Non so se qualcuno si ricorda ancora di mio padre e di mia madre, Luigi e Claudia Ferla. Lui se n'è andato all'inizio del 2002 e quest'anno a metà maggio anche mia mamma ha lasciato me e mia sorella Liliana all'improvviso.
Mio padre era rimasto folgorato dalla bellezza della Vallarsa, cosa che comunque non è mai sufficiente - da sola - a stabilire un gradimento: si era anche trovato benissimo con la gente, con le abitudini, tanto che ci ha scritto un libro, sulla Vallarsa.
La prima volta che arrivò nella valle fu il 1952 e la statale 46 era ancora bianca.
Quell'estate arrivammo armi, nonni e bagagli al seguito (io avevo sei mesi allora) all'albergo Vittoria. E per me fu la prima montagna della mia vita ed anche quella più vicina al mio cuore.
E' passato tanto di quel tempo, che dubito che ci sia molta gente che ricordi - negli anni sessanta - quel gruppo di milanesi un po' sbruffoni, che parlavano sempre a voce un po' troppo alta, e che stavano tutti - o quasi - all'albergo Vittoria di Raossi, tanto che se qualcuno si fermava a fare benzina dal Richetto, quasi quasi pensava di essere capitato alla Bovisa più che in una valle del Trentino.
La colpa della presenza in Vallarsa di quel gruppo era esclusivamente dovuta a mio padre, che si occupava, da aprile in poi, di fare le inserzioni sul Corriere della Sera, di rispondere alle telefonate, di incontrare la gente interessata, di farsi versare la caparra per il periodo prenotato, e poi di chiamare a Milano Valerio Noriller sia per versargli i soldi incassati per suo conto, sia per dargli suggerimenti sulle attrezzature della cucina, della sala da pranzo e così via.
Di tutta la valle, il Vittoria era sicuramente l'albergo più frequentato in agosto,
tanto che qualcuno doveva trovare sistemazione in camere ed appartamenti ammobiliati fuori dall'Albergo, come i Bravi, per esempio, che stavano in una casa di fronte alla vecchia latteria, od i Frignati che erano alla Costa, senza contare i milanesi del Prugnele, e noi, che per molti anni abbiamo passato le nostre vacanze (lunghe come usava allora,: noi ragazzi con la nonna venivamo alla fine di giugno e ce ne andavamo a metà settembre)
prima nell'appartamento al primo piano sopra la macelleria dei Costa, alla Corte e poi in una casetta che il vecchio Costa aveva rimesso deliziosamente a posto su richiesta di mio padre, sempre alla Corte.
Ho trovato centinaia di fotografie di quegli anni, quanto ho spulciato nelle carte lasciate dai miei. Fotografie di tutti noi, del gruppo dei milanesi, della gente del luogo, anche del Bepi che conduceva la corriera delle 8.30 alla mattina per il Passo e fotografie delle nostre passeggiate ed escursioni.
Nel mese di Agosto quando eravamo tutti presenti (e negli anni d'oro - dal 1958 al 1965, direi - il gruppo era formato da una cinquantina di persone), c'erano da fare le escursioni classiche, una o due volte per stagione: a Campogrosso, salendo dalla strada verso Camposilvano e tornando da quella dell'Ossario. Poi il Papa, come chiamavamo noi l'escursione al Pasubio, con una visita alle Sette Croci ed ai Denti.
E poi ancora il Lancia, che era l'escursione che ci faceva svegliare nel cuore della notte alle 4.30. Ed ancora il Coni Zugna quando prendevamo le 2 corriere per arrivare ad Albaredo.
I più ardimendosi, inoltre, si facevano accompagnare da qualcuno all'alba a Campogrosso e da lì andavano al Carega, nella giornata in cui tutto il gruppo sarebbe andato a Campogrosso per ritrovarci così nel pomeriggio a quel rifugio e tornare tutti assieme, fino al Passo, come noi chiamavamo il Pian delle Fugazze, dove alle 5.00 passava la corriera che ci avrebbe riportato a Raossi.
