa o in una baracca di legno, in un edificio nuovo, o all’aperto; con la sua sopravvivenza ha dato prova evidente di una comunità che ha cercato di rimettersi in piedi ogni volta che si è trovata prostrata o distrutta, che ha voluto dare continuità ad una vita che, soprattutto nelle situazioni più difficili, come le guerre, ben poco di intatto tra presente e passato poteva mantenere.
Nel momento in cui l’edificio scolastico veniva ricostruito e i bambini riprendevano le lezioni, l’intera comunità non poteva che trarne forza. La vita di tutti i giorni sembrava, nonostante le difficoltà, tornare a ritmi normali. Il passato, con le sue inevitabili conseguenze, era lasciato alle spalle e lo sguardo era tutto rivolto verso il futuro.
La nascita della scuola locale affonda le sue radici negli anni più lontani della storia della valle, ma la documentazione che la riguarda è povera e sporadica. E’ possibile invece descriverne minuziosamente evoluzione durante il corso dell'Ottocento, grazie alla ricca documentazione garantita dalla burocrazia imperiale, e tuttora conservata soprattutto negli archivi storici del Comune di Vallarsa e del Decanato di Rovereto. Fu nel corso del secolo che cominciò a delinearsi la situazione che avrebbe caratterizzato, senza grandi modifiche, anche la successiva realtà scolastica della comunità.
Il numero delle scuole locali salì ben presto a dieci , concentrate nei paesi maggiori, a scapito delle realtà più ridotte (come nel caso delle scuole di Foxi, che era stata fondata nel 1839, di Fontana, di Dosso e dei Bruni); Albaredo, Matassone, Obra, Camposilivano, Anghebeni, Valmorbia, S. Anna, Parrocchia, Raossi e Riva avevano ciascuno un edificio scolastico; le ultime quattro scuole erano le più numerose, tanto da poter vantare due sezioni , una maschile e l’altra femminile.
Il XX secolo si aprì all’insegna di eventi cruciali di cui anche la Vallarsa divenne tristemente protagonista, in balia come fu di quella drammatica guerra che l’attanagliò per quasi tre anni, lasciandola distrutta e terribilmente impoverita. La storia della scuola prese strade differenti, seguendo le diverse sorti della popolazione.
L’attività didattica continuò anche durante l'occupazione italiana, nonostante il periodo di grande incertezza; nell’anno scolastico 1915-1916 quasi 300 bambini frequentavano le lezioni nelle scuole dei paesi di Arlanch, Aste, Camposilvano, Obra, Parrocchia, Piano, Raossi e Riva, nelle zone più a riparo dalla prima linea. La scuola fu una delle prime istituzioni che trovarono spazio all’interno dei campi profughi allestiti nelle terre centrali dell’impero austro ungarico (nella sola Mitterndorf erano tre le baracche adibite a questo scopo, dove, in quattro turni giornalieri, una quarantina di maestri si occupavano di quasi 2000 alunni, suddivisi in 24 classi). La scuola seguì anche quella parte di popolazione fatta allontanare dall’esercito italiano, e molti scolari poterono continuare ad imparare; alcuni grazie a maestri e sacerdoti trentini, anch’essi sfollati, come nel caso di quelli accolti nelle colonie di Celle Ligure, altri nei paesi dove si erano trasferiti con le famiglie.
L’istituzione scolastica mantenne comunque con la propria comunità un rapporto molto forte, non solo ideale, ma anche fisico e concreto: indipendentemente da dove si trovasse, la popolazione sfollata dalla terra d’origine organizzò la propria vita quotidiana nel modo più simile possibile a quella che era stata fino ad allora. Mantenere la scuola aperta significò, in quel periodo, conservare gelosamente i sentimenti, le tradizioni, i legami con la terra d’appartenenza, considerare transitoria la situazione del momento, guardare con speranza al futuro, con la convinzione che la vita della comunità sarebbe ricominciata laddove era stata interrotta.
Così, all’indomani del rientro dei profughi al termine della guerra, la vita civile cominciò subito ad essere riorganizzata, e con essa la realtà scolastica, pur tra innumerevoli difficoltà e in condizioni pressoché drammatiche; già nella primavera del 1919 il numero degli scolari ammontava a 669 e non era un eccezione che dovessero frequentare le lezioni in baracche di legno, in cui spesso la temperatura era così proibitiva da gelare l’inchiostro nei calamai e da impedire lo svolgimento delle lezioni.
Negli anni successivi, la vita scolastica locale mantenne sostanzialmente inalterate le proprie modalità e la sua struttura generale, così come si era delineata all’indomani dell’annessione al Regno d’Italia.
I cambiamenti iniziarono invece a farsi avanti nel momento in cui cominciò ad affacciarsi prepotentemente al mondo della scuola la realtà politica circostante; dall’affermarsi del regime fascista, alla sua caduta nei drammatici anni del secondo conflitto mondiale, la scuola perse via via il proprio ruolo strettamente educativo, invasa come fu da tutto quell’apparato di ideologie e manifestazioni legate al partito.
Gli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale caratterizzarono i cambiamenti maggiori nella vita scolastica della Vallarsa, così come in quella sociale ed economica; la scuola, che ormai da tempo si era affermata nella comunità, condividendone spazi ed ideali, dovette adattarsi ad un inevitabile ridimensionamento.
Di come la Vallarsa si sia lentamente spopolata a partire dagli anni Cinquanta, di come i boschi abbiano cominciato a rimpossessarsi dei campi, che le braccia dell’uomo erano riuscite con tanta fatica a strappare alla natura, è storia contemporanea. E i grandi edifici scolastici rimasti vuoti, diventati troppo grandi per un numero sempre più esiguo di bambini e sostituiti dal più moderno e utilizzato Centro scolastico, ne sono la prova.
Pur nella loro immobilità, le vecchie scuole di paese hanno così potuto assistere, come mute testimoni, ai tanti cambiamenti, anche territoriali, della realtà circostante.
Nessuno tra essi è stato demolito: segno evidente del forte attaccamento degli abitanti della valle ad un vissuto ormai trascorso, ma non troppo per essere dimenticato.
Il cuore dell’abitante del paese è ancora legato alla vecchia scuola, sia perché, se abbastanza maturo, in essa ha studiato, lavorato, è cresciuto; oppure perché magari nonni e genitori hanno contribuito a costruirla. Certamente essa rappresenta il simbolo di una parte della storia della valle non relegata a libri e documenti, ma che evoca in sé il ricordo concreto di fatti, nomi, volti, persone. Studiare la storia della scuola in Vallarsa ha rappresentato ripercorrere questa strada. Ha creato la sensazione di aprire uno scrigno prezioso, che ha portato alla luce un mondo distante e affascinante, avvolto nella memoria di chi vi ha fatto parte e nella fantasia di chi ha potuto solamente sentirlo raccontare. E’ stato un po’ come tornare indietro nel tempo, entrare in punta di piedi in quel mondo lontano, e farne un po’ parte. Anche solo per la durata di un capitolo.
Stefania Martini
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