Non sappiamo cosa ci
aspetta domani. Ogni giorno può essere quello scelto per lanciare
l’attacco contro l’Iraq. La guerra preventiva da mesi minacciata può
scatenare l’arsenale bellico degli USA e dei loro alleati: nuove
bombe e nuove armi più o meno intelligenti potranno essere provate
sul campo e colpire civili inermi e stremati da oltre 12 anni di
embargo, e distruggere i luoghi che hanno visto nascere le nostre
civiltà.
Le conseguenze della guerra contro l’Iraq sono
difficilmente prevedibili: rischiano di destabilizzare ulteriormente
la già difficile situazione della regione medio orientale, di creare
un sistema dove gli interessi strategici o politici di poche nazioni
mettono in secondo piano gli interessi di tutti rispetto alla
volontà di costruire un mondo realmente diverso.
La nuova
guerra aumenterà la spirale dell’insicurezza globale, dell’odio
etnico e religioso. Non porterà nuova democrazia ma produrrà altra
violenza e altra guerra.
Ieri l’Afghanistan, oggi l’Iraq,
domani la Corea del Nord ? Non vogliamo abituarci alla normalità
/ inevitabilità della guerra come strumento di gestione e
risoluzione dei conflitti del mondo. Vogliamo ancora indignarci e
impegnarci contro le ingiustizie ma con i metodi del dialogo, della
soluzione politica delle crisi e non violenta dei
conflitti.
In tutte le nazioni è nato un forte e partecipato
movimento contro la guerra. Si è realizzata una convergenza di
intenti tra i cittadini di tutto il mondo e anche all’interno degli
USA sono molte le persone che esprimono la loro contrarietà
all’intervento armato contro l’Iraq. Persone di ogni razza,
religione, cultura che pensano che non possano essere soltanto i
potenti a scrivere la storia, che vogliono riprendere in mano il
proprio destino e decidere insieme il proprio futuro
comune. Persone convinte che estendendo la resistenza popolare
sia davvero possibile fermare la guerra, qualsiasi stato o
istituzione la promuova o la autorizzi. Che il terrorismo non sarà
sconfitto dalla guerra ma che potrà essere battuto soltanto con la
giustizia sociale e la partecipazione di tutti all’utilizzo delle
risorse del pianeta.
Le città italiane e quelle trentine si
sono vestite dei colori dell’arcobaleno e moltissime bandiere
sventolano dai balconi e dalle finestre chiedendo nient’altro che la
pace. Ma la gravità del momento chiede che sia ancora maggiore
l’impegno per chiedere e costruire la pace. Ogni persona deve
manifestare il proprio dissenso e non essere indifferente a questa
nuova avventura senza ritorno.
Invitiamo tutti a scendere in
piazza DOMENICA 23 MARZO alle 17.00, portando con sé la bandiera
della pace, per formare una catena arcobaleno che percorra le strade
cittadine e che arrivi alla Campana dei Caduti.
Da una terra
di conflitti e guerre mondiali, da Rovereto 'Città della Pace' deve
partire un messaggio di speranza, di giustizia e di pace. Per
dire che un altro mondo è possibile. Senza guerra.
16 marzo 2003 - www.altroadige.it
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