E le passeggiate della mattina come andare a Speccheri per bere l'aperitivo o ad Anghebeni od a Riva passando dalla Busa.
E quanti pomeriggi - prima che mio padre convincesse Valerio Noriller ad impiantare un campo dietro l'albergo -, siamo andati a Parrocchia, per fare una partitina a bocce (sono passati troppi anni, lo ammetto: non mi ricordo più il nome dell'albergo sulla sinistra che aveva il campo da bocce).
E quelli che avevano più tempo da passare in Vallarsa, tra cui noi ragazzi Ferla, avevano altre ben più impegnative passeggiate da compiere durante le vacanze: il Papa - Lancia era un "must" di ogni estate, o la difficile risalita di Val Prigioni alle Creste e poi al Soglio dell'Incudine, per poi scendere dalla Strada degli Eroi.
Ed ancora la corriera fino a Pozzacchio e da lì su fino a Vanza, per poi scarpinare su per la Valle dell'Orco fino al Cheserle, bere quell'acqua fantastica ai Sette Albi e scendere dal Lancia verso Raossi dalla Bocchetta delle corde, che ci era assolutamente vietata quando c'erano i genitori.
Ma le nostre vacanze non erano solo fatte di passeggiate.
C'erano anche le struggenti conversazioni con il padre di Richetto, il meccanico a Raossi davanti al portone di casa sua, seduti su quel gradone alto, che si ricordava ancora del Kaiser quando veniva a Rovereto, prima della Grande Guerra. Con il dottor Modena, così imponente che mi incuteva timore, e che mi ricuciva quando cadevo sul fino spinato o quando venni morso (due volte) da vipere.
Con la vecchia postina, così a modino che mi sembrava mia zia Rosetta, con il vecchio sig. Costa che venne anche da Milano una volta a scegliere il camioncino nuovo aiutato da mio padre. Con don Bepi della Riva che poi si trasferì con la sorella a Trambileno, con il sindaco Bussolon, sempre così indaffarato che mi faceva venire alla mente il Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie, e con il vecchio parroco con cui mio padre organizzò un anno un'indimenticabile caccia al tesoro per i villeggianti.
C'erano i gelati dopo cena da comperare dalla lattina, c'era la spesa da fare alla Famiglia Cooperativa, c'era la messa alla domenica, uomini a destra e donne a sinistra, così strana per me che ero abituato alle chiese "promiscue" di Milano. E c'era tutta la gente, a Raossi come ad Obra, che ti salutava quando ti incontrava, fatto così precipuo che non ne ho altro ricordo se non in Alto Adige.
E per tanti di quegli anni che i ricordi dei fatti accaduti non trovano precisa collocazione in precise date (quando si ruppero le condutture della Busa per esempio? Era il '60 od il 61? ), tornammo tutte le estati a vivere la nostra Vallarsa fino all'inizio degli anni Settanta. Allora a mia madre i dottori prescrissero delle vacanze marine e così, obtorto collo, i miei dovettero non tornare più in Vallarsa.
Io nel frattempo ero andato a vivere e lavorare all'estero e tornavo in Italia raramente e sempre di corsa, mentre tutti gli altri, piano piano, scelsero altre mete estive, distratti e convinti da mogli e mariti acquisiti e da figli con voglie marine.
In Vallarsa ci tornammo ancora una volta, tutti noi Ferla circa 15 anni fa, in occasione dei 70 anni di mio padre, a passare un fine settimana all'Alpino di Camposilvano, per respirare quell'aria, per rivedere quei fiori, quelle creste aguzze del Cima Posta, per rincontrare vecchi amici locali.
In questi mesi tra le carte dei miei ho trovato anche molti numeri della vostra rivista (dal 18 a quello strano n. 33) non sapevo che mio padre si fosse abbonato - e ho pensato di scrivervi, solo per dire che due innamorati della Vallarsa se ne sono andati in punta di piedi, con discrezione.
Massimo Ferla
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