Uno dei simboli legati in modo indissolubile alle truppe alpine, è il mulo.
Al tempo della Grande Guerra rappresentava un insostituibile mezzo di trasporto anche sulle terre ripide e martoriate del Pasubio.
Fino a qualche tempo fa usato dagli ultimi contingenti alpini di leva per ricordare ed abbinare a queste truppe il glorioso animale, anche se più in un contesto folcloristico che per vera necessità.
Adesso, oramai da anni definitivamente dimesso, ma non di certo dimenticato nella mente dei "vecchi" conducenti che rievocano ancora le avventure e raccontano le storie a riguardo di questa famosa "jeep con il pelo".
Salendo in Pasubio, domenica 2 settembre, appena passato il rifugio Papa, mi sono ritrovato a fianco uno di questi bellissimi animali. Per la verità era Gigliola, una mula di 24 anni ed il suo conducente in divisa alpina della Grande Guerra.
Mi sembrava essere ritornato indietro di molti anni durante la naia alla caserma Lugramani di Brunico, dove di muli se ne contavano oltre 50.
Non ero direttamente a contatto e non ho mai avuto confidenza con questi animali, ma li ricordo con simpatia ed anche con un po' di nostalgia.
La Gigliola era un argomento troppo interessante e l'approccio con il signor Fulvio è stato immediato, anche senza presentazioni.
Anche lui saliva verso la chiesetta portando la sua mula in Pasubio ed in questo contesto, quasi di altri tempi, lui e la sua Gigliola facevano una gran bella figura.
Molte persone si avvicinavano solo per lei, per fare i complimenti e per vedere da vicino un pezzo di storia degli alpini.
Fulvio appariva soddisfatto di questi apprezzamenti. C'era assieme anche un altro signore che di animali se ne intendeva. Parlava di muli con competenza e tra le altre, mi ha raccontato anche la storia di una profonda cicatrice sul suo braccio a ricordo del calcio di un mulo.
Anche se non era il caso della Gigliola, "mai passare all'improvviso dietro queste bestie" diceva.
Tranquilla, paziente con tutti, quasi bene educata con i suoi occhi grandi e lacrimosi, sembrava il simbolo della forza e dalla bellezza nel suo campo.
La Gigliola era stata acquistata ad un'asta di muli indetta dall'Esercito e proveniva dalle parti di Udine.
Camminare le fa bene, diceva Fulvio e molte volte la portiamo a passeggio in montagna e lei sempre sul bordo esterno della strada, sempre in cima ai muri.
La passeggiata in quel luogo speciale e in occasione della Commemorazione dei Caduti sul Pasubio, stava però per trasformarsi in una ridicola e poco edificante sfilata di macchine.
All'improvviso apparvero quasi in colonna molte automobili più o meno cariche di persone, con e senza cappello alpino. La prima ridotta è solo un po' più veloce del passo dell'anacronistico animale, che a questo punto rappresentava solo un ostacolo.
Come inevitabile risultato, per il tratto di strada che mancava alla chiesetta il signor Fulvio ha dovuto fermare una decina di volte il passo cadenzato della Gigliola per far passare le macchine iscritte a vario titolo al faticosissimo "pellegrinaggio in Pasubio".
Non eravamo neppure arrivati all'Arco Romano e la sfilata di auto continuava. Il signor Fulvio era schifato e per un po' non lasciò passare nessuno.
Fermò l'animale in mezzo alla strada, raddrizzò il basto tendendo le cinghie sotto pancia, con calma sistemò le redini e così si formò un buffo ingorgo ad alta quota.
Avrei giurato nel suono di qualche clacson, ma per qualche miracolo, questo non avvenne. Un contrasto stridente con le ventole dei radiatori che soffiavano come matte, il rumore del fondo di una panda che sbatteva contro i sassi della strada ed il "clic cloc" lento e regolare degli zoccoli ferrati della Gigliola.
Anche il tipo di ferri agli zoccoli aveva la sua storia ed in quella situazione erano usati dei ferri particolari adatti ad una strada selciata.
Nuovamente fermi, diamo per l'ennesima volta la precedenza alla colonna di auto che si è formata. E ancora su, avanti con la sfilata di Subaru, Suzuki, Land Rover, vecchie campagnole e chi più ne ha più ne metta.
2, 4. 6, 20 ruote motrici. Bisogna dare priorità ai moderni pellegrini del Pasubio, profondamente rispettosi di quella terra che continuano a chiamare Sacra.
Concetto fortemente ribadito poco dopo, niente di meno che dal Vescovo di Vicenza nella solita predica ed ancora più tardi, durante i soliti vari interventi delle solite varie autorità.
Ho accompagnato il signor Fulvio e la sua mula verso le Sette Croci ed al ritorno, in molti volevano farsi fotografare con la Gigliola.
La mula al centro, la mula di lato, con alcuni che si vantavano essere amici del signor Fulvio.
Con la mula alla pozza, con la mula assieme agli alpini veri. E lei paziente, sempre, anche con quelli che poco prima avevano bestemmiato nel vedersela davanti al loro super accessoriato fuoristrada, mentre rappresentava solo un impedimento al loro dolce salire.
Anche con quelli che si erano appena cambiati le scarpette con scarponi adatti al polveroso Pasubio, che erano però ancora troppo nuovi e lucidi da far schifo.
O avevano appena indossato la camicia a quadri che sapeva di naftalina e magari tirato fuori dal nailon anche un cappello alpino... !
Chissà che cosa avrà pensato nella sua testa la Gigliola.
Nessuno può saperlo, ma in futuro sicuramente penserà al modo da comunicare con il suo conducente, con il signor Fulvio, affinché la porti in gita sul Pasubio in un'altra occasione.
Giorgio Broz
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