VALLARSA. I minuscoli frutti di un melo selvatico cadono
sull'erba bagnata. Rotolano sul prato e si fermano sul tornante.
Piove. Dieci metri più in là un uomo uscito non solo dal bosco ma
anche da un'altra epoca, accatasta legna appena spaccata. Non alza
nemmeno gli occhi: in montagna riescono benissimo a farti sentire un
intruso. In Vallarsa ancora di più. Forse Italo Scotoni avrà anche
ragione. Secondo i giudici, ad oggi, ha sicuramente ragione.
Ma
se uno di questi giorni prenderà la strada che da Rovereto sale a
Raossi, prima ancora della gente glielo diranno il melo sul
tornante, le gazze che si alzano dal prato, il capitello di Foxi coi
suoi fiori di plastica, le fontane vuote. Quassù non lo vogliono. E
ci sono pochi posti dove è difficile resistere non desiderati come
in montagna. In Vallarsa ancora di più.
Perchè a non volerlo non
sono solo il sindaco che lo ha licenziato, il consiglio, i
dipendenti municipali, i responsabili delle associazioni locali a
partire dal «Movimento pensionati e anziani» coi suoi 300 iscritti,
per arrivare alla sportiva. Non lo vogliono i muratori che incontri
al bar mentre pieni di calce si saziano di panini e vino rosso, non
lo vuole il barista che ti parla da dietro una cassa seminascosta da
due pile di Boeri, non lo vuole l'anziano della legna, quando a
precisa domanda alza finalmente gli occhi dalla catasta. Chi lo
conosce non lo vuole perchè ne ha avuto abbastanza; chi non lo
conosce lo vuole ancora meno, perchè quello che gli hanno raccontato
gli basta e avanza. Per i giudici ha ragione? E allora?
Nessuno
gli farà la guerra, se prenderà la macchina (o il taxi come faceva
spesso qualche anno fa: diceva di avere paura ad arrivare con un
mezzo riconoscibile) e salirà a Raossi. Semplicemente si troverà nel
deserto. Il sindaco Gios ieri in Vallarsa non c'era: era
all'Università. Ma il suo vice Rino Darra conferma: dimissioni. Del
sindaco, della giunta e del consiglio. «Non è questione di ripicche
- spiega - ma di saggezza montanara. Se stai scalando una montagna,
magari sei anche a cento metri dalla cima, e arriva un temporale, ti
fermi. Ti metti al riparo, ci pensi sopra. Mangi. E aspetti. I
temporali passano. Gli Scotoni anche. Il sindaco precedente,
Stoffella, si è trovato invischiato in un disastro di cui non ha
avuto alcuna colpa. Comune bloccato, lavori rimandati, debiti.
Questa amministrazione fino ad oggi ha lavorato per rimediare a quei
danni. Senza Scotoni il clima in municipio e in valle è cambiato: ci
stavamo riuscendo. Ma se torna è inutile sprecare tempo, fatica e
salute. Gli lasciamo il campo: quando se ne andrà, saremo pronti a
ricominciare la scalata».
Non ci sono «forse»: sarà così. A
Raossi aspettano solo che Scotoni dica cosa farà. Se deciderà di
tornare, convocheranno un consiglio per modificare lo statuto in
modo che in futuro un «caso Scotoni» non sia più possibile,
pubblicheranno un numero speciale di Vallarsa Notizie per chiarire
cosa è stato fatto in questi 3 anni e poi tutti a casa e spazio al
commissario.
Che, chiunque sia, in Vallarsa rischia di dover
mettere radici. Perchè il deserto non è solo di amministratori in
carica, ma anche di «aspiranti». Lo dice Pierino («il cognome? mi
conoscono tutti così) che dopo avere gestito fino a qualche anno fa
la trattoria «da Pierino» a Rovereto è tornato in Vallarsa da
pensionato ed è oggi presidente degli anziani locali. Ma lo dicono
anche il presidente della casa di riposo Giuseppe Rossaro, quello
della sportiva Martino Martini, Fausto Aste, muratore, tutti i
clienti del bar. Stoffella ha chiuso con la politica esasperato da
Scotoni, Gios farà altrettanto. Può bastare: alle prossime elezioni
non si candiderà nessuno. Avanti col commissario e con Scotoni:
facciano loro. Finchè credono, finchè anche «chi può» non capirà che
non si uccide una vallata, con le sue 1435 anime e i suoi 1200
votanti (a proposito: per le regionali si sta pensando allo sciopero
del voto), per non riconoscere che un segretario che ostacola il
lavoro invece di favorirlo è un lusso che un piccolo comune non si
può permettere. «Anche il consiglio della casa di riposo - dice
Rossaro - aveva deciso di dimettersi. Gios ci ha chiesto di restare.
Abbiamo già finanziata la realizzazione di un ascensore che ci è
indispensabile. Restiamo solo per quello. Ma tanto se arriva Scotoni
l'ascensore ce lo sognamo».
I dipendenti (uno all'anagrafe, due
vigili, due in ragioneria, uno all'ufficio tecnico, una segretaria)
non parlano: «ci capisca, noi ci dobbiamo lavorare». Ma chi può se
ne andrà. Per esempio il dirigente Silverio Cosentino: «Devo vedere
i tempi e i modi, ma io sono stato incaricato da Gios..». Gli altri
ammettono di non dormirci la notte.
Alla fine resta una sola
domanda: è possibile che un segretario metta da solo paura a una
valle che tra miseria secolare, guerra mondiale e spopolamento, le
sue grane vere prima del rifiorire degli ultimi decenni le ha
passate?
La risposta è sì. «Perchè con chi ha idee diverse dalle
tue puoi ragionare. Con chi non ti capisce e non riesci a capire,
no. Sulla scrivania Scotoni teneva la foto di Di Pietro. E il suo
tempo non lo passava a risolvere i problemi burocratici per aiutare
la vita del Comune, ma a cercare le irregolarità formali sulle quali
inchiodarle i suoi amministratori e i suoi dipendenti. Ogni
discussione finiva con un «io la denuncio». E era una comunicazione,
non una minaccia. Non puoi chiedere un parere, proporre una
soluzione, suggerire un'ora o una data, e sentirti rispondere «ti
denuncio». E non puoi dover aspettare la malattia del segretario per
smaltire col supplente il lavoro che lui ha tenuto bloccato. Forse
dal punto di vista dello stretto diritto, ha ragione lui. Ma noi
abbiamo bisogno di far vivere una valle. Con Scotoni non è possibile
farlo. Per questo non lo vogliamo e se arriverà non ci troverà ad
aspettarlo. Niente di personale, ma aspetteremo che
passi».