"... questo è l'articolo scritto da Luca e apparso sulla "Rivista della Montagna"
che descrive in maniera completa ed esaustiva le caratteristiche e la storia alpinistica di questo gruppo montuoso.
Le Piccole Dolomiti sono state presentate dall'autore al mondo alpinistico con gli occhi del valligiano e dell'alpinista nato e cresciuto su questi monti, con la sensibilità e con il cuore di un ragazzo che ama profondamente la propria terra..."
L'amore, si sa, offusca la mente, rende parziale il giudizio e fa sembrare bello anche ciò che gli altri, a volte, non ritengono tale.
Descrivere in modo obiettivo le montagne che si frequentano da sempre e che sono tra l'altro il luogo in cui vivi può risultare quindi un operazione difficile perché è difficile non amare una montagna che è anche la tua casa.
Nel gruppo del Carega-Piccole Dolomiti arrampico e pratico lo scialpinismo da quando ero adolescente e tra i boschi e i prati adagiati ai suoi piedi e dove vivo da anni, ho passato intense giornate di lavoro nel taglio della legna, nei rimboschimenti e per costruirmi casa.
Tra le malghe e gli alpeggi di queste montagne ho trascorso fin da piccolo, con la mia famiglia, spensierati periodi di vacanza imparando a conoscere la natura e i suoi segreti.
Le storie fantastiche che i miei nonni e i miei genitori mi raccontavano erano sempre ambientate su questi passi e queste cime, che allora vedevo lontanissime ma che già conoscevo perfettamente perché mi venivano descritte nei particolari e come scenari in cui si svolgevano dolci fiabe ed avventure a volte un po' surreali.
Ancor oggi, ogni giorno, guardo fuori dalla finestra di casa verso le crode e i Vaj del Carega e al primo sguardo cado sempre nel tranello di fantasticare su quali misteri celino quei dirupi, su cosa ci sia realmente lassù su quelle rocce che in realtà conosco bene come le mie tasche perché vi compio quotidianamente scorribande di ogni genere.
Ogni parete, ogni vallone, ogni ruscello o traccia di sentiero hanno per me una grande importanza, tanto che occorrerebbe un intero volume per descrivere tutto.
Tutto questo, per me è CASA, nel senso più bello e intimo del termine.
E' però innegabile che il gruppo del Carega ha delle particolarità per l'alpinista e l'escursionista sul quale vale la pena di concentrare l'attenzione.
Il termine Piccole Dolomiti associato a questo gruppo montuoso è veramente appropriato e sicuramente non dovuto a ragioni di carattere pubblicitario.
L'eccezionale frastagliatura del terreno da cui emergono multiformi strutture di dolomia ha creato guglie, torrioni, pareti, insomma ambienti tipicamente dolomitici difficili da riscontrare in altre aree prealpine.
La pratica dell'arrampicata è consentita nell'intera gamma delle difficoltà e con una tale varietà di itinerari da suscitare l'imbarazzo della scelta.
Il gruppo si presta moltissimo alla pratica di una forma di escursionismo anche molto impegnativo grazie ai bellissimi Vaj non di rado innevati anche d'estate e agli innumerevoli percorsi di cresta e in galleria risalenti all'epopea della prima guerra mondiale, quando queste montagne divennero per quattro lunghi anni teatro di durissimi combattimenti che portarono a spaventose perdite in termini di vite umane svuotando oltretutto intere vallate dalla loro popolazione che finì profuga in Austria e in alcune zone della Liguria.
Vennero realizzati in quegli anni da parte di entrambi gli eserciti, un imponente serie di lavori intesi nella costruzione di rotabili, mulattiere, teleferiche, trinceramenti, caverne e postazioni d'artiglieria fin sulle vette più alte e sulle guglie più difficili da raggiungere. E poi la costruzione di vere e proprie fortificazioni scavate all'interno delle montagne fino a molti livelli di profondità, strutture in parte visitabili ancor oggi per l'escursionista che non teme il buio e le profondità.
E ancora la famosa "Strada delle 52 gallerie"e lo stupendo Sentiero d'arroccamento che percorre l'intera cresta del Sottogruppo del Sengio Alto tra i Passi di Campogrosso e di Pian delle Fugazze.
Ma praticamente l'intera zona montuosa e boschiva delle valli intorno alle Piccole Dolomiti presenta una fitta serie di opere militari, rese ancor più affascinanti per essere spesso seminascoste dalla vegetazione e dall'avanzare del tempo e che l'escursionista attento può ancora percorrere ed apprezzare.
