VALLARSA NOTIZIE N° 39 - dicembre 2006 pag. 46 - 51


CON UNA VALIGIA PIENA DI STENTI, TIMORI E SPERANZE


Prima del 1850

Non abbiamo notizie precise anteriori al 1850. Sappiamo che in Trentino già da molto si era sviluppato un fenomeno migratorio stagionale e di mestiere. Questo non ci risulta per la Vallarsa o per Foppiano. Probabilmente vi erano persone che prestavano il loro lavoro nella vicina pianura veneta; sappiamo solo di due cugini di Foppiano che sono emigrati nel vicentino, lì hanno acquistato una piccola collina e nella loro casa sono presenti sul fienile delle piccole finestre esagonali uguali a quelle che appaiono nella loro, presunta, casa nativa di Foppiano.

Dal 1850 alla prima guerra mondiale

E' decisamente un brutto periodo per il Trentino e per Vallarsa: diversi sono i fattori negativi. Si verificano pestilenze, malattie delle colture indispensabili e del baco da seta, allagamenti, imposizione di dazi sui prodotti provenienti dal Veneto che è passato sotto lo stato italiano, perdita d'importanza della strada passante per Pian delle Fugazze per l'entrata in funzione della Ferrovia lungo l'asse dell'Adige; vengono inoltre imposte dallo stato austriaco le tasse (steore) difficilmente pagabili da una popolazione che basava ancora la sua sussistenza sull'autoconsumo di quanto prodotto dai nostri piccoli campi. Al completamento delle disgrazie mancava soltanto la guerra, ma era solo in ritardo di quindici anni, e sappiamo già come avrebbe colpito duramente la valle e Foppiano. Il fenomeno migratorio si presenta solo verso la fine di questo periodo. E' rivolto verso le Americhe.
Alla fine dell'800, due fratelli, Agostino e Luigi Matassoni, emigrano negli USA come minatori. Agostino porta con sé due figli, Marsilio e Giovanni. Rientrati in patria, allora parte integrante dell'impero austro-ungarico, costruiscono una nuova casa, vicino a quella d'origine. Ne comperano anche un'altra dove si stabilisce Marsilio con la sua famiglia.
Agostino muore tragicamente, nel 1907 in Val Restel, schiacciato dal suo carro. I due figli, emigranti come lui, avranno destini diametralmente opposti. Allo scoppio della grande guerra vengono chiamati sotto le armi: Marsilio sarà tra i primi caduti, Giovanni scappa, attraversa il confine con l'Italia, si imbarca a Genova e torna negli USA.
Là si sposerà con un'emigrante della Val Gresta. Avrà un figlio che, ironia della sorte, le guerre se le andrà a cercare, infatti sarà soldato di professione, sbarcherà in Sicilia nel 1943 durante la seconda guerra mondiale con gli alleati e risalirà con loro la penisola.
Le ultime notizie lo davano capitano nelle forze NATO nella base tedesca di Ramstein.
Lui passerà da Foppiano, il padre non è più tornato.
Luigi, fratello di Agostino, lascia un paio di ricordi significativi. A chi chiedeva come mai fosse tornato dall'America, dove aveva fatto una (relativa) fortuna rispondeva: "Perché chi l'è mio!" Ma si diceva anche che in realtà fosse tornato per amore di Gisella Gasperini, futura moglie. Dopo un primo viaggio Luigi le avrebbe chiesto di sposarlo ed emigrare assieme. Lei avrebbe risposto positivamente ma a condizione di restare in paese. Luigi così sarebbe emigrato nuovamente e sarebbe tornato per convolare, finalmente, a nozze. Gisella era di salute precaria, in tredici anni di matrimonio avrebbe avuto 8 gravidanze, con tre soli figli sopravissuti. Lei sarebbe morta in occasione dell'ultimo parto nel 1916 ad Aste di Vallarsa dove la famiglia era momentaneamente profuga italiana durante la grande guerra.
Sempre alla fine del 1800 emigrava in USA anche Gasperini Giovanni, probabilmente in miniera. Anche lui sarebbe tornato prima della guerra; durante questa sarebbe stato profugo prima ad Aste e poi in Aldeno. Con quanto portato dall'America ha acquistato diversi terreni in paese e contribuito alla costruzione della nuova casa di famiglia (lui non era sposato). Giovanni muore subito dopo la guerra nella vecchia casa semidistrutta.
Prende la via delle Americhe, ma verso il Brasile, a Porto Alegre, anche Gasperini Francesco come contadino. Di lui abbiamo la foto nella pagina precedente, la prima riguardante un emigrato di Foppiano, ed un paio di ricordi. Il fratello Carlo è morto, soldato austro-ungarico, nei primi mesi della prima guerra mondiale. Al termine della guerra Francesco propone alla vedova cognata, bisognosa di aiuto, di emigrare coi figli in Brasile. La proposta non è stata accettata e da allora non si ha memoria di suoi contatti con Foppiano. Sembra che alcuni discendenti siano passati da Foppiano per vedere la casa nativa.
Nel libro, prezioso per questa ricerca, di Daniela Stoffella e riguardante l'emigrazione dalla Vallarsa (Omnes pauperes, sed non mendicantes - Tutti poveri, ma non mendicanti), risulterebbe emigrato in America anche Domenico Gasperini fu Carlo. Dopo la prima guerra mondiale è stato inserito dal Comune di Vallarsa tra i residenti emigrati in America prima della stessa guerra. Di lui non abbiamo trovato proprio nulla.

Tra le due guerre

Tornati in paese al termine della prima guerra mondiale i reduci ed i profughi hanno trovato il loro paese distrutto e quasi tutte le case inabitabili. Il genio militare ha costruito baracche in cui gli abitanti avrebbero dimorato per più anni. Inizia subito la ricostruzione con il contributo di una cooperativa appositamente costituita, ma sicuramente con l'apporto lavorativo degli abitanti. Per qualche anno il paese è stato un grande cantiere: i lavori terminano grossomodo nel 1923.
L'emigrazione, subito iniziata dopo tale anno, interessa quasi esclusivamente una famiglia, i Nicolini. E' formata da sette maschi, tre dei quali reduci della guerra e due femmine. Questi giovani hanno anche cercato di ampliare la loro attività acquistando una campagna a Lizzana, ma anche questo non era abbastanza ed allora tre di loro, Enrico, Nicola e Guido Matassoni imboccano la via dell'emigrazione verso la Francia assieme ad altri vallarsesi ed un compaesano, Cornelio Zendri.
Sono emigrati a St. Etienne, vicino a Lione, con l'idea di fare i minatori di carbone. Ben presto si rendono conto che la vita in miniera è dura e malsana: viene in loro soccorso quanto hanno imparato in paese negli anni della ricostruzione, tutti passano al mestiere di muratore. Almeno in questo la guerra, che tanto ha loro tolto, li ha aiutati.
Enrico e Guido verranno raggiunti qualche anno dopo dalle mogli, Maria Gasperini e Agnese Matassoni pure di Foppiano. Nicola si sposerà con Speranza Lorenzi di Matassone. In Francia tutti hanno trovato un lavoro, inesistente in valle, ma la loro vita non è stata sicuramente facile. Il problema più grosso è rappresentato dall'alloggio, tante volte costituito da grandi stanze ospitanti più famiglie separate talora da semplici tende: mancava qualsiasi intimità.
Nonostante la partenza di tre fratelli la famiglia "Nicolini" è ancora troppo grossa, così negli anni che vanno dal 1925 al 1930 altri tre fratelli, Fortunato, Valerio e Tullio si dirigono in Australia. Anch'essi hanno un arte in mano: Fortunato si arrangia in falegnameria, Valerio è muratore, Tullio è calzolaio. Solo quest'ultimo avrà però la possibilità di sviluppare la sua attività aprendo un negozio. Assieme acquisteranno una campagna in cui coltiveranno tabacco.
Fortunato sposa Silvia di Santa Margherita (Ala), Valerio sposa una donna inglese, Tullio trova invece la moglie vallarsese in Australia, Ottilia Cobbe da Anghebeni: il loro sarà un lungo matrimonio, sessanta e più anni. Avranno anche le congratulazioni, già ricordate in questa rivista, della regina Elisabetta d'Inghilterra, ancor'oggi, formalmente, capo di stato d'Australia.
Tullio tornerà più volte a Foppiano e nel 1950, unico, potrà rivedere la madre; Fortunato tornerà due volte; Valerio è uno dei pochi che, una volta partito, non vedrà più il paese natale.
Ultima dei "Nicolini", nel 1937, anche Angelina Matassoni emigra in Francia dove sposa Emilio Pozzera di Camposilvano, fratello di Romano, altro emigrante i cui diari sono stati pubblicati da Vallarsa Notizie.
Tra le due guerre rimane da ricordare tra gli emigranti Dario Gasperini, orfano di guerra, andato a lavorare nelle miniere del Belgio.
Si deve inoltre menzionare Riccardo Zendri, partito come soldato nel 1936 verso l'Etiopia. Terminata tale campagna rimarrà là lavorando come autista fino al 1939. Tornato in Italia sarebbe stato richiamato nel 1940, fatto prigioniero dai tedeschi dopo l'8 settembre 1943 e deportato in Germania. Al termine della guerra gli inglesi lo hanno deportato in Inghilterra. Solo nel 1946 è tornato definitivamente in paese.
Era ora.

Dopo la seconda guerra mondiale

Fortunatamente il paese non era distrutto ma i problemi occupazionali permanevano. In paese il lavoro prevalente era quello di agricoltore; parecchi integravano il magro reddito come recuperanti di materiali ferrosi. La valvola di sfogo è, come sempre, l'emigrazione.
Può sembrare strano ma una delle mete è la Germania, che pure aveva tanti suoi problemi come paese belligerante sconfitto. Vi si recano, Galvagni Attilio, muratore, Matassoni Domenico e Zendri Roberto.
Altra, nuova e principale direttrice è la Svizzera. Si registrano due ondate: una negli ultimi anni '40, l'altra dopo il 1954. Nella prima partono Serafino, Agostino e Riccardo Zendri, Pio e Tullio Gasperini, Agostino e Irma Matassoni: lavorano per lo più in agricoltura o lungo le ferrovie. Del secondo gruppo fanno parte Ezio, Giovanni, Cornelio, Isa, Alma, Severino, Dirce e Renato Matassoni, Renzo, Dario, Romano, Graziano, Guido Zendri, Aldo e Giuditta Gasperini; lavoreranno per lo più come operai o collaboratrici domestiche. Tutti questi emigranti torneranno in paese dove porteranno i primi segni di benessere, ad esempio il bagno, la moto, l'automobile, qualche elettrodomestico ... Ultima a rientrare sarà Giuditta Gasperini, collaboratrice domestica, nel 1969.
L'Australia richiama ancora: nei primi anni `50 partono, separatamente, due fratelli Matassoni, della casa dei "Paolini": Olimpio, carabiniere, diventerà cuoco, e Mario, muratore: farà il contadino, in particolare viticoltore. Entrambi torneranno, solo momentaneamente, in paese.
Nel 1952 parte per il Cile una famiglia di dieci persone; caso unico, è la donna che prende l'iniziativa, col parere contrario del marito. I componenti sono Galvagni Attilio, già ricordato, la moglie Pierina Zendri con i figli Luigino, Oliva, Luciano, Franco, Teresa, Alda, Sergio e Marco, di soli due anni.
E' un'emigrazione un po' diversa dalle altre, è organizzata dalla regione; già altri trentini sono partiti l'anno precedente con la stessa destinazione. Gli viene assegnato un appezzamento di terreno a San Ramon; si troveranno in una zona quasi desertica con una casa che somiglia più ad una baracca, senza acqua potabile, in condizioni peggiori di quelle lasciate in patria. Il terreno è salino e difficile da coltivare.
Sopravvivono più con la cacciagione che non con i prodotti della terra, i figli maggiori cercano lavoro nella città più vicina: La Serena. Nel 1955 il padre si ammala e muore chiedendo alla moglie di riportare in Italia la famiglia. Ciò avviene all'inizio del 1956. Fortunatamente hanno mantenuto le proprietà di casa, pensavano di venderle a parenti in un secondo momento; al ritorno trovano dunque ancora una casa ad accoglierli.
Tutti gli emigranti ricordati in questo articolo erano partiti con l'idea di tornare, solo questi ultimi pensavano di lasciare definitivamente l'Italia: la sorte ha voluto diversamente.
Una foto della locandina iniziale ritrae il corteo funebre di Attilio. Due dei figli sono tornati in visita a San Ramon, hanno trovato intatta la loro casupola; il terreno circostante era invece ben coltivato. Abbiamo già detto di alcune donne di Foppiano emigrate per seguire il marito lavoratore in Francia. Ne seguiranno tre anche negli anni 50: Giovanna Maria Floriani, Sofia e Vittoria Zendri. Le ultime due hanno sposato due cugini Matassoni figli dei primi emigranti in Francia negli anni 20; sono figlie di Emma Matassoni, ora ospite della casa di riposo di Raossi e che ha recentemente festeggiato il suo centesimo compleanno.
Con queste vicende si possono considerare conclusi i casi di espatrio dovuti a bisogni economici impellenti. Vi saranno ancora due emigranti verso la Germania: Bruno Floriani, permanentemente, nel 1969, e Mario Matassoni, abbastanza recentemente, per soli sei mesi. Queste emigrazioni sembrano essere però più scelte di opportunità che non di necessità. Il nostro futuro sarà pieno di casi come questi.

Le ... altre emigrazioni

Ci siamo fin qui occupati dell'emigrazionein senso stretto, riguardante quindi persone che sono andate in altre nazioni perun periodo abbastanza lungo. Il fenomeno migratorio è però estremamente variegato: ogni classificazione ammette eccezioni, si potrebbe dire che ogni emigrante rappresenta un caso a se stante. Esistono quindi anche altre forme di emigrazione presenti pure nel nostro ambito. In tutto il periodo storico esaminato permane sicuramente anche una certa emigrazione stagionale o temporanea. Numerosi sono i casi di ragazze che nel primo dopoguerra prestano sevizio come collaboratrici domestiche anche lontano da casa; così Giovanna, Giuseppina, Angelina, Eugenia ed Alice Matassoni vanno a Milano per periodi più o meno lunghi.
Subito dopo la seconda guerra mondiale Luigi Zendri, che ha vissuto la tragedia di Cefalonia, rimane nell'esercito e si stabilisce successivamente a Genova come autista e poi gestore di un garage e officina.
Attilio Floriani e Matassoni Giovanni si recano nei mesi estivi in Val Senales lavorando alla bonifica dell'alveo di torrenti: partivano da Foppiano in aprile e tornavano alla fine di ottobre.
A cavallo degli anni 50 e 60 alcuni paesani si trasferiscono definitivamente in altre regioni italiane: Tullio Gasperini, già emigrante in Svizzera, si trasferisce con la famiglia a Busto Arsizio (Lombardia); Luigi e Giuseppe Matassoni, fratelli degli ultimi emigranti in Australia, si spostano a Torino. Si hanno anche casi di quella che nei testi viene definita "emigrazione di assenza" nel senso che chi si spostava non guadagnava quasi nulla ma almeno non gravava sulle magre entrate della famiglia.
Così alla fine degli anni 50 diversi ragazzi di 12/14 anni andavano a Folgaria per sorvegliare le mucche al pascolo e dare una mano in famiglia.
Ricordiamo tra questi Dario e Bruno Floriani, Luigina e Valerio Matassoni, Graziano Zendri: tornavano a casa magari con un vestito o con un paio di scarpe, comunque un piccolo regalo.

Concludo
Rileggendo l'articolo mi accorgo che il tutto può sembrare quasi un arido elenco di nomi. Non ho parlato di tutte le difficoltà, dei disagi, pur noti, che hanno passato questi nostri compaesani ma lo spazio è abbastanza limitato; questi aspetti si trovano meglio documentati in altri libri dedicati al tema proposto e inoltre l'urgenza era soprattutto quella di fissare queste memorie locali che altrimenti andrebbero inevitabilmente perdute. Molto probabilmente, anzi sicuramente, ho dimenticato il nome di qualche emigrante e ci sono imprecisioni. Mi scuso anticipatamente.
Ringrazio Daniela Stoffella per il suo lavoro, sopra ricordato, utile non solo per le notizie sugli emigranti da Foppiano, ma soprattutto per la descrizione delle condizioni di vita in Vallarsa.
Sappiamo che diversi emigranti o loro discendenti leggono attentamente questa rivista, a loro è dedicato in primo luogo questo articolo: ne approfittiamo per far loro un saluto e augurargli un arrivederci.


Novembre 2006
Alcide Matassoni




www.vallarsa.com > Indice > Vallarsa Notizie > CON UNA VALIGIA PIENA DI STENTI, TIMORI E SPERANZE