Scrivere gli articoli per Vallarsa Notizie sulle mie esperienze in montagna mi ha dato modo di ripescare alcuni frammenti del mio diario alpinistico ormai da tempo sepolti nella memoria.
Questo pezzo in particolare, scritto nel '94 e buttato giù a caldo dopo una discesa di sci estremo in Dolomiti, non lo avevo più riletto anche perché non rappresenta sicuramente uno dei momenti più gioiosi della mia attività in montana.
Chi pratica l'alpinismo per molti anni, però, inevitabilmente deve fare i conti con momenti tristi e difficili.
Alcuni alpinisti dopo certe esperienze abbandonano l'alpinismo ad un certo livello, altri affrontano il problema di petto, cercando di esorcizzare subito la paura.
Io rientro tra questi, e dico purtroppo perché in quel febbraio del '94, la mente non lucida, l'adrenalina e l'orgoglio di riuscire a tutti i costi non mi fecero ragionare trascinandomi in un'impresa ormai priva di senso ed estremamente pericolosa per me e per il mio compagno. Dopo quella esperienza cercai di non ripetere più lo stesso errore.
Ecco cosa scrissi:
Io e Demis siamo ai 2900 m. della Forcella Stauniens sul Monte Cristallo. Siamo saliti da sud, il versante della montagna addomesticato e ricoperto di funivie che portano fino sulla cresta della montagna.
Vogliamo scendere con gli sci dal versante opposto, selvaggio e incontaminato, composto da una larga parete di 700 metri di dislivello,solcato da quattro canali ghiacciati da salire con picche e ramponi d'estate, impegnativi itinerari di sci-ripido d'inverno.
Dopo alcune discese d'allenamento abbiamo messo a punto l'attrezzatura che per lo sci-estremo è un fattore importantissimo.
Con noi portiamo anche picche e ramponi, corda, chiodi e imbrago.
La neve è molto dura ma noi siamo pronti a scendere quando veniamo informati dagli addetti alle funivie che è in corso un' azione di soccorso e non possiamo scendere.
Due ragazzi sono scivolati nel canale dove dobbiamo scendere, proprio sotto gli occhi di una guida alpina con i suoi clienti che ha dato l'allarme.
Mi informo se qualch'uno è già sceso nel canale. Inspiegabilmente la guida se ne è andata, e come è logico nessuno dei presenti, maestri di sci compresi, se la sente di scendere anche a piedi da un versante così impressionante.
Io e Demis lasciamo gli sci alla forcella, calziamo subito i ramponi, prendiamo con noi la corda e ci buttiamo nel canale mentre la gente ci guarda inorridita. Scendiamo veloci e troviamo subito un guanto e uno zaino ma nessuna traccia di sangue o di tentativo di frenata sulla neve ghiacciata.Il canale diventa sempre più ripido,continuiamo a chiamare anche per rompere il silenzio opprimente di questa montagna di tenebra.
Ci rendiamo conto della velocità folle alla quale devono essere passati di qua i due sfortunati e cominciamo ad immaginare cosa troveremo più sotto. In una curva secca del canale troviamo un altro guanto, uno scarpone e delle tracce di sangue sulle rocce.
Ancora giù, fin quando scorgiamo una macchia scura in mezzo al canale. Scendiamo più lentamente, un po' alla volta noto la posizione innaturale e accartocciata del corpo.
Man mano che mi avvicino nelle narici quell'odore di capelli e di vestiti bagnati, di sangue e ossa frantumate, quell'odore di morte che conosco bene. Non c'è bisogno di fare niente, ci sediamo qualche metro sotto il corpo.
Penso ai familiari di questo ragazzo, mi sembra di vederli quando riceveranno la notizia.
Conosco bene quello che proveranno, sento un infinita pietà e mi svuoto lentamente.
Nella mente una preghiera che affido al vento perchè la sparga tra queste montagne, poi il rumore dell'elicottero che si avvicina e mi scuote via dai miei pensieri.
Appendiamo il corpo al verricello, giriamo le spalle al passaggio offertoci e scendiamo per altri 700 metri di dislivello fino a Carbonin parlando della primavera che sta per arrivare.
Sulla strada troviamo Carabinieri e Finanzieri che ci rifocillano e ci riportano alla macchina.
La domenica dopo io e Demis siamo nuovamente alla forcella con gli sci.
Dobbiamo scendere questo stramaledetto canale,e subito!
In parete, 80 cm. di neve fresca.
Partiamo e dopo poche curve con gli sci facciamo partire le prime scariche di neve. Un rumore sinistro; mezzo pendio è spazzato dalla valanga mentre noi cerchiamo di ripararci tra le isole rocciose che affiorano qua e là. Quando passa lo spavento vediamo che la slavina ha scoperto fasce di ghiaccio vivo su cui le lamine degli sci non possono assolutamente fare presa.
Siamo costretti ad arrampicare in discesa con gli scarponi da sci sulle zone rocciose ai lati del canale di ghiaccio passando sopra a burroni che mi sembrano senza fondo, maledico il momento in cui ho pensato di scendere da questa montagna!
Incredibilmente riusciamo a scendere lasciando sulla neve una lunga striscia di paura e adrenalina che non mi lascia ragionare.
In fondo alla parete, esterefatto per i rischi che ci siamo presi sono solo amareggiato.
In macchina, mentre guido, Demis dorme sul sedile e nelle narici forte, ancora quell'odore... e solo una voglia immensa di tornarmene a casa.
Luca Campagna
|