Con l'arrivo della prima neve, spesso già nel mese di settembre, i Vaj più impegnativi si trasformano in insidiosi itinerari di misto dove è d'obbligo l'uso di ramponi e piccozza, nonché la capacità d'usarli. Gli stessi sono invece veramente godibili in primavera quando la neve accumulata dalle valanghe invernali ne livella ogni salto roccioso ed asperità, rendendone quasi elementare la salita. Le pendenze notevoli di tutti i valloni delle Piccole Dolomiti hanno anche la particolarità, durante l'inverno, di scaricare subito le slavine che solitamente, quando partono dalle creste spazzano l'intero crinale rendendolo sicuro per le escursioni con gli sci (gli incidenti per valanghe nel Carega sono infatti molto rari).
Queste montagne risultano quindi molto adatte per la pratica dello sci-alpinismo, infatti costituiscono la prima barriera montana che incornicia la Pianura Veneta Occidentale, ergendosi a ridosso di un angolo dove si addensa più che altrove l'umidità del piano. L'impatto delle correnti umide che salgono, con l'aria fredda delle sommità, da ragione anche alla formazione di frequenti nebbie che spesso si presentano durante l'estate e l'autunno sul lato meridionale della catena e che avvolgendo così guglie e pareti come una coperta di vapore creano paesaggi molto suggestivi.
Ciò che interessa lo scialpinista è comunque il fatto che per queste ragioni il gruppo del Carega è tra le zone del Trentino con più abbondanza di precipitazioni nevose, tanto che anche in anni di "magra", qui si può sempre sciare fino a metà maggio su un firn dove è possibile pennellare ogni tipo di serpentina, anche quelle dello sci ripido ed estremo (Vaio dell'Uno, i Vaj sul versante sud del Fumante, parete nord di Cima Mosca ecc.). Non mancano comunque le gite classiche che contano ogni fine settimana di primavera, decine e decine d'appassionati come il "Pra degli Angeli e il "Boale Fondi", o gite altrettanto belle ma molto meno frequentate che sfiorano i 1300 metri di dislivello e immerse nella zona più selvaggia del gruppo come il "Vallon dei Cavai" e il "Bisse Bianche".
Nella tarda primavera, insomma, lo scialpinista può qui riempirsi gli occhi con il bianco della neve sulle cime, il rosa della dolomia, il lilla dei fiori pionieri, il verde pallido dei licheni fino a quello brillante dei prati di Campogrosso, dove le lingue di neve, residui delle valanghe invernali, conducono lo sciatore fin sull'orlo dei laghetti di fusione e nei numerosi rigagnoli che disperdendosi in bassi acquitrini sono trasformati dal sole in una sterminata lama di luce riflessa.
Il gruppo del Carega ha però anche una storia alpinistica su roccia veramente ricca ed importante, non sufficientemente conosciuta e valorizzata se non nell'ambiente alpinistico degli amici vicentini. Tra le due guerre infatti, alcune delle figure di punta dell'alpinismo nazionale, che vivevano o si erano trasferiti nel Padovano e nel Vicentino e che avrebbero tracciato in Dolomiti alcune vie che sono delle pietre miliari dell' alpinismo, avevano eletto le guglie e le pareti del Carega come loro zona preferita per l'arrampicata, dove la severità dell'ambiente era paragonabile a quello Dolomitico ma su scala ridotta e ad una quota che già a fine inverno permetteva l'apertura della stagione d'arrampicata.
In quel periodo, l'attività su queste montagne di Gino Soldà e del fratello Italo, di Raffaele Carlesso e di Bortolo Sandri, di Mario Menti e di Severino Casara, solo per citarne alcuni, fu impressionante e guardacaso, le date delle loro più belle realizzazioni nel gruppo del Carega precedono sempre di pochi giorni quelle che li videro impegnati durante l'apertura di tracciati ancor oggi famosissimi nonché veri "monumenti" per l'arrampicata libera mondiale come le vie Soldà in Marmolada e al Sassolungo o la via Carlesso alla Torre Trieste in Civetta.
Questa fu veramente l'epoca d'oro per l'arrampicata nelle Piccole Dolomiti. In realtà negli anni '50 vi furono delle bellissime realizzazioni del bravo Francesco Zaltron che tracciò due splendidi itinerari, ancor oggi tra i più classici del gruppo.
Il Pilastro est del Sojo d'Uderle e la "direttissima" alla P. Sibele, che costituivano all'epoca, insieme alle pareti del Castello del Cherle, i problemi più evidenti del Carega, vennero risolti brillantemente da Zaltron che incontrò difficoltà di sesto grado e sesto grado superiore e qualche difficile passo in artificiale sui 450 metri di parete.
Negli anni '60 ci fu un breve periodo di involuzione dove anche qui si aprirono itinerari "a goccia cadente" con forte uso di chiodi a pressione, ma già nei primi anni '70 ci pensò Renato Casarotto a riaffermare l'etica dell'arrampicata libera con le sue vie al Sojo rosso e all'Incudine.
Da segnalare poi le esplorazioni del Cherle di Bepi Magrin e le ripetizioni invernali nel sottogruppo del Fumante di Franco Perlotto.
L'arrampicata tradizionale ha praticamente quasi esaurito le possibilità nel gruppo, la via "Uomini nella nebbia" su P.ta Sibele dei Trentini Diego e Mauro Mabboni, rappresenta in questo senso forse l'apice del livello raggiunto per le alte difficoltà incontrate e lo stile pulito con cui è stata realizzata. Si è poi assistito al proliferare di itinerari con spittatura seriale (dalla facile "Cumbre" o "Superbaffelan" passando per "Area", fino a "Supermilonga" sul Sojo d'Uderle) e a chiodatura mista con spit alle soste e molto distanziata anche sulle lunghezze difficili e tra queste, concedetemi, una via dell'autore alla P.ta di Mezzodì, la "Via dei Piazaroi", che per qualità della roccia, ambiente e bellezza dell'arrampicata è tra le più belle del gruppo e senz'altro da consigliare. Lo scalatore medio invece non avrà che l'imbarazzo della scelta, potendo scegliere tra numerose vie dal II al V grado decisamente classiche, lunghe tra gli 80 e i 350 metri e su roccia a tratti veramente dolomitica come sullo spigolo del I Apostolo, la via Verona al Baffelan, la diretta di guglia GEI o la più complessa Fox alla P.ta di Mezzodì solo per citarne alcune.
Un aspetto importante per questo gruppo montuoso è anche il fatto di essere caratterizzato da un ecosistema sostanzialmente integro, cosa che purtroppo è tutt'altro che scontata in altre zone delle nostre Dolomiti o delle Alpi in generale.
Sono infatti totalmente assenti le grosse infrastrutture o i comprensori sciistici e anche d'estate non esiste un fenomeno di turismo di massa e quindi a forte impatto ambientale. Non esistono arterie stradali importanti che attraversano queste montagne che pur essendo facilmente raggiungibili sia dal versante Veneto come da quello Trentino, non sono molto trafficate nemmeno nei fine settimana o a ferragosto a tutto vantaggio della tranquillità e dell' impatto sull'ambiente.
Il comune di Vallarsa, sul versante Trentino del gruppo, esegue una continua manutenzione su strade che penetrano nelle aree montane al solo scopo d'uso civico o forestale mantenendole quindi o chiuse al traffico o comunque a regime regolamentato.
Sarebbe molto bello se la stessa sensibilità ambientale venisse dimostrata anche dai Comuni del versante Veneto (Recoaro in particolare).
L'ecosistema integro e la tranquillità di queste valli sono infatti la vera ricchezza di questi luoghi e di queste comunità.
Certo, se solo pensiamo che fino a qualche decennio fa, il lavoro in queste zone poggiava sulle millenarie tradizioni dell'alpeggio, delle malghe, della transumanza e del lavoro nei boschi mentre ora è il pendolarismo che la fa da padrone, non si può che ripensare con nostalgia ad una società valligiana un tempo ben più importante ed organizzata.
Era quella stessa comunità di persone che per secoli e in tempi ben più difficili dei nostri ha saputo convivere con la natura di queste montagne, rispettandole, amandole e proteggendone e valorizzandone l'ecosistema.
In un epoca dove l'uomo vive in città soffocato dall'inquinamento e da ritmi di vita schizofrenici e orientati verso il consumismo più sfrenato, l'ambiente di queste montagne, splendido e integro com'è, è la vera ricchezza per chi qui ci abita, per chi venendo da fuori può venire a visitare e godere di questa natura e anche per chi come me ha viaggiato e visto tante bellissime aree naturali del nostro pianeta ma che non potrebbe mai vivere in un posto diverso da questo.
Luca Campagna